A costo zero

24 ottobre. Attraverso un protocollo d’intesa con la cooperativa Isola di Ariel, tra i quattro e i sei richiedenti asilo andranno a svolgere attività di volontariato negli uffici della Procura. Si tratterà di «lavori materiali semplici» secondo quanto riporta una nota del procuratore capo Spataro, in linea con il «Piano nazionale di accoglienza del 2016 – secondo cui – è utile porre in essere percorsi finalizzati a superare la condizione di non operosità dei richiedenti ospitati sul territorio, attraverso l’individuazione di attività di volontariato o di servizi utili alla collettività».

Blitz in Aurora e Barriera

23 ottobre. Giornata di lavoro particolarmente intenso per i Carabinieri lungo le strade dei quartieri a nord della città. Controlli iniziati nella mattinata e prolungatisi fino a sera che hanno portato a un arresto, cinque denunce per furto di energia elettrica e alla chiusura di un bar, diventato secondo i militari dell’Arma abituale luogo di ritrovo di soggetti pregiudicati.

INTELLIGENZA, CUORE E CAPARBIETÀ

INTELLIGENZA, CUORE E CAPARBIETÀ
Sulla sorveglianza speciale e ciò che le ruota attorno

Se da qualche parte bisogna pur partire per raccontare questa storia, allora cominciamo da una squadra di solerti carabinieri siti in Mirafiori che, colti dall’affanno di continue incursioni sotto le mura del CIE di rumorosi e scoppiettanti solidali con i reclusi, si impegnano a scrivere annotazioni e rovistano tra siepi e zolle di terra sospette.

Era il lontano 2015 e nel Centro di detenzione per senza documenti, uno dei pochi rimasti in Italia dopo che l’ondata di fuoco e rivolte del 2011 aveva travolto queste infami strutture, i reclusi mettevano in atto resistenze individuali o collettive, scioperi della fame e fughe mentre fuori gruppi di solidali tentavano di rallentare la ristrutturazione delle aree, anch’esse danneggiate dal fuoco delle rivolte.

I carabinieri del nostro racconto, non soddisfatti di quello che (non) stavano trovando, decidono di attendere tempi migliori e nel frattempo affastellano episodi e imbrattano fogli riportando vita, morte e miracoli di un compagno e delle lotte che porta avanti insieme ad altri in città. Tre anni dopo, quando i tempi sembrano maturi, consegnano le carte della lunga indagine nelle mani di un appassionato pm torinese che, con il materiale fornitogli, traccia il profilo del papabile Sorvegliato Speciale, personaggio che per la sua intransigenza all’autorità e le tante azioni di insubordinazione all’ordine costituito, dovrebbe destare allarme sociale e mettere in pericolo la pubblica tranquillità. Il medesimo profilo era stato appiccicato addosso, alcuni anni prima, ad altri quattro compagni torinesi che hanno poi dovuto scontare più di un anno di Sorveglianza.

La storia si ripete ora: le parole scritte in lingua di legno uscite dal Tribunale torinese hanno decretato due anni di Sorveglianza Speciale, applicata dall’agosto appena passato, ad Antonio.

Negli ultimi anni sono stati diversi i tentativi portati avanti da Questure e Procure di disinnescare compagne e compagni in tutta Italia attraverso lo strumento repressivo e preventivo della Sorveglianza Speciale anche se il gioco gli è riuscito male visto che poche son state quelle poi effettivamente applicate. La Sorveglianza Speciale non è utilizzata solamente per tentare di far rigare dritto qualche amante irriducibile della libertà, propria ed altrui, ma è da sempre un’utile arnese per tenere sotto controllo quella parte di popolazione, seppur piccola e marginalizzata, che non sembra avere i requisiti per “vivere onestamente” in società.

In questi tempi bui, in cui le crisi cicliche del capitalismo e la ristrutturazione produttiva creano le basi per un  peggioramento delle condizioni di vita della popolazione che ha meno, la Politica sa bene che parlare di ordine e sicurezza, assumere nuovo organico di polizia e rodare l’armamentario repressivo in suo possesso, sono le armi migliori per gestire, dividere e meglio controllare. Tale ordine di problemi ispirava il decreto Minniti a integrazione del quale giunge l’ultimo pacchetto sicurezza di Salvini. Convogliare il malessere generale verso determinate categorie di soggetti è la cifra della direzione di una guerra sociale e istituzionale nei confronti del più povero e dell’ultimo arrivato. Accanto a esso, il nemico dichiarato è chi da tempo ha preso atto delle proprie condizioni materiali, immigrato o italiano, e ha occupato una casa, protestato nei luoghi di lavoro o in strada bloccando il traffico.

