
Torna sulla scena il Cie di Bari Palese che, nonostante la famosa sentenza del dicembre scorso, continua a funzionare. Oggi i reclusi hanno finalmente capito perché il cibo che viene passato loro fa tanto schifo: gli operatori di Connecting People non controllano le scadenze tanto che a pranzo son state servite delle ricotte scadute da quattro giorni. Il cibo è stato gettato e ne è nata una protesta vivace, con le porte blindate sbattute rumorosamente, qualche danneggiamento e l’intervento della polizia e dei Marò della San Marco. Il cibo che è stato portato in serata, poi, è stato semplicemente tolto dalle confezioni prima di arrivare nelle sezioni, rendendo impossibile ai reclusi controllarne la freschezza: ovviamente nessuno si fida più, ed è stato di nuovo rifiutato in massa. Le altre lamentele sono le solite che arrivano da Bari e in generale da tutti i Centri italiani: poche docce funzionanti (una per ventotto prigionieri, nella sezione che abbiamo contattato), nessuna possibilità di far pulizie, l’assistenza sanitaria meno che precaria.
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19 marzo. Ancora una retata a San Salvario, ancora caccia ai senza documenti mascherata da guerra alla droga. Questa volta tocca alle vie a sud di piazza Madama Cristina e al parco del Valentino: oltre a due arresti per spaccio, cinque stranieri senza documenti vengono portati in Commissariato, e a quattro di loro viene notificata l’espulsione dall’Italia; due italiani vengono denunciati per guida senza patente.
19 marzo. Blitz della Polizia al campo Rom di via Germagnano. Un centinaio di persone controllate, una decina di fermi in questura per controlli sui documenti e addirittura un arresto per una condanna definitiva di quattro mesi.
18 marzo. Fino a tarda notte, settanta poliziotti rastrellano bar, sale giochi, tram, centri massaggi, gioiellerie ed erboristerie di Porta Palazzo. In tutto sono sessantasette le persone identificate, ma il bottino è magro: zero arresti, ma ben tredici fermi in questura per “accertamenti”. La caccia ai senza documenti viene però spacciata come “blitz contro la malavita.”

Casa Circondariale di Alessandria, 20.2.2014
«Cari amici di valle e di città,
quella che viene oggi scatenata conto chi si batte contro il Tav non è solo un’offensiva tribunalizia ma una tempesta di passioni tristi e umori guasti.
“Terrorismo”, “organizzazione paramilitare”, “attentato”: dietro la scelta di queste espressioni si cela un’operazione linguistica volta ad evocare sentimenti precisi.
Ogni parola attiva un campo semantico, che la collega ad altre parole e significanze. Se dico “sedia” penso anche a “tavolo”, se dico “pane” penso anche a qualcosa di “morbido” e “semplice”. Allo stesso modo l’impiego di categorie come “terrorismo” o “guerra” non ha delle ricadute solo sul piano giuridico, e di conseguenza sulla nostra libertà fisica, ma ha una forte capacità evocativa in grado di far emergere una serie di suggestioni e di reazioni irrazionali facilmente governabili. Ed è solo in questa triste e tenebrosa palude emotiva, abitata da leggendari e terrorifici mostri marini da decapitare prontamente, che i moderni filibustieri del diritto navigano sicuri e, come salvatori, distribuiscono decadi di galera come fossero caramelle gommose ad una festa per bambini. (more…)

Alle 8 di mattina due furgoni della polizia si fermano davanti al portone di via Don Bosco 41 e i celerini salgono su per le scale fino alle mansarde: c’è da eseguire uno sfratto, e visto che oggi è pur sempre il terzo martedì di marzo – avran pensato al commissariato di via Pinelli – tanto vale farlo in pompa magna. Difficile dire se avessero fiutato odore di resistenza, o se casualmente alcuni sfratti vengano eseguiti «anche con l’ausilio della forza pubblica», come promettono sempre – a voce e per iscritto – gli ufficiali giudiziari. Quel che è certo è che l’inquilino aveva già avuto un primo rinvio qualche settimana fa, ma senza bisogno che apparisse alcun picchetto ad aiutarlo. E i vicini raccontano che ieri sera una pattuglia di poliziotti era passata a controllare, ma senza trovare nessuno in casa. Fatto sta che alle 9 di mattina, quando alcuni solidali accorrono in via Don Bosco, lo sfratto era appena stato eseguito.
