Ancora battaglia al Cie di Torino, dopo la grande sommossa di venerdì sera e quella, più piccola, di martedì. Ora sono le 4 del mattino e sono due ore che va avanti il casino, tra urla e idranti. Gli agenti hanno picchiato a sangue almeno due reclusi, e altri sono stati portati via in manette. Non si sa ancora quale sia stata la causa scatenante della protesta e della relativa repressione, né si sa se qualcuno sia riuscito a scappare.
Aggiornamento 8 dicembre. Con qualche ora di ritardo, un racconto più dettagliato della sommossa di ieri notte. Intanto un preambolo: i quattro reclusi fermati per gli incendi di martedì ieri hanno avuto l’udienza di convalida degli arresti ed il Giudice ne ha ordinato la scarcerazione. Contrariamente a quanto succede abitualmente, però, dal carcere non sono stati riportati al Centro ma liberati per davvero. Non sappiamo se questa prassi insolita sia stata causata da intoppi burocratici, dalla mancanza di agenti disponibili a prelevarli alla matricola delle Vallette e seguirli in tutta la trafila in Questura oppure ancora dalla scarsità di posti disponibili al Centro: sta di fatto che questa vicenda fortunata ha riacceso le speranze e la determinazione di chi è rimasto al Cie e ha preparato il terreno per i fatti della notte. Per il resto si è trattato di un bel tentativo di fuga di massa, con pezzi di gabbia divelti, coperte bruciate e gente che riesce a passare la prima recinzione; dall’altro lato, quello della polizia, idranti sparati contro i reclusi, lacrimogeni e irruzioni nelle gabbie a bastonare i ribelli. Alla fine, un recluso viene portato all’ospedale ferito alla testa dalle manganellate e pure un carabiniere ed un poliziotto vanno a farsi medicare. La calma ritorna solo poco prima delle quattro. Questa mattina i prigionieri hanno rifiutato il cibo e un gruppo di operai ha provato a sistemare con la saldatrice i tratti di gabbia danneggiati.
Ascolta una breve testimonianza da dentro:
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Aggiornamento 9 dicembre. Prosegue anche oggi, in maniera determinata, lo sciopero della fame in tutte le aree del Centro.
Aggiornamento 10 dicembre, ore 1,30. Giusto dopo l’ora cena, è ricominciato il casino dentro al Cie, che è ancora compattamente in sciopero della fame. Dalle 22,00 i reclusi, in particolar modo dell’area bianca e della gialla, hanno cominciato a battere e ad urlare, guadagnandosi subito la prima razione di idranti e gas lacrimogeni. Intorno alle 23,30 sono riusciti ad appiccare degli incendi nelle mense delle due sezioni, e poi sono stati ricacciati nelle loro stanze di nuovo grazie agli idranti. La polizia, presente in massa, è rimasta sempre al di fuori delle gabbie. Ancora intorno all’1.00 si sentiva battere e gridare (“libertà!”), e a quanto pare sono stati incendiati molti materassi. In tarda serata si è svolto pure un rumoroso e partecipato presidio di solidarietà, con battiture e fuochi d’artificio.
La palla al balzo, come si dice. Questa mattina, intorno a mezzogiorno, un recluso del Cie di Torino che era di ritorno dall’infermeria verso l’area dentro la quale abitualmente veniva rinchiuso ha notato che il vecchio cancello del Centro – quello che affaccia su corso Brunelleschi – era momentaneamente spalancato. Senza rifletterci troppo è sfuggito al controllo delle guardie che lo accompagnavano e ha guadagnato l’uscita. Ora, per quanto ne sappiamo, è libero.
La vista di quanto sia in fondo a portata di mano la libertà ha riscaldato di molto gli animi tra gli altri prigionieri, ed è partita una nuova rumorosa protesta dopo la rivolta che venerdì scorso ha reso inutilizzabili due stanze dell’area gialla. In particolar modo nell’area blu i reclusi hanno dato fuoco a materassi e suppellettili. L’agitazione è terminata dopo una mezz’oretta, con l’irruzione della polizia nei gabbioni e il fermo di tre senza-documenti dei quali fino ad ora non ci sono notizie, e che quindi con tutta probabilità sono stati arrestati e trasferiti alle Vallette. A presto aggiornamenti.
5 dicembre. Settimo torinese. 7 operaie della l’Orèal, nota casa produttrice di cosmetici, sono state denunciate in stato di libertà per furto. I carabinieri, con l’ausilio di telecamere posizionate all’interno dello stabilimento dell’azienda, hanno accertato che in diverse occasioni le donne hanno sottratto rossetti, fondotinta e ombretti dalla fabbrica, per un totale -pare- di 200.000 euro.
«Bocconi di rabbia ed amarezza per ogni notizia annunciata dai “giornalisti col marchio”. 3 morti, forse 35 i dispersi, tutti gli altri spediti nel cara/cie di Restinco, dopo neanche tre ore dalla tragedia. Li abbiamo visti salire su un pullman scortati dagli uomini in divisa, illuminati in viso dalla luce di una videocamera invadente, e disturbati dalle domande di una giornalista tutta intenta a sottolineare la massima efficienza delle forze dell’ordine e a rassicurare gli ascoltatori che i “clandestini sono tutti adulti” e che “saranno accompagnati nel centro di accoglienza di Restinco”.
