Una visita a Kairòs

18 marzo. Ignoti vandali visitano di notte la sede del consorzio Kairòs, in via Lulli 8 a Torino, danneggiando l’ingresso e le insegne, e lasciando come ricordo alcune scritte contro i Centri di identificazione ed espulsione. Kairòs, infatti, è un pezzo importante del mega-consorzio Connecting People che, tra l’altro, gestisce il Cie di Gradisca. O meglio, che gestisce quel che ne rimane dopo le recenti rivolte dei reclusi.

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Ancora al Cie

Il vento della libertà non conosce confini. L’aria che spira dalle rivolte in Tunisia, in Egitto e in Libia è arrivata fino alle nostre coste, mettendo in crisi una delle tante strutture dell’oppressione in Italia: i Cie, i Centri dove vengono fatti prigionieri i senza-documenti. Da quando questi Centri sono popolati da centinaia di tunisini sbarcati a Lampedusa che hanno visto il proprio viaggio verso la Francia interrompersi bruscamente e trasformasi in una detenzione crudele lunga fino a sei mesi,si susseguono le lotte. Sommosse e scioperi della fame collettivi, incendi e scontri con la polizia, arresti: le gabbie dei Cie assomigliano in questi mesi alle strade di Thala e Kasserine o di Tunisi in rivolta prima della fuga di Ben Alì.
Grazie alla dignità e alla determinazione dei reclusi, il Cie di Gradisca dovrà presto essere svuotato, quelli di Torino e di Bologna hanno dovuto chiudere delle sezioni, quelli di Bari e Brindisi sono fuori controllo. E come sa chiunque non ha in tasca un permesso di soggiorno in tasca, meno posti nei Centri vuole dire meno possibilità di essere rinchiusi per mesi per colpa di un controllo di documenti in strada, di un controllore troppo zelante sul tram, di una retata in un palazzo di stranieri.
Andiamo a salutare e a dare forza a chi è ancora prigioniero e sta lottando: domenica 20 marzo, alle 16.00, presidio sotto al Cie di corso Brunelleschi.

 

presidio 20 marzo
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Isole in fiamme

isole infuocate

«La maggior parte delle sezioni del Centro di Christmas Island sono state completamente distrutte durante tre ore di scontri tra la polizia e i richiedenti asilo la scorsa notte. Secondo fonti di stampa la polizia ha sparato dozzine di lacrimogeni contro oltre 100 rivoltosi nel tentativo di riprendere il controllo del centro. Almeno nove diversi incendi sono stati appiccati da diversi gruppi, armati anche di bottiglie molotov. Soltanto questa mattina presto, la polizia è rientrata nel centro, per porre fine alla rivolta.»

da SkyNewsAustralia

Bari, di nuovo. E Brindisi pure.

«Non si placano gli animi all’interno del centro di identificazione ed espulsione, conosciuto come Cie, ed ex centro di permanenza temporanea (Cpt). Sei tunisini sono stati infatti arrestati per danneggiamento aggravato e uno ha invece ingerito delle lamette da barba. Tutto per poter fuggire dal centro.
Nella serata di ieri, 15 marzo, sono infatti stati arrestati per danneggiamento aggravato a seguito di incendio di alcuni materassi sei cittadini tunisini. Si tratta di T.T. , M.K., M.A., K.K., D.Z., e H.W.. Non ci sono stati ulteriori danni a persone e strutture. Non è ancora chiaro il motivo del gesto.
Un giovane tunisino di 29 anni ha ingerito nel corso del pomeriggio della stessa giornata delle lamette da barba per poter fuggire. Il giovane – a quanto si è saputo – è stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso per poi scappare dopo qualche ora. Nella notte, infine, altri immigrati hanno danneggiato alcune suppellettili del centro.»

da Il Corriere del Mezzogiorno

 

