Significati

3 giugno. Da quanto trapela dal vertice tra i 22 sindaci della Comunità montana Val di Susa e Val Sangone, e il prefetto di Torino, Alberto Di Pace, quest’ultimo non ha nulla in contrario alla manifestazione del dissenso al Tav che prende la forma di presidio permanente a Chiomonte. Basta che non sia più a Chiomonte. Lo si faccia da un’altra parte. Magari a Susa, o davanti alla Regione, o in qualunque luogo non abbia alcuna rilevanza pratica. Poichè, come ha riferito Ferrentino, sindaco di Sant’Antonino di Susa: «Il protestare sul cantiere vuol dire arrivare all’interposizione fisica e avrebbe un altro significato».

I mandanti?

eni gheddafiUn carabiniere in congedo, le richieste strategiche del capitalismo italiano, le operazioni di guerra all’estero e gli “atti ostili” in patria, la propaganda intorno al nemico esterno e a quello interno. E in mezzo alcune delle vicende repressive di questi mesi.

Leggete con attenzione questa intervista ad Umberto Saccone, il responsabile della sicurezza dell’Eni, che tra una chiacchiera e l’altra con i suoi amici de “Il Giornale” afferma che le operazioni di polizia di Bologna e di Firenze sono servite a circoscrivere le iniziative di solidarietà con le rivolte arabe, iniziative che tanto spesso hanno punzecchiato le strutture del cane a sei zampe disperse sul territorio. Con una certa sfrontatezza, insomma, si autodenuncia come uno dei “mandanti” di alcune delle retate più recenti. Un mitomane? Staremo a vedere.

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Processi, ricatti e voglia di evasione

Nei giorni scorsi il Tribunale del riesame ha confermato l’arresto per Hamdi e Lofti, i due ragazzi tunisini accusati di aver incendiato e quindi reso inagibile, durante il mese di febbraio, l’area gialla del Centro di C.so Brunelleschi. In mancanza di video o di testimonianze di poliziotti, l’accusa contro di loro e contro i loro dieci coimputati a “piede libero” si regge sulle dichiarazioni che l’Ufficio immigrazione ha ottenuto da altri cinque reclusi in tre mesi di ricatti e insistenze. Gli aguzzini non si fanno scrupoli e presentano puntualmente il loro conto, allo scopo di intimidire i reclusi indisponibili a subire e tenere il capo chino e di dividere i prigionieri. Allo stesso modo avevano fatto con Hassan che, condannato per aver partecipato alla rivolta scoppiata nel Cie di Torino a luglio, ha scontato in carcere una detenzione durata fino a dicembre. Ma la ritorsione non è finita: uscito dal carcere lo hanno riportato nel Centro, dove ha intrapreso subito uno sciopero della fame proseguito ininterrottamente per sedici giorni. Martedi sono finalmente scaduti i sei mesi di reclusione, per cui ora è di nuovo in libertà. Nel frattempo, mercoledì scorso, un ragazzo dell’area viola, portato all’ospedale per aver accusato un malore allo stomaco, è riuscito a divincolarsi e guadagnare la fuga. C’è da rallegrarsene. Non altrettanto bene è andata martedì notte a cinque maghrebini “ospiti” dell’area viola, il cui tentativo di evasione con corde di fortuna è stato spento sul nascere dall’intervento immediato delle guardie. Oggi per uno di loro, accusato di essere l’ideatore del piano di fuga, è iniziato l’isolamento. Speriamo in un miglior esito per le prossime imprese: allora questi ricatti non saranno, ancora una volta, serviti a nulla.

La profezia della sibilla

1 giugno (Bergamo). Vai vai vai da Aiazzone vai, tanti mobili troverai. Provare per credere. Circa duecento persone si sono date appuntamento, ieri, presso i magazzini del noto mobilificio a Pognano, nella Bassa Bergamasca. Hanno forzato i cancelli e hanno fatto razzia di mobili, letti, divani, accessori per la casa e persino intere cucine. I più determinati e previdenti hanno caricato il tutto su macchine, furgoncini e camion. Tra loro i carabinieri giunti sul posto hanno identificato italiani e stranieri, divisione cara a giornalisti e forze dell’ordine. (more…)

