La Croce Rossa di giorno

«Durante la manifestazione organizzata a Roma in difesa della Costituzione un gruppo di studenti si è staccato dal corteo e ha tentato prima di raggiungere piazza di Spagna ma è stato bloccato dagli agenti della Finanza. Poi gli studenti sono entrati a piazza del Popolo cantando slogan polemici contro gli organizzatori della manifestazione definiti «ipocriti» e «collusi con il potere». «Ricordiamo le rivolte di Tunisia, Egitto e Libia, 14 dicembre sempre», hanno urlato riferendosi alla manifestazione di circa tre mesi fa quando nella capitale scoppiarono gravi incidenti. Il corteo di studenti , dopo aver sfilato davanti al Palazzaccio, ha quindi bloccato più volte il traffico sui lungotevere. Un gruppo di studenti ha poi tirato petardi tra le auto e contro una sede della Croce Rossa in via Ostiense, ha imbrattato muri e versato secchi di vernice rossa in terra. Molte le scritte contro la Croce Rossa: «Cri complice dei lager», si leggeva sui muri. Il corteo degli studenti si è poi sciolto al Circo Massimo. Nel corso del corteo gli studenti hanno più volte modificato il percorso, creando disagi alla circolazione in diversi punti della città»

(Il Messaggero – 12 marzo 2011)

(In realtà questo episodio è avvenuto alla fine del corteo successivo al presidio al Cie di Ponte Galeria, e non c’entrava nulla né con la difesa della scuola pubblica né con la difesa della Costituzione.)

Distrutto il Cie di Marsiglia

«Il Centro di trattenimento amministrativo del Canet [a Marsiglia, NdT] è, adesso come adesso, completamente inutilizzabile», ha constatato Bernard Reymond-Guyamier, direttore di zona della Polizia di Frontiera. Alle 17.02 di ieri gli allarmi antincendio del Centro di trattenimento amministrativo [il Cra, che corrispe ai nostri Cie, NdT] sono entrati in azione, dando il via al protocollo di evaquazione dell’edificio.

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Sui tetti di Roma

Appena iniziato il presidio di fronte a Ponte Galeria, i reclusi della sezione maschile sono saliti sui tetti, con dei cartelli, ed alzando le mani stanno urlando “libertà!”. Dalla sezione femminile, invece, si sta alzando del fumo: qualcosa brucia, e forse è il modo che hanno trovato le ragazze per dire che pure loro ci sono, anche se non riescono a salire sui tetti. I compagni presenti, per ora, sono circa duecento e tra loro c’è un inviato speciale di Radio Blackout. Ascoltate il suo racconto:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/ponte-galeria-12-marzo.mp3]

I responsabili del Centro hanno rifiutato nettamente di far entrare le radio che i compagni volevano regalare ai reclusi, che sono rimasti sul tetto tutto il tempo. Ecco il racconto trasmesso a fine presidio da Radio Onda Rossa:
[audio:http://ia600403.us.archive.org/20/items/gresd3/110312pongaleria3.mp3]

Finito il presidio, i solidali sono rientrati in città, dove hanno dato vita ad un corteo fino alla sede della Croce Rossa.

Deportazione in corso verso la Tunisia

Questa mattina tre reclusi dell’area verde del Cie di Torino sono stati prelevati dalla polizia. Li stanno portando verso Genova, quindi verosimilmente saranno deportati in Tunisia via mare. La nave parte questo pomeriggio alle 5.

Aggiornamento ore 15,30. Dei prigionieri che stanno deportando (in realtà due erano rinchiusi nell’area verde, mentre uno arrivava dalla blu) solo uno aveva chiesto di andare in Tunisia, mentre gli altri sono stati tutti presi con la forza. I funzionari del nuovo governo tunisino che ieri hanno fatto visita al Centro per fare le identificazioni avevano fatto circolare la voce, ovviamente falsa, che sarebbe partito solo chi voleva tornarsene a casa. Come sicuramente ricorderete i reclusi dell’area verde sono stati tra i più compatti partecipanti allo sciopero della fame dell’altra settimana e non sono affatto contenti di aver perso – con un sotterfugio, per di più – due dei loro compagni. Sempre ieri, invece, una quindicina di richiedenti asilo tunisini sono stati portati in Questura per essere nuovamente fotosegnalati; è una pratica abbastanza stramba, in questi casi, e potrebbe precludere ad un loro trasferimento – forzato – in qualche Cara o, ancora più probabilmente, verso il villaggio-prigione di Mineo – che aprirà probabilmente lunedì.

