Ancora uno sforzo

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Pubblichiamo un articolo tratto dal numero di settembre del mensile anarchico Invece, accompagnato da una cartina che rappresenta graficamente la situazione dei Centri in Italia. I dati sui posti effettivamente disponibili nei Centri danneggiati dalle rivolte ma ancora funzionanti cambiano di giorno in giorno, e quindi potrebbero non essere precisi all’unità. In ogni caso, su tredici Centri pensati dai funzionari del Ministero ad oggi sei sono chiusi e quasi tutti quelli rimasti aperti sono più o meno severamente danneggiati. Se volete fare un confronto con la cartina originale, che risale a due anni fa, la potete trovare sul sito del Ministero dell’Interno.

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Deportazioni e proteste al Cie di Torino

A tre settimane dalle ultime tensioni ricominciano a scoccar scintille dentro al Cie di Torino. Nel fine mattinata di oggi i questurini di stanza al Centro avevano il compito di prelevare dalle aree alcuni reclusi di origine nigeriana, con la scusa di portarli “al Consolato”. Ma hanno fatto i conti senza l’oste: dentro si sa che il Consolato è a Roma e che il trasferimento a Roma per i nigeriani vuol sempre dire una breve permanenza a Ponte Galeria in attesa del volo di Frontex per Lagos. E così i nigeriani dell’area blu, sostenuti dagli altri prigionieri, han provato a resistere con forza fintanto che la polizia non è arrivata in forze – una trentina di agenti, secondo il racconto dei reclusi – con caschi e manganelli per ridurli all’obbedienza. Finito il lavoro nell’area blu, la polizia ha circondato le altre aree e, ora che scriviamo, si sta preparando a fare irruzione nelle gabbie dove continua la protesta. A presto aggiornamenti.

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Sfrattare o fermare? Questo è il problema…

17 settembre. Nel quartiere di San Salvario sono in programma tre sfratti, concentrati in un “terzo martedì del mese”. Resistenti e solidali si danno appuntamento all’alba, ma la polizia si presenta solo alle 9.30, con 6 camionette in via Berthollet. Il picchetto viene velocemente allontanato prima in via Goito, poi fino in via Galliari. Alla fine, vengono fermate 17 persone tra cui anche qualche passante colto a solidarizzare. Eseguito lo sfratto, tutte le camionette vengono utilizzate per portare fermati e celerini in commissariato, e all’ufficiale giudiziario non resta altro che… rinviare il secondo sfratto e sospendere il terzo. (more…)

Botti e palline

16 settembre. In serata una ventina di solidali si ritrovano fuori dalle mura del Cie di corso Brunelleschi per un veloce saluto ai reclusi. Un quarto d’ora di rumore condito con lancio di palline da tennis riempite di messaggi di solidarietà e accompagnato dall’esplosione di qualche petardone. Dentro e fuori le mura, un unico grido ha accompagnato le battiture: «Libertà». Digos e volanti, arrivate in ritardo, non hanno fermato nessuno.

Libertà

ciminiera

Mantenendo la parola data il martedì precedente, sabato pomeriggio alcuni decine di nemici delle galere tornano sul prato del carcere delle Vallette per salutare e sostenere i prigionieri. Il presidio non è annunciato e quindi i manifestanti non sono sorvegliati da celere e digos e possono muoversi come vogliono per un paio di ore nel campo antistante il carcere. Anche questa volta, nonostante il filo spinato, qualcuno riesce ad arrampicarsi sulle recinzioni esterne e salutare più da vicino i detenuti. (more…)

Caltanissetta, tentata evasione e sassaiola

Caltanissetta, 15 settembre 2013

«Cie, una sommossa dopo l’altra. Sassaiola notturna: ferito agente

Tensione a Pian del Lago.Il lancio di pezzi di asfalto durato oltre un’ora, una ventina di migranti ha tentato di dileguarsi

