Venerdì prossimo, 23 settembre, si terrà l’udienza del processo contro i due reclusi arrestati durante la rivolta di inizio del mese nel Cie di via Corelli. I solidali si sono dati appuntamento dalle 9,30, sempre al Tribunale in corso di Porta Vittoria.
La sera prima, in via Padova a Milano, inizierà invece “evasioni”, una rassegna cinematografica di strada su immigrazione e Cie. Eccovi qui sotto la locandina.

Modena, 17 settembre 2011
«Salgono sul tetto e tentano la fuga dal Cie
Dieci vetture della polizia, auto della Municipale, gli uomini dell’esercito, carabinieri e Finanza. C’erano tutti. E sul tetto, ad osservare due ospiti in “assetto” di protesta. Al primo accenno di rivolta al Cie, Centro identificazione ed espulsione che ha sede vicino al Sant’Anna, la task force è stata mobilitata ed è scesa sul campo. Verso le 18.30 infatti è stato diramato l’allarme: due tunisini erano riusciti ad arrampicarsi sino a raggiungere la zona dei tetti. L’obiettivo finale quello di riuscire a calarsi al’esterno utilizzando delle lenzuola, usando una tecnica e un copione giù utilizzato in parecchi tentativi. Ma sono stati subito scoperti e sul posto, tanto all’esterno quanto al’interno, si è creata una grande concentrazione di forze dell’ordine. (more…)
Poco più di una settimana fa Ismael è incappato in un controllo di polizia e, come succede a tanti altri senza-documenti qui in città, si è ritrovato nel giro di un paio d’ore prigioniero dentro le gabbie del Cie di corso Brunelleschi. Ora è chiuso là dentro, in balìa dell’umore di crocerossini-in-mimetica e di militari, ad aspettare decisioni e contro-decisioni di un qualche giudice di pace affamato di carte. Dalla sua ha la propria determinazione alla resistenza e la compattezza che, grazie anche alle lotte e ai sussulti di queste ultime settimane, si sta creando dietro le sbarre: la grande evasione della settimana passata, proprio per le sue modalità organizzative, dà conto del clima e della complicità che c’è tra i prigionieri.
Ma Ismael, dalla sua parte, ha anche la solidarietà dei suoi vecchi amici e compagni di fuori. Già, perché Ismael è molto conosciuto nei circoli più politicizzati dell’emigrazione peruviana a Torino. E così, i suoi compagni si sono messi in movimento ed han voluto trasformare in cosa pubblica e di lotta un evento che, per tanti altri amici e parenti e vicini di casa dei vari prigionieri di corso Brunelleschi, troppo spesso è vissuto come una sventura privata della quale quasi vergognarsi. «A volte la stessa vita ci fa imparare, più di quello che impariamo per vivere. La lotta ci fa imparare e adesso è il momento di lottare», ha spiegato uno di loro ai microfoni di Radio Blackout, «per i diritti di tutti gli Ismael del mondo». L’imprigionamento di un amico e compagno è l’illuminarsi della realtà che improvvisamente ti fa imparare che quello non è solo il caso suo, ma di tanti altri come lui, reclusi come lui. Un esempio bello e raro di come dovrebbero andare sempre le cose quando la polizia impacchetta e trasporta qualcuno, chiunque, dentro le gabbie per senza-documenti.
E così, per questo sabato 17 settembre, dalle 17,30 in poi, gli amici e i compagni di Ismael organizzano un presidio sotto le mura del Centro, per chiedere la liberazione sua e di tutti gli altri prigionieri. Ascoltate il loro intervento in radio di questa mattina:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/presidio-per-ismael.mp3]
È la prima volta, a memoria nostra, che una iniziativa davanti a corso Brunelleschi parte direttamente da gente toccata dalla detenzione di un proprio caro e non dalle differenti alleanze di militanti politici italiani o dalle varie generazioni di nemici delle espulsioni (noi compresi, ovviamente) che si sono susseguite in questi anni in città. Non che la lotta contro i Cie abbia visto come protagonisti solo “gli italiani”, al contrario: come sa benissimo chi ci legge tutti i giorni, quando la macchina delle espulsioni ha perso davvero qualche pezzo è stato sempre per la determinazione all’incendio e alla fuga dei reclusi. Il problema è il fuori dei Centri, il “cosa possiamo fare” di chi rischia di finirci o ci è appena uscito: è lì che si determina lo spazio vuoto abitualmente occupato dai militanti italiani o dai nemici dei Cie. Non che niente si sia mosso in questi mesi, anzi: per tutti, la grinta degli egiziani in corso Vinzaglio di giugno scorso, che hanno trasformato le lamentazioni in sommossa, facendo fuggire a gambe levate i militanti politici e lasciando noi piacevolmente stupiti, ma anche spiazzati. Sullo sfondo, la resistenza invisibile di alcuni pezzi di quartieri, coi fischi quando arriva la volante e i portoni che si aprono, o la gente che si mette in mezzo quando i numeri e la situazione lo consentono, o anche solo il ragazzo del mercato che regala la frutta per i senza-documenti prigionieri. Ma là davanti, dove si vede tanto bene cosa può voler dire dipendere da un pezzo di carta, alla fine ci va sempre chi il pezzo di carta, garantito a vita, in tasca ce l’ha.
