Brindisi, 1 ottobre
«Cie, dopo la rivolta in carcere 4 tunisini
Quattro tunisini sono finiti in cella a seguito dei violenti scontri che nel pomeriggio di giovedì hanno contrapposto gli ospiti del Cie di Restinco alle forze dell’Ordine. Sono fra i quindici e i diciotto, invece, gli immigrati che sono riusciti a fuggire dal centro dileguandosi nel nulla. Il bilancio finale della rivolta include anche cinque poliziotti, cinque agenti della Guardia di finanza e un militare del battaglione San Marco finiti in ospedale con prognosi oscillanti fra i tre e i dieci giorni.
All’origine della sedizione, ancora una volta, c’è stato il rifiuto di alcuni extracomunitari di espatriare al suolo italiano. Il clima di tensione che da settimane si respira nel Cie, poi, ha fatto il resto.
Stando alla ricostruzione dei fatti fornita dalle forze dell’ordine, la fitta sassaiola all’indirizzo degli uomini in divisa è iniziata fra le 17 e le 18 del pomeriggio.
I rivoltosi hanno bersagliato le forze dell’ordine con tutto quello che gli capitava a tiro. Servendosi di una spranga di ferro, invece, hanno cercato di forzare il cancello della struttura.
A evitare una fuga di massa è stato l’intervento del reparto Mobile proveniente da Taranto.
Se non fosse stato per l’arrivo dei rinforzi, con ogni probabilità, l’onda d’urto dei facinorosi sarebbe riuscita a travolgere le forze dell’ordine, aprendo una breccia nel centro.
Iniziati fra le 17 e le 18, i disprdini sono andati avanti fino alle 20.
Una volta ripristinata una parvenza di tranquillità, gli investigatori hanno preso visione delle immagini riprese dall’impianto di videosorveglianza e hanno interrogato decine di ospiti.
Senzacolonne.it
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Lampedusa, 1 ottobre
«Lampedusa, chiusura del Cie scongiurata: “Contratto col Viminale verso la proroga”. Ma c’è l’incognita sbarchi.
Scongiurata in extremis la formale chiusura del Centro d’accoglienza di Lampedusa, inagibile e vuoto dopo l’incendio appiccato lo scorso 20 settembre da un gruppo di immigrati tunisini che si opponevano al rimpatrio. Ieri scadeva la convenzione con il Viminale per continuare l’attivita’, anche dopo il ripristino dei locali, ma in serata e’ stata annunciata ai responsabili del Cie di contrada Imbriacola, per ora solo telefonicamente, che il contratto verra’ prorogato. A darne conferma all’Adnkronos e’ l’amministratore delegato di Lampedusa Accoglienza, Cono Galipo’. ”Ieri ho ricevuto una telefonata dalla Prefettura di Agrigento – spiega – in cui mi e’ stato assicurato che oggi sarebbe stata formalizzata la proroga del contratto in attesa del ripristino della struttura danneggiata dopo l’incendio di una settimana fa”. Intanto, pero’, da oggi un centinaio di dipendenti del Centro d’accoglienza sono a spasso, molti dei quali lampedusani. E’ scaduto ieri il contratto a tempo determinato e data la chiusura della struttura non c’e’ lavoro. Quindi, i 100 restano senza stipendio, questa volta a tempo indeterminato. Altri 36 sono invece in ferie forzate. ”Sono dipendenti a tempo indeterminato – spiega Galipo’ – e vista la chiusura del Centro d’accoglienza siamo stati costretti a lasciarli tmporanemente a casa”.