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Dopo una settimana di incendi, durante la quale la polizia si è limitata a minacciare i reclusi e a liberare la gente che non sapeva più dove rinchiudere, è iniziato il contrattacco repressivo nel Cie di corso Brunelleschi: in mattinata gli agenti hanno arrestato sei ragazzi nigeriani e un tunisino prelevato dall’isolamento sabato sera, accusandoli presumibilmente dei danneggiamenti degli ultimi due giorni.
Si stima che al momento i reclusi rimasti al Cie di corso Brunelleschi siano meno di una quarantina, le donne nell’area verde, e gli uomini in quel che resta in piedi: una stanza dell’area blu, la mensa dell’area viola, e qualche cella di isolamento. I reclusi raccontano infine di aver visto un idraulico e un elettricista di qualche ditta esterna lavorare alla ristrutturazione dell’area gialla.
In attesa di avere notizie sulla situazione carceraria degli arrestati, vi diamo già un appuntamento in solidarietà con chi lotta nei Centri: domenica 23 marzo, alle ore 18, presidio sotto alle mura del Cie di corso Brunelleschi.
Aggiornamenti 19 marzo. Continuano le ritorsioni della Questura contro i ribelli del Cie. Questa mattina una ventina di prigionieri nigeriani sono stati prelevati e portati all’aeroporto. Non sappiamo se siano stati portati a Roma e parcheggiati a Ponte Galeria – come accade quando bisogna riempire un charter di Frontex con i senza-documenti nigeriani rastrellati in tutta Europa – o se invece i questurini siano riusciti ad organizzare una deportazione di massa tutta per loro, scaricandoli direttamente a Lagos. Non sappiamo neanche se tra di loro ci siano i sei arrestati nigeriani di lunedì, come sembrerebbe emergere dai lanci di agenzia.
Da questa mattina, i prigionieri del Cie di Trapani hanno dato vita ad una grossa protesta: in massa, hanno scavalcato il primo cancello che li tiene prigionieri e si rifiutano di rientrarvi fino a che non otterranno di parlare con il Direttore del Centro. Protestano perché da circa una settimana il Centro è in smobilitazione – come sapete deve chiudere per essere ristrutturato -, i richiedenti asilo sono stati trasferiti in un Cara, e loro sono rimasti chiusi dentro in una situazione di semi-abbandono: i gestori sono scomparsi e mancano i detersivi, il sapone, la carta igienica, manca la corrente nelle camerate e anche il cibo arriva in maniera irregolare. Ora sono lì, circondati dalla polizia e dai soldati, ma non si muovono; da parte sua, il Direttore è scappato.
Ascoltate il racconto di uno di loro:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/protesta-trapani-marzo_ita_2014.mp3]
Anche in lingua araba:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/protesta-trapani-marzo_ara_2014.mp3]
Aggiornamento 18 marzo. Dopo le promesse di alcuni funzionari e la consegna di un po’ di materiale per l’igiene personale la protesta è rientrata. Giusto oggi un quotidiano locale ha annunciato che probabilmente il CIE non chiuderà per lavori di ristrutturazione come annunciato qualche mese fa dal Prefetto: dal Viminale è arrivato l’ordine di tenerlo aperto, e nei prossimi giorni si capirà a chi sarà affidata la gestione. Gira voce che ci penserà la Croce Rossa, ma intanto a tenere a bada la cinquantina di senza-documenti reclusi nel Centro – a fronte di una capienza ufficale di quasi duecento posti – ci stanno pensando, da soli, polizia e militari.