Mestre, 12 febbraio 2011 – E’ già difficile accettare la costruzione di un Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) per 300 immigrati nel cuore del proprio Comune a fianco di un nuovo carcere da 500 posti, contestato. Ma venirlo a sapere in questo modo ha mandato oltremodo su tutte le furie il mondo politico veneziano. «Un tempo i galantuomini informavano prima le istituzioni e poi gli organi di stampa – commenta incredulo il sindaco Giorgio Orsoni – ma evidentemente quel tempo è passato da un pezzo». A sentire il primo cittadino il ministro Roberto Maroni aveva assicurato che il carcere sarebbe stato costruito in alternativa al Cie e che il centro per immigrati era questione polesana o veronese. «Ma pare che non sia andata così. Ci organizzeremo», aggiunge gelido Orsoni. Per il Comune la proposta di Maroni sarebbe dunque irricevibile perché non concordata e «calata dall’alto». «Venezia ha una politica sull’immigrazione diametralmente opposta a quella del ministero – rincara la dose il vicesindaco Sandro Simionato – Maroni faccia il suo centro a San Donà dove il sindaco Francesca Zaccariotto magari è d’accordo, ma non nel nostro territorio. E’ inaccettabile».
Contro la proposta del ministero si scaglia anche il pidiellino Renato Boraso che ricorda al governatore Luca Zaia che il Veneto è grande e non si capisce perché il veneziano debba sopportare ulteriori colate di cemento. «Venezia non è una cloaca – tuona l’ex presidente del consiglio comunale sottolineando che il governo toglie i gettoni dei consiglieri e poi li espone alle bastonate dei cittadini giustamente inferociti – Lo vadano a fare a Veneto City che tanto hanno già devastato il territorio oppure a Treviso o a Verona. O hanno paura di perdere voti là dove la Lega è forte?». «Macché strategie elettorali – ribatte il coordinatore della Lega Corrado Callegari – Immagino che siano state fatte le ricognizioni che si fanno in questi casi. Comunque non ne sapevo niente e mi confronterò con Maroni quanto prima». Nell’attesa dell’incontro dei vertici leghisti, il collega di Carroccio Alberto Mazzonetto preferisce invece soprassedere. «Non ho visto le carte ne parliamo quando la situazione sarà più chiara». Eppure Maroni è stato chiarissimo: il Cie si fa accanto al carcere. E visto che il nuovo carcere sorgerà a Campalto il Cie si farà proprio là. «Lo sospettavamo che ci fosse qualcosa di strano – aggiunge il segretario provinciale del Pd Michele Mognato – perché l’area era troppo grande per fare un carcere da cinquecento posti. Questi vogliono costruire una fortezza da ottocento posti, ma quando abbiamo chiesto chiarificazioni siamo stati presi in giro».
Proprio su questa base il deputato del Pd Andrea Martella ha subito preparato un’interrogazione parlamentare definendo la dichiarazione di Maroni «un’invasione di campo inaccettabile e un atto di centralismo sempre più autoritario che schiaffeggia le comunità locali». E non solo. «Un atto volgare e offensivo nei confronti di tutta la città che è stata presa in giro», aggiunge il capogruppo del Pd Claudio Borghello. La vicenda comunque non è destinata a fermarsi ai commenti. Sebastiano Bonzio del Prc infatti oltre a evidenziare che «il trucchetto è uscito allo scoperto alla faccia degli starnazzamenti leghisti contro il carcere di Campalto», promette «la massima mobilitazione possibile, perché questa aberrazione non abbia luogo».
(Corriere della sera)
Roma, 13 febbraio 2010 – “Il Consiglio dei Ministri di ieri ha decretato lo stato di emergenza umanitaria. Abbiamo anche deciso di riaprire il centro di Lampedusa”. Lo afferma il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, sull’emergenza immigrati a Lampedusa.
“L’Unione Europea – prosegue Calderoli – deve dimostrare di essere una realta’ politica, non solo una moneta unica. Il fenomeno dei nuovi arrivi potrebbe diventare un’epidemia vista la situazione esplosiva nel Mediterraneo. Noi siamo la frontiera, ma l’emergenza riguarda tutta l’Europa” .
Palermo, 13 febbraio 2011 – Riapre oggi il Cie di Lampedusa. A darne conferma all’Adnkronos e’ il prefetto di Palermo e commissario straordinario per l’emergenza immigrati Giuseppe Caruso.
“Insieme ai prefetti siciliani e alle forze dell’ordine abbiamo convenuto che il Centro di Lampedusa va riaperto oggi stesso -ha spiegato- il ministro Maroni ha dato la sua disponibilita’ e noi abbiamo deciso che la riapertura del Centro puo’ servire”.
Il Centro dovrebbe aprire quindi gia’ nelle prossime ore: “Ci stiamo attrezzando -ha detto Caruso- per organizzarci in maniera ottimale e aprire il centro”.
(Adnkronos)
Roma, 13 febbraio 2011 – “E’ una emergenza biblica”. Forze dell’ordine di Lampedusa, che vogliono mantenere l’anonimato, chiedono al Viminale di riaprire il Cie (Centro di Identificazione ed espulsione), che finora e’ rimasto chiuso.