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Roma, 27 settembre
«Immigrati: navi opzionate sino al 31 dicembre dal Viminale
Sono state opzionate fino al 31 dicembre dal Viminale le navi utilizzate in questi giorni per trattenere gli immigrati tunisini trasferiti da Lampedusa e in attesa di rimpatrio. Lo riferiscono all’Adnkronos fonti della ‘Moby’, proprietaria della ‘Vincent’ e della ‘Fantasy’. La Vincent, insieme alla ‘Audacia’ (della flotta della Grandi Navi Veloci) e’ attualmente nel porto di Palermo mentre la Fantasy e’ salpata due giorni fa per Cagliari. Gli immigrati tunisini che sono stati imbarcati dopo gli scontri nel Centro di identificazione e espulsione di Lampedusa, sono ancora trattenuti all’interno dei tre traghetti. “Le nostre due navi sono state opzionate dal ministero dell’Interno sino al 31 dicembre – spiegano dalla compagnia navale Moby – salvo ovviamente proroghe da parte del Viminale oppure rescissioni sulle quali accordarsi”. L’utilizzo dei traghetti e’ stato deciso dopo i disordini dei giorni scorsi nel Cie di Lampedusa. La compagnia di navigazione sottolinea come i lavori di ristrutturazione delle imbarcazioni, qualora ce ne fosse bisogno, “saranno a carico dello Stato, a cui – concludono alla Moby – abbiamo affidato le nostre navi dopo una regolare gara d’appalto”.»
Il Tempo
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Modena, 27 settembre
«Ancora un tentativo di fuga in massa dal CIE di Modena
Durante la notte appena trascorsa, gli stranieri trattenuti presso il locale CIE (attualmente 57) hanno tentato, ancora una volta, di allontanarsi, ricorrendo, nell’occasione, a funi artigianalmente realizzate.Visto frustrato l’ennesimo tentativo di fuga per l’immediato intervento del personale in servizio al CIE, prontamente collaborato dalle unità mobili dell’Arma del Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, alcuni di detti stranieri hanno dato fuoco agli effetti letterecci posti all’interno di due dei quattro moduli abitativi.
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27 settembre. In una stanza della questura ci sono: il capo della direzione anticrimine del Ministero dell’Interno, il prefetto, il questore, il direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino e il presidente della Fondazione Crt. Cosa fanno Stato, capitale, legge e polizia? Firmano un accordo. Ne nasce il primo laboratorio di genetica forense di Torino, finanziato da Crt con ben 300 mila euro. Borsisti dell’Università e poliziotti collaboreranno all’ultimo piano della palazzina di Via Veglia, in quello che sarà il fiore all’occhiello dell’investigazione scientifica del Nord-Ovest, procurando notevoli risparmi di tempo e denaro negli accertamenti tecnici.
Nella mattina di martedì 20 settembre, in corso Vercelli, un gruppo di solidali dava vita ad un picchetto antisfratto, proprio vicino a L’Ostile.
Una storia come tante. Lo sfrattando che non riesce a pagare il mutuo, la banca – ex Intesa, ora CaRiParma – che da il via alle procedure di pignoramento, l’Ifir che prende in consegna, con i suoi modi spicci e vagamente intimidatori, l’immobile fino alla vendita all’asta. Con chi c’è dentro. (more…)
Ieri la Questura di Torino aveva organizzato ben quattro espulsioni: un uomo e una donna in Marocco, un uomo e una donna in Perú. Nei programmi delle guardie c’era sicuramente una bella trasferta all’estero, tranquilla e ben pagata. E invece le cose sono andate un po’ diversamente grazie alla determinazione dei deportandi, in particolare dei due ragazzi che hanno fatto di tutto per non tornare al loro paese. Putroppo soltanto uno di loro ce l’ha fatta, ma siamo sicuri che la loro storia servirà da esempio per tanti. Entrambi non avevano potuto partecipare alla sommossa dell’altra sera, perché rinchiusi nelle celle di isolamento. Ma la voglia di lottare non gli mancava certo, e hanno fatto un bel po’ di casino sugli aerei. Sul volo da Roma a Casablanca Murad ha iniziato a protestare ed è stato subito immobilizzato, con mani e piedi legati con le classiche fascette di plastica da elettricista. Ci sono volute una decina di guardie per farlo tacere prima che il pilota si accorgesse del trambusto. Ismael invece ce l’ha fatta a perdere il volo da Milano a Lima. Anche lui appena caricato sull’aereo ha iniziato far casino, così tanto che il pilota è intervenuto per chiedergli se volesse partire o meno. E alla risposta ovviamente negativa di Ismael, ha ordinato ai poliziotti di scorta di farlo scendere. Ora lo hanno riportato al Centro, ed è nuovamente all’isolamento. Staremo a vedere nei prossimi giorni le reazioni dei dirigenti dell’Ufficio Immigrazione della Questura, che saranno a dir poco innervositi.
