Rivolta, ieri sera, nel Cie di via Corelli a Milano. Dopo i tentativi di evasione dei giorni passati i reclusi hanno appiccato incendi in diverse camerate del Centro. Poi in molti sono saliti sui tetti e la polizia, spenti i fuochi, è entrata nelle sezioni e ha fatto scendere la gente a forza di manganellate. A parte dieci ragazzi che sono stati portati via in ambulanza, gli altri reclusi sono stati radunati nel cortile e fatti inginocchiare nudi, mentre la polizia perquisiva le camerate. Pare che nessuno sia riuscito a scappare, e non sono ancora chiari quali danni abbia subito la struttura. Intorno all’una di notte era di nuovo tutto “tranquillo”.
Aggiornamenti ore 13.00. I dieci reclusi portati via in ambulanza non sono ancora rientrati nel Centro: potrebbero essere all’ospedale, a meno che non li abbiano arrestati. Gli incendi sono stati appiccati nelle sale mensa, e a quanto pare i danni sono contenuti.
Aggiornamento 7 settembre. Due dei dieci reclusi dall’ospedale sono stati portati a San Vittore. Il loro arresto è già stato convalidato ma non si sa ancora la data del processo. Qui, un comunicato dei solidali milanesi.
Brindisi, 5 settembre
«Tenta di favorire maxi fuga dal Cie e minaccia i carabinieri: arrestato
Avrebbe favorito un maxi tentativo di fuga dal Centro di identificazione e espulsione di Brindisi. E di fronte ai carabinieri, intervenuti sul posto per riportare la calma attorno alla struttura, avrebbe persino reagito con violenza, minacciando e inveendo contro il personale dell’Arma.
Una reazione costata le manette. I carabinieri della stazione di Brindisi Casale lo hanno infatti tratto in arresto, in flagranza di reato, per resistenza e minaccia a pubblico ufficiale. In carcere è finito così E.H.N., 26enne, di nazionalità tunisina e ospite presso Centro identificazione e espulsione di Brindisi.
Il giovane, durante un tentativo di fuga messo in atto da circa 15 extracomunitari ospiti del Cie, al fine di eludere l’intervento dei militari prontamente intervenuti sul posto, ha tentato, invano, di divincolarsi dagli stessi, minacciandoli di colpirli con una pietra. Il tunisino, dopo le formalità di rito, è stato associato alla Casa circondariale di Brindisi.»
BrindisiReport
Nella tarda serata di sabato una quarantina di reclusi del Cie di Milano ha nuovamente tentato la fuga. Verso le 23 si sono arrampicati sui tetti e sulle recinzioni, ma le guardie si sono subito accorte del tentativo di evasione. Alcuni ragazzi sono stati picchiati dalla polizia e anche da qualche crocerossino particolarmente zelante. A quanto pare, ma si tratta di una notizia ancora da verificare, un ragazzo è riuscito a farcela e ora potrebbe essere finalmente libero. Per rappresaglia, alle 2 di notte, la polizia è entrata nelle sezioni e mentre perquisivano le celle le guardie hanno nuovamente malmenato alcuni reclusi. Anche questa volta, come pochi giorni fa, a tentare la fuga sono stati i ragazzi tunisini recentemente trasferiti da Lampedusa. Per far posto ai nuovi arrivati, che finora si sono dimostrati battaglieri e determinati, nel Centro milanese è stata completamente svuotata la sezione riservata alle recluse transessuali, che sono state tutte liberate.
Gradisca, 2 settembre
«Il Tar di Trieste ha pronunciato un’ordinanze con cui «congela» l’aggiudicazione definitiva degli appalti per la gestione 2011-2014 del Cie e del Cara di Gradisca. Contestualmente ha fissato l’esame di merito del ricorsi al 22 febbraio 2012. Per la gestione di Cie e Cara, a ricorrere è stato il Consorzio Connecting People contro la Prefettura e l’aggiudicazione della gara al raggruppamento temporaneo d’impresa Gepsa. Il Tar ha sospeso la contestata aggiudicazione considerando «il ricorso tempestivo», che «appare assistito da sufficienti elementi di fumus boni juris». In attesa della decisione del Tar, che avverrà al prossimo febbraio, la Prefettura ha prorogato per altri sei mesi alla Connecting people la gestione dei due centri immigrati. E dal febbraio scorso che la gestione di Cie e Cara è in prorogatio.»
