La partita di ieri sera in effetti non era un granché, soprattutto se vista con gli occhi di chi bada di più ai colori della Nazionale che al bel gioco. E così, gol dopo gol, mano mano che la Coppa si allontanava, tanti hanno staccato gli occhi fino a quel momento incollati agli schermi. È per questo che è fallita l’evasione tentata durante la finale degli Europei dai reclusi dell’area viola del Cie di Torino: aggrappati a corde fatte con le lenzuola per superare le reti, speravano che i soldati fossero troppo distratti dalla partita per notarli. La partita non era abbastanza appassionante, e sono stati subito riacciuffati. Vaffanculo Italia, come al solito.
Da questa mattina, proprio nel cuore di Barriera di Milano, c’è una nuova occupazione abitativa. In via Soana 31: alle spalle di piazza Crispi, nel mezzo della ragnatela di stradine che uniscono corso Novara, corso Giulio Cesare e corso Vercelli. Una ventina gli occupanti, tra questi quattro famiglie con bambini, tutti reduci da sfratti, sgomberi o direttamente dall’esperienza dei dormitori. Si son conosciuti durante i picchetti che negli ultimi mesi si susseguono uno dopo l’altro in quartiere per sbarrare la strada agli ufficiali giudiziari ed hanno deciso di non aspettare concessioni né accettare elemosine. Hanno deciso di lottare assieme e si sono presentati ai loro nuovi vicini di casa così:
«Ultimamente è facile trovarsi senza un tetto sopra la testa. C’è qualcuno che non ce la fa a pagare un affitto, spesso ingiusto ed elevato, e finisce così sotto sfratto. Spesso però, ad aspettare l’ufficiale giudiziario e il padrone, il giorno dell’accesso, ci sono solidali e diverse persone con lo stesso problema decise a resistere e ad ottenere un rinvio.
La resistenza allo sfratto può prolungarsi per mesi e mesi, ma arriverà il giorno in cui la polizia, forse faticando, ti butterà fuori di casa con la forza. C’è altra gente che vive già in strada, che corre da un dormitorio all’altro, con la percezione di essere sempre in ritardo, e quando realmente lo è si accontenta di una scomoda panchina.
Gente sotto sfratto, sfrattata e che non ha casa si è incontrata, si è resa conto di non essere sola ma anzi di essere capace a trovare una soluzione insieme.
Non abbiamo atteso nessuna concessione o fatto alcuna elemosina… Ci sono tante case abbandonate e in stato di degrado perché non interessano a nessuno. Oggi ne abbiamo trovata una capace ad accoglierci tutti.
Oggi apriamo questa casa, inizieremo a pulirla, a lavorarci ed a viverci. Saremo i vostri nuovi vicini di casa!»

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«Il 19 giugno si è tenuta la terza udienza a Milano nei confronti degli 8 tunisini accusati di devastazione e saccheggio in seguito alla rivolta del 15 gennaio avvenuta al Cie di Via Corelli. (more…)
Per poco più di un mese se ne è stato rinchiuso nell’area viola del Cie di Corso Brunelleschi: lo hanno preso la sera del 14 maggio, catturato nella pizzeria nella quale lavorava in nero qui in un angolo di Barriera di Milano. Poi, domenica scorsa, durante l’ultima delle fiammate di rivolta che periodicamente riscaldano il Centro ha deciso di giocarsi il tutto per tutto tentando la fuga dal tetto. Non c’è riuscito lui, come non ci sono riusciti i suoi compagni; ma tutti gli altri sono scesi, lui no.
E da allora è rimasto appollaiato sul tetto dell’area, col sole e con la pioggia, in sciopero della fame. Martedì sera un breve e rumoroso presidio di solidali è andato a salutarlo, e lui è rimasto lì, determinato, a lottare contro la deportazione in Marocco: la sua città, del resto, è Torino, e le sue strade sono le nostre, quelle di Barriera.
Aggiornamento 21 giugno. Ancora sul tetto del Centro, e siamo a giovedì. Nel pomeriggio, un altro saluto rumoroso da parte dei solidali di Barriera.
Aggiornamento 22 giugno. Ascolta una diretta con il recluso sul tetto di corso Brunelleschi, al telefono con Radio Blackout 105.250 Fm. Oppure scarica il file.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/rbo_20120622_cie_to.mp3]