Intanto, alcuni aggiornamenti dal fronte giudiziario. Restano in carcere i ragazzi arrestati durante la sommossa di mercoledì scorso nel Centro di Torino. A quanto pare Procura e Questura hanno convinto il Giudice a dare una lezione ai dieci, catturati mentre tentavano la fuga. Una lezione con cui sperano senza alcun dubbio di spaventare i ragazzi ancora reclusi e prevenire nuove sommosse. In attesa di capire come andrà avanti il processo e come continueranno le lotte fuori e dentro al Centro, dove negli ultimi giorni sono arrivati una quarantina di reduci dalla rivolta di Lampedusa, ne approfittiamo per fare alcune considerazioni a margine della più grande sommossa con evasione nella storia del Cie di Torino.
Negli ultimi giorni i quotidiani si sono spinti in ricostruzioni a dir poco fantasiose, arrivando addirittura a raccontare di improbabili guerriglie urbane fuori dalle mura del Centro, con cassonetti incendiati e scontri nelle strade del quartiere. In realtà, per quanto ne sappiamo, non è andata così: le volanti accorse si sono lanciate all’inseguimento degli evasi, fermandone alcuni. E i solidali, come spesso accade, sono arrivati un po’ in ritardo e han potuto fare ben poco: chi era riuscito a scappare era già lontano, chi era stato catturato dalle guardie era già in manette. Non che sarebbe stato sbagliato aiutare attivamente più gente possibile a scappare, anche scontrandosi con la polizia. Ma semplicemente, questa volta, non è successo nulla del genere: per la prossima si vedrà.
Un altro particolare che ha attirato le attenzioni della Questura e di conseguenza dei giornalisti, è il lancio di una quarantina di palline da tennis dentro al Centro, avvenuto un’ora prima della sommossa. Con la fortuna che ci contraddistingue, girando per le bettole di Porta Palazzo, siamo riusciti a ritrovare copia del contenuto di quelle palline da tennis. Una serie di foglietti, che qui vi alleghiamo, con sopra una cronologia delle rivolte e delle evasioni del mese di agosto appena trascorso, scritta in italiano, arabo e inglese; un breve testo solo in italiano sull’incendio del Centro di Lampedusa e sull’evasione dal Cie di Brindisi. Insieme a questi scritti, una bustina di Riopan che, come sa chi si è trovato a passare per la Val di Susa in questi mesi, è un buon aiuto per affrontare gli effetti dei gas lacrimogeni, usati qualche settimana fa anche nel Centro di Torino. Non che ai reclusi manchino le informazioni sulle lotte, visto che la maggior parte di loro ne sa molto di più di tutti noi solidali messi assieme. Ma il saluto rumoroso, con battiture, grida, petardi e lancio di palline è stato un modo come un altro per dar loro forza e coraggio.
Investigatori e giornalisti, come al solito, riferiscono di una regia esterna dietro a sommosse ed evasioni. Se un tempo parlavano delle trame della mafia turcomanna, ora danno a questo lancio di palline un potere quasi taumaturgico. Nessuno può sapere con certezza quale sia il legame tra il saluto e la sommossa, ma una cosa è certa: il baccano dei solidali ha attirato l’attenzione delle guardie, mettendole in uno stato di preallarme. E questo più che agevolare l’evasione potrebbe pure averla sfavorita. In ogni caso, e questo lo sanno tutti, evasioni e sommosse si susseguono da mesi in tutti i Centri del paese, con o senza saluti all’esterno.