2 settembre. È accusato di aver rubato metalli per 250 mila euro al suo datore di lavoro l’uomo che, ieri, è stato sorpreso mentre caricava sul suo tir cinque tonnellate di residui di lavorazione dell’acciaio appena sottratti all’azienda di Busano in cui (fino all’altro giorno) lavorava.
Pozzallo, 2 settembre
«Quando la libertà degli immigrati minaccia la sicurezza
La convenzione firmata dalla Prefettura e dal comune di Pozzallo pone al centro la questione della sicurezza in un CPA che può al massimo contenere 204 immigrati. Sicurezza non solo per gli stessi clandestini ma soprattutto per le forze dell’ordine e per i volontari della croce rossa e protezione civile. Allo stato attuale il centro di prima accoglienza di pozzallo è sicuro? “Si”, sostiene il Sottosegretario all’Immigrazione al Ministero dell’Interno Sonia Viale che in questi giorni sta visitando i centri di tutta l’isola dove sono ospitati i clandestini. Ovviamente quello di Pozzallo è solo un sito transitorio dove al massimo gli extracomunitari stanno solo 15 giorni in attesa del rimpatrio, se non sussistono le condizioni per beneficiare dell’asilo politico, o di trasferimento verso altri centri di accoglienza. La sicurezza in termini di struttura è garantita ma in termini personali un po’ meno però. I clandestini infatti una volta trasferiti a Pozzallo possono fare uso del telefono cellulare, possono uscire e rientrare al centro entro le ore stabilite, possono insomma avere contatti con la realtà. Motivo per cui quasi 100 di loro sono venuti a conoscenza dell’immediato rimpatrio e si sono organizzati per dare vita a disordini con il ferimento di 5 rappresentati delle forze dell’ordine. Nessuno può togliere la libertà a queste persone con il rischio costante delle rivolte e a spese delle forze dell’ordine. Una preoccupazione che però non sfiora il Sottosegretario Viale. Solo gli accordi con gli accordi con gli Stati –secondo il Ministero dell’Interno- sono fondamentali per fermare il traffico di esseri umani e quello della droga che sono gestiti dalle stesse organizzazioni criminali. Intanto gli sbarchi aumentano in modo esponenziale, i centri sono al collasso e i cittadini, la maggior parte, in apprensione.»
La Gazzetta Iblea
Modica, 24 agosto
«Pozzallo è una pentola a pressione. I diritti non vengono rispettati
«Pozzallo è una pentola a pressione. I diritti non vengono rispettati». Questo è il pensiero del Prof. Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto dell’asilo dell’Università di Palermo e membro dall’Asgi, associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. La rivolta scoppiata nella struttura del porto di Pozzallo tra domenica e lunedì è da inserire in un contesto ben preciso in cui i diritti sono calpestati.
«Il centro di Pozzallo è un Cpsa è i migranti possono starci soltanto pochi giorni, poi devono essere trasferiti. A Pozzallo – continua il professore – c’è una situazione di illegalità: ai migranti non viene data la possibilità di contattare avvocati. Le associazioni convenzionate non hanno accesso e tutto questo sarebbe accettabile se la permanenza fosse di un massimo di 96 ore ma qui ci sono persone che stanno settimane». E secondo le notizie che il professore ha da Pozzallo non arriva nessuna richiesta di asilo.
Per Vassallo Paleologo a Pozzallo, così come negli altri centri sparsi per l’Italia, si va contro i regolamenti comunitari: «Si viola il regolamento di Schengenche prevede una notifica del respingimento e la possibilità dell’interessato di fare ricorso. Tutto questo non avviene. Ed è grave per un paese che si vorrebbe definire democratico. Un altro tipo di respingimento può avvenire direttamente all’aeroporto o alla frontiera rispettando le regole ma non rinchiudendo per settimane persone senza garanzie. Si va contro anche la legge italiana che prevede che una persona può essere trattenuta per 48 ore dopo queste un magistrato deve convalidare entro altrettante 48 ore il fermo».