La storia di Antonio non è ancora finita. Nei mesi autunnali ci sarà un’udienza in cui si potrà, per l’ultima volta, mettere in discussione la misura. Noi la vediamo come un’occasione da cui partire per parlare della sua Sorveglianza e di tutte le Sorveglianze che potrebbero riguardare noi come altri, ma anche per provare ad allargare lo sguardo per trovare nuovi punti di attacco per agire contro l’arroganza dei proclami legalitari e la loro violenta  messa in pratica.

C’è poco da urlare allo scandalo per l’imbarazzante l’esiguità dei reati per cui un Tribunale può costringere per anni a una vita sorvegliata.
C’è poco da urlare allo scandalo se lo Stato non ammette che si diffondano, in un’epoca fragile, degli esempi negativi che minino la sua reggenza.
C’è poco da urlare allo scandalo se dunque riconosce in noi i suoi nemici così come noi riconosciamo in tutti i suoi burocrati e scagnozzi la nostra oppressione. Ci sarà da incazzarsi invece se non riusciremo a fare niente affinché la sua morsa non diventi sempre più pressante su di noi e sul mondo che ci circonda.

Questo è un appello per Antonio, per noi e per chi subisce le peggiori vessazioni nella propria vita, perché forse, prima o poi, se avremo intelligenza, cuore e caparbietà, riusciremo a trovare una giusta e collettiva vendetta.

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Fuoco al C.P.R.

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Il fumo sale oltre le mura della prigione per senza documenti di corso Brunelleschi, un passante lo nota e con un tam tam la notizia arriva anche ai compagni che mantengono alcuni contatti con l’interno. Bastano poche parole al telefono con un recluso per capire che è in atto una rivolta e che le aree stanno bruciando, ancora una volta.

Il motivo scatenante sarebbe il cibo, arrivato alle 15 con estremo ritardo e sempre in condizioni schifose. Non è una novità, come non lo sono le più ampie condizioni di vita all’interno del centro che con l’inverno alle porte si faranno più dure, non a caso uno dei motivi che ha rincarato la rivolta è l’assenza di vestiti e indumenti per ripararsi dal freddo.

Il fuoco è partito dall’area bianca per poi contagiare le altre, al momento l’intera area verde è inagibile. La rappresaglia poliziesca è scattata molto velocemente, sia nel sedare la rivolta sia nel punire alcuni detenuti portandoli in isolamento e picchandoli, non si sa ancora nulla di loro.

Alla fine della giornata di ieri i reclusi hanno rifiutato il cibo, unendosi ad alcune persone che erano già in sciopero della fame da qualche giorno.

Qui le parole di due reclusi che ci raccontano della rivolta

I veri nemici

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6 ottobre. Nella mattinata, alcuni striscioni vengono appesi agli alberi dei giardini di via Montanaro per ribadire il ruolo svolto da Casa Pound, e dal suo comitato di quartiere Noi di Barriera, nel fomentare una guerra tra poveri contro gli immigrati. Poche ore dopo si svolge il presidio preannunciato e una trentina di militanti di Casa Pound, con gran sventolio di bandiere, occupano i giardinetti circondati da  camionette della Celere e agenti in borghese.

Passo dopo passo

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La scena di un camion con ragno meccanico, cui due poliziotti municipali in motocicletta aprono la strada a sirene spiegate, è di quelle che non passano inosservate. In tanti l’avranno notato, ieri mattina, attraversare in tutta fretta le strade di Barriera di Milano e Aurora e fermarsi nei pressi di Porta Palazzo, davanti all’ex caserma dei Vigili del Fuoco su corso Regina Margherita.

Una sosta durata qualche ora, giusto il tempo di arpionare, distruggere e caricare su altri camion una cinquantina di quei carretti utilizzati tutti i giorni per trasportare le bancarelle del mercato. Vecchi e brutti come sono, mal si adattano ai progetti di rinnovamento che le autorità cittadine e alcuni grossi investitori hanno in serbo per Porta Palazzo, e infatti a pagarne lo smaltimento sembra sia stata proprio la nuova proprietà dell’ex caserma dei Vigili del Fuoco.

La distruzione dei carretti non ha comunque stravolto, nella giornata di ieri, il normale andamento del mercato: nel pomeriggio sui carretti rimasti sono stati caricati i banchi di frutta e verdura smontati, che riappariranno in Piazza nella notte pronti ad essere rimontati per un altra giornata di mercato. Una normalità destinata però a non durare a lungo, la gran parte dei banchi ortofrutticoli sono altrettanto vecchi e malmessi e il loro prossimo rinnovamento sarà, con ogni probabilità, l’occasione per selezionare i mercatari in grado di stare al passo con la trasformazione di Piazza della Repubblica in un enorme distretto alimentare street food. E anche nel quadrante opposto della piazza, a quanto pare, il rinnovamento dei banchi servirà a selezionare chi potrà continuare a vendere le scarpe a fianco del rinnovato Palafuksas.

