Vallette
20 luglio. Alle Vallette, dove sono detenuti gli arrestati No Tav degli ultimi giorni, si ritrovano un centinaio di solidali che tra battiture, cori e petardi salutano i reclusi.
20 luglio. Alle Vallette, dove sono detenuti gli arrestati No Tav degli ultimi giorni, si ritrovano un centinaio di solidali che tra battiture, cori e petardi salutano i reclusi.
19 luglio. Nella notte sui muri di banche, uffici postali, scuole, chiese e case per ricchi appena costruite in Barriera di Milano compaiono diverse scritte in solidarietà a Simona e Marianna, contro gli sfratti e contro la polizia. Imbrattata anche la sede di Urban, il progetto che si occupa si spacciare la speculazione per riqualificazione.
Aggiornamento – 22 luglio. Dopo aver condannato a 8 mesi di carcere Claudia, Marianna e Simona, lasciando le ultime due agli arresti domiciliari, il giudice si degna di revocare le restrizioni che vietavano loro di ricevere visite o telefonate.
Claudia, Marianna e Simona sono state condannate in primo grado a 8 mesi di carcere ciascuna per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, al termine dell’occupazione dell’Unep dell’11 marzo scorso. Per quanto riguarda le misure di custodia cautelare cui Marianna e Simona sono sottoposte (vale a dire arresti domiciliari con tutte le restrizioni), il giudice si è riservato di decidere nei prossimi giorni. Per questo motivo, entrambe continuano determinate il loro sciopero della fame per chiedere la revoca delle restrizioni.
Arrivate alla stazione di Porta Susa, le imputate hanno trovato ad attenderle un nutrito gruppo di compagni e solidali, che le ha accompagnate a debita distanza con un breve corteo. All’ingresso del tribunale un cordone di celere ha impedito ai solidali di entrare in massa, lasciando passare due o tre persone per volta “per non intasare i tornelli”, fino al riempimento della piccola aula in cui si teneva l’udienza.
Modena, 19 luglio
«Cie, rivolta da 70mila euro. Tegole contro gli agenti
Tunisini scatenati dalla mezzanotte sino alle 4 del mattino. In tredici sul tetto Nove ospiti arrestati. Il Siulp: «Ora basta, il prefetto deve chiudere la struttura»
La brace era rimasta coperta nel pomeriggio, quando erano stati bruciati i materassi e due blocchi erano stati devastarti dalla quarantina di ospiti tunisini del Cie. Il fuoco, quello con le fiamme della rivolta collettiva, è divampato poi in tuta la sua potenza verso la mezzanotte ed e proseguito sino alle 4 del mattino. Danni per 70mila euro, come riferisce il Siulp, e nove le persone arrestate.
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18 luglio. Per la quarta volta dall’apertura del negozio (che risale allo scorso ottobre), l’Apple store di Via Roma è stato depredato. All’alba, ignoti hanno sfondato la vetrina con un’auto e nel giro di una dozzina di minuti hanno fatto man bassa di Iphone, Ipad e computer per almeno ventimila euro. Poi, si sono dileguati senza lasciare traccia.
Eccoci ad un altro “terzo martedì del mese” – il secondo, in poco più di un anno, senza resistenze organizzate nella Barriera di Milano. Nonostante l’assenza di picchetti, celere e Digos ci sono lo stesso: gli agenti in borghese si fanno vedere già dal mattino presto, girano per le strade e fermano alcuni volti noti, mentre le camionette questa volta faranno la loro comparsa solo più tardi. Intanto, però, in alcune delle strade che portano al quartiere il traffico viene interrotto: cavi di acciaio bloccano le carreggiate, con striscioni in solidarietà con Marianna e Simona. Verso le otto e mezzo arriva la Celere, e una fila ordinata di mezzi sfila prima in via Bologna e poi su Corso Giulio Cesare all’altezza del trincerone ferroviario, dove trovano l’inquilino sotto sfratto che li attende rassegnato sul marciapiede: ha scelto di non resistere, ma i questurini non gli risparmiano certo una bella esibizione di muscoli. Poi se ne vanno, probabilmente a San Salvario, dove pure non incontrano resistenza.
In Barriera, però, la mattinata non è finita qui: il fatto che non ci siano resistenze non impedisce ad un gruppone di solidali di prendersi comunque le strade. È un piccolo corteo, fatto di una sessantina di persone, quello che percorre corso Giulio Cesare e poi corso Palermo con un’oretta di slogan contro gli sfratti e manifesti sui muri in solidarietà con Simona e Marianna in sciopero della fame. Resasi conto della situazione troppo tardi la polizia arriverà a corteo ormai sciolto, e i celerini finiranno la mattinata sul Lungodora a far la posta inutilimente ai solidali di passaggio.
