Blocco a Ferrara

13 aprile. Ferrara. Una quindicina di solidali blocca un treno Freccia Bianca diretto a Venezia, ritardandone per diversi minuti la partenza. Con uno striscione e dei volantini si esprime solidarietà a Claudio e agli altri compagni rinchiusi in AS2 e a tutti i detenuti che partecipano alla mobilitazione d’aprile.

Quello stesso formicolio

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Casa Circondariale di Alessandria, 2 aprile 2014

«Questa mattina nel corridoio della sezione, prima di scendere all’aria, ho visto dalla finestra dei detenuti che giocavano nel campo da calcio, che si sgranchivano le gambe accarezzati da un bel venticello. Porca vacca quanto avrei voluto stare in mezzo a loro. Dalla cella li sento ancora esultare ad ogni goal e mi godrei almeno la partita dagli spalti se non avessi questo cavolo di plexiglass opaco davanti alla finestra… so che questo è uno dei particolari che ha fatto più scalpore di questa Alta Sicurezza.
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Chi c’è dietro?

E se fosse vero che qualcuno, nella serata di venerdì 11 aprile, ha aspettato sotto casa e aggredito l’autista di Antonio Rinaudo? Non lo sappiamo e nessuno può affermare seriamente di saperlo, a parte gli autori stessi. E allora chi c’è dietro l’aggressione? Potenzialmente «tante, tantissime persone» risponderebbe chi conosce un po’ la storia recente di questa città, e non vuole unirsi a tutti i costi alla risma di pifferai che amano cercar rifugio all’ombra del complottismo. Perché, parafrasando una scritta apparsa alcune settimane fa sulla sede del Pd di via Oropa,  «Rinaudo e Padalino fanno schifo a tutti, non solo ai No Tav». Chi c’è infatti dietro le inchieste contro i partecipanti ai blocchi di dicembre? Chi c’è dietro le inchieste contro gli ultras? Chi c’è dietro le inchieste contro le resistenze spontanee contro arresti e retate? Insomma sono tanti gli inquisiti e i detenuti delle Vallette che, pur non frequentando la Val di Susa né centri sociali o case occupate torinesi, per la loro sorte devono ringraziare i due novelli boia di Torino, quelli che negli anni si sono ricavati all’interno della Procura torinese la preziosa funzione di reprimere tutto ciò che in qualche modo odori di conflitto sociale, a trecentosessanta gradi. E non diciamo questo, beninteso, per dire a inquirenti e paranoici «guardate altrove, noi non c’entriamo!» Perché non è il nostro stile e perché, al contrario, noi c’entriamo eccome.

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Cie di Bari, coperte bruciate

«Un immigrato tunisino rinchiuso nel Centro identificazione ed espulsione di Bari-San Paolo, per protesta, ha bruciato le coperte nel suo modulo abitativo, a causa del rinvio dell’udienza di un processo a suo carico. E’ accaduto stamattina. In poco tempo il fumo ha invaso l’intera struttura e sono dovuti intervenire i dipendenti del centro per spegnere il fuoco che rischiava di espandersi agli altri moduli. La polizia lo ha identificato e denunciato».

Adnkronos

Promesse mantenute, nonostante tutto

15 aprile. Come promesso alcuni giorni fa, un gruppo di solidali torna nel pratone dietro al carcere delle Vallette per salutare i reclusi. La polizia politica, che dalle cinque di mattina segue i picchetti contro gli sfratti e gli spostamenti di chi vi partecipa, è già lì a tentare di sbarrare la via. I compagni passano sotto il naso dei digossini che chiamano nervosi la celere, che tarda ad arrivare. In volata inizia il saluto, subito da dentro i detenuti si fanno sentire con grida e battiture. (more…)

Calma piatta?

15 aprile. Terzo martedì del mese, tre sono gli sfratti in agenda per oggi, più quelli sospesi. I picchetti ben visibili, di fronte ai portoni, attirano solo le attenzioni delle pattuglie della polizia politica. Un gruppo di solidali pronti ad intervenire in caso di attacco è invece più sorvegliato: una camionetta di celere e diverse volanti di borghesi. Non succede alcunché, degli ufficiali giudiziari nemmeno l’ombra. Presumibilmente gli sfratti rinviati saranno automaticamente sospesi, mentre quelli già sospesi lo rimarranno.

Non ti apro!

14 aprile. Cinque camionette con ufficiale e fabbro al seguito si presentano in mattinata in via Cecchi alla porta di una famiglia, che da mesi non pagava più l’affitto al noto Giorgio Molino, per eseguirne lo sfratto a sorpresa. La polizia prova la via del dialogo e chiede di entrare ma la donna, sola in casa con il figlio di pochi anni e un nascituro in grembo, si rifiuta di aprire. Per un’ora la porta resiste ai colpi e alla fine si deve ripiegare sulla finestra, che viene rotta e forzata. Una volta entrati e resisi conto dell’avanzato stato di gravidanza della sfrattata, i poliziotti chiamano in fretta e furia un’ambulanza; se la signora dovesse avere un malore, sai che guaio passerebbero.

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All’ultimo sangue

14 aprile. Un recluso del Cie di Torino viene prelevato dalle celle di isolamento e portato in aeroporto per la deportazione. Salendo in aereo, approfitta della distrazione delle guardie per dare una bella testata a uno spigolo, provocandosi una ferita superficiale ma che inizia a sanguinare copiosamente. I poliziotti vorrebbero caricarlo comunque in aereo, ma a causa del rifiuto del pilota il recluso viene riportato al Centro.

Da un lato e dall’altro

13 Aprile. Doppio saluto al carcere delle Vallette, prima dalla parte del femminile e poi nel pratone a ridosso delle sezioni maschili. Sia da un lato che dall’altro la risposta è vivace e rumorosa. Le ragazze urlano e salutano, anche se i muri perimetrali non permettono di vedersi come dalla parte del maschile. Qui invece i detenuti che riescono a parlare con i solidali informano che da diversi giorni, anche nelle sezioni B e C vengono fatte delle battiture intorno alle sette di sera. Tra chiacchiere, canzoni e slogan urlati insieme dentro e fuori ci si lascia con la promessa di rivedersi presto.

A Porta Palazzo contro gli sfratti


12 aprile. Alcune decine di persone tra sfrattandi, occupanti di case e solidali, si ritrovano in piazza Borgo Dora per il presidio contro gli sfratti e contro gli sgomberi di cui vi avevamo parlato nei giorni scorsi. Dopo un paio d’ore, un piccolo corteo si dirige lungo corso Giulio Cesare fino al mercato in piazza della Repubblica, e tra slogan e interventi al megafono in italiano e arabo si informano tutti i passanti che le prossime camionette di polizia che vedranno in quartiere cercheranno di cacciare qualcuno di casa con la forza, ma che allo stesso tempo mesi e mesi di lotta hanno dimostrato che resistere contro gli sfratti è possibile.