Un nuovo Cie, ed è rivolta

«C’è un clima da rivolta nell’ex caserma Andolfato. Ma anche all’esterno della struttura la tensione è alle stelle. Da ieri mattina il campo è ufficialmente un Centro di identificazione ed espulsione (Cie), e tutti i 220 tunisini che sono dentro saranno espulsi. Per i primi giorni i ragazzi arrivati da Lampedusa non sapevano della loro sorte, ma quando sono stati informati di quello che li aspettava da esponenti delle associazioni umanitarie e dai mediatori culturali, sono cominciate le tensioni. Dall’altro ieri rifiutano il cibo. I tentativi di fuga si susseguono in ogni ora del giorno e della notte. Due giovani ospiti, dopo essere caduti dal muro di cinta alto oltre cinque metri, sono stati ricoverati in ospedale; da lì, un immigrato, nonostante la diagnosi di coma leggero, è riuscito comunque a fuggire e a far perdere le proprie tracce. L’altro immigrato è stato riportato nell’ex caserma. Al momento sono tre i tunisini che sono riusciti a fuggire. E nella nottata di ieri ci sono stati anche scontri con le forze dell’ordine.

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Seghetti a Bologna

«Quindici stranieri sono evasi questa notte dal Centro di identificazione ed espulsione di via Mattei a Bologna. La Polizia lo ha scoperto solo dopo averne arrestato altri sette stranieri sorpresi, tra le 3.20 e le 3.30, mentre tentavano di fuggire. Lo rende noto la Questura di Bologna.
L’evasione, per quanto e’ stato ricostruito, e’ avvenuta in questo modo: gli extracomunitari sono riusciti a uscire dal fabbricato che ospita il reparto maschile, hanno segato una sbarra di ferro (con alcuni seghetti artigianali che sono stati ritrovati in seguito e sequestrati), si sono aperti un varco e hanno poi scavalcato un’altra recinzione fatta di sbarre. I 15 fuggiti (due marocchini e 13 tunisini, stando a quanto loro stessi avevano dichiarato) sono poi riusciti a superare anche la barriera esterna, gli altri sette invece (si tratta di quattro marocchini e tre tunisini) sono stati fermati prima della recinzione esterna.
Quando le forze dell’ordine li hanno raggiunti, e’ nata una colluttazione: due poliziotti e due militari dell’esercito sono rimasti contusi (ognuno dei quattro ha ricevuto dai medici una prognosi di cinque giorni). I sette sono stati arrestati per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni finalizzate alla resistenza e sono stati portati al carcere della Dozza.
Le successive verifiche all’interno del reparto maschile del Cie hanno fatto scoprire che altri 15, prima di questi sette, erano fuggiti. Sono stati inoltre trovati i seghetti artigianali e ora la Polizia fara’ indagini per scoprire come siano arrivati all’interno del Cie, o come siano stati fabbricati. Dalla Questura mandano a dire che, se il personale non fosse intervenuto a fermare i sette intercettati, dopo di loro sarebbero forse potuti evadere altri stranieri ancora.»

Il Resto del Carlino

Tre sedi

19 aprile. Grandi lamentele da parte dei dirigenti cittadini della Lega per le intimidazioni subite, a loro dire, in questi giorni. Intanto, sulla serranda della loro sede in Largo Saluzzo è apparsa una nuova scritta (“Il 25 aprile vi spariamo”) – piccola e a pennarello, visto che la serranda è già colma di insulti e probabilmente manca lo spazio per fare di più. E poi, una notte di queste, secondo Stefano Allasia, un gruppo di sconosciuti minacciosi e “a volto coperto” si sarebbe fatto vedere di fronte alla sede centrale di via Poggio mentre dentro si stava svolgendo una riunione pre-elettorale. Dopo solo una ventina di giorni di apertura, poi, anche il nuovo ufficio leghista di via Urbino deve avere i suoi problemi, tanto che il responsabile cittadino dei Volontari verdi, Mauro Bianchi, ha annunciato che d’ora in poi verrà presidiato giorno e notte per proteggerlo da attenzioni indesiderate.

Borghezio cacciato

18 aprile. Nel pomeriggio alcuni leghisti tentano un timido comizio in via Bra, all’angolo con corso Giulio Cesare, berciando le loro invettive razziste proprio in una tra le zone di Torino che più è affollata da clandestini e senza documenti. Spesso accade che le sortite di questa odiosa cricca vengano respinte con sdegno da chi ci si imbatte, e questo caso non fa eccezione. Stavolta però e accaduto che chi è accorso per cacciare i leghisti ha trovato un relatore d’eccezione, cioè Mario Borghezio. Quest’ultimo, protetto da qualche sbirro, è stato circondato da una folla di passanti ostili e pochi compagni che, bloccando il traffico del corso, gli hanno letteralmente reso impossibile parlare. Apostrofato con minacce e insulti, coperto di fischi e urla, il conclamato fascista ha visto bene di allontanarsi con il suo triste seguito per la soddisfazione dei presenti. Nel prender commiato la ronda verde ha promeso di tornare più agguerrita… al prossimo appuntamento, allora.

