Teste di ponte

27 gennaio. La guerra di classe ha un fronte frastagliato e incerto, ma le teste di ponte servono ancora. Sarà seguendo questo ragionamento che il Pdl torinese ha deciso di aprire sedi a raffica in tutti i quartieri proletari della città. Oggi è la volta di via Bologna, giusto all’angolo con corso Brescia, poche settimane fa una sede del partito di Berlusconi è stata inaugurata in via Montanaro 61, dove fino a poco prima aveva sede un Phone-Center.

L’ultimo autunno

I documenti che vi proponiamo qua sotto sono stati prodotti e distribuