Libere!
Dopo quattro giorni dietro le sbarre, Claudia, Marianna e Simona verranno scarcerate in serata. Claudia sarà libera, mentre Marianna e Simona saranno costrette a firmare tutti i giorni in Questura.
Dopo quattro giorni dietro le sbarre, Claudia, Marianna e Simona verranno scarcerate in serata. Claudia sarà libera, mentre Marianna e Simona saranno costrette a firmare tutti i giorni in Questura.
“Incidente di esecuzione.” Questo il nome dell’escamotage – architettato dagli azzeccagarbugli dell’Unep, coordinati dalla Questura di Torino e sempre benedetti dai padroni della città – per tentare di sconfiggere la resistenza agli sfratti. Dal cilindro senza fondo del Codice hanno tirato fuori un articolo (il 610 del Codice di Procedura Civile) che consentirebbe alla proprietà o all’ufficiale giudiziario di sospendere la procedura di sfratto, per chiedere al giudice di decretare una data per eseguirlo. Affinché questo provvedimento eccezionale abbia effetto, lo sfrattando deve ovviamente rimanere all’oscuro di tutto quanto: segreta è la data dello sfratto, segreto è il giorno in cui viene presa la decisione, segreta è la sospensione stessa della procedura normale: perché tutto avviene “inaudita altera parte”, come recita il latinorum dei tribunali per esprimere la deroga al sacrosantissimo “principio del contraddittorio tra le parti”, amen.
A scanso di equivoci questa riflessione non va interpretata come una lamentela, piuttosto come uno spunto per la “creazione di un vero stato di emergenza”. Cosa che tante e tanti sfrattandi hanno capito immediatamente, probabilmente senza aver mai sentito parlare di Walter Benjamin e di stato di eccezione.
Pane per i denti di esperti di calligrafia e di psicopatologia giudiziale c’è invece nel foglio manoscritto, recapitato in fretta e furia via fax dall’ufficiale giudiziario sempre in prima linea Dott. Lino Mazzeo durante l’occupazione degli uffici dell’Unep avvenuta lunedì scorso. Manoscritto che, oltre a certificare l’avvenuta sospensione della procedura ex art. 610, testimonia anche le turbe che si agitano sotto quella folta chioma corvina sempre un po’ arruffata. Notevole è anche la sede da cui è stato spedito il documento, visibile chiaramente nell’intestazione della seconda pagina.
14 marzo. Una cinquantina di persone, sin dalle otto del mattino, blocca con i cassonetti l’incorcio tra via Elvo e via Leinì, proprio nel cuore della Barriera di Milano: un picchetto antisfratto, una scena già vista cento volte in queste strade. Dopo un po’ di attesa, pasticcini dietro le barricate, arriva l’avvocato insieme alla proprietà. (more…)
Dopo le rivolte di febbraio la Croce Rossa e le forze dell’ordine che gestiscono il Cie di Corso Brunelleschi stanno presentando il conto ai reclusi “colpevoli” di aver mostrato la loro soluzione al problema dei lager per senza documenti. Per diversi motivi non tutte le violenze commesse in questi giorni contro i prigionieri possono essere raccontate. Di certo sono tante le voci che descrivono questo Cie come uno dei peggiori conosciuti.
Ciò che possiamo raccontarvi è che purtroppo nelle ultime settimane c’è stata un’impennata di casi di autolesionismo, per ritardare la minaccia di un’espulsione o per pura disperazione. La reazione dei carcerieri oscilla tra l’indifferenza e la derisione. È ormai prassi che i reclusi vengano accompagnati al pronto soccorso con molta calma, solo per gli accertamenti e poi portati subito indietro quasi senza cure, soprattutto se hanno ingerito oggetti. I reclusi raccontano addirittura che un ragazzo sia stato rimpatriato con ancora nello stomaco bulloni e lamette, senza essere stato portato neanche in ospedale. Niente male per un Centro gestito da sedicenti professionisti del Pronto Soccorso. Chissà cosa avranno detto i poliziotti ai colleghi addetti al metal detector in aeroporto…
Nella serata di martedì 12 marzo un recluso dell’area gialla tenta di impiccarsi e perde i sensi prima che i suoi compagni riescano a tirarlo giù. I carabinieri vengono subito chiamati ma non intervengono perché hanno altro da fare: in televisione c’era Barcellona-Milan. Tra il primo e il secondo tempo gli sbirri, a quanto pare abbastanza alticci e divertiti, aprono le gabbie alla Croce Rossa. Portato in ospedale, non appena si riprende, il ragazzo viene subito ributtato in camerata, come se avesse avuto un semplice mal di pancia. Nel frattempo, la partita era finita 4 a 0 per il Barcellona.
