A conti fatti

16 novembre. Comune di Torino e fondazioni bancarie presentano il cosiddetto Fondo Salva Sfratti, un pacchetto di quasi un milione e mezzo di euro per cercare di tamponare l’emergenza. Non è ancora chiaro quali saranno i complicati meccanismi di assegnazione, ma su alcune questioni ci sono già dei punti fermi. Ogni proprietario che rinuncerà allo sfratto riceverà un rimborso per coprire la morosità accumulata. E questi soldi, almeno in parte, dovranno essere restituiti dagli inquilini. Guardando alla somma stanziata, che potrebbe sembrare ingente, si scopre velocemente che servirà a risolvere ben pochi casi. A conti fatti, a salvarsi per qualche mese, saranno 250 famiglie: più o meno il 5% di quelle sotto sfratto.

Soprese

15 novembre. Nel quartiere San Paolo un ufficiale giudiziario tenta di eseguire a sorpresa uno sfratto sospeso mesi fa grazie al famoso articolo 610 del Codice di Procedura Civile. Una volta tanto la sorpresa non gli riesce e deve rinunciare perché davanti al portone di casa si trova un bel picchetto di solidali, avvisati in extremis dalla famiglia sotto sfratto. L’ufficiale visibilmente stupito rinuncia e se ne va con le pive nel sacco, naturalmente senza lasciare un rinvio.

Piazza pulita?

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“Piazza pulita“. Così potrebbe chiamarsi, se avesse un nome, l’operazione che dall’aprile scorso Questura e Procura di Torino stanno conducendo contro alcuni compagni che vivono e lottano principalmente nei quartieri della Barriera di Milano e di Porta Palazzo. Potrebbe perché, a differenza di altre operazioni giudiziarie avvenute altrove contro degli anarchici, dai nomi più o meno fantasiosi (Ardire, Mangiafuoco, Thor, Ixodidae, Outlaw etc.), in questo caso gli inquirenti torinesi almeno per il momento hanno scelto una strada diversa. Più discreta e anonima, che però aggiunge qualche ingrediente in più alla ricetta della repressione in Italia.

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Un CIE a 5 stelle

14 novembre. Una delegazione di consiglieri comunali di vario colore entra nel Centro di corso Brunelleschi a Torino. La visita guidata permette loro di constatare i frutti del lungo lavoro di distruzione portato avanti dai reclusi nel corso degli ultimi anni, un lavoro che ha mandato letteralmente in fumo i 14 milioni di euro spesi per la ristrutturazione della struttura. Il giorno dopo il grillino Bertola pubblica un racconto della gita sul suo blog e da buon ingegnere qual è rileva l’inefficienza del sistema CIE in un contorno di cinismo, banalità, inesattezze e paternalismo. Senza dubbio la cosa più interessante resta la galleria fotografica.

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Plenipotenziari

È da poco passata l’ora di pranzo quando il signor Roberto, il plenipotenziario del “ras delle soffitte” torinese Giorgio Molino, si presenta sul ballatoio di una fatiscente palazzina in mezzo al quartiere Aurora. È accompagnato da quattro agenti di polizia e da un Ufficiale giudiziario giacché deve eseguire uno sfratto e non vuole perdere troppo tempo. Oggi deve buttar fuori una famiglia di origine straniera alla quale per vari anni aveva affittato un bilocale scrostato ed ammuffito per più di quattrocento euro al mese; poi, quando la famiglia ha smesso di pagare, la proprietà Molino ha iniziato la procedura di sfratto immediatamente e ora – dopo le notifiche, i passaggi in Tribunale e le ulteriori ingiunzioni e notifiche di rito – è finalmente l’ora di riavere le chiavi. (more…)

Morire di carcere

11 novembre. Nella notte Abdul Murat, un detenuto algerino del blocco B del carcere delle Vallette, appena condannato a sette mesi di galera per resistenza e lesioni, si toglie la vita impiccandosi con un lenzuolo legato alle sbarre. Contemporaneamente, e sempre alle Vallette, un detenuto italiano cerca di uccidersi squarciandosi l’addome con una lametta. I compagni di sezione e i detenuti delle sezione attigue a quelle del ragazzo suicida decidono che il minimo da fare per salutare il ragazzo algerino è una battitura. Così gli sportellini dei blindi, le ante degli armadietti sono state rese rumoreggianti in ricordo di Abdul, contro l’orrore del carcere.

