Dopo lo sciopero della fame e il tentativo di evasione della settimana scorsa, dentro il Centro di corso Brunelleschi non è certo tornata la calma. Alla mezzanotte di domenica, infatti, un detenuto in isolamento, la cui cella era rimasta aperta per distrazione di qualche aguzzino, ha atteso il momento propizio per uscire, scavalcare le recinzioni e guadagnare la fuga col favore del buio. Viene da sorridere nel saperlo libero e pensando alla faccia delle guardie quando si sono accorte dell’accaduto. Oggi arrivano invece notizie meno confortanti: tre prigionieri esasperati hanno tentato da poco di fare la corda, cioè appendersi per il collo alle grate della recinzione. L’intervento subitaneo della polizia è consistito nel pestare loro e gli altri reclusi accorsi per soccorrerli. Dopo di che li hanno portati via, non è ancora chiaro se in sezione, in isolamento o all’ospedale. Vi aggiorneremo appena possibile.
Di questi tempi, finanche L’Espresso parla della situazione dei Cie, delle rivolte continue, delle fughe, delle violenze della polizia e della faccia tosta agghiacciante degli enti gestori («Protestano perché il cibo non è abbastanza piccante per i loro gusti…»). Il video che vi abbiamo appiccicato qui sopra è noto, è stato consegnato ad una giornalista di Repubblica Tv – autorizzata per sbaglio ad entrare nel Centro – da alcuni reclusi del nuovo Cie di Palazzo San Gervasio, che l’hanno girato di nascosto coi loro cellulari. Nulla di nuovo, per carità, per i nostri lettori, che a questo tipo di documentazione ci sono bene o male abituati (per quanto ci si possa abituare a scene del genere).
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Proprio questo fine settimana ricorre il decimo compleanno del consorzio Kairòs, la stampella torinese della più nota Connecting People – la holding della detenzione amministrativa che, dopo aver perso a malincuore la gestione di quel che resta delle gabbie di Gradisca, ha recentemente conquistato la possibilità di tirar su quattrini sulle nuove gabbie di Manduria e di Palazzo San Gervasio.

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La questura di Corso Verona, sede dell’ufficio immigrazione della polizia torinese, ha chiamato oggi pomeriggio una quarantina di egiziani e li ha invitati a presentarsi per completare le pratiche in vista dell’ottenimento del permesso di soggiorno. Pronta per loro, però, c’era un’espulsione. Sono stati quindi caricati di peso sui mezzi della Polizia e trasferiti nella Questura centrale di Via Grattoni. Se in Corso Verona non c’erano che tre o quattro solidali e una decina di familiari, il passaparola dev’essere stato efficace e tempestivo, perché nel giro di poco tempo si è formato un assembramento che, tra solidali accorsi e amici e parenti, contava una sessantina di persone. Al di là dello schieramento dei Reparti Mobili di Polizia e Carabinieri a protezione dell’ingresso della Questura, si è intravisto un volto noto della direzione del Cie di Corso Brunelleschi e più di un funzionario della Digos piuttosto nervoso: il presidio volante era determinato a stare lì, e questo nonostante qualche militante cercasse di rasserenare gli animi, paventando azioni legali, incontri con il Questore e telefonate con i giornalisti.
È questione di attimi, le forze dell’ordine in assetto anti sommossa cercano di bloccare prima un lato, poi un altro della strada. È chiaro che stanno cercando di trasferire i bus carichi di clandestini per portarli via, ma a nessuno sta bene di farsi soffiare da sotto il naso un amico, o un fratello. Alle urla di “libertà, libertà” che i solidali gridano da fuori, si sentono i ragazzi egiziani all’interno rispondere, e vien da sé fare un giro un po’ più largo, evitare il blocco imposto dalla celere, raggiungere corso Vinzaglio, e cercare di impedire ai bus di deportare gli amici che sono all’interno. Ci si divide in due gruppi per coprire ogni possibile direzione.
