«Carcere delle Vallette, 20 gennaio 2014
Ciao a tutti,
dal 9 dicembre sono rinchiuso qua al blocco D delle Vallette insieme a Niccolò e Mattia mentre Chiara sta al blocco F, privati dei nostri affetti come delle lotte che portavamo avanti fuori, delle nostre montagne come dei nostri quartieri.
I giudici in ossequio alla volontà della procura ci hanno appioppato l’appellativo di “terroristi”, così il DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) ci ha classificato AS2. L’Alta Sicurezza è un’infamità dentro quell’infamità che è già il carcere, poiché ti impedisce di avere alcun contatto con i prigionieri “comuni”, oltre ad altre limitazioni che vanno dai colloqui ridotti, alla porta blindata della cella sempre chiusa o all’impossibilità di accedere alle attività alternative (biblioteca e palestra). Molto fastidiosa ci risulta la censura, tutta la nostra corrispondenza in entrata e uscita è letta da un secondino che poi ne spedisce copia al giudice, questo fa sì che le nostre lettere abbiano un ritardo di almeno 20 giorni da quando sono state spedite.
Le guardie giustificano tale ritardo lamentandosi della mancanza di personale per far fronte alla mole di posta che riceviamo, invece uomini per sorvegliarci ne hanno parecchi. Sia chiaro, ho voluto tratteggiare qual è la nostra condizione non perché ci sentiamo più perseguitati di altri prigionieri, penso sia però utile che chi non è avvezzo alle angherie della galera conosca cosa sia l’Alta Sicurezza. Il carcere comunque in ogni sua forma resterà sempre una merda.
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1 febbraio. Torino. Rispedite al mittente le accuse di terrorismo formulate per i quattro in carcere dal 9 dicembre e da poco trasferiti in vari penitenziari in giro per l’Italia. Sui muri della sede del PD di via Beaulard nella notte sono comparse le scritte «Cercate terroristi? Guardatevi allo specchio» e «Li trasferite? Arriveremo ovunque».

Nel bel mezzo del diluvio su Roma, una occhiata a chi sta dentro a delle gabbie. Intanto gli “ospiti” del Cara di Castelnuovo del Porto che, secondo quanto racconta una diretta di Radio Onda Rossa, sono stati lasciati chiusi dentro mentre l’acqua saliva e si son trovati costretti a cercare scampo sui tetti. Il Centro – costruito su una piana alluvionale del Tevere – è completamente allagato mentre un operatore è gravemente ferito a causa di un corto-circuito. Nonostante la situazione sia critica pure nella zona di Ponte Galeria, le gabbie continuano a rimanere chiuse. Questa mattina, anzi, c’è stata una protesta giacché da tre giorni nella baracche non c’è l’acqua calda e il riscaldamento e i soldati non volevano dirstribuir la colazione a chi, nel Centro, non sta facendo lo sciopero della fame: i prigionieri hanno ammassato un bel po’ di masserizie di fronte alla caffetteria e hanno appiccato un piccolo incendio. Spento l’incendio, il cibo è subito arrivato.
Aggiornamento 1 febbraio. Esausti anche per le infezioni alla bocca e scoraggiati per la sostanziale immobilità della situazione, i reclusi che si erano cuciti le labbra la settimana passata sono andati in infermeria a farsi togliere i punti e hanno terminato così la protesta. Intanto, però, continua a piovere su Roma e il riscaldamento nel Centro continua ad essere spento, tanto che dopo la distribuzione del pranzo i prigionieri si son rifiutati per un po’ di rientrare nelle sezioni.

