Ancora sgomberi

5 giugno. Zona San Paolo militarizzata dalle prime ore dell’alba per permettere la demolizione dell’ex fabbrica Diatto, occupata dal 20 ottobre scorso. Già nel corso della giornata, alcuni antagonisti avevano tentato di sfondare il cordone di Polizia schierato in difesa delle ruspe, ma la situazione si è scaldata in serata, quando un centinaio di giovani in corteo ha tentato di avvicinarsi al complesso in via di demolizione. Ci sono state cariche da parte della Polizia in assetto antisommossa, che ha usato anche lacrimogeni per disperdere il corteo. A detta dei giornali, nell’indietreggiare, i manifestanti si sono trascinati dietro cassonetti per proteggersi e hanno lanciato petardi e bottiglie. Pierluigi Leone, dirigente del commissariato Barriera Nizza, probabilmente colpito da una pietra o una bottiglia, è rimasto privo di sensi per qualche minuto e ha perso due denti.

Ancora tensioni nel Cie di Torino

Lunedì un ragazzo dell’area rossa è stato male dopo aver mangiato una scatola di tranquillanti; tramortito e incosciente viene portato all’ospedale, mentre i suoi compagni cominciano a protestare bruciando materassi e lenzuola. I militari intervengono con gli idranti per spegnere l’incendio, e già che ci sono inondano d’acqua anche la tenda sul tetto, tra le proteste dei ragazzi che oramai da nove giorni vivono lì.
Come sempre però le proteste di un’area si diffondono velocemente anche nelle altre. In serata anche nell’area blu e nell’area bianca i reclusi fanno casino e bruciano materassi. Niente di troppo grosso, sembrerebbe. Le informazioni da dentro sono un po’ confuse e non si riescono ad avere notizie precise. L’unica cosa sicura è che dentro la misura è colma, la tensione alta, i militari e i poliziotti esausti e nervosi. Un bel modo per iniziare la stagione calda.

Ascolta un’intervista con un recluso nel Cie di Torino, oppure scarica il file mp3.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/cie_to_03062013.mp3]

Cie di Torino: il direttore chiede scusa

Serata movimentata al Cie di corso Brunelleschi: tutto nasce nell’area blu, quando un poliziotto apostrofa con fare beffardo un ragazzo che sta pregando. Il gesto causa in improvviso moto d’ira in tutta la sezione:  i reclusi gridano, poliziotti, militari e crocerossini vengono insultati pesantemente, e qualcuno comincia ad appiccare il fuoco ai materassi e alle lenzuola. In un attimo la rivolta si estende anche all’area gialla e all’area bianca, dove i ragazzi cominciano ad urlare e a bruciare quello che capita loro sottomano. Il direttore del centro arriva addirittura a chiedere scusa ai reclusi per la mancanza di rispetto che hanno dimostrato i poliziotti, ma questo non basta a far calmare le acque. Sarà che nella mattinata la polizia aveva effettuato pesanti perquisizioni in tutte le aree, presentandosi con scudi e manganelli alla ricerca di non si sa cosa, sarà che i due ragazzi sul tetto dell’area rossa continuano tenaci la loro protesta e il loro sciopero, ma non bastano certo due parole per far dimenticare le quotidiane umiliazioni o a far sbollire la rabbia. Per una buona mezz’ora dentro il centro si continuano a bruciare materassi e lenzuola, mentre fuori dalle mura una trentina di solidali si uniscono al casino con petardoni, slogan e battiture.

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Dopo circa un’ora la situazione sembra tornata alla normalità, quando alcuni poliziotti fanno irruzione nell’area gialla con fare minaccioso e si mettono a malmenare alcuni uomini colpevoli di aver fatto troppo casino. Ma la risposta dei reclusi non si fa attendere e i ragazzi dell’area bianca cominciano a lanciare pietre e bottiglie di acqua contro i celerini nell’area adiacente, facendoli indietreggiare.

In effetti in molti da dentro riferiscono che i ragazzi dell’area bianca siano i più vivaci ed incazzati. Forse perché sono in tanti, forse perché la sezione nella quale risiedono è nuova e con tutto il mobilio ancora intatto, forse perché parlano poco italiano e sono il bersaglio privilegiato delle angherie poliziesche, ma hanno dimostrato un coraggio e una tenacia che i poliziotti farebbero bene a non sottovalutare.

In due sul tetto del Cie di Torino

Da sabato 25 maggio, due reclusi del Cie di corso Brunelleschi a Torino sono saliti sul tetto per resistere alla deportazione in Tunisia (che sarebbe dovuta avvenire via mare, su una nave in partenza dal porto di Genova). Intenzionati a restare lassù, per passare la notte e ripararsi dal freddo si sono costruiti una specie di tenda. In serata, un gruppo di solidali ha salutato la loro resistenza con slogan e fuochi d’artificio, dileguandosi prima che la polizia potesse identificarli.