Per il momento questa strategia sembra funzionare senza produrre particolari resistenze, forte come spesso accade della gradualità della trasformazione e della differenziazione degli interessi di chi è coinvolto in questo processo. Nei prossimi mesi tuttavia i nuovi padroni premeranno il piede sull’acceleratore del cambiamento e viene proprio difficile pensare che andrà loro tutto liscio.

Qui alcuni passati racconti sui carretti e su Porta Palazzo:

https://www.autistici.org/macerie/?p=33225

https://www.autistici.org/macerie/?p=33120  

https://www.autistici.org/macerie/?p=31921 

https://www.autistici.org/macerie/?p=31982 

Caccia agli abusivi

29 settembre. La Polizia Municipale si mostra particolarmente indaffarata nello scovare ambulanti privi di permesso e che tentano di vendere articoli non consentiti dai nuovi regolamenti del Balon. I primi a farne le spese tre uomini nigeriani e un romeno che vengoano portati al comando di via Bologna dopo il sequestro di una ventina di smartphone e tablet; la caccia dei vigili si sposta quindi verso il centro e in via Mameli sono sequestrati un’ottantina di borse e capi d’abbigliamento griffati, mentre gli ambulanti riescono a fuggire evitando la denuncia.

Voci sorvegliate

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A circa due mesi dall’applicazione della Sorveglianza Speciale a un compagno da parte del Tribunale torinese, vi proponiamo una sua intervista fatta durante la trasmissione “Bello come una prigione che brucia” andata in onda su Radio Blackout.

Alcune riflessioni sul concetto di pericolosità sociale, qualche aneddoto che emerge dalle scartoffie tribunalizie e il racconto della sua vita sorvegliata.

Approfittiamo dell’occasione per ricordare che in autunno, in data da definire, ci sarà l’appello richiesto dagli avvocati per ridiscutere la misura. Sarà questa l’unica udienza prevista per modificare, in senso più o meno afflittivo, o togliere la Sorveglianza Speciale applicata quest’estate.

Qui sotto i link  all’intervista divisa in tre parti:

Sulla cattiva strada

Prescrivere è prevenire

Una vita tutta Speciale

Le mani sulla piazza – in diretta

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“Ce l’hanno quasi fatta !” – potrebbe essere il motto di stupore e sconforto nell’osservare una piazza che si pensava immortale, con i suoi banchi di frutta a prezzi stracciati, i suoi strilloni molesti che ti offrono cozze e orate, le sue sacche anche brutali e tragiche di povertà e marginalità che in quel luogo si accasciavano o dimenavano, nel tentativo di sfangare o svoltare la giornata. Una piazza dove chi era povero poteva ancora riuscire a vivere, mentre ora viene cacciato perché impossibilitato a sostenere economicamente il nuovo target di consumi o perchè reputato impresentabile agli occhi di turisti e avventori e quindi va spazzato via.

“Ce l’hanno quasi fatta !” – si potrebbe esclamare nello scorgere gli impiegati bellamente impomatati, attraverso i vetri di quel dehors già passato agli onori delle cronache come modello Gallina, una pescheria/bottega perfettamente in linea con i prezzi e col trend in salsa gourmet della Porta Palazzo che sarà.

“Ce l’hanno quasi fatta !” – potrebbe eccheggiare dentro al Palafuksas dove è in cantiere il nuovo Mercato Centrale di Umberto Montano e a pochi metri di distanza alcune delle ultime famiglie proletarie della zona vengono sbattute fuori dai propri appartamenti per far posto a un ostello di lusso.

Ce l’hanno quasi fatta … ma forse c’è ancora qualcosa da raccontare. Tra i banchi di un Balon anche quello pesantemente bonificato, dove non solo non c’è più posto per gli abusivi in cerca di qualche risicato guadagno ma i prezzi stanno aumentanto per tutti e persino la stringente schedatura della merce esposta, ci sarà l’occasione di raccontare una storia tutt’altro che vintage e colorata, una storia di ordinaria violenza perpetuata dallo Stato e dagli investitori privati di questa città. Una storia che parlerà della riqualificazione della zona e anche dei tentativi di resistenza portati avanti negli anni da compagni e sfruttati. Una storia quotidiana per quanto soffocata a colpi di prevenzione e repressione.

RADIOBLACKOUT ( 105,250 ) trasmette in diretta dal Balon:

PUNTATA SPECIAL “Le mani sulla piazza”

Appuntamento ore 11, piazzetta Borgo Dora