Ancora sfratti nella Barriera di Milano. Questa volta tocca ad un appartamento di Corso Vercelli abitato da una donna marrocchina e da suo figlio.
Mentre dentro casa ci sono solo poche persone, un gruppetto di solidali più numeroso aspetta l’arrivo dell’ufficiale giudiziario “dietro l’angolo”, pronto ad intervenire solo in caso di estrema necessità. Come oramai è abitudine da qualche mese a questa parte, chi è in casa cerca di strappare un rinvio senza bisogno di svelare la resistenza nascosta dal momento che, una volta rivelatasi, porta quasi automaticamente ad una sospensione dello sfratto. Questa volta però il padrone sembra proprio intenzionato a non concedere alcun rinvio, al punto che già prima delle otto del mattino, sotto una abbondante nevicata, aspetta in strada in compagnia del fabbro e del camion dei traslochi.
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Qui sotto vi proponiamo una bella lettera di Chiara, che ci è appena arrivata da dentro. Ne approfittiamo pure per comunicarvi una novità importante: le indagini contro i quattro arrestati il 9 dicembre sono state chiuse e il processo si aprirà il 18 maggio prossimo, con il rito del giudizio immediato, davanti alla Corte d’Assise di Torino.
«Carcere delle Vallette, 20 gennaio 2014
Se potessi scegliere mi troverei proprio dove sono.
Tra i sentieri della Valle, per le vie di Torino, con i miei compagni o specchiandomi negli occhi di donne e uomini sconosciuti, imparando ad ascoltare, scegliendo di aspettare, correndo più veloce.
Mi troverei dove si scopre il sapore dolce e intenso della lotta, qualcuno ti stringe la mano che trema e si getta il cuore oltre l’ostacolo. Lì dove il caldo, continuo e tenace abbraccio della solidarietà non permette a chi è isolato di sentirsi solo, libera la passione di chi è prigioniero e riempie la stanza di presenze amiche.
Mi sono chiesta qualche volta perché non accontentarmi del privilegio di cittadinanza, avere quasi di sicuro una casa, qualche figlio, qualche modo di mettere la pagnotta a tavola. Ma quando scopri che la libertà e l’umanità sono un’altra cosa, quando ti accorgi che gli unici motori della politica e dei gruppi di potere sono il privilegio e il saccheggio, è troppo tardi per tornare indietro. Sei entrato in un altro mondo, che è dove sono io adesso.
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30 gennaio. Verso le otto di sera un gruppo di solidali si ritrova fuori dalle mura del Cie di corso Brunelleschi per salutare i reclusi. Dieci minuti di casino, accompagnato come al solito da petardoni e fumogeni e dal lancio di palline da tennis, riempite di messaggi di solidarietà e racconti degli ultimi mesi di rivolta nei Centri per senza-documenti. Nonostante il freddo e la nevicata, i pochi reclusi rimasti nel Centro danneggiato e parzialmente svuotato dopo le ultime rivolte, escono dalle aree e rispondono alle grida.

Giovedì 30 gennaio, dopo cinquanta giorni di isolamento alle Vallette a Torino, Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò sono stati trasferiti verso altri carceri. Ecco dunque i nuovi indirizzi per scrivere loro.
Chiara Zenobi
Casa Circondariale Rebibbia
via Bartolo Longo, 92
00156 Roma
Claudio Alberto
Casa Circondariale
Via Arginone, 327
44122 Ferrara
Mattia Zanotti
Casa di Reclusione
Via Casale San Michele, 50
15100 Alessandria
Niccolò Blasi
Casa di Reclusione
Via Casale San Michele, 50
15100 Alessandria
Dopo essersi visti negare i colloqui con amici e familiari, i quattro arrestati del 9 dicembre cominciano ad avere problemi anche con la corrispondenza. Già sottoposte a censura, le lettere e le cartoline in entrata e in uscita dalle Vallette ora subiscono rallentamenti sempre più consistenti o semplicemente scompaiono – non si sa se per ordine diretto degli instancabili Padalino e Rinaudo o semplicemente perché, essendo numerosissime, han finito per inceppare le fotocopiatrici spione della Procura. Solo i telegrammi entrano ed escono come dovrebbero.
Sta il fatto che l’altro giorno Claudio, Mattia e Nicco si son rifiutati di risalire in cella dopo l’ora d’aria per protestare contro questo nuovo blocco. Dopo un po’ di subbuglio tra le guardie, i tre hanno ottenuto di parlare con l’Ispettore, che ha garantito che provvederà. Sarà vero? I tre ci fan sapere che, in caso negativo, continueranno a protestare e ci hanno chiesto di comunicarvelo. Come al solito ora tocca a noi, e a voi che ci leggete.
29 gennaio. Tram numero 16. Poco prima del capolinea di piazza Sabotino, tre controllori in borghese tentano il solito blitz alla ricerca di portoghesi. Pur sapendo di essere i più odiati, stamattina son belli tranquilli: San Paolo non è mica Porta Palazzo e son sicuri di poter lavorare in santa pace. Tanto che, quando beccano passeggero con un biglietto non tanto in regola, non solo lo fanno scendere ma cercano di trattenerlo e poi lo inseguono addirittura. A ripagare tanta solerzia ci pensa il malcapitato che, placcato, li piglia a colpi di pompa di bicicletta. I tre si fan refertare quattro giorni di prognosi mentre il portoghese, dopo una baruffa con la polizia intervenuta sul posto, finisce purtroppo alle Vallette.
29 gennaio. Roma. Una catena, con alle estremità due mattoni, è stata lanciata sui cavi della corrente della linea ferroviaria ad Alta Velocità, raccogliendo l’invito a bloccare tutto contro il blocco dei colloqui imposto a Chiara, Niccolò, Mattia e Claudio. Sul cavalcavia viene legato uno striscione su cui è scritto: «No tav liberi/e, Tutti/e liberi/e».