30 luglio. Nella mattinata di sabato dei colpi di pistola hanno raggiunto tre auto di servizio parcheggiate nel viale del carcere. Nessun ferito, solo vetri frantumati per la Renault Megane di un agente della polizia penitenziaria, e per una Skoda Octavia e una Opel di proprietà di due dipendenti del Lorusso e Cotugno. I tre, sotto shock, si interrogano sul gesto, visto e considerato che “non sembra che tra i tre ci sia alcun legame”. Ma i giornali rivelano che non è la prima volta: già nel marzo scorso alcuni colpi di pistola erano stati sparati contro i vetri blindati che sovrastano le mura intorno carcere.
26 luglio. Intorno a mezzanotte una lunga e rumorosa battitura ha svegliato i detenuti del carcere delle Vallette, che anche questa volta hanno risposto calorosamente al saluto. A quanto pare la polizia è arrivata troppo tardi e non è riuscita ad identificare i chiassosi solidali.
26 luglio. Settimo Torinese. Nei pressi dell’autostrada A4 Torino-Milano, in strada Cebrosa 55, all’hotel Giglio, l’associazione Connecting People gestisce la permanenza di 50 rifugiati politici provenienti dall’Africa centrale arrivati a Lampedusa i primi di maggio. Uno di loro ha aggredito, secondo il racconto dei titolari dell’albergo, i carabinieri intervenuti sul posto per sedare un litigio, scagliandosi contro i militari, non prima di averli pesantemente insultati. Per l’uomo sono subito scattate le manette.
25 luglio. Moncalieri. Anche il campeggio ha i suoi costi, e così, per ammortizzare le spese, sei amici prima della partenza sono andati da Decathlon, negozio di attrezzature sportive piuttosto economico. Ma non c’è niente di più conveniente del gratuito, e così si sono diretti verso l’uscita del centro commerciale senza pagare tutto quello che avevano preso. Gli addetti alla sicurezza del punto vendita, però, li hanno pizzicati e hanno immediatamente contattato i carabinieri, i quali, con altrettanta solerzia, li hanno denunciati, chi per furto chi per rapina (pare, infatti, che sia volato uno spintone all’uscita). Ora i sei si trovano reclusi alle Vallette.
25 luglio. Alcuni parlamentari del Partito Democratico hanno fatto visita al CIE di Corso Brunelleschi nel solco della mobilitazione chiamata «LasciateCIEntrare», indetta della Federazione Nazionale della Stampa e dell’Ordine dei Giornalisti, per chiedere l’accesso ai Centri di detenzione per immigrati dopo le restrizioni volute da una circolare ministeriale e per protestare contro il prolungamento fino a 18 mesi della reclusione nei CIE. Ad attendere i parlamentari all’uscita, dal lato su via Santa Maria Mazzarello, c’era un nutrito gruppo di persone senza memoria corta e uno striscione con scritto: «Nel ‘98 li avete inventati, ora li volete più umani: i CIE devono essere distrutti», in riferimento alla legge Turco-Napolitano che diede il via, con l’apertura dei CPT, alla detenzione per gli immigrati senza documenti. (more…)
«Suppellettili date alle fiamme e alcune stanze inagibili: sono le conseguenze di una protesta andata in scena nella tarda mattinata nel reparto femminile del Cie di Bologna, il centro di identificazione ed espulsione per immigrati irregolari.
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A tre anni di distanza, di nuovo una lunga chiacchierata con Nina. Vi ricordate di lei? Al tempo ci aveva raccontato, parallelamente, dell’incendio di Vincennes e della vita nei quartieri di Parigi dove vengono rastrellati i senza-documenti, dei volantinaggi contro le espulsioni negli aeroporti e delle lotte per la casa, delle iniziative contro le espulsioni e dei “giretti” nei supermercati. Ora, invece, ci racconta di un mese di lotta insieme ai “tunisini di Lampedusa” a Parigi. Non solo i cortei e le occupazioni, ma, di nuovo, la quotidianità di una lotta.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/nina_tagliato-2.mp3]
“Nelle ultime 48 ore sono almeno venti gli immigrati fuggiti dal nuovo Cie di Milo, a Trapani” denuncia il segretario provinciale di Trapani del Siulp, Antonio Cusumano, il quale afferma che “troppi sono gli impegni presi e non rispettati”.
Per il rappresentante del sindacato, la realtà “è che ci sentiamo soli, sotto assedio e privi di forze per far fronte alla situazione”. (more…)
«Qui, è molto dura!
Poco fa, c’era molta gente, fuori, che gridava “Libertà! Libertà!Libertà!”. Anche noi abbiamo gridato “Libertà! Libertà! Libertà!”. Poi è arrivata la polizia. Ci hanno calmati. Subito dopo, un tipo ha mangiato delle lamette e delle monete da 50 centesimi. È caduto a terra. Ha vomitato. Lo hanno portato in infermeria. Gli hanno dato una medicina. Non hanno nemmeno chiamato l’ambulanza!
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«Si erano prodigati per catturarli, alla fine ne avevano acchiappati otto su trenta, ma oggi tutti gli sforzi dei poliziotti che hanno cercato di contenere l’evasione dal Cie (centro idenficazione ed espulsione) sono risultati inutili. Gli otto tunisini arrestati per lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento a fine giugno, sono infatti tutti liberi. Scarcerati dal Tribunale del Riesame di Bologna per «mancata trasmissione di un atto essenziale», cioè la videoregistrazione dei momenti dell’evasione.
Insomma, il Tribunale del Riesame non ha avuto il filmato, considerato come un atto fondamentale, e ha dovuto accogliere la «questione processuale» sollevata dall’avvocato d’ufficio dei tunisini. Il risultato è che ieri gli otto nordafricani che il 27 giugno si erano ribellati al Cie, ferendo finanzieri e militari e sfondando sette porte del centro per poi scappare in massa, ora sono in giro per la città. I tunisini, ritenuti pericolosi, hanno lasciato il carcere di Modena ieri mattina.
Per un vizio di forma, in pratica, le botte rifilate ai militari e i danni causati alla struttura rischiano di rimanere impuniti: su di loro, benché liberi, pende un processo per direttissima aggiornato ad agosto e che probabilmente finirà con una condanna, ma c’è da scommettere che per quella data gli otto tunisini saranno già spariti. Difficile che si presentino in tribunale: clandestini, forse a quest’ora avranno già lasciato Modena per altri ‘lidi’.
Quel giorno la rivolta al Cie si scatenò dopo pranzo, nel primo pomeriggio: ad architettare la fuga erano stati i tunisini che si erano organizzati «militarmente», ognuno con un ruolo preciso. C’era chi ha scardinato le porte, chi ha sfondato il cancello, chi ha messo ko i militari e i finanzieri riversando contro le divise la polvere di un estintore. Poi le mazze di ferro, gli sputi e le minacce, fino alla libertà per trenta di loro. Come detto, in otto erano stati riacciuffati: vista la decisione del Tribunale del Riesame, tutta fatica sprecata.»
Da Il Resto del Carlino