Una bella novità, dunque, quella di sabato, che aspettavamo di potervi raccontare da molto tempo. E vedremo assieme se sarà feconda e che strada prenderà: quella delle mille mediazioni con i rappresentanti consolari, delle alleanze con i partiti-che-hanno-aperto-i-Centri e ora si nascondono dietro un dito, della ricerca spasmodica di una presa di posizione da parte di chi ha le mani sulle leve del potere, qui o sulle Ande; oppure quella della compliticità fattiva con chi lotta dentro, del mettersi in mezzo quando escono le camionette dei deportati, del provare a stoppare i voli dei rimpatri, del bloccare pezzi pur piccoli di città per costringerla a guardare cosa succede dentro a quelle maledette gabbie.
Giovedì prossimo, 15 settembre, si terrà al Tribunale di Milano il processo per direttissima contro i due ragazzi, uno algerino e l’altro tunisino, arrestati durante l’ultima rivolta nel Cie di via Corelli, la settimana passata. Sono accusati di resistenza, lesioni e danneggiamento. I solidali milanesi si sono dati appuntamento alle 9,30 davanti all’aula 1, al piano terra, per farsi sentire.
I due ragazzi arrestati invece in corso Brunelleschi a Torino per il fallito tentativo di evasione di domenica, invece, ieri sono stati giudicati per direttissima e condannati: uno ad un mese e l’altro a otto. Dovrebbero essere stati già scarcerati, cosa che come sapete vuol dire ritornarsene nel Centro.
Aggiornamento 15 settembre. Il processo per i fatti di via Corelli è stato rimandato: come spesso succede, la polizia ha fatto casino con le identificazioni e il giudice ha chiesto di poter vedere direttamente i filmati. In corso Brunelleschi, invece, sono ritornati gli arrestati di domenica: come spesso succede, sono belli pesti.
Sonia vive in Italia da 21 anni, arrivata dalla Tunisia dove era scappata dal marito. Rimasta senza documenti, è stata rinchiusa nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, nonostante abbia quattro figli che vivono qua e che tutta la sua vita, oramai, sia in Italia. Ieri le è stato annunciato l’imminente rimpatrio e quindi ha telefonato a Radio Onda Rossa per fare un appello alla lotta ai solidali romani.
Così, all’alba di oggi un gruppo di compagni si è ritrovato davanti ai cancelli del Centro. Troppo pochi per intralciare i mezzi nei quali la polizia aveva caricato Sonia e gli altri due ragazzi da deportare, i compagni si sono spostati all’aeroporto per cercare di parlare con il comandante dell’aereo che avrebbe dovuto portare i tre in Tunisia. Ma l’aereo è dell’Alitalia, e il comandante ovviamente irraggiungibile. A metà mattinata l’aereo è partito, non sappiamo ancora se con Sonia e gli altri sopra. Nell’attesa di sapere come è andata a finire, i compagni di Roma invitano tutti a martellare Ponte Galeria di telefonate, almeno per tutta la giornata di oggi: 06 65854224.
Ascoltate la corrispondenza dai cancelli di Ponte Galeria trasmessa questa mattina da Radio Onda Rossa:
[audio:http://ia600709.us.archive.org/0/items/DeportazioneDaPonteGaleria/110914_dalpontegaleria.mp3]
Da ieri pomeriggio, una bella fetta dei reclusi del Cie di Bari-Palese ha proclamato uno sciopero della fame e della sete, «per la libertà» e contro le condizioni di detenzione che sono, come sappiamo, peggiori di quelle carcerarie. Sono carichi e determinati, hanno una grande voglia di farsi sentire dal mondo esterno e, soprattutto, una grande voglia di ottenerla, la libertà, come testimoniano i continui tentativi di fuga che avvengono nel Centro.