Sassaiola e un agente di polizia leggermente ferito al centro identificazione ed espulsione di Pian del Lago dove la scorsa notte c’è stata l’ennesima sommossa. Nessuno è riuscito a scappare ma per due ore il Cie si è trasformato in un campo di battaglia fra i rivoltosi e le forze dell’ordine chiamate a fronteggiare il tentativo di evasione. I disordini sono scoppiati verso mezzanotte quando gli extracomunitari – quasi tutti – sono usciti dal padiglioni iniziando una fitta sassaiola contro le forze dell’ordine. Lancio di pietre e pezzi di asfalto durato oltre un’ora e in questo frangente una ventina di migranti si sono arrampicati sulla sbarre, in punti diversi del centro, nel tentativo di superare le sbarre. Un agente di polizia colpito da un sasso ha riportato lievi contusioni successivamente medicate al pronto soccorso del Sant’Elia; il poliziotto guarirà in tre giorni. Nel corso dei disordini, inoltre, un cittadino di nazionalità tunisina ha ingoiato una lametta ed è finito pure in ospedale. Al Cie la calma è tornata dopo due ore e adesso si fa la conta dei danni subiti dalla struttura. Nessuno degli attuali settanta ospiti del centro è riuscito a tagliare la corda. Rimane però altissima la tensione fra gli extracomunitari e ad alimentarla sono le voci che accompagnano di solito i trasferimenti calendarizzati in due giorni la settimana (lunedì e giovedì). Domani, come da programma, la questura procederà ad una serie di rimpatri (non si conosce il numero esatto) nel rispetto di provvedimenti di espulsione adottati dal prefetto su proposta del questore. La prospettiva di dover fare ritorno in patria, e comunque in terre devastate da guerre e miserie, crea nervosismo e tensione fra i migranti che puntualmente alla vigilia delle partenze inscenano tentativi di evasione. Alcuni nel passato sono riusciti altri sono stati respinti. Al Cie, da settimane, sono iniziative manovre di alleggerimento con trasferimenti e rimpatri che hanno fatto calare il numero dei presenti da 96 agli attuali settanta. Uno dei tre padiglioni (danneggiato nel corso di precedenti sommosse) adesso verrà chiuso e ristrutturato».

Il Giornale di Sicilia

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«In carcere ci sono i nostri amici e le nostre amiche, i nostri parenti e i nostri affetti. La galera è una discarica in cui escluderli, nasconderli e spaventarli. Non serve certo ad eliminare la povertà, le ingiustizie, i privilegi e le cause sociali che portano o costringono uomini e donne a compiere scelte di vita etichettate come “criminali”. Mentre coloro che concentrano nelle loro mani ricchezze assurde, distruggono interi territori in nome del progresso, scatenano guerre per conquistare le risorse di un paese, uccidono tra le mura di una caserma, dormono sonni tranquilli nelle proprie case.

Essere per mesi e anni rinchiusi in una cella non è solo orribile in sé. A questo si aggiunge la privazione delle relazioni che sono controllate nei tempi e nei modi, spesso negate. Le condizioni igieniche e sanitarie, la fatiscenza delle strutture, il sovraffollamento, le violenze e gli abusi sono spesso da tutti taciute e nascoste. Ma anche i tentativi dignitosi di protesta e ribellione, individuali o collettivi, non trovano modo di scavalcare il conƒ ne delle recinzioni. Sta a tutti e tutte noi da fuori rompere questo muro e non lasciare che il silenzio sulla vita dentro le galere diventi una seconda condanna. Non abbiamo bisogno della benevolenza della grande stampa per raccontare le storie dei nostri amici e dei nostri cari, né per far uscire direttamente la loro voce.»

Aria, foglio anticarcerario torinese. Scarica e distribuisci il numero 1.