13 marzo. Nel pomeriggio, dopo una veloce e affollata assemblea per discutere degli arresti di lunedì, un corteo spontaneo di sfrattati e solidali parte dalla casa occupata di corso Novara 9 e sfila lungo corso Giulio Cesare, scandendo slogan e bloccando il traffico. In piazza della Repubblica – al grido di «il tram si prende, il biglietto non si paga» – i manifestanti salgono sul 3 per raggiungere il carcere delle Vallette e salutare Claudia, Marianna, Simona e tutti i detenuti. Per una volta, a protestare di fronte alle prigioni non ci sono solo militanti ma c’è un pezzo di città che lotta, che viene colpito e impara a difendersi. La polizia, colta alla sprovvista, si deve accontentare di bucare tutte e quattro le ruote dell’automobile con cui un compagno aveva raggiunto il carcere. Durante l’attesa del carro-attrezzi, alcuni poliziotti vengono allontanati a grida e sputi.
13 marzo. Sono le nove del mattino quando un fabbro e un avvocato bussano ad un portone di Borgo Vittoria. A casa in quel momento ci sono solo un ragazzo di quindici anni e la sua nonna che non si perdono d’animo e fanno quel che va fatto quando qualcuno cerca di sfrattarti: hanno già pronte le barricate alla porta e chiamano a raccolta il resto della famiglia. Intanto parte il tam-tam nel quartiere e dalla vicina Barriera di Milano nel giro di mezz’ora arrivano una trentina persone, agguerritissime; vista la mala parata, fabbro e avvocato se la svignano velocemente e con le pive nel sacco, mentre l’ufficiale giudiziario proprio non si fa vedere. (more…)
13 marzo. Nella notte un gruppo di vandali prende di mira due filiali di banche in Barriera di Milano: la Unicredit di corso Novara e la Banca del Piemonte in corso Palermo, e un ufficio postale che si trova a fianco. Danneggiati bancomat e vetrate a colpi di piccone e imbrattati i muri con la scritta «Basta sfratti, pagherete tutto».
In Borgo Vittoria un nutrito picchetto antisfratto aspetta l’Ufficiale Giudiziario. Per la cronaca, oggi l’ufficiale è Lino Mazzeo, ben conosciuto da molti di quelli che da mesi in città resistono agli sfratti per essere tra i più fedeli servitori dei padroni di casa. Come già successo altre volte, Mazzeo non si presenta per paura di affrontare il picchetto, ma questa volta decide di fare il gradasso più del solito. Contattato al telefono dalla famiglia sotto sfratto, spiega più o meno così la situazione: «Avete organizzato il picchetto? E allora oggi lo sfratto non lo eseguiamo, rimandiamo le carte al giudice e sarà lui a decidere quando eseguirlo. Ma a voi non verrà più comunicata nessuna data!». La minaccia di usare la strategia dello sfratto a sopresa è chiara, ma il picchetto non si perde d’animo e decide di prendere l’iniziativa. Alcuni rimangono a guardia della casa per evitare scherzi, e una quarantina di sfrattandi e solidali decide di prendere un bus e andare nella tana del lupo: l’Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti, la base degli Ufficiali Giudiziari che si trova nelle vecchie carceri Nuove, a due passi dal Tribunale. Un piccolo corteo chiassoso negli uffici parte alla ricerca del direttore, che già altre volte era stato messo alle strette e aveva lasciato il foglio con il rinvio. Ma questa volta si protesta anche contro le nuove mosse della Questura, che sembra proprio aver deciso di usare sistematicamente la tecnica degli sfratti a sorpresa.