Una al mese

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Un retata al mese, tanto perché sia ben chiara l’aria che tira. Dopo gli arresti di Bologna e quelli di Firenze, ora una bella sfilza di perquisizioni e mandati di cattura in tutto il Piemonte. Niente ricami intorno a reati associativi, questa volta, perché a mettere al lavoro all’alba i questurini di Cuneo e Torino è un fatto specifico. Un gran bel fatto specifico, in effetti, avvenuto a Cuneo alla fine di febbraio: l’inaugurazione di una sede di Casa Pound rovinata a colpi di pietre, bastoni e bombe carta da un centinaio di compagni, staccatisi da un presidio troppo pacifico per essere efficace. Nella mischia, un sanpietrino aveva colpito dritto al volto un fascista mandandolo prima a terra poi all’ospedale con un trauma cranico, e diversi altri contusi si erano registrati tra le fila dei camerati e dei poliziotti schierati a loro difesa. Una piccola “intifada antifa” che aveva fatto un certo scalpore anche fuori dalla Granda; un pericoloso buon esempio di buon senso e determinazione, insomma, di fronte al quale i fascisti di Casa Pound non hanno trovato niente di meglio da fare che piangere e chiedere le dimissioni del sindaco di Cuneo.

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Controlli a Bologna

 

 

Bologna, 27 maggio 2011 – Maxi controllo straordinario della Polizia, ieri a Bologna, per identificare e monitorare i tanti tunisini che girano in citta’ dopo essere sbarcati recentemente a Lampedusa e sulle coste della Sicilia. In 63, tutti in possesso di permesso di soggiorno temporaneo, sono stati identificati, mentre altri 18 sono stati accompagnati in questura e fotosegnalati. Al termine delle operazioni, sei sono stati fermati perche’ sprovvisti di documenti: tre sono stati mandati al Cie in vista dell’espulsione, per gli altri tre e’ scattato l’ordine del Questore di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni.
Lo scopo del maxi-controllo di ieri, spiegano dalla questura, era monitorare gli stranieri con permesso temporaneo che si trovano sotto le Due Torri, per individuare anche quelli che hanno ricevuto il permesso da questure di altre citta’ e poi si sono spostati a Bologna. Il controllo e’ stato eseguito anche alla luce dei diversi episodi di risse e aggressioni avvenute nell’ultima settimana che hanno avuto per vittime tunisini appena sbarcati. Questi episodi sono in parte attribuibili al consumo di alcol, ipotizzano gli inquirenti, ma in parte si tratterebbe anche di contrasti tra stranieri della stessa etnia legati al controllo del territorio per quanto riguarda lo spaccio. Quelli gia’ radicati, in pratica, non avrebbero gradito l’arrivo di nuovi ‘concorrenti’.
Le zone battute maggiormente nel maxi controllo di ieri, effettuato dalle 14 alle 20 dalla Squadra mobile col supporto del commissariato Bolognina Pontevecchio e di quattro unita’ cinofile antidroga, sono quelle critiche per lo spaccio, come piazza dell’Unita’, via Matteotti, via Corticella, via del Lavoro e via Ferrarese.
Nel servizio c’e’ stato anche un arresto per spaccio in flagranza: in manette e’ finito K. G., 18enne pluripregiudicato per spaccio, fermato dagli agenti mentre si trovava in bici in via del Lavoro. La sua attivita’ di spacciatore era gia’ nota alle forze dell’ordine; e’ stato portato in carcere. Intanto, sempre ieri, per il 33enne W. M., il tunisino fermato a Parma per aver accoltellato a morte un connazionale il 6 maggio in via Boldrini, e’ scattata un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio. Continuano le indagini della Polizia per rintracciare, credono gli inquirenti, almeno altri due complici.

(Dire)

 

Il grande flop

Venezia, 27 maggio 2011E’ come precipitare nel buco nero dell’ozono o muoversi in una sorta di nebulosa dove l’interpretazione di leggi, leggine e codicilli intasa il lavoro di Questure, Carabinieri, Finanza, Comuni, Prefetture, Capitanerie di Porto. Mentre ci si accapiglia sull’ospitalità di qualche centinaio di profughi in fuga dal Nord Africa, si dimentica lo scandalo delle migliaia di espulsioni non effettuate dei migranti irregolari: è un grande bluff, un gigantesco flop. L’Italia infatti è ultima in Europa per numero di espulsioni «realmente» effettuate di stranieri irregolari (3 su 10) mentre Spagna, Francia e Germania viaggiano a livelli da record: 8 su 10. A livello nazionale, il Veneto è quarto per numero di espulsioni dopo Sicilia, Lombardia e Campania. Eppure (r)esistono troppi limiti nell’attuale legislazione sulle espulsioni. A Nordest si è passati dai 25mila stranieri regolari residenti nel 1991 agli oltre mezzo milione di oggi.