“Abbiamo sistemato – dicono le forze dell’ordine – queste migliaia di immigrati nel campo di calcio, nel campo sportivo, negli uffici dell’area marina protetta, nel centro anziani, nella stazione marittima. I servizi igienici sono scarsissimi.
Il Cie e’ chiuso e chiediamo che sia riaperto. Fronteggiamo l’emergenza con 15 carabinieri, 10 finanzieri, 15 uomini della Capitaneria di Porto, 6 vigili urbani. In tutto siamo meno di una cinquantina. Chiediamo aiuto, e’ una emergenza biblica”.
(Agi)

Scarica, stampa e diffondi il numero 32 (dal 15 al 31 gennaio 2011)
Scarica, stampa e diffondi il numero 31 (dal 1 al 15 gennaio 2011)
Scarica, stampa e diffondi il numero 30 (dal 15 al 31 dicembre 2010)
(more…)
Dopo Bari-Palese, scoppia improvviso lo sciopero al Cie di Torino. Le tre aree maschili hanno rifiutato la cena. I motivi della protesta sono quelli di sempre, gli stessi dell’agitazione a Bari di quattro giorni fa: il cibo scadente, i tempi e i modi della detenzione e, per alcuni, le vicende dell’Africa del Nord. Approfittando dei rivolgimenti di questo mese, sono molti ad essere arrivati dalla Tunisia a Lampedusa e da lì a Torino, e non hanno alcuna intenzione di farsi riportare indietro. Fintanto che la mobilitazione è compatta, le ragioni di uno si fondono con le ragioni dell’altro, unendo viaggi e storie.
Ascolta la voce di uno dei reclusi che, appena iniziata la protesta, ha pensato bene di telefonare a Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/sciopero-fame-torino_12-febbraio.mp3]
Aggiornamento 13 febbraio. Lo sciopero della fame, questa mattina, sta continuando. Intanto, è confermata la notizia della liberazione delle donne, lasciate andare per fare posto ai reduci della traversata dalla Tunisia.
Dopo Bari-Palese, scoppia improvviso lo sciopero al Cie di Torino. Le tre aree maschili hanno rifiutato la cena. I motivi della protesta sono quelli di sempre, gli stessi dell’agitazione a Bari di quattro giorni fa: il cibo scadente, i tempi e i modi della detenzione e, per alcuni, le vicende dell’Africa del Nord. Approfittando dei rivolgimenti di questo mese, sono molti ad essere arrivati dalla Tunisia a Lampedusa e da lì a Torino, e non hanno alcuna intenzione di farsi riportare indietro. Fintanto che la mobilitazione è compatta, le ragioni di uno si fondono con le ragioni dell’altro, unendo viaggi e storie.
Ascolta la voce di uno dei reclusi che, appena iniziata la protesta, ha pensato bene di telefonare a Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/sciopero-fame-torino_12-febbraio.mp3]
Aggiornamento 13 febbraio. Lo sciopero della fame, questa mattina, sta continuando. Intanto, è confermata la notizia della liberazione delle donne, lasciate andare per fare posto ai reduci della traversata dalla Tunisia.
«Attorno a Corso Vercelli, Torino, un anno fa qualcuno dimostrò cosa si può fare in caso di sgombero. Sgombero di che?
LOstile, palazzo fino ad allora abbandonato dal destino tecnoburocratico che l’aveva costruito, era stato abusivamente occupato. Per quanto è durato, è stato uno strappo nel tessuto urbano. Da ogni parte infatti la superficie della città, che in tanti vogliono costruire, vedere e raccontare come liscia, è invece increspata, scavata, squarciata. Da ogni parte pace, benessere, normalità, insomma, si mostrano per ciò che sono: pace imposta, benessere di alcuni, normalità normativa. Una casa molto grande, capace quindi di contenere più persone e relazioni, strappata alla normalità e ostile alla pace dei pochi benestanti. Una crepa dunque.»
(more…)
13 febbraio. Dopo l’annunciato presidio alla stazione di Porta Susa in appoggio a Guido e Arturo, partecipato da un centinaio di compagni, un gruppone di solidali prova a prendere un tram per raggiungere Porta Nuova e poi la Valsusa e dare vita ad una carovana informativa sui fatti della domenica precedente. Il tram, però, viene circondato dalla Digos e dalla Celere, che costringono tutti a scendere e ad andare a piedi, e tutti insieme, ma verso Porta Palazzo. Probabilmente la Digos non vuole che i compagni incrocino, a Porta Nuova, un folto numero di alpini in pensione – deboli di fegato e di cuore – che proprio in quel momento stavano inaugurando una grossa scultura per preparare l’adunata di maggio. Sta di fatto che viene fuori un piccolo corteo che, al grido di “Guido e Arturo liberi” e “Non farti avvelenare, rifiuta il nucleare”, arriva, circondato di camionette, fino in via Cigna e poi rasenta la Dora per arrivare alla piazzetta del Balon. Solo lì, dopo un po’, i compagni vengono lasciati liberi e si disperdono: chi verso la Valsusa a dar vita alla carovana informativa, chi verso casa.
11 febbraio. Grandi lamentele da parte del portavoce di Casa Pound Torino – seguito a ruota da più o meno tutti gli esponenti politici cittadini – per la distruzione a colpi di martello della lapide di via Pirano che onora gli esuli istriani. Sotto quel che rimane della lapide, una scritta antifascista.