La città sa regalare strumenti buoni all’occhio di chi li cerca, e in men che non si dica i cassonetti vengono rovesciati lungo due vie, e i rifiuti all’interno volano in direzione di Polizia e Carabinieri, che vogliono allontanare i manifestanti. I tubi innocenti dei cantieri, parte della pavimentazione stradale, altri cassonetti ancora. Tutto serve per fronteggiare i poliziotti e rallentare traffico, che si paralizza in qualche minuto, rendendo difficili gli spostamenti delle camionette in ausilio ai bus dei deportati. Il gruppetto di militanti italiani che in precedenza sperava di risolvere la situazione con una chiacchierata col Questore si volatilizza in un baleno, mentre su corso Matteotti i manifestanti se la cavano con un lacrimogeno e l’altro gruppo, su Corso Bolzano, sarà costretto a qualche corpo a corpo con gli agenti inferociti. Quando però si sparge la notizia che i pullman sono riusciti a partire, il fremito di sommossa si raffredda; qualcuno andrà in aeroporto a cercare di vedere i partenti, qualcun altro si dilegua per non incappare in brutti incontri. C’è qualche ferito tra i manifestanti, tra gli agenti non si sa.
Ha poco da scaldarsi la Digos. Quando, nel giro di un’ora, un tuo zio, cugino, cognato, fratello ti viene portato via, e per di più con l’inganno, la cosa più naturale è arrabbiarsi, e cercare di impedirlo. La cosa più bella è farlo insieme, in strada. E riuscirci, magari, per davvero.
Ascolta un racconto dell’inizio del presidio in Via Grattoni, da Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/via-grattoni-1.mp3]
E della fine, dopo la partenza dei pullman carichi di senza-documenti:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/via-grattoni-2.mp3]
«La Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha disposto il sequestro dei luoghi dove sono avvenuti gli ultimi incidenti nel Centro di identificazione e di espulsione del Casertano. I gravi fatti di devastazione, spiegano dalla Procura, hanno reso “inutilizzabile il Cie”. Ora si dovrà trovare una nuova sistemazione per gli immigrati.
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7 giugno. Mentre dentro l’Assessorato del Lavoro della Regione Piemonte sindacati, vertici della De Tomaso e gli assessori regionali Porchietto e Giordano decidono le sorti dello stabilimento di Grugliasco, all’esterno si raggruppano un migliaio di operai che da mesi non percepiscono i pagamenti della cassa integrazione. Esasperati da promesse, incertezze e rinvii, al termine dell’incontro contestano Gian Mario Rossignolo, presidente dell’azienda, il quale, solo con fatica, riesce a raggiungere la sua Deauville nera, il primo modello che dovrebbe uscire dallo stabilimento di Grugliasco. (more…)
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Pubblichiamo qui sotto una breve e parziale cronologia delle iniziative degli harraga tunisini che, sbarcati a Lampedusa nei primi mesi dell’anno, hanno messo a ferro e fuoco i Cie e i Cai italiani, passato avventurosamente la frontiera a Ventimiglia, e sono riusciti alla fine a raggiungere la Ville Lumière. Iniziative che, partite dalla necessità immediata di avere un pezzo di carta per poter percorre tranquillamente le strade di Francia, ha mescolato a questa la voglia e la determinazione di conquistare luoghi dove vivere, incontrarsi e organizzarsi; e pure dove continuare la lotta iniziata in Tunisia con la rivoluzione di gennaio. Occupazioni, scontri, resistenza alle retate, reti solidali, in un mese abbondante di racconti parigini.
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Proteste, cariche e incendio dentro al nuovo Cie di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. La rivolta è scoppiata questa notte, intorno alle due e mezza, dopo una settimana di tensione continua ed autolesionistmo. La scintilla sono stati i maltrattamenti della polizia contro un ragazzo che, disperato alla notizia della morte di suo fratello in Tunisia, era andato a chiedere ai cancelli di potersene tornare a casa: per tutta risposta la polizia lo ha strattonato e trascinato per terra, scatenando così la sommossa. La reazione dei questurini è stata immediata, con cariche e lancio di lacrimogeni, e probabilmente sono stati proprio i lacrimogeni a far scoppiare l’incendio che ha distrutto una parte consistente delle tende dove sono costretti ad abitare i prigionieri. «Noi non siamo cani», hanno detto i reclusi raccontando gli avvenimenti quasi in diretta ai compagni della zona, riferendo anche di numerosi feriti ed intossicati. Dopo di ché i contatti si sono interrotti e in mattinata non si sapeva bene quale fosse la situazione dentro.
