Piccole attenzioni
Scarica, fotocopia e diffondi la locandina dell’iniziativa.
Scarica, fotocopia e diffondi la locandina dell’iniziativa.
Chissà se qualcuno dei nostri lettori più affezionati ed anzianotti si ricorda ancora della retata contro gli “antirazzisti torinesi” del febbraio 2010. Già al tempo eravamo abbastanza abituati alle irruzioni all’alba nelle case dei compagni, ma queste non erano diventate ancora un affare di routine, una specie di rito repressivo a cadenza periodica come sono diventate successivamente, per cui è normale che la memoria si scolori e che le immagini dei differenti episodi repressivi si sovrappongano. Di più: presi come siamo dalle possibilità di lotta – a volte evidentissime ed appassionanti e a volte più nascoste – che ci offrono sempre le strade della città maledetta nella quale viviamo è normale che il nostro sguardo vada raramente alle aule dei tribunali. Se i redattori di questo sito e i loro compagni più stretti, insomma, i tribunali li frequentano (fin troppo) spesso, da queste colonne ci siamo trattenuti abbastanza dal raccontarvi nei dettagli di udienze, arringhe, richieste dell’accusa e cose simili. E in effetti, degli strascichi repressivi di quella vicenda di cinque anni fa sostanzialmente non ve ne abbiamo più parlato.
21 luglio. Doveva essere la normale esecuzione di uno sfratto di una famiglia che si trascinava da un po’ troppo tempo in via Borgo Dora: già un paio di rinvii, ottenuti a forza di insistere e concessi a malincuore dal proprietario e dall’ufficile giudiziario. Questa mattina, però, di fronte al portone c’era un picchetto improvvisato fatto di amici e vicini di casa della famiglia. E soprattutto la donna sotto sfratto se ne stava agguerritissima al balcone del quarto piano. Quando arrivano, bastano due urla e un paio di vasi tirati in strada a fare arretrare ufficiale, avvocato e carabinieri, che dopo un paio di minuti si ritirano: lo sfratto è sospeso.
20 luglio. Chiomonte. Tre auto di operai che si recano al cantiere del Tav rimangono con le gomme a terra. Alcune ore prima, nella notte, sulla strada di accesso al cantiere erano stati gettati numerosi chiodi a quattro punte.
Da questa mattina, Lucio è di nuovo in carcere. Accusato di essere uscito abusivamente, qualche giorno fa, sul pianerottolo di casa per chiacchierare con alcuni compagni, è stato indagato per evasione e gli è stata revocata la misura dei domiciliari concessagli dopo la fine del primo grado del processo che lo vede accusati di aver partecipato all’attacco al cantiere del maggio 2013. (more…)
10 luglio. Lungo presidio di alcuni degli sgomberati di via Bardonecchia di fronte all’Assessorato Politiche per la Casa di via Corte d’Appello. Con tende e bambini, fino all’arrivo di Elide Tisi. Arrivata sul posto, la vicesindaco ammette che, al contrario di quanto affermato nei giorni precendenti, in Municipio si sapeva dello sgombero; e che le soluzioni proposte dagli assistenti sociali agli sgomberati son quel che sono; ammette pure che il Comune, di fronte alla vastità del problema abitativo in città, non ha molto altro da offrire. Detto questo, chiude l’incontro e rimanda i manifestanti a casa: per chi di loro una casa ce l’ha, ovviamente.
Nell’ultima settimana, nonostante il caldo torrido che lascia poche energie per agire, qualcosa si è mosso nei vari Cie sparsi per l’Italia. Della protesta romana vi avevamo già parlato, ma anche a Bari e Torino la lotta individuale di alcuni reclusi ha destato un poco gli animi di chi, dentro come fuori, vorrebbe i Centri distrutti, una volta per tutte.
8 luglio. Parte una protesta in alcune sezioni delle Vallette: mezz’ora di battitura al giorno, ogni giorno, contro l’esclusione dal beneficio della “liberazione anticipata speciale” di quei detenuti cui è stato applicato l’articolo 4bis.
7 luglio. Sembrava nell’aria da qualche giorno, lo sgombero della nuova occupazione abitativa di via Bardonecchia, e in effetti nell’aria lo era davvero: all’alba un buon numero di camionette si è materializzato intorno all’edificio dando vita ad un assedio durato fino all’inizio del pomeriggio, quando le quattro occupanti che erano riuscite a conquistare il tetto hanno deciso di scendere. Non contenti di aver tolto la casa a qualche famiglia, gli agenti dell’antisommossa hanno pensato di lasciare un ulteriore buon ricordo distribuendo qualche schiaffone e distruggendo i sanitari presenti nello stabile. Una parte delle famiglie occupanti ha accettato l’ospitalità – incerta, a tempo e senza dubbio pelosa – offerta dagli assistenti sociali; gli altri saranno ospitati in altre occupazioni torinesi.
«Ieri, 4 luglio, un gruppo di circa 70 solidali è andato fuori le mura del CIE di Ponte Galeria per sostenere le persone recluse con un presidio durato circa due ore e mezza.
A via Portuense i/le solidali hanno potuto comunicare con le persone recluse nella sezione maschile: tante sono state le voci che si sono alternate per salutare i reclusi, raccontare cosa succede in altri CIE e alle frontiere europee, e per esprimere con grida e cori la solidarietà.
Nonostante la presenza massiccia di forze dell’ordine, appostate anche sul tetto con gli aguzzini di Gepsa, la risposta da dentro è stata subito forte e coraggiosa: grida, battiture e tanta rabbia.
Il presidio si è poi spostato davanti la sezione femminile dove, anche lì, al casino che i solidali hanno fatto all’esterno, da subito la risposta è stata rumorosa e le grida di libertà si sono unite nonostante le mura e le gabbie.
Nella notte, tra le 2 e le 3 e mezza, si è svolta una forte protesta in una parte della sezione maschile del CIE di Ponte Galeria. La causa scatenante è stata l’ennesimo rifiuto di curare un ragazzo che è stato male durante la notte. Il detenuto era in sciopero della fame da due giorni, in protesta contro l’infinita attesa di una risposta per la sua richiesta di asilo politico.