«Nella notte tra 14 e il 15 marzo alcuni tunisini reclusi all’interno del centro di Restinco hanno portato dei materassi nel bagno e gli hanno dato fuoco. È stato necessario l’intervento dei pompieri per spegnere le fiamme, e si è creata una gran confusione poiché alcuni detenuti erano intossicati per le esalazioni del fumo. Il bagno è ancora inagibile, ma è già stato ridipinto dagli operatori del centro.»

da Nociebrindisi, il nuovo blog brindisino contro i lager della democrazia

Isole

evasi in australia Venerdì 11 marzo, 150 persone sono evase dal Centro di trattenimento di Christmas Island, un’isola al largo dell’Indonesia utilizzata come vasta prigione dal governo australiano che ci tiene rinchiuse ogni anno svariate migliaia di richiedenti asilo.

Domenica un nuovo gruppo di più di 100 persone sono evase approfittando della recinzione danneggiata del Centro. Le possibilità di lasciare l’isola, e dunque di evadere per davvero, sono sfortunatamente molto poche ma gli evasi, che si sono diretti alcuni verso l’aeroporto, altri verso le spiagge, manifestano per chiedere la fine di questa attesa interminabile, la libertà.

Questo fine settimana, gli uomini delle forze di polizia e della Serco, una società che gestisce parecchi Centri di trattenimento e prigioni in tutto il mondo, sono stati sguinzagliati sull’isola per far ritornare tutti dentro al Centro, a forza. La notte scorsa sono stati usati i lacrimogeni e già si segnalano dei feriti. La foto che pubblichiamo qui sopra è stata scattata su richiesta dei reclusi, e vogliono che circoli perché tutti conoscano la loro lotta.

Leggimi in lingua francese.

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Ritorsioni a Roma

«Una donna che si trova rinchiusa nel Cie di Ponte Galeria da cinque mesi telefona a Radio OndaRossa per raccontare – in un misto di italiano e inglese – il pestaggio subito stamattina.
La donna racconta ai microfoni che gli uomini delle forze dell’ordine l’hanno portata in un ufficio all’interno del centro, per picchiarla, insieme ad altre donne.
Evidentemente polizia e carabinieri, ma anche il direttore del centro, non hanno gradito la presenza dei manifestanti sotto alle mura del Cie e hanno voluto farne pagare le conseguenze alle recluse.
Gli uomini in divisa, infatti, hanno spiegato chiaramente alle donne che il pestaggio è una risposta al “casino” che hanno fatto sabato, durante il presidio, e hanno assicurato loro che saranno deportate al più presto nei rispettivi paesi d’origine.
Al momento la situazione nel centro è più tranquilla ma la donna chiede assistenza medica per la sua compagna che sta male.
Al nostro redattore che le chiede se sia pericoloso per le recluse il fatto che si svolgano delle manifestazioni al di fuori del centro, lei risponde che le dovremmo fare ogni giorno!
Perché qua non va bene – spiega la donna – l’acqua non va bene, il mangiare non va bene, i vestiti non vanno bene… fa sempre freddo! Qua non dovrebbe essere una galera – noi non siamo ladre! – eppure ci trattano peggio che in galera.
Infine, a una domanda su cosa vogliono che facciamo dal di fuori, per sostenerle, lei risponde con decisione: just we want freedom! vogliamo solo la libertà!»

dal sito di Radio OndaRossa

Ascolta il racconto registrato da Radio OndaRossa:

[audio:http://ia600403.us.archive.org/25/items/PonteGaleria_764/110314_pontegaleria.mp3]

Di fronte a Gradisca

Ancora qualche racconto di questo fine settimana intorno ai Centri per senza-documenti, dopo il presidio e il corteo di Roma, le deportazioni da Torino, gli attacchi di Genova e – al di là dei confini – le mobilitazioni vittoriose contro i rimpatri a Marsiglia e le evasioni di massa in Australia.