Aggiornamenti 27 maggio.

ore 12 – I due ragazzi dell’area rossa sono ancora sul tetto. Da stamattina hanno iniziato uno sciopero della fame, e qualcuno di altre sezioni si è unito allo sciopero. Dicono che non scenderanno finché non parleranno col console o con l’ambasciatore  Ogni tanto il direttore del centro con i vari poliziotti, crocerossini e militari passano sotto cercando di convincerli a scendere. Ma per tagliare corto i due ragazzi han deciso che non parleranno più italiano e se qualcuno vuole comunicare con loro deve almeno imparare l’arabo.  Per ogni cosa comunque i due si fanno aiutare dagli altri dell’area. La rossa è una sezione quasi del tutto svuotata, dopo le rivolte degli ultimi mesi. Ora sono rimasti in sette, e sono tutti solidali con i ragazzi del tetto. Sono loro infatti  che hanno passato le lenzuola e i lacci per costruire la tenda che fa bella mostra di sé sotto il sole di questi giorni, e sono sempre i loro compagni che li riforniscono d’acqua da bere e per lavarsi.

ore 21 – Un gruppo di venti di solidali ha salutato rumorosamente i reclusi del Cie, in particolare i due ragazzi che da sabato resistono sul tetto dell’area rossa. Un quarto d’ora di baccano intorno alle 19.30, con slogan, petardi e battiture sui pali. Per sedare sul nascere ogni tentativo di risposta dei reclusi, la polizia si è schierata con caschi e manganelli, ed è entrata minacciosa nell’area bianca, dove i reclusi stavano gridando. Ascolta una telefonata con un recluso del Cie di Torino, oppure scarica il file mp3.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/intervista-27-5-13.mp3]

Fuga dal Cie di Trapani

Nella notte tra giovedì e venerdì 24 maggio, dieci reclusi del Centro di identificazione ed espulsione di Trapani Milo hanno tentato la fuga. Di questi, sette sono riusciti a far perdere le proprie tracce, mentre tre di loro sono stati fermati dalle forze dell’ordine. Uno di essi, precipitato in un canale pieno di melma, è stato catturato da due militari, accompagnato in ospedale e successivamente riportato dietro le sbarre.

Memento

26 maggio. Il colonnello della Croce Rossa Antonio Baldacci, direttore del Cie di Torino, trova di fronte a casa un manichino insanguinato e uno striscione con la scritta “Ti ricordi di Fatih? Noi non dimentichiamo”. Fathi, e Baldacci se lo ricorderà bene, era un recluso di corso Brunelleschi, morto per una polmonite curata a forti dosi di psicofarmaci.

L’inaugurazione

25 maggio. A un mese esatto dall’occupazione, festa di inaugurazione nel ribattezzato Centro Sociale di Destra di via Bizzozero 26. Soccorso Tricolore, associazione legata al partito Fratelli d’Italia, organizza un convegno sulla Destra Sociale, seguito da cena tricolore e serata danzante con musica identitaria. Una festa un po’ triste, una quarantina di persone in tutto e nessuna traccia evidente dei cosiddetti invisibili che da un mese avrebbero occupato la casa per viverci. In compenso una buona occasione per farsi pubblicità per i militanti di Fratelli d’Italia, in prima fila con la giovane coppietta di consiglieri Maurizio Marrone e Augusta Montaruli, seguiti a ruota dagli attempati Patrizia Alessi e Ignazio Giammanco. Per contestare l’inaugurazione si radunano una cinquantina di antifascisti: provano a partire in corteo ma vengono bloccati dalla celere che a quanto pare rimedia quache uovo in testa.

Live

23 maggio. Un concerto di Alessio Lega di fronte al Cie di corso Brunelleschi ricorda ai prigionieri chi era Fatih, e che 67 compagne e compagni sono sotto processo per diverse iniziative contro i Cie e contro le espulsioni.

L’attacco

All’alba di martedì 21 maggio, a quasi un anno dal primo “terzo martedì del mese”, sull’onda lunga di un attacco che dura da più di un mese, per la prima volta la polizia ha caricato due picchetti anti-sfratto nella Barriera di Milano. E lo ha fatto in modo di essere sicura che l’operazione fosse il più veloce possibile, schierando una dozzina di camionette e un centinaio di poliziotti in assetto antisommossa.

La prima casa ad essere assediata è in via Soana, alle sei del mattino: le barricate vengono divelte in fretta perché i solidali, colti a tenaglia e di sorpresa, si barricano in casa. La porta viene sfondata mezz’ora dopo, e al termine dell’operazione sedici persone vengono fatte uscire in strada e portate in questura.

La notizia dell’attacco arriva immediatamente al picchetto in via Ceresole, dove sfrattandi e solidali si preparano alla resistenza, chiudendosi il portone alle spalle per non indietreggiare. La polizia arriva poco prima delle sette, e accerchia le barricate di cassonetti. I resistenti parano i colpi dei manganelli con uno striscione rinforzato, le barricate tengono, qualche vicino solidale tira sulla polizia una bella secchiata d’acqua. Temendo che il corpo a corpo durasse troppo a lungo, o che magari dai balconi potesse piovere qualcosa d’altro, un poliziotto in borghese del commissariato di Porta Palazzo dà l’ordine di usare il gas lacrimogeno, e si allontana veloce. Un candelotto a frammentazione viene tirato oltre i cassonetti, e la nube avvolge tutti: i celerini mollano la presa sui cassonetti e i resistenti escono un po’ per volta dalle barricate. Quando la nube di fumo si dirada, la polizia invade il condominio e dopo pochi minuti sfonda la porta dell’appartamento. Eseguito lo sfratto, 24 persone vengono portate in questura. Sono le 7.30 del mattino.

Nel frattempo, un terzo picchetto attende l’attacco in corso Novara, ma lì la polizia non arriva. Arriva invece, in mattinata, l’ufficiale giudiziario a concedere una proroga fino a settembre.

Nel corso della giornata, dall’una di pomeriggio fino alle otto di sera, tutti i quaranta fermati vengono rilasciati. Trentasette di loro vengono denunciati per resistenza a pubblico ufficiale. Per i non residenti a Torino, viene emesso un foglio di via; per i non italiani, un foglio di espulsione dall’Italia.

Ascolta una diretta a caldo sugli sfratti di martedì 21 maggio, e un commento del giorno seguente, in due interviste telefoniche realizzate da Radio Blackout 105.250 Fm.