Ascoltate il loro racconto, raccolto dai microfoni di Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/bari-palese_12_settembre.mp3]
Alla fine ce l’hanno fatta in 12. Tutti quelli che sono riusciti a superare il cancello sono scappati: nessuno è stato lasciato indietro, alcuni ragazzi sono caduti ma i loro compagni di fuga li hanno subito aiutati a rialzarsi. Anche per questo le volanti – arrivate comunque in ritardo – non hanno catturato nessuno. Cinque fuggitivi invece sono stati fermati dalle guardie mentre scavalcavano l’ultimo cancello, altri ancora prima di raggiungerlo. Dopo un po’ di ore passate in altre sezioni, sono stati riportati nell’area viola, una volta chiusa l’apertura tra le sbarre segate l’altra notte. Il morale di quelli che non ce l’hanno fatta è comunque alto: felici per i compagni che sono liberi, sanno che per loro ci saranno altre occasioni. Nella tarda serata di sabato, un gruppetto di solidali è andato a salutare rumorosamente i reclusi, pochi minuti di baccano con petardi, battiture e fischietti. Da dentro la riposta è stata molto calorosa e rumorosa e alcuni ragazzi dell’area blu sono saliti ancora una volta sui tetti della loro sezione. Domenica mattina c’è stato un nuovo tentativo di evasione, proprio da parte di un gruppo di ragazzi dell’area blu. Approfittando di una distrazione delle guardie sono riusciti a tenere aperta la porta della gabbia per uscire e raggiungere di corsa il cortile centrale. Mentre scavalcavano la seconda recinzione sono stati fermati da militari e carabinieri, che li hanno pestati con calci e manganelli. Due ragazzi – un marocchino e un tunisino – sono stati portati via, e non è ancora chiaro se siano stati arresti o meno. Nelle prossime ore capiremo se la Questura deciderà di far pagare a loro lo smacco della grande fuga di venerdì notte.
Aggiornamento 12 settembre. I due ragazzi portati via ieri non sono tornati in sezione e quindi è quasi certo che siano stati arrestati. A darne conferma è anche la Questura, che questa volta ha prontamente diramato una velina pubblicata dal giornaletto gratuito Leggo. A La Repubblica ha invece affidato, controvoglia e con due giorni di ritardo, il racconto dell’evasione di venerdì notte. Intanto la polizia ha perquisito le aree del Centro alla ricerca di non-si-sa-cosa, che comunque non ha trovato, e due dei reclusi che venerdì non sono riusciti a scappare con gli altri sono stati trasportati in ospedale dopo aver ingoiato alcune batterie.
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Questa notte, intorno alle 4, c’è stata un evasione dal Cie di Torino. Non sappiamo ancora quanti reclusi ce l’abbiano fatta, ma sappiamo che un bel po’ di loro sono finalmente liberi. A quanto pare sono riusciti a uscire dalla gabbia che circonda l’area viola dopo aver staccato qualche sbarra, segata in gran segreto nel corso delle ultime settimane. Una volta nel cortile si sono lanciati contro le guardie, colte di sorpresa, e hanno iniziato a scavalcare il vecchio ingresso di Corso Brunelleschi. I militari hanno fermato qualcuno, ma altri sono riusciti a scavalcare il cancello. La Questura, a corto di uomini per l’impegno in Valsusa e a Torino contro i No Tav, ha lanciato l’allarme. Ma quando le volanti sono arrivate gli evasi si erano già dileguati. A presto maggiori dettagli.
