25 marzo. In serata, dopo un lungo inseguimento, tre uomini vengono arrestati con l’accuse accuse di Mangiano senza pagare, arrestati per furto aggravato
„furto aggravato, danneggiamento ed insolvenza fraudolenta. Secondo la polizia avrebbero prima cenato in una trattoria di San Salvario alzandosi dai tavoli senza pagare il conto. Non sazi, avrebbero sfondato con un tombino i distributori di un freeshop per portarsi via bibite e snack.
Mercoledì scorso, le guardie del Cie di Torino avvisano i reclusi della area viola che dovranno essere spostati nelle altre aree, visto che dopo gli incendi tutte le camerate di quella zona del Cie sono inagibili. I primi due sembrano scelti a caso, ma tra di loro c’è Jamal, il recluso che aveva evitato un’espulsione a fine gennaio. La loro sosta nell’ufficio immigrazione dura troppo a lungo e, da un certo momento in poi, non rispondono più al telefono. I compagni dell’area iniziano a sospettare un ennesimo “scherzo” e lanciano l’allarme. Ma i solidali non fanno neanche in tempo a partire: arriva la notizia che Jamal è stato caricato sul furgone e portato via, verso l’aeroporto, mentre l’altro recluso viene riportato nella camerata. Alla fine l’area viola viene svuotata e i reclusi distribuiti dove, almeno per terra, c’è ancora posto. Qualcuno accetta di andare in isolamento per non stare uno sopra l’altro nelle camerate rimaste.
Nel frattempo, come apprendiamo dall’articolo qui sotto, è arrivata la visita che aveva provocato questi trasferimenti e l’accelerazione nel restauro delle camerate. Oltre alla solita e sinistra manfrina sull’inefficienza del Cie a fronte degli alti costi sostenuti, e ad una certa difficoltà nel far di conto, emerge tra le righe la conferma che al momento due terzi del lager di corso Brunelleschi sono fuori uso.
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21 marzo. Nella notte ignoti danneggiano il portone che dà accesso al palazzo della Geo Studio, società di architetti che collabora alla realizzazione del Tav in Valsusa, con sede a Torino in Corso Trapani 39. Il portone pare sia stato bruciato sfruttando il gas di alcune bombolette.
20 marzo. Un picchetto antisfratto in corso Regina Margherita all’angolo con piazza della Repubblica attende invano l’arrivo dell’ufficiale giudiziario. Avvistato e circondato in corso Brescia, l’ufficiale confessa immediatamente che l’Istituto Vendite Giudiziarie ha deciso di sospendere gli sfratti di tutti gli immobili che mette all’asta, per giocarsi la carta degli sfratti a sorpresa.
Ennesimo – e forse uno degli ultimi? – “terzo martedì del mese”, il 19 marzo comincia con la notizia di uno sfratto eseguito alle 5 del mattino nel quartiere San Paolo. Più o meno alla stessa ora in via Rivarossa, via Palestrina, via Feletto, via Soana, via Elvo, via Lombardore e in via San Donato si costruiscono le consuete barricate di cassonetti per proteggere i portoni da eventuali attacchi della polizia. Ma per tutta la mattina non si vede un cane, a parte la Digos e qualche camionetta di passaggio.
Il rinvio in via San Donato è concesso prestissimo – alle 8 del mattino, un record – direttamente davanti al portone di casa dell’ufficiale giudiziario, che preferiva aprire in pigiama piuttosto che presentarsi di fronte al picchetto. Verso le 10 si avvista l’ombra dell’unico ufficiale giudiziario in circolazione nella Barriera di Milano: è in via Verres a concedere un rinvio, in una casa che non era neanche difesa da un picchetto.
Tra la constatazione che almeno in Barriera è in vigore una temporanea moratoria de facto, e il sospetto che questa calma nasconda qualche tranello, gli sfrattandi si recano all’Unep in corso Vittorio Emanuele. Per una volta armati di sole buone intenzioni, trovano ad attenderli una squadra di buttafuori della celere, che giustamente non li fanno neanche entrare: le porte dell’ufficio relazioni con il pubblico sono chiuse, se il pubblico non vuole aprire le sue all’ufficiale giudiziario.
Quando gli sfrattandi dall’Unep ritornano in Barriera, con la notizia che quel giorno non ci sarebbero stati né sfratti, né rinvii, un centinaio di solidali si muove in corteo per il quartiere per accompagnarli a casa al grido di «Sfratti a sorpresa? Lotta senza resa!» con la promessa che in ogni momento sarebbero tutti ritornati in fretta e furia per aiutarli a resistere, se e quando arriverà il momento.