Presìdi

presidio bari

Il presidio al Cie di Bari Palese, inizialmente previsto a fine febbraio, si svolgerà questo sabato. Proprio nello stesso momento del presidio a Ponte Galeria, a Roma, e di quello a Gradisca. Tre iniziative in un pomeriggio, in ogni angolo dello stivale, per dire che i Cie vanno demoliti.

Petrolio bollente

petrolio libia«“In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no”. Parole di donne. Parole pronunciate da nigeriane, etiopi, eritree, somale che erano riuscite ad arrivare a Lampedusa. Era il 2009. L’Italia sapeva e taceva.

Gli accordi bilaterali Italia-Libia, firmati e rifirmati annualmente, hanno portato alla costruzione di quella ventina di campi di detenzione per immigrati/e, veri e propri lager [si vedano le foto di Fortress Europe], dove le donne vengono sistematicamente violentate dai loro aguzzini libici pagati coi soldi italiani.

Con la “sanatoria” dell’estate 2010 erano stati svuotati i lager libici costringendo al lavoro schiavistico le donne e gli uomini che ne uscivano; nel dicembre successivo altri 1500 fra uomini e donne sono stati rinchiusi/e in cinque centri di detenzione per “migranti irregolari” – Twisha, Zawia, Zwara, Garabulli, Surman e Sebha.

Nel dicembre 2007, il governo Prodi aveva firmato un accordo per l’avvio dei pattugliamenti congiunti italo-libici davanti alle coste africane.

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La polveriera

Sul punto di una nuova esplosione, il Cie di Gradisca. Dopo una settimana passata per terra dentro agli stanzoni comuni ieri mattina un gruppo di ospiti ha forzato l’accesso al cortile: sette di loro sono riusciti a salire sul tetto. Dopo qualche ora finalmente all’aria – era dall’ultima sommossa che il cortile era vietato ai reclusi – uno dei sette ha accettato di scendere ed è stato immediatamente arrestato. Gli altri sei, invece, sono rimasti sul tetto: i giornali locali dicono fino a tarda sera, ma non siamo così sicuri che siano scesi. Sempre i giornali dicono che una delle telecamere di controllo è stata messa fuori uso. Le notizie, come vedete, sono scarne e frammentarie. Da quando Maroni ha disposto l’isolamento totale per i prigionieri, infatti, ben poco filtra da dentro il Centro: e filtra tramite la Prefettura, o i Sindacati di Polizia. O tramite i solidali della zona che possono raccontare quel poco che si vede da fuori. Sta il fatto che siamo già al secondo arresto in una settimana e che, pur non sapendo cosa succede davvero dentro, siamo sicuri che l’esplosione sia dietro l’angolo. A brevissimo, poi, si saprà se sarà ancora Connecting People (prima esclusa e poi riammessa alla gara di appalto) a prendersi la responsabilità di gestire e fare affari su di un Centro dentro al quale neanche i poliziotti hanno più tanta voglia di lavorare.

Sabato ci sarà finalmente un presidio fuori dalle mura del Centro, dalle 16.00 in poi, e potrebbe essere una buona occasione per essere vicini concretamente a prigionieri che stanno portando avanti una lotta tanto dura e determinata.

Leggi una piccola rassegna stampa.
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Del suo peggio

Non sapendo bene cosa fare dei reclusi di Gradisca dopo la distruzione delle stanze del Centro, Maroni ha pensato bene di fare del suo peggio – come al solito. Intanto, visto che sono ancora tutti costretti a dormire e a mangiare per terra, che è stato vietato loro di fumare, che sono guardati a vista dai celerini arrivati appositamente da Padova e che la luce non viene spenta neanche di notte, per evitare che si lamentino troppo forte Maroni ha pensato bene di far requisire loro i telefoni cellulari. E così, per sapere cosa succede dentro, dobbiamo addirittura fidarci di quel che dicono i sindacati di polizia, visto che i contatti con l’interno oramai sono diventati estremamente difficoltosi (proprio come quelli con i reclusi di Modena e di Milano). Proprio il Sap, per esempio, sui giornali di oggi ha fatto sapere che i prigionieri «non possono lavarsi né farsi la barba (se non alcuni), visto che sono disponibili solo i bagni delle camere agibili (due docce per camera), senza considerare che gli è vietato anche l’accesso allo spazio comune all’aperto».