Aggiornamento ore 14. Le cifre sugli evasi sono ancora incerte: i più prudenti parlano di 12 ragazzi, altri di 16, altri addirittura di 25. Ci sarà tempo nelle prossime ore per fare i conti e capire chi ce l’ha fatta e chi invece dovrà riprovarci. I fuggitivi fermati – alcuni lievemente feriti – sono stati smistati nelle diverse aree, perchè nella viola non si può rimanere, visto che la gabbia è tagliata. Intanto emergono i primi particolari sull’evasione «da film», per usare le parole di un recluso che suo malgrado è ancora dentro al Centro. Ancora recluso, ma con il morale alto: «Sono felice lo stesso, perchè queste cose ti fanno respirare il profumo della libertà». Un’evasione riuscita è sempre e comunque un’iniezione di fiducia, per tutti. A quanto pare la preparazione della fuga era iniziata un mese e mezzo fa, e il piano era conosciuto soltanto dai ragazzi dell’area viola per ovvie ragioni di sicurezza. Da una parte il taglio delle sbarre, pochi minuti al giorno, stando attenti a non farsi vedere dalle guardie e dalle telecamere. Dall’altra la costruzione di lame artigianali, pezzi di ferro affilati da usare la notte della fuga per tenere lontani i militari. Sentendo i racconti su questa evasione un fatto salta subito all’occhio: per così tanto tempo nessuno ha fatto la spia. E questo nonostante il costante lavoro di pressione psicologica che Polizia e Croce Rossa esercitano sui reclusi, invitandoli alla delazione anche facendo leva sulle diffidenze tra ragazzi provenienti da paesi diversi. Nell’area viola ci hanno creduto e provato tutti – marocchini e tunisini insieme – consapevoli del fatto che qualcuno ce l’avrebbe fatta e altri no. Ma nessuno ha mai pensato di cantare per avere qualche favore dalle guardie. E mentre dentro al Centro Polizia e militari sono incazzati neri, l’Ufficio Stampa della Questura continua a tacere.
Roma, 9 settembre
Ponte Galeria, la grande fuga: scappano 21 immigrati in attesa di espulsione
«”Ventuno stranieri di diverse nazionalità sono fuggiti ieri sera dal Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di Ponte Galeria .A quanto appreso dal Garante la fuga sarebbe avvenuta nel corso di un trasferimento di routine all’interno del Centro. Le ricerche, subito avviate, non hanno dato ancora esito”. Così in una nota il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. “L’ennesima fuga di migranti da Ponte Galeria – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – è la conferma di quanto sia complessa la gestione quotidiana degli ospiti del centro dove, nonostante l’attenzione delle forze dell’ordine e degli operatori che gestiscono la struttura, è sempre più problematico garantire il rispetto dei diritti umani. Il caldo, l’affollamento, la disperazione degli ospiti e, non da ultimo, l’allungamento dei tempi di permanenza, sono ingredienti che contribuiscono a creare una miscela esplosiva. Spero che il governo e, in particolare il ministro dell’Interno, ripensino alla spaventosa situazione di sofferenza in cui si trovano queste persone e recuperino un senso di solidarietà che sembra, purtroppo, essersi perduto”. »
la Repubblica – Roma
Torna a salire la tensione nel Cie di Trapani Milo, gestito dalla cooperativa Insieme del consorzio Connecting People. Dopo le ripetute fughe del mese di agosto, da una settiamana nel Centro regnava una calma apparente. Diverse decine di reclusi erano stati liberati con il classico foglio di via di 7 giorni per far spazio ai nuovi ragazzi appena sbarcati a Lampedusa. Questa sera, intorno alle 23, in tanti hanno di nuovo tentato la fuga: ci sono stati alcuni tafferugli con le guardie, con lanci di bottiglie e pezzi di sedie e tavoli da una parte, e manganellate dall’altra. Non sappiamo ancora se qualcuno sia riuscito a scappare, ma di sicuro la polizia è intervenuta con la forza per fermare in tempo la sommossa. Almeno quindici reclusi, forse riconosciuti grazie alle telecamere di videosorveglianza, sono stati prelevati dalle guardie e portati via dalle sezioni. Nelle prossime ore sapremo se la polizia deciderà di arrestarli o soltanto riempirli di botte per dar loro una lezione.
Aggiornamento 7 settembre. Sembra che ieri sera nessuno sia riuscito a scappare. Per tutta la notte una trentina di reclusi, individuati dalla polizia come i responsabili dei danneggiamenti, sono stati tenuti in uno stanzone di isolamento. Insultati, minacciati e picchiati dalla polizia sono stati riportati prima di pranzo nelle sezioni. A parte i segni delle botte, il loro morale è alto e non hanno nessuna intenzione di smettere di lottare. Hanno chiesto di essere portati in ospedale per farsi medicare, ma i responsabili dell’ufficio immigrazione della Questura si sono opposti. In ospedale invece ci sono andate alcune guardie, per farsi refertare le contusioni della sera prima.