La giornata sembra finita, ma nel pomeriggio presso la Fondazione Fulvio Croce in via Santa Maria 1 si tiene un dibattito sul tema quanto mai d’attualità delle “espropriazioni forzate”. Tra i relatori, spicca il nome del Dottor Marco Nigra, proprio lo stesso giudice che aveva decretato lo sfratto a sorpresa del 7 marzo in via Renier. Una ventina di malintenzionati, tra sfrattandi e solidali, riesce ad entrare e a interrompere bruscamente la sua relazione, per spiegare a lui e a tutti i presenti quel che pensano del noto articolo 610 (o sei-uno-zero, per involontaria ironia del legislatore), con la promessa di rivedersi ogni volta che se ne presenterà l’occasione, e il consiglio di chiedere al suo collega di partito Giancarlo Caselli su come fare ad evitare dibattiti pericolosi.
Nell’area viola del Cie di Torino, dopo gli incendi di venerdì sera che hanno reso completamente inagibili le stanze dell’area, lunedì i reclusi hanno rifiutato il cibo sia a pranzo che a cena. Un paio di loro sono stati spostati in altre aree, mentre martedì almeno due sono stati trasferiti a Modena assieme a un recluso dell’area gialla. A dormire nella sala mensa dell’area viola rimangono quindi in nove, il che non manda certo in crisi esistenziale gli operatori. Nel frattempo, in tutto il Centro si registra un certo lavorìo e si vedono televisori e materassi entrare: per mercoledì è prevista un’ispezione e i capoccia non vogliono certo fare brutta figura. Non potendo fare in tempo a sistemare tutte le stanze andate in fumo stanno infiocchettando l’area bianca chiusa ormai da tempo.
Ascolta un recluso al telefono con la trasmissione Bello come una prigione che brucia, andata in onda lunedì su Radio Blackout 105.250, oppure scarica il file mp3.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/rbo_18032013_cie_to_viola.mp3]
19 marzo. In serata una quarantina di solidali riesce a evitare lo sgombero di un appartamento delle case popolari in corso Racconigi, occupato nel pomeriggio da una famiglia di sfrattati. Il presidente dell’ATC dimostra di avere la faccia abbastanza tosta per accusare gli occupanti di essere «ladri di case», ma farebbe meglio a guardare dietro le tende di casa sua, prima che passino le guardie.

19 marzo. La sede di Fratelli d’Italia in via Martorelli angolo via Rondissone è stata sicuramente imbrattata, ma le versioni fornite dai militanti di partito sono discordanti. Maurizio Marrone, capogruppo in Consiglio Comunale, intervistato da un quotidiano locale racconta di «scritte minatorie sulla serranda» lasciate durante un blitz notturno. Ignazio Giammanco, attempato segretario della sezione, si sfoga invece sui social network e accusa un gruppo di «vigliacchi e bastardi» di aver imbrattato la sede in pieno giorno con «scritte ingiurose anche verso la Polizia» e «portato vie le bandiere e rovinato le aste».
18 marzo. Intorno alle 9,30 due uomini hanno messo a segno un colpo ai danni del Banco dell’oro di Valenza, che ha diversi punti “compro oro” sparsi in città. Un dipendente stava trasportando l’oro diretto a Valenza quando, in via Mascagni, quartiere Barriera di Milano, viene tamponato da una Renault Scenic. Sceso per accertarsi dei danni, gli viene puntata una pistola e con voce calma, ma decisa, gli viene intimato di lasciare il borsone che tiene nel bagagliaio dai due conducenti della Renault, poi risultata rubata. Quando riesce a chiamare il 113, i due si sono già allontanati su un’auto guidata da un complice. Con dieci chili d’oro.
Incendio dopo incendio, il Cie di corso Brunelleschi continua a perdere pezzi. L’ultimo giusto ieri sera, appiccato durante una breve sommossa scoppiata intorno alle 20 tra i reclusi dell’area viola, con materassi e masserizie a fuoco nelle stanze. La rivolta è avvenuta una mezz’oretta dopo un rumoroso saluto portato fuori dalle gabbie da una ventina di nemici delle espulsioni, con petardoni, slogan, urla, battiture e messaggi di solidarietà. Ora nella viola stanze disponibili non ce ne sono più, e i prigionieri sono stati fatti dormire in parte nella sala mensa e in parte trasferiti in un’altra area. Dalle scorse sommosse nell’area blu è rimasta soltanto una stanza utilizzabile, dove dormono 8 o 9 persone, e pure nella rossa c’è n’è solo una. L’area gialla, dove il 24 febbraio erano andate a fuoco tre stanze su cinque, è la più affollata: una è stata riaperta e dunque i reclusi sono stipati in tre stanze oltre che, ovviamente, nella sala mensa.