Ai poliziotti è chiaro che queste misure volute dal ministero possono dare forza ad una rivolta grossa e disperata, e che i rinforzi mandati da Maroni rischiano di non bastare.

Piano piano la tensione sta salendo, tanto che un detenuto che l’altro giorno per protesta si stava tagliando con una lametta è stato arrestato perché poi la lametta l’avrebbe rivolta contro il poliziotto intervenuto per fermarlo.

A parte queste misure di una crudeltà dozzinale, l’infimo Maroni potrebbe tirare fuori un altro coniglio dal suo cappello: come sapete la struttura isontina è mezza Cie e mezza Cara e, se il Cie oramai è distrutto, il Cara invece si mantiene molto meglio. Ora, visto che a giorni potrebbe aprire il Campo di Mineo, la mega struttura siciliana dove concentrare e rinchiudere i richiedenti asilo fino ad ora sparpagliati nei Cara italiani, potrebbe anche darsi che gli “ospiti” del Cara di Gradisca vengano trasferiti in Sicilia lasciando lo spazio ai prigionieri loro vicini, fino ad ora ammassati nei corridoi. Un modo, insomma, di far risorgere il Cie dalle sue ceneri. Forse proprio per pianificare questi traslochi a catena, dall’altro giorno ai richiedenti asilo è stato esteso il divieto di tenere accendini, oltre che quello di tenere cellulari con la fotocamera: e questo vuol dire perquisizioni ad ogni ingresso con tutto quel che ne consegue.

Intanto, una piccola novità da corso Brunelleschi, a Torino, dove lo sciopero della fame è terminato oramai da due giorni. A quanto sembra, la polizia è riuscita ad effettuare, ieri, sei deportazioni verso la Tunisia, via Genova. I deportati, secondo quanto riferiscono i loro compagni di prigionia di queste settimane, sarebbero stati individuati come i famosi evasi dalle carceri tunisine dei giorni della rivoluzione. Per portarli fuori dalle sezioni senza troppi problemi, la polizia ha detto loro di volerli portare in ospedale per una visita e non ha fatto prendere loro i vestiti e i bagagli. In più, è filtrata la notizia che venticinque reclusi sono stati denunciati per l’incendio di lunedì scorso.

Leggi alcuni articoli su Gradisca dalla stampa locale.

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Le ambulanze di Bari

Ambulanza incendiata a Bari

Nella notte tra mercoledì 2 e giovedì 3 marzo un’ambulanza degli “Operatori Emergenza Radio” di Bari è andata a fuoco, e altre 4 sono rimaste danneggiate. Pare che l’incendio sia di natura dolosa, come dicono i questurini. Qualcuno pensa anche che un movente plausibile possa essere il fatto che l’O.e.r. gestisce il Cie di Bari-Palese. Ma su questo non c’è certezza. Gestire un lager non è l’unica malefatta della O.e.r., e infatti da qualche anno è in amministrazione controllata a causa di uno scandalo riguardo ai finanziamenti per il servizio 118. Cose che, tuttavia, ci interessano poco. L’O.e.r. si lamenta che il giorno dopo il rogo ha dovuto rinunciare al trasferimento di diversi malati da casa verso l’ospedale. E però, questo non è l’unico servizio che svolgono le loro ambulanze. Proprio il 3 marzo infatti, un recluso del Cie di Bari-Palese ha cercato di scappare dall’ambulanza durante il trasferimento dal Cie all’ospedale, approfittando di un semaforo rosso. È stato arrestato, con l’accusa di aver ferito un poliziotto e un operatore dell’O.e.r., che evidentemente avevano cercato di fermarlo.

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Porta una radiolina a…

manifesto presidio roma

Ascolta la presentazione del presidio del 12 marzo di fronte al Cie romano e della campagna “porta una radiolina a Ponte Galeria”, andata in onda l’altra mattina sulle frequenze di Radio Blackout:

[audio:http://radioblackout.org/files/2011/03/sonia_ror_nocie.mp3]

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