Ascolta la telefonata fatta questa mattina da Tullio, un compagno di Quarto (Na), ai microfoni di Radio Blackout per raccontare l’accaduto:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/rivolta-andolfato.mp3]
E guarda il video con l’immagine dell’incendio e le testimonianze da dentro, tratto da Nocieandolfato:
«Undici cittadini extracomuntiari sono stati arrestati da agenti della Polizia di Stato e dai carabinieri per i disordini avvenuti tra la tarda serata di sabato e la prima mattina di ieri, nel Centro di identificazione ed espulsione al quartiere San Paolo di Bari. Si tratta di due marocchini, di 30 e 27 anni, e di nove tunisini, di età compresa tra i 20 ed i 30 anni, responsabili di resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato.
A dare il via agli incidenti all’interno di uno dei moduli sarebbero stati i due marocchini. Tutto è partito dalla richiesta di vedere in tv una partita di calcio trasmessa su canali arabi (Marocco-Algeria). Presto alla protesta si sono associati gli altri ospiti. Due agenti di Polizia intervenuti per bloccare i marocchini sono stati aggrediti e sono rimasti contusi.
Successivamente, verso le 4.15, gli addetti alla sala monitor del Centro, visionando le immagini delle telecamere a circuito chiuso, si sono accorti che un gruppo di extracomunitari (i nove cittadini tunisini) stava tentando la fuga dopo aver tagliato e divelto in una camera adibita a dormitorio una grata di ferro e stavano scavalcando un muro di cinta. Immediatamente è stato dato l’allarme. Agenti e militari sono stati aggrediti con calci e pugni. Tre militari dell’esercito, accorsi in ausilio di Polizia e Carabinieri, sono rimasti feriti, riportando contusioni e fratture.
Alle prime luci dell’alba, la situazione all’interno del Centro è stata ripristinata e, dopo le formalità di rito, gli extracomunitari arrestati sono stati rinchiusi nel carcere di Bari.»
Repubblica – Bari
Tentativo di evasione ieri sera dal Cie di Bologna. Un gruppo di reclusi ha ammassato dei tavoli contro il muro e ha provato a scavalcare ma le guardie sono subito intervenute per far cambiare loro idea, con i soliti metodi spicci. Manganellate e occhi pesti, come d’abitudine, oltre al getto degli idranti, che è stato puntato non solo contro gli aspiranti evasi, ma anche contro tutti gli altri, fin dentro alle camerate – sui vestiti, le sacche e i materassi. Il resto della nottata è passata al freddo e all’umido, con il solito contorno di richieste di aiuto da parte dei feriti rimaste inascoltate.
Questa mattina i reclusi hanno voluto raccontare gli avvenimenti ai microfoni di Radio Blackout. Ascolta la loro voce:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/diretta_breve_cie_5giugno.mp3]
Poco prima che iniziassero le danze dentro al Centro, ieri sera, una decina di compagni aveva dato vita ad un saluto non annunciato giusto fuori dalle gabbie, riuscendo a comunicare il proprio numero ai reclusi e pure a dipingerlo sopra la lastra di pexiglass fissata in cima al muro di cinta. Questa improvvisata ha fatto schiumare di rabbia i questurini, che fanno di tutto per ostacolare i contatti con i prigionieri e che quando i presidi sono autorizzati e annunciati si schierano per tenere i manifestanti a qualche centinaia di metri di distanza dalla struttura e vietano loro l’uso di impianti di amplificazione e di megafoni.
In mattinata i compagni sono ritornati sotto al Centro, questa volta con un presidio annunciato, in cinquanta, tenuti a distanza dalle guardie che già prima dell’iniziativa fermavano gente lungo la strada. Senza amplificazione ma con un pericolosissimo megafono, subito sequestrato dai questurini ma presto sostituito da un altro meglio difeso. Qualche ora di slogan e discorsi e battiture, con una bella risposta da dentro.
Ascolta il racconto di una compagna:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/bologna-fuori-5-giugno.mp3]