A Gradisca si è tenuto l’annunciato presidio di fronte al Centro semidistrutto. Nonostante le limitazioni poste dalla Questura almeno duecento compagni si sono radunati nel prato in faccia alla struttura, riuscendo pure a debordare sulla carreggiata e ad interrompere il traffico: ore di slogan, e musica fino a sera. Ben nutrito il cordone di forze dell’ordine a protezione dell’ingresso. Il tentativo di un gruppo di vecchi disobbedienti di sfruttare la situazione per fare un po’ di pubblicità a sé stessi e a un proprio ex Consigliere (che dopo aver rappresentato uno dei partiti fondatori dei Cie in Regione si è fatto trombare alle primarie per il candidato-sindaco di Trieste), invece, è naufragato nel ridicolo: i questurini hanno rotto la trattativa e vietato l’ingresso alla loro delegazione proprio mentre, dopo il tira-e-molla d’ordinanza, i nostri eroi stavano già sbandierando l’ennesima “grande vittoria”.

Durante il presidio, agli “ospiti” del Cara è stato vietato di uscire e di socializzare coi manifestanti, mentre dei reclusi del Cie non si è saputo nulla. Come sapete è impedito loro ogni rapporto con l’esterno e dagli stanzoni dove sono rinchiusi non è neanche certo che abbiano potuto sentire la musica e gli slogan. Se così non fosse, però, il fatto che durante il presidio non siano riusciti a “farsi sentire” – a differenza di quelli di Roma, per esempio – poco vuol dire: il coraggio e il calore che infonde nei prigionieri l’evidenza di un appoggio esterno non si può misurare nell’immediato. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni, dentro a questo Cie-polveriera cui manca solo di ricevere l’ultima spallata per chiudere. Intanto, dopo gli arresti delle ultime settimane, l’unica notizia che giunge da dentro al Centro è quella di un recluso che si è tagliato proprio di fronte ai parlamentari della “commissione Schengen” in visita l’altro giorno. Sul fronte della gara d’appalto per la prossima gestione le notizie sono ancora fumose: la graduatoria resa pubblica è provvisoria, e per ora ad essere in vantaggio è la francese Gepsa che – insieme alla Cofely Italia, alla Acuarinto e alla Sinergasia – ha garantito alla Prefettura di essere in grado di tenere in piedi la baracca con soli 34,6 euro al giorno per ospite. Dopo di lei c’è Connecting People che, pur di tenersi ben stretto l’osso, ha offerto uno sconto di due euro per ospite rispetto all’attuale contratto. A seguire la Minerva e la Ghirlandina, poi ancora l’Ordine di Malta e la Albatros.

La Croce Rossa oltre il confine

«La notte dell’8 marzo una succursale della Croce Rossa di Rue des Couronnes [a Parigi, NdT] ha avuto visite: scritte sui muri: “Croce Rossa complice degli stupri nelle prigioni per stranieri in Italia”, “Per Joy” e vetri spaccati.
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La Croce Rossa di notte

Rogo auto Cri a Genova

«Raid incendiario la scorsa notte contro la sede regionale della Croce Rossa Italiana a Genova. Ignoti hanno cosparso di benzina l’automobile di servizio della sede di via Brignole De Ferrari nella zona di Principe e le hanno dato fuoco. L’allarme è scattato intorno alle 3.30 dopo che alcuni passanti che hanno notato fumo e fiamme provenire dal mezzo ed hanno avvertito le forze dell’ordine. (…) Sul posto sono state trovate scritte contro i centri di accoglienza immigrati. Le indagini sono dunque passate di competenza alla Digos. Il Comitato regionale della Croce Rossa ha subito collegato il gesto con l’attività svolta dall’organizzazione nei centri di identificazione a favore degli immigrati in Sicilia e in Tunisia e ha espresso «sgomento e profonda tristezza per il vile atto compiuto da balordi». La Croce Rossa accosta l’attentato con l’irruzione di ieri a Roma di persone con il volto occultato in una sede in via Ostiense.»

(Il Secolo XIX – 13 marzo 2011)