Lo yacht di 11 metri è ancora lì, incastrato fra gli scogli della costa di Torre S.Sabina, ondeggia con violenza e, minaccioso, lascia immaginare ciò che è accaduto solo poche ore prime. Si cercano i cadaveri, si aspetta che i corpi vengano sbattuti sugli scogli dalle onde, aggressive e letali.
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Una serata di protesta – e di repressione – dentro al Cie di Torino. A quanto sembra tutto sarebbe nato nell’area gialla dopo il pestaggio da parte della polizia di un recluso ammalato, considerato troppo insistente nel richiedere di essere curato. La protesta si è estesa a tutte le aree del Centro, esclusa quella delle donne, ed è stata affrontata dagli agenti a suon di idranti e lacrimogeni, senza neanche entrare nei gabbioni. Non si ha notizia, per adesso, di feriti, fuorché il ragazzo pestato inizialmente. A presto aggiornamenti.
Aggiornamento – sabato 3 dicembre. Trapelano le prime conferme di quanto avvenuto la notte scorsa. Si parla di quattro o cinque ore di scontri, tre poliziotti feriti, due moduli abitativi resi inagibili dai danneggiamenti e per ora nessun arresto.
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3 dicembre. Ignoti solidali imbrattano i muri dell’Ufficio immigrazione di corso Verona per festeggiare la rivolta che ha ristretto il Cie di corso Brunelleschi di una dozzina di posti.
2 dicembre. I dipendenti Wagon Lits che saranno licenziati l’11 dicembre sono saliti ieri sul tetto della stazione di Porta Nuova. Intorno alle 22, dopo l’intervento della Polfer, sono ridiscesi, ma già nella mattinata di oggi hanno bloccato i binari per un paio d’ore, mandando in tilt il traffico ferroviario e cancellando il Frecciarossa per Milano. Dalla tenda montata nell’atrio della stazione spiegano le loro ragioni ai passeggeri.
Siamo i vostri nuovi vicini di casa…
«Questa mattina siamo entrati in un edificio abbandonato in via Lanino 2, al Balon, per abitarci. Alcuni di noi sono stati sbattuti fuori dalle case in cui vivevano, sgomberati o sfrattati con violenza dalla polizia. Un’ operazione che aggiunge solo un’ altra casa vuota alle migliaia già presenti in città. E questo è il vero problema. Prendere una casa in affitto è molto difficile per tutti, a causa delle tante garanzie che i proprietari chiedono. Ancor più difficile è riuscire, mese dopo mese, a continuare a pagare questo affitto. La maggior parte delle case sfitte presenti in città sono in mano a pochi proprietari privati o società immobiliari. Così, in questa come in altre città, sempre più numerosi stanno diventando gli sfratti che minacciano di gettare in mezzo a una strada centinaia di uomini e donne. Avere un tetto sopra la testa sta diventando un lusso. Noi crediamo invece che tutti debbano poter avere una casa in cui vivere. E in cui vivere bene, senza dover essere costretti a stare ammassati in spazi stretti per la mancanza di soldi o di documenti. Per questo abbiamo deciso di occupare alcuni appartamenti vuoti. Siamo tra i tanti che vogliono una casa.»
«È importante rendersi conto di non essere soli. La solidarietà è il primo passo per resistere alla minaccia degli sfratti. Discutere, aiutarsi e lottare insieme è il presupposto per poter prendere, e difendere, una casa.»
(Questo è il testo del volantino che dalla mattina di giovedì 1 dicembre gli occupanti di via Lanino 2 stanno distribuendo agli abitanti e ai passanti in Borgo Dora a Torino)
Ascolta l’intervento sulle onde di Radio Blackout di uno degli occupanti:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/occupazione-balon.mp3]
نحن جيرانكم الجدد
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27 novembre. Dopo una minuziosa indagine, gli Agenti della Polizia Municipale di Porta Palazzo hanno individuato e denunciato all’Autorità Giudiziaria un giovane diciannovenne per danneggiamento aggravato e quattro suoi coetanei per aver concorso nella commissione dello stesso reato. I fatti: a fine settembre, i vigili fermano una macchina con cinque ragazzi a bordo, due dei quali senza cintura. Mentre compilano i verbali, uno dei ragazzi si vendica bucando una gomma dell’auto della Municipale. Non l’avrà fatta franca, ma almeno ha impedito che, per quella sera, venissero fatte altre multe.
È ancora buio quando in una via nel cuore di Porta Palazzo, davanti al portone di un condominio, inizia a formarsi un capannello di persone. Da una finestra in cima alla casa viene giù uno striscione lungo un paio di piani: «La casa è di chi l’abita».
Lo striscione e alcuni volantini (1,2,3) spiegano ai radi passanti la ragione di quelle presenze tanto insolite e mattiniere: si tratta di impedire uno sfratto. Non è mica la prima volta, di fronte a quel portone: tra cause in Tribunale e picchetti, la famiglia resiste da quasi un anno. La storia è presto detta: un proprietario, ansioso di saltare sul carro dell’infighettamento del quartiere, che vuol liberarsi ad ogni costo di inquilini troppo sfacciatamente proletari; una truffetta ben orchestrata per cacciarli di casa e riaffittar le stanze ripulite a qualche radical-chic di passaggio; un giudice troppo pignolo che fa finta di non cogliere il nocciolo del problema; una famiglia che, colto il nocciolo del problema, smette di pagare l’affitto e si organizza per non finire in mezzo ad una strada. Accesso dopo accesso, rinvio dopo rinvio.

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