Visto che ci siamo, eccovi una chiacchierata trasmessa ieri mattina in diretta da Radio Blackout durante la trasmissione “Bello come una prigione che brucia”, con ancora qualche spunto sul processo di Marianna e Simona e sulla repressione in Barriera di Milano:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/bello-come-su-marianna-e-simona.mp3]
Dall’archivio di Radio Blackout una bella chiacchierata intorno allo sciopero della fame iniziato da Simona e Marianna giovedì scorso. Intanto qualche dato in più sulla situazione specifica delle due, dalle iniziative che le hanno condotte in carcere al modo con il quale sono state applicate loro misure cautelari e restrizioni; quindi qualche ragionamento su come si inserisce la loro vicenda nella lotta contro gli sfratti a Porta Palazzo e nella Barriera di Milano e, più in generale, all’interno del conflitto che si svolge quotidianamente nei quartieri tra la repressione e chi le resiste e tenta di toglierle spazio.
E per chi volesse far circolare la voce di Simona e di Marianna, eccovi tre locandine da scaricare (clicca qui e qui), stampare ed affiggere sui muri della vostra città.
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«Oggi, giovedì 11 Luglio 2013, inizio uno sciopero della fame…
Per colpa di un parapiglia con dei poliziotti dentro una camionetta, della conseguente accusa per resistenza ci hanno incastrato in mezzo ad un processo, dentro galere ed ora agli arresti domiciliari con il divieto di comunicare con l’esterno.
Dopo 4 giorni di carcere, 2 mesi di firme giornaliere, e poi ancora 17 giorni di carcere, dopo il rigetto di domande di domiciliari a casa di amici, ho ottenuto gli arresti a casa dei miei genitori, in un piccolo paese della campagna piemontese.
Ritorno nella mia stanza d’adolescente, abbandonata dopo le superiori, ripercorro a ritroso i passi verso l’autonomia che mi ero creata rispetto alla famiglia. I risparmi personali si sono velocemente asciugati, le casse detenuti devono anche aiutare tanti prigionieri messi in condizioni peggiori.
Giudice e Pm non vogliono dare la revoca delle restrizioni. È dal 4 Maggio che non posso parlare a lungo con un amico, se non le parole rubate durante le udienze in tribunale. È più di due mesi che rinchiudo le mie lettere dentro un cassetto, e la postina qui porta solo bollette e depliant con le offerte dell’ipermercato.
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13 luglio. Borgo Vittoria, il regno (quasi) incontrastato di Lino Mazzeo, l’Ufficiale Giudiziario più zelante del Tribunale di Torino: l’unico disponibile a lavorare pure il sabato, o alla sera, esperto dribblatore di picchetti, grande creativo degli sfratti a data casuale e stratega degli “incidenti di esecuzione”. Siamo quasi certi che sia stato proprio lui a bussare alla porta del sessantanovenne del quartiere che per resistere allo sfratto si è barricato in casa con tre bombole di gas aperte. Mazzeo e i poliziotti, questa volta, sono riusciti ad irrompere nell’appartamento, a togliere per tempo l’accendino dalle mani dell’anziano e a restituire la casa ai padroni di turno. L’anziano ora è in stato di fermo, l’ufficiale giudiziario e i poliziotti sani e salvi, i padroni di casa felici e contenti. Per questa volta, appunto.
Caltanissetta, 13 luglio 2013
«Caltanissetta: 60 immigrati tentano evasione notturna dal Cie, solo 2 fuggono
Non c’è tregua al Centro di identificazione ed espulsione di Pian del Lago di Caltanissetta, dove la notte scorsa s’è verificato un altro tentativo di evasione di massa. Oltre una sessantina gli immigrati che volevano fuggire, ma alla fine soltanto due sono riusciti a scavalcare la ringhiera alta 10 metri dove s’erano arrampicati tutti. La sommossa, l’ennesima che avviene nella struttura che ha una capienza massima di 96 posti, è scattata a notte fonda: erano le tre e mezza quando un gruppo di rivoltosi ha scatenato il caos dirigendosi verso la recinzione, mettendo in allerta i poliziotti del Reparto Mobile che dopo un’ora e mezza sono riusciti a neutralizzare l’evasione. Ma stavolta, a differenza di altre rivolte scoppiate nelle ultime settimane, nessuno è rimasto ferito. Gli unici a riacquistare la libertà, invece, sono stati un algerino e un marocchino, che hanno oltrepassato la ringhiera sulla quale si erano aggrappati, fuggendo per le campagne circostanti il Cie e ricercati a lungo dai poliziotti. Non è escluso che i due stranieri, girovagando per la città senza meta, vengano rintracciati e riportati nel centro in attesa di essere rimpatriati».
Anche se le date non coincidono perfettamente, questa notizia potrebbe riferirsi al video uscito qualche giorno di cui vi abbiamo già parlato.