Sono le 7 del mattino di martedì 19 giugno quando tre camionette dei Carabinieri, accompagnate da agenti della Digos e del Commissariato di Porta Palazzo, fanno capolino in via Montanaro nel quartiere Barriera di Milano. Sono reduci da due sfratti eseguiti all’alba e senza fatica. Nel primo, in via Pinelli, non hanno incontrato nessuna resistenza. Nel secondo, in corso Vigevano, si sono ritrovati ad assediare un appartamento vuoto giacché gli affittuari, dopo qualche mese di resistenza vittoriosa, hanno trovato casa già da qualche settimana (c’era però un presidio della Lega Nord in solidarietà con i padroni di casa, vale a dire la famiglia di Giorgio Molino, noto anche come “il Ras delle soffitte”).
In via Montanaro, invece, le forze dell’ordine si trovano davanti tutt’altra scena: la famiglia barricata in casa e una cinquantina di solidali in strada davanti al portone, che gridano slogan ed esibiscono cartelli e striscioni. Molti vicini si affacciano alla finestra e osservano la scena. Qualcuno dal picchetto si sposta in corso Giulio Cesare per deviare il traffico davanti alla casa assediata e ostacolare così l’avanzata delle camionette. Nel blocco incappa anche Agostino Ghiglia, noto papavero del Pdl piemontese, che è costretto ad osservare inviperito questi cinquanta “straccioni” che resistono alla polizia. Tutti gli altri passanti invece sono d’accordo con le ragioni della famiglia che resiste allo sfratto e leggono di buon grado i volantini che vengono distribuiti. Dopo un’ora di stallo imbarazzato, mentre giunge la notizia che il picchetto in corso Cosenza è stato caricato dalla celere, i Carabinieri rinunciano all’assedio e l’ufficiale giudiziario comunica alla famiglia un rinvio di ben tre mesi.
Rincuorati dalla vittoria e aumentati di numero, i solidali si muovono in corteo spontaneo lungo corso Giulio Cesare verso via Cuneo: anche lì è atteso un ufficiale giudiziario. I Carabinieri seguono la manifestazione senza intervenire, e dopo aver osservato per un po’ il nuovo picchetto, decidono di andarsene. Arriva l’ufficiale e anche qui concede una proroga. A questo punto i manifestanti si dividono, ci sono altre tre famiglie sotto sfratto che hanno deciso di resistere, e tutte e tre alla fine ottengono una proroga da uno a cinque mesi.
Si sapeva che le istituzioni cittadine avevano preso sul serio il fenomeno della resistenza agli sfratti. Si sapeva che da qualche tempo gli sfratti vengono concentrati in giorni ben precisi, in modo da consentire alle forze di polizia di organizzarsi per fare sul serio. Si sapeva che non sarebbe stato facile. Non sappiamo ovviamente che cosa succederà la prossima volta, quando magari l’attenzione della polizia e dei compagni sarà concentrata in Valsusa. Ma ora sappiamo che organizzarsi insieme per resistere agli sfratti è possibile, davvero.
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20 giugno. Intorno alle 18 un gruppo di circa venti persone si ritrova sotto le mura del carcere delle Vallette, lancia petardi e grida cercando di farsi sentire dagli arrestati No Tav ancora in carcere e da tutti i prigionieri. Dopo mezz’ora circa il gruppetto si allontana spontaneamente. Secondo Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, si tratta di “segnali preoccupanti per le carceri”.
19 giugno. La migliore risposta allo sfratto avvenuto all’alba in corso Cosenza: in serata, un gruppo di sfrattati e solidali occupa una palazzina abbandonata in via Monginevro 46, nel quartiere San Paolo. È la sesta occupazione abitativa nata in città in poco più di un anno.

14 giugno. Nella notte squarciate le gomme a 267 biciclette del servizio bike sharing cittadino. Il blitz vandalico ha colpito gran parte delle stazioni presenti sul territorio.