Le osservazioni del professore delineano la situazione in cui nascono i tentativi di fuga e le rivolte. All’interno dei centri ci sono persone senza garanzie e con la paura di un rimpatrio. Il viaggio infernale, i soldi spesi le speranze potrebbero bruciarsi su un areo direzione Africa. La tensione cresce facilmente
Per il membro dell’Asgi casi come quello di lunedì non sono nuovi: «A Pozzallo sono scoppiate rivolte ieri e stanno scoppiando oggi, così come non si rispettavano i diritti ieri e non lo si fa neanche oggi. Ma questa è una situazione generale in Italia perchè è una tendenza decisa a Roma e non a Ragusa».
Il Clandestino con permesso di soggiorno
Questa sera, attorno all’ora di cena, i reclusi del Cie torinese hanno ricominciato a protestare: a uno di loro, difatti, il giudice ha prorogato il trattenimento di altri due mesi, oltre i sei che ha già passato rinchiuso là dentro. Una semplice battitura, più che altro un inizio di protesta. Questo è bastato, però, per far perdere le staffe ai poliziotti di guardia che, forse abituati alla Valsusa, hanno subito sparato qualche lacrimogeno per placare gli animi. Se i reclusi non si sono affatto calmati e han continuato a far baccano ancora per ore, qualche abitante dei palazzi vicini – rimasto intossicato dal gas mentre prendeva il fresco sul balcone – si è addirittura infuriato ed ha chiamato giornalisti e Vigili del Fuoco per protestare contro la polizia.
Poco prima di mezzanotte una trentina di solidali si sono dati appuntamento sotto al Centro e hanno dato vita ad mezz’ora abbondante di battitura, sotto lo sguardo vigile di un paio di gazzelle dei carabinieri che si sono limitati a controllare la scena a distanza. I reclusi, montati sui tetti delle strutture, han fatto casino pure loro e salutato a lungo.
Domattina, qualche particolare in più e gli aggiornamenti.
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Gradisca, 30 agosto
«Nuova proroga nella gestione del Cie e del Cara
Non si riesce a sciogliere il nodo-gestione, è ancora incertezza attorno al Cie e Cara di Gradisca. Ennesima proroga in vista per il consorzio cooperativistico trapanese Connecting People, il cui contratto di gestione sarà esteso di altri 30 giorni dopo quelli avvenuti da dicembre a oggi. Ma come mai non si arriva al cambio della guardia sancito nei mesi scorsi dalla gara d’appalto? Pare vi siano degli intoppi nell’affidamento al consorzio temporaneo d’impresa fra la francese Gepsa e tre soggetti italiani (Cofely Italia e le coop Acuarinto di Agrigento e Synergasia di Roma). Uno dei soggetti che compongono la cordata, infatti, sarebbe oggetto di indagini e potrebbe dunque non avere i requisiti per la gestione. Qualora saltasse l’affidamento, subentrerebbe la seconda in graduatoria, la stessa Connecting People, mentre la goriziana Minerva, terza classificata, sarebbe pronta a presentare ricorso. Una situazione di stallo e precarietà che fortunatamente non si è sommata a momenti di tensione all’interno delle due strutture. I centri non sono stati interessati da rivolte o tentativi di evasione. La ragione è semplice: a differenza di altre strutture, nè il Cara nè il Cie di Gradisca attualmente ospitano più gli stranieri sbarcati sulle coste di Lampedusa negli ultimi otto mesi. Nel Centro per richiedenti asilo la vita continua tutto sommato tranquilla e le presenze si attestano ancora sul centinaio di unità, ma la provenienza degli ospiti (anche famiglie e minori) fra cui molti mediorientali e asiatici: cittadini curdi, iraniani, afghani in attesa di responso sulla richiesta di ottenere lo status di rifugiati. Diverso invece è il discorso riguardante il Cie: la struttura detentiva attualmente è ben al di sotto del suo regime. Conta appena 55 clandestini in attesa di espulsione, per buona parte maghrebini, su 248 posti disponibili. Questo perchè per un lungo periodo è stata agibile la sola “zona verde”, una delle tre sezioni che compongono il centro. Con la conclusione dei lavori di ripristino della “zona rossa” devastata negli ultimi mesi da incendi e rivolte la capienza del Cie tornerebbe ad attestarsi sulle 100 unità. Ed entro la fine dell’anno potrebbe infine venire riconsegnata la “zona blu”, l’ala più capiente con i suoi quasi 150 posti letto. A quel punto l’ex Polonio potrebbe essere riportata definitivamente a pieno regime, con i sindacati delle forze di polizia che tengono alta l’attenzione: a loro dire, un Cie a 248 posti non potrebbe essere adeguatamente sorvegliato senza un adeguato rafforzamento del contingente di vigilanza.»