Fuoriluogo

Riceviamo e volentieri ri-pubblichiamo questo comunicato sugli arresti dei compagni di Bologna e questa lettera che Anna e Stefania hanno indirizzato dal carcere della Dozza a tutti i delinquenti solidali.

scritte_solidali_con_anarchici1.JPG«In un mondo sempre e nuovamente in guerra, con colonnelli pazzi che bombardano città ribelli e sceriffi globali che sparano contro tutti…

In un mondo nuclearizzato, dai mari radioattivi e dalle terre avvelenate, dove un terremoto è un affare per le iene che ridono e un tumore un cliente in più per le lobbies sanitarie…

In un mondo ossessionato dalla “sicurezza” ma in cui la sorte di ciascuno è affidata a dottor Stranamore e a ministri coglioni, e la salute è in mano alle multinazionali del farmaco e ai trafficanti di scorie…

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Si ricomincia?

Dopo la rivolta e l’incendio di Lampedusa, scoppiati non appena i reclusi hanno saputo di essere destinati al ritorno forzato e in massa solo perché sbarcati in Italia con qualche ora di ritardo rispetto alle pretese di Maroni, al Ministero hanno di nuovo cambiato programma: Lampedusa va svuotata in fretta e non si possono permettere altri casini di fronte alle televisioni di mezza Europa, così i ragazzi tunisini candidati al rimpatrio attenderanno il proprio turno sparpagliati per i Cie della penisola. Una cinquantina di loro arriverà tra qualche ora in corso Brunelleschi.

In questi giorni il Centro di Torino ha vissuto qualche momento di rabbia da parte di chi è rimasto prigioniero mentre gli altri uscivano e una giornata di sciopero della fame abbastanza compatto. Tanti gli episodi di autolesionismo, la gente all’ospedale, gli scioperi della fame individuali: il Centro è grosso, però, i pochi reclusi rimasti sono sparpagliati e fino ad ora non sono riusciti ad accumulare forza perché queste resistenze tornassero a farsi collettive. Ma da domani potrebbe non essere più così.

Aggiornamento 17 aprile. Sono arrivati, ieri sera e con un po’ di ritardo rispetto alle previsioni, i ragazzi tunisini provenienti da Lampedusa che il Ministero ha deciso di parcheggiare qui prima di riportarli in Tunisia. Proprio mentre arrivavano nel Centro, era in corso giusto di là dal muro un saluto ai reclusi, con petardi, slogan e il lancio di palline da tennis con messaggi solidali.

Aggiornamento ore 23.30. Nell’area blu, un recluso è salito per protesta sul tetto della struttura, tagliandosi su varie parti del corpo.

Aggiornamento 18 aprile. Il recluso, fatto scendere, è stato portato all’ospedale, ma la situazione dentro continua ad essere tesa. Intanto è giunta la notizia di scontri ieri nel Centro “di accoglienza” di Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove – pur non essendo né un Cie né un Cai – la Polizia ha l’abitudine di non fare uscire gli “ospiti”. Ma gli ospiti hanno provato ad uscire lo stesso, e una ventina di loro ci sono pure riusciti. Ne ha fatto le spese l’arto (non sappiamo quale) di un agente, fratturato.

Fuori dai Centri, ma…

I Centri sono salvi: piegati e smozzicati, alcuni quasi completamente in frantumi, ma sostanzialmente salvi. Maroni ha scelto di limitare i danni dopo che mesi di rivolte, incendi e fughe di massa hanno dimostrato che il sistema concentrazionario dei Cie italiani non è in grado di reggere la determinazione dei figli delle sommosse tunisine e che neanche la creazione frettolosa di nuovi Campi d’emergenza dove rinchiudere la gente appena sbarcata basta a fermare l’onda. Una soluzione a metà, mediata da Tariq Ben Ammar (socio in affari di Berlusconi e vecchio amico di Ben Alì), che combina lo svuotamento progressivo dei Centri e la concessione di qualche migliaio di permessi temporanei con il via libera a rimpatri di massa per chi è sbarcato troppo tardi. Una vittoria, senza dubbio, per chi in questi giorni viene liberato, ottenuta dopo una lotta durissima che ha messo il Ministero con le spalle al muro; ma anche un’ulteriore sfida bruciante per tutti quelli che sono rimasti in gabbia (chi perché è sbarcato troppo presto, chi perché ha sulle spalle precendi espulsioni, chi perché arriva da paesi sbagliati) e che ora vogliono riprendere a lottare: a Torino sono in una trentina, e minacciano lo sciopero della fame e della sete. E vedremo poi cosa succederà a Lampedusa, quando i rimpatri tanto attesi da Maroni funzioneranno a pieno ritmo: il primo volo, la settimana scorsa, è stato preceduto da una sommossa prontamente repressa dai militari di stanza sull’isola e oggi, proprio mentre scriviamo, c’è gente sul tetto del Cie lampedusano che urla «libertà!» e non vuole scendere. Vedremo anche cosa capiterà alla frontiera con la Francia, e se sarà proprio quella linea a trasformarsi in una polveriera.

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