Se qualcuno avesse mai davvero occasione di aiutare – in maniera determinante – dei reclusi a scappare, farebbe bene a farlo, pena non poter più pronunciare a voce alta la parola “libertà”; e questo vale per noi, che da anni siamo tra i nemici dichiarati della macchina delle espulsioni, ma deve valere un po’ per tutti quelli che dicono di sentirsi toccati nel vivo dall’infamia dei Cie. Le centinaia di evasi degli ultimi due mesi indicano chiaramente su quale piano è la lotta dentro alle gabbie e quindi su che cosa si debba ragionare. Noi, di nostro, non crediamo che bastino 40 palline da tennis per liberare 22 persone, ma se per una volta avessero ragione Questura e giornalisti, allora tanto varrebbe provarci, non solo a Torino, dato che anche in pochi, e con mezzi tutto sommato semplici, è sempre possibile fare qualcosa.
Ma quanta gente è fuggita, in questi mesi, da Ponte Galeria? Noi, che come sa chi ci legge di queste contabilità ne abbiamo tenute spesso, e che tante volte fughe e rivolte le abbiamo seguite da vicino… abbiamo perso il conto.
Dopo l’ultima grossa evasione di quindici giorni fa e le proteste della settimana passata, questo pomeriggio un altro gruppone di prigionieri del Cie romano ha tentato la fuga, in massa. Alcuni sono stati bloccati subito, altri ripresi a Fiumicino nelle ore successive e molti altri, invece, sono “uccel di bosco”: non sappiamo precisarvi, per ora, le proporzioni esatte, ma sembra che a varcare i cancelli siano stati almeno in settanta. Sappiamo dirvi, purtroppo, cosa è successo a chi non ce l’ha fatta a scappare: un bel pestaggio collettivo, con feriti e gambe rotte e gente all’ospedale.
Prima ancora di ascoltare le due testimonianze raccolte da Radio Onda Rossa che descrivono più nei dettagli la fuga e la repressione, vi invitiamo a riflettere sulla domanda che facevamo all’inizio, ma formulata in un senso più ampio: solo da agosto ad oggi l’esperienza pratica dell’evasione da un Centro – con o senza battaglia con la polizia, con pazienti lavori di seghetto o con la furia della determinazione e del numero – è stata vissuta da centinaia di persone, persone che poi si sono sparpagliate per le nostre città o al di là di qualche altra frontiera europea a rimpolpare le schiere dei senza-documenti a fianco ai quali viviamo ogni giorno. Cosa può succere, allora, quando l’esperienza di essersi ripresi con la lotta la libertà negata diventa un fatto comune e diffuso, sedimentato nei ricordi di un pezzo sempre meno piccolo di città? In che modo questi pezzi di vita, vissuta e raccontata, potranno saldarsi con le rabbie e le lotte a venire? Belle domande che mai avremmo potuto immaginare di formulare prima, alle quali ovviamente non abbiamo risposta.
Ed ora ascoltate pure i racconti da Roma:
[audio:http://ia600700.us.archive.org/35/items/FugaDaPonteGaleria/1110925cie__2.mp3]
[audio:http://www.archive.org/download/FugaDalCieDiPonteGaleria/1110925cie_1.mp3]
E leggi l’articolo pubblicato da “Il corriere della Sera”
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25 settembre. In Via Muriaglio 11 una quindicina di famiglie sotto sfratto occupano uno stabile abbandonato. E’ la risposta più logica alla noiosa tiritera cui ci hanno abituati: decine di sfratti eseguiti ogni giorno, persone che non sanno dove andare a dormire e tante case vuote, anche tra gli immobili ATC. I nuovi inquilini e tanti solidali si stanno impegnano a rendere abitabile la palazzina, abbandonata da oltre 30 anni. Qui il comunicato diffuso.