Il Piccolo
Ieri sera una trentina di prigionieri del Cie di via Corelli a Milano hanno tentato un’evasione di massa, arrampicandosi chi sui tetti chi sulle reti della struttura. Nonostante la loro determinazione, però, la fuga è fallita e tutti sono dovuti rientrare nelle camerate prima ancora che la polizia intervenisse con la forza. In tre o quattro si sono feriti, ma a quanto pare non si tratterebbe di nulla di grave.
Nel Centro di Milano, come in tutti i Centri italiani del resto, c’è un folto gruppo di reclusi tunisini arrivati da poco da Lampedusa e, proprio come è successo durante tutta la scorsa primavera, sono proprio i “tunisini di Lampedusa” a far da traino alla lotta. Che in Italia, adesso come adesso, sia molto difficile ottenere un qualsiasi permesso di soggiorno dovrebbe essere chiaro in tutto il Mediterraneo, come oramai dovrebbe essere chiaro che le uniche possibilità per conquistarsi la libertà di girare per l’Europa sono legate alla capacità di battersi, alla destrezza nel scavalcar le reti dentro le quali si viene rinchiusi dal momento dello sbarco in poi. In qualche maniera, le evasioni e le rivolte stanno entrando d’ufficio nel progetto migratorio di chi parte, soprattutto da quei Paesi, come la Tunisia, dove da mesi e mesi si stratifica un fitto racconto collettivo che intreccia le esperienze di chi ce l’ha fatta con quelle di chi invece è stato impacchettato e rispedito al punto di partenza.
Sia come sia, a Milano la situazione rimane tesa e vedremo nei prossimi giorni come si evolverà. Intanto, eccovi una breve testimonianza che ci è arrivata dal nuovo Cie di Trapani, quello di contrada Milo, ad illustrare quello che già vi raccontavamo l’altro giorno:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/milo-29-agosto.mp3]
Chiudiamo questo breve aggiornamento segnalandovi altri due nomi da aggiungere nella lista d’infamia dei collaboratori nella macchina delle espulsioni. Si tratta di due compagnie di navigazione, la Moby lines di Portoferraio e la Grimaldi lines di Palermo, che in questi mesi stanno riempiendo le proprie cassaforti affittando navi intere alla polizia per trasportare i senza-documenti da Lampedusa ai Centri sparsi su tutta la penisola.
Lampedusa, 30 agosto
Tunisini a Lampedusa: “Non vogliamo rimpatriare”
Il centro di accoglienza di Lampedusa è pieno zeppo di tunisini, ma è lo spazio dei bollori, dei risentimenti, quasi ogni giorno. Due agenti delle forze dell’ordine (Fiamme Gialle e Carabinieri) son infatti rimasti feriti la scorsa notte durante una sassaiola provocata per resistenza da parte dei tunisini lì predisposti. “Non vogliamo tornare in Patria” è l’urlo unanime dei 150 protestanti. Il ritorno per loro sarebbe agghiacciante.
Per questo, hanno deciso di occupare il Molo Favaloro , una volta usciti da contrada Imbriacola. Tornati, hanno reagito, forse perché sicuri di non essere ascoltati, e hanno ferito i due italiani di servizio, poi portati al Poliambulatorio dell’Isola di Lampedusa. I due, però, non sono gravi. Ogni giorno la “Grimaldi Lines” si occupa del loro trasporto, con un guadagno di circa 60000 euro al giorno secondo indiscrezioni tutte da verificare.
A marzo Frattini, colpito dall’emergenza, aveva proposto una “dote” di 2500 dollari per ogni profugo che volontariamente avesse deciso di rimpatriare. Ma gli intenti non sono questi e le promesse di danaro non convincono. L’altra ipotesi risolutiva proposta dalla Comunità di Sant’Egidio di sperare in un ricongiungimento familiare con i parenti francesi, belghi, tedeschi dei tunisini, pare abbastanza difficile. Nessuno, insomma, li vuole. Eppure si tratta di persone senza futuro, secondo la Comunità di Sant’Egidio che spera per loro in un concreto aiuto.
La prossima politica per loro si penserà dopo il caos che sta provocando la manovra finanziaria. Per il momento, il lavoro è del CIE.»
Info Oggi