L’ufficio viene velocemente chiuso al pubblico, e si riempie di polizia: agenti in divisa e in borghese, accompagnati da una ventina di celerini. Il gruppone che aveva occupato gli uffici viene radunato nel cortile interno, la polizia lascia uscire subito le donne con i bambini piccoli e pretende di identificare tutti gli altri. Inizia una lunga fase di stallo: da una parte chi aveva occupato l’ufficio e vuole la proroga, dall’altra la polizia che vuole i documenti. Intanto fuori si forma un piccolo presidio che viene caricato non appena decide di bloccare Corso Vittorio Emanuele, e qui la celere si porta via un solidale. Anche all’interno degli uffici c’è un po’ di parapiglia, qualcuno viene preso di peso dalla celere e caricato su un blindato, c’è chi si sente male e chi si arrampica sulle finestre e sale verso il cornicione.
Alla fine i fermati sono dieci, di cui tre ragazze che non avevano con loro i documenti d’identità. Vengono tutti portati nella Questura di via Tirreno, e anche lì fuori si forma un presidio solidale: una sessantina di persone che per un paio di ore chiedono la liberazione dei fermati, facendo un gran baccano con slogan, pietre battute sui pali e scoppiando alcuni petardoni. In sette vengono rilasciati dopo alcune ore, le tre ragazze senza documenti invece rimangono dentro: chi esce racconta di averle viste passare nel corridoio della Questura, peste e ammanettate; una, addirittura, viene presa a calci da un agente delle volanti giusto di fronte al gabbione dove erano rinchiusi gli altri. Al momento non sappiamo se la Polizia deciderà di arrestarle o meno, né che cosa sia successo esattamente nel tempo trascorso tra il loro fermo e l’arrivo in corso Tirreno: ve lo racconteremo nelle prossime ore.
Da qualche settimana tirava un’aria rilassata ai picchetti antisfratto. Ufficiali Giudiziari che arrivano senza farsi pregare troppo, rinvii generosi, anche di tre mesi, senza tante discussioni. E soprattutto nessuna concentrazione di sfratti in unico giorno per i mesi di maggio e giugno. Il tutto accompagnato da sorrisi beffardi e frasi sibilline, come se gli Ufficiali Giudiziari sapessero di avere qualche asso nella manica. E forse giovedì scorso hanno deciso di inziare a calarne qualcuno.
Al mattino presto alcune camionette piene di celerini si parcheggiano in via Renier, in Borgo San Paolo. Sono lì per assediare un alloggio dove vive una famiglia che da qualche mese resiste allo sfratto. “Piccolo” particolare: il prossimo accesso era stato fissato per il 19 marzo, e quindi per giovedì mattina non era stata organizzata nessuna resistenza. Lo sfratto anticipato viene eseguito senza troppa fatica: questurini, ufficiale giudiziario, proprietà e avvocato se la sbrigano in fretta e se ne vanno soddisfatti. Per gli amanti degli aspetti tecnici segnaliamo che si tratta di una procedura ai margini della legge, ma pur sempre legale. Si può anticipare uno sfratto senza comunicarlo all’inquilino, basta trovare un giudice che ci metta la firma, ed è risaputo che i padroni di case, come tutti i padroni, trovano facilmente dalla loro parte giudici compiacenti. In questo caso pare che l’autorizzazione sia stata firmata dal Dr. Marco Nigra, Giudice del Tribunale di Torino, magistrato sinistro e democratico.
8 marzo. Aveva già acquistato orologi, gioielli, computer, cellulari e altre cose per ben 150.000 euro. Peccato che gli assegni con cui pagava i commercianti fossero falsi, scoperti o rubati, comunque impossibili da incassare. La tecnica, che prevedeva di presentarsi come imprenditore edile, con tanto di partita iva e carta intestata per ottenere credibilità (!), aveva splendidamente funzionato da ottobre sino a oggi, quando l’uomo, trentenne, è stato arrestato.