Saluti rumorosi

10 settembre. Nel tardo pomeriggio una ventina di compagni salutano i prigionieri delle Vallette, proprio nel giorno di inizio di una mobilitazione nazionale dei detenuti. Slogan, petardi ed interventi al megafono da fuori, cui i prigionieri rispondono molto rumorosamente battendo sulle sbarre ed urlando da più parti: “Libertà”. Qualche solidale riesce ad arrampicarsi sulle reti esterne, nonostante i due rotoli di filo spinato di alcune centinaia di metri stesi nelle ultime settimane per tenere il più possibile lontani dal carcere eventuali solidali. Parlando con alcuni prigionieri, si scopre che dentro molti sono a conoscenza della mobilitazione e alcuni già da tre giorni stanno facendo lo sciopero del carrello. Dopo una mezz’ora di rumore ci si saluta, promettendo che ci si rivedrà presto.

Inaugurazione col fuoco a Milano

I lavori di ristrutturazione nel CIE di via Corelli a Milano erano finiti da due settimane. Capienza ripristinata a 132 posti, nuove sezioni studiate apposta per prevenire proteste, con gli arredi cementati per evitare danneggiamenti, tutto pronto per accogliere i reclusi protagonisti delle rivolte degli ultimi mesi in diversi Centri italiani. I funzionari del Ministero probabilmente credevano di aver previsto tutto, e speravano di poter contare sul Centro milanese per poter risolvere i loro problemi da burocrati gestori della macchina delle espulsioni.  Ma non aveano fatto i conti con i reclusi, che hanno deciso di inaugurare a modo loro la nuova struttura. Sabato pomeriggio e domenica mattina i reclusi hanno iniziato a bruciare materassi e arredamenti. Al momento le notizie sono poche, anche perché nel CIE di Milano il regolamento vieta l’uso dei telefoni cellulari. Le agenzie di stampa non parlano di feriti o arrestati, ma sembra che gli incendi siano stati belli grossi, abbastanza distruttivi da obbligare i vigili del fuoco a dichiarare inagibile un’intera sezione. Due incendi e trenta posti in meno, niente male come inaugurazione.

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Gradisca: corde e spranghe

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Continua l’agosto turbolento nel CIE di Gradisca d’Isonzo, uno dei Centri più distrutti del paese dove sono rimasti una settantina di posti disponibili, meno di un terzo dei 250 previsti. Dopo le rivolte di inizio agosto, che avevano costretto il Prefetto a cedere alle richieste dei reclusi, concedendo l’uso dei telefoni cellulari e riaprendo la sala mensa, le proteste non si sono mai fermate. Sei reclusi evadono il 19 agosto, nei giorni successivi ne vengono arrestati due: uno per aver aggredito gli agenti di guardia, l’altro per aver distrutto un televisore e aggredito un operatore di Connecting People. Nella serata di mercoledì un gruppo di reclusi decide nuovamente di tentare la fuga e in venti salgono sui tetti. Secondo le ricostruzioni delle agenzie di stampa sono «armati di spranghe. Spranghe che, lanciate verso la rete di recinzione collegate a un cavo, servono anche per tentare di fuggire, con la sbarra metallica usata come una sorta di ancora da agganciare alle inferiate». Il tentativo di evasione fallisce, in due cadono e vengono ricoverati all’ospedale ma la protesta non si ferma e i reclusi, a turno, continuano a rimanere sui tetti.

Intanto sembra che i funzionari del Ministero dell’Interno siano abbastanza preoccupati. Dei tredici Centri costruiti, sei sono chiusi per ristrutturazione, distrutti dalle rivolte dei reclusi. E quelli che ancora funzionano non sono proprio in ottime condizioni, quasi tutti più o meno seriamente danneggiati. I responsabili del Ministero avranno sicuramente dati più aggiornati dei nostri, ma per quanto ne sappiamo dei quasi duemila posti pensati per rinchiudere i senza documenti, ne sono rimasti disponibili meno della metà. Per correre ai ripari, sono stati convocati a Roma i responsabili dei diversi Centri per un vertice urgente. Ovviamente non sappiamo cosa si siano detti, né quali decisioni abbiano preso: le agenzie di stampa riferiscono di una riunione che sarebbe servita a «confrontarsi sulle principali problematiche delle strutture al fine di trovare le migliori strategie di gestione e le modalità operative nell’attività di vigilanza e sicurezza interna ed esterna».

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