Oscilla di più la realtà degli irregolari: secondo i dati Ismu, oggi la quota di migranti irregolari in Veneto si aggira tra i 55mila e i 90mila. Ma si stima che solo un 10 per cento siano realmente espulsi da Nordest: il numero oscilla tra i 4 e i 6mila l’anno. Di più. Nella quota degli irregolari vanno anche considerati i 23.954 stranieri (dei 300mila a livello nazionale) che grazie all’ultimo decreto flussi, hanno presentato in Veneto domanda di regolarizzazione: è l’esercito di colf, badanti e baby sitter. Ufficialmente «clandestini» da espellere, di fatto figure ormai insostituibili nel welfare alla veneta. Solo un 30% otterrà la regolarizzazione, il restante 70% andrà ad ingrossare le fila dei lavoratori in nero, dunque «clandestini».

Da non trascurare anche i quasi 35mila stranieri nelle liste di disoccupazione regionali: almeno il 30 per cento ha il permesso di soggiorno scaduto. Materia incandescente, l’espulsione dei migranti irregolari. L’ultimo stop è arrivato dall’Unione Europea che ha bocciato il reato di clandestinità fortissimamente voluto dalla Lega e dal ministro dell’Interno Roberto Maroni con la legge 94 del 15 luglio 2009. In primopiano, i limiti di una legislazione italiana ormai datata e il paradosso di un’Europa dei 27 che ancora non dispone di un unico testo di riferimento sia sulla gestione dei flussi che sul fronte delle espulsioni. In mezzo secolo, sull’immigrazione, l’Italia ha prodotto tre leggi diverse (Martelli, Turco-Napolitano e Bossi-Fini) ai quali si aggiunge il recente articolo 14 del testo unico sull’immigrazione, lo stesso duramente contestato dall’opposizione per i criteri di discrezionalità nelle espulsioni. Paradossalmente, sia la Bossi- Fini che l’ultimo decreto, fissano più i paletti per non espellere i migranti irregolari che le norme per espellerli. Infatti, secondo il ministero, gli stranieri non possono essere espulsi se occorre prestare loro soccorso, compiere accertamenti sulla loro identità e se non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo per accompagnarli (avete letto bene).

Sono tutte situazioni «sfruttate» al massimo dagli irregolari per trattenersi sul territorio italiano e poi far perdere le proprie tracce. Il flop delle espulsioni raggiunge l’apice con l’ingresso degli irregolari in uno dei 10 Cie (Centri d’identificazione ed espulsione) presenti in Italia, strutture dalle quali i «clandestini» andrebbero ufficialmente allontanati dall’Italia. Il termine massimo di permanenza in questi centri è di 60 giorni (30 più altri 30 su richiesta del questore e conseguente provvedimento di proroga del magistrato). Anche qui il Veneto paga pegno più volte. Intanto è una delle regioni più «isolate»: i Cie più vicini sono quelli di Gradisca d’Izonzo (136 posti), Bologna (95 posti) e Milano (84 posti). Accompagnare i migranti irregolari in uno di questi centri, significa costi di gestione elevatissimi per lo stato e dunque anche per il Veneto: dalle spese (e dai mezzi) di trasporto necessari per accompagnare gli irregolari, alle diarie delle forze dell’ordine alla disponibilità ricettiva reale nelle strutture. Da anni si discute della realizzazione di un Cie anche in Veneto, ma una decisione ancora non c’è. L’unica nota in controtendenza sulle espulsioni è recente: dopo l’accordo fra Italia e Tunisia, i migranti sbarcati a Lampedusa che non hanno lo status di profugo o rifugiato, in 72 ore sono espulsi con tanto di accompagnato coatto sui voli charter. E’ un’anomalia, non v’illudete. Il Governo Berlusconi per ottenere queste espulsioni veloci ha dovuto mettere mano al portafoglio e versare a Tunisi 10 milioni di euro.

(Corriere della sera)

Non volete i poveri?…

26 maggio. “Non volete i poveri? Meritate saccheggi”. Una mano ignota ha lasciato questa e altre scritte sulle barriere anti-mendicanti di cui si è dotato il Conad di via Tarino per impedire che si faccia l’elemosina all’ingresso del market. La risposta, qualificante, è stata riformulata così dal giornalista Paolo Coccorese: «è facile criticare quando non si convive col problema», forse perché sulla Stampa non si può scrivere «tutti ricchioni col culo degli altri», come è stato fatto dal gestore del suddetto Conad. (more…)