25 novembre. Alle 11.15 il carrello del vitto passa lungo i corridoi del blocco B del carcere delle Vallette. L’odore di andato a male volteggia nell’aria, chi riceve la carne ne osserva l’aspetto disgustoso, qualcuno avvisa gli altri di non mangiarla. Dalla Decima sezione si inizia a battere. Da giorni il cibo è immangiabile. La Nona sezione si aggrega al fracasso al grido «Il cibo scadente lo mangia l’assistente!». I detenuti della Nona lasciano i piatti fuori dalla cella. In Decima buttano in corridoio di tutto, anche pezzi di materassi e strisce di giornale infuocate. Il baccano in Nona va avanti per un’ora, in Decima fino all’una, imperterriti. (more…)

Ancora una lettera dalle Vallette, che ci racconta di come la vita dentro scorra sui corpi dei reclusi e che disegna lo sguardo dei reclusi sulla propria vita di prigionieri. Questa volta sono le ragazze dei Nuovi giunti del femminile a raccontare come vivono, comunicandoci pure che protesteranno, il prossimo 4 dicembre, con una battitura.
«04 novembre 2013
[…] Mi trovo tutt’oggi ancora ai Nuovi Giunti. Sono stata trasferita il 22 luglio. Io come altre detenute, siamo al livello di non ritorno dalla quasi pazzia. In teoria nei Nuovi Giunti puoi starci massimo 15 giorni.
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«Benvenuti ai nuovi giunti!
La sezione dove sostano i nuovi arrivati in questa galera, che un mio compagno chiama il “limbo”. In teoria dovresti starci circa otto giorni, il tempo di compilare le scartoffie e di fare i primi esami, per poi essere trasferito in “sezione ordinaria”, ma le carceri sono piene e si svuotano lentamente, molto lentamente!
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Lo scorso giugno al termine di un presidio fuori dal CIE di Modena, tre compagni venivano arrestati con l’accusa di tentato incendio. Liberati un paio di giorni dopo, da oltre cinque mesi sono sottoposti all’obbligo di dimora e ora hanno scritto una lettera che pubblichiamo volentieri. Già che ci siamo, vi segnaliamo che domenica prossima, proprio a Modena, è previsto un presidio in solidarietà con loro. (more…)
21 novembre. La presentazione del progetto “Manager d’Area”, dedicato ad aspiranti commercianti ed imprenditori interessati a speculare sulla riqualificazione della Barriera di Milano, viene interrotta da una decina di anarchici che, con uno striscione e un megafono, illustrano cosa significhi quest’occasione per gli abitanti del quartiere: sfratti, espulsioni ed arresti per chi si oppone. Tra i presenti, l’assessore Ilda Curti e la presidentessa di circoscrizione Nadia Conticelli, che sicuramente hanno goduto molto per gli ultimi arresti e divieti di dimora a Torino, si mostrano particolarmente infastidite per l’interruzione.

Un paio di settimane fa veniva distrutto il Centro di Gradisca, il settimo CIE a chiudere in Italia. Sembrerà scontato, ma è meglio ribadirlo prima che qualche politicante più o meno sinistro pensi di attribuirsi meriti che non ha: questi Centri sono stati formalmente chiusi perché un funzionario ministeriale ne ha ordinato lo svuotamento, ma di fatto sono stati distrutti dal fuoco delle rivolte dei reclusi. Sette su tredici sono chiusi, e anche quelli che restano non se la passano molto bene. Considerando il ritmo con cui sta perdendo i pezzi, si potrebbe affermare che la macchina delle espulsioni è vicina al collasso. A voler essere sinceri, se proprio bisogna parlare di collassi, bisognerebbe anche dire qualcosa sul collasso che sembra aver colpito il variegato movimento che negli anni ha sostenuto le lotte dei reclusi. Proprio in uno dei momenti di maggiore forza e incisività delle lotte dentro le mura dei Centri, fuori non si muove quasi nulla. Sarebbe importante tentare qualche ragionamento in proposito, ma lasciamo temporaneamente da parte queste riflessioni.
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«Oggi veniamo processati perché abbiamo osato tentare di infrangere il muro di falsità dietro cui l’Eni si nasconde.
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19 novembre. Dopo lo sfratto manu militari di settembre a San Salvario e il mese di ottobre senza appuntamenti, ecco che ritorna un altro “terzo martedì del mese”. In tono minore rispetto a quelli dell’anno scorso, quando le resistenze in contemporanea erano decine, ma c’è ancora – anche se non si capisce bene se sia il residuo di una strategia oramai sorpassata dalla pratica della sospensione degli sfratti o se sia un’arma sulla quale la Questura investe ancora. I picchetti sono tre: uno a San Salvario, uno in borgo San Paolo e l’altro in corso Agnelli. Nella Barriera, invece, non c’è in programma nulla: quelle rare volte che l’Ufficiale concede un rinvio di fronte ad una resistenza a sorpresa – quando non riesce a scappare, insomma – sembra evitare sistematicamente di fissare rinvii per quella data. Sin dall’alba i portoni sono ben protetti da presidi numerosi, le camionette non si fan vedere da nessuna parte ma solo in via Ormea, a fine mattinata, i resistenti riescono ad ottenere un buon rinvio. In via Braccini, invece, la pratica viene rinviata al Giudice perché autorizzi un eventuale intervento a sorpresa mentre in corso Agnelli, semplicemente, non si fa vedere nessuno – indice quasi certo che ci sia stata una sospensione pure lì.
Domenica mattina durante il mercato abusivo di piazza dalla Repubblica, sono stati distribuiti questa locandina e il volantino di cui riportiamo il testo. Diversi passanti si sono fermati ad ascoltare gli interventi che si alternavano al microfono, per ricordare il recente suicidio di un detenuto nel carcere delle Vallette a Torino.

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I nove arrestati per gli incendi del Cie di via Corelli a Milano sono stati tutti rilasciati a piede libero. Si fa per dire, visto che tutti sono stati di nuovo internati in un Cie. Uno a Torino, gli altri nel Centro di Trapani, ormai pieno come un uovo. Sembra infatti che le presenze siano ormai ben oltre i 200 posti previsti.
Intanto si fanno più chiari i contorni della notte di fuoco a Milano. Sembra che alcuni “ospiti” non gradissero più la permanenza e avessero deciso di lasciare l’albergo. Al tentativo di fuga la polizia ha reagito in maniera molto violenta, provocando diversi feriti. A quel punto gli internati hanno chiesto con forza che i più gravi venissero portati in ospedale, ma la polizia ha rifiutato e ha continuato a manganellare chi protestava. È esplosa la rabbia e, settore dopo settore, stanza dopo stanza, il Cie è stato dato quasi completamente alle fiamme. Da un certo punto di vista possiamo dare ragione alla stampa ufficiale: l’incendio non ha provocato feriti. Per amore di precisione, è stato l’inverso.