Milano (quasi) senza Cie

Potremmo definirlo “metodo isontino”: bruciare il Centro pezzo dopo pezzo, sezione dopo sezione – con metodo, appunto -, fino a produrne il sostanziale collasso o la chiusura. È stato sperimentato con continuità a Gradisca d’Isonzo già nel febbraio-marzo 2011, e lì si è riaffacciato con forza in questi mesi, determinando per due volte in due anni e mezzo lo svuotamento del Centro. Già allora aveva fatto scuola in tutti i Centri d’Italia, e lo sta facendo di nuovo ora. Oggi tocca a Via Corelli dove, in seguito agli incendi di questi ultimi mesi – l’ultimo ieri – il Centro sta per essere svuotato: da quel che sappiamo noi, sette reclusi verranno liberati, dieci sono stati arrestati, mentre gli altri saranno trasferiti in altri Centri (sempre che dopo la chiusura di Gradisca ci sia posto da qualche parte). Insomma, dopo Gradisca, Modena, Bologna, Crotone, Brindisi… ora anche Milano è (quasi) senza Cie.

Intanto vi segnaliamo da corso Brunelleschi la vicenda di un recluso, Elmaati Elbayed, che è in sciopero della fame da giovedì scorso. Come tanti altri, ha moglie e figli qua e nonostante questo lo vogliono deportare: fino ad ora la direzione del Centro ha risposto alla sua protesta con l’isolamento. Ma lui è determinato ad andare avanti.

Aggiornamento ore 23. Una ventina di solidali si ritrova fuori dalle mura del Cie di Torino per raccontare ai reclusi la rivolta di Milano. Per la verità nel Centro torinese la notizia era già arrivata e quindi il saluto rumoroso è stata un’occasione per sostenere le lotte dei reclusi con cori e battiture, accompagnati dai classici lanci di torce, petardi e palline da tennis con messaggi di solidarietà e bustine di maalox.

Aggiornamento 12 novembre. Arrivano le prime notizie dei reclusi reduci dall’ultima rivolta di Milano trasferiti in altri Centri: una quarantina sono arrivati a Trapani, e una quindicina, quasi tutti nigeriani, a Torino. A Milano restano meno di trenta posti disponibili, ma dal momento che la direzione del Centro già da tre anni vieta l’utilizzo dei telefoni cellulari, al momento è difficile capire quanti reclusi ci siano effettivamente. Sicuramente pochissimi, tanto che la Croce Rossa, per bocca del commissario lombardo Maurizio Gussoni, si lamenta pubblicamente per l’enorme ammanco di soldi causato dalle ultime rivolte.

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Pragmatismo di Barriera

9 novembre. Alcuni nemici giurati di ogni polizia tornano nelle strade dove una settimana prima gli agenti di una volante erano stati costretti a sparare in aria per arrestare un ragazzo. Un giro nei dintorni del mercato di piazza Foroni, per ribadire con volantini, manifesti e megafono alcune banalità di base sul ruolo degli uomini in divisa. Senza temere smentite si può dire che l’iniziativa ha trovato molte orecchie non assordate dal chiacchiericcio roboante di giornali e televisioni. (more…)

Mensa occupata

8 novembre. A tarda mattina alcune decine di studenti entrano nell’ex mensa universitaria di via Principe Amedeo, chiusa da mesi per lavori di ristrutturazione. Mentre alcuni portavoce spiegano ai giornalisti e alla polizia che si tratta di un iniziativa di «protesta contro i ripetuti attacchi al diritto allo studio», altri iniziano a sistemare i locali in vista di un assemblea che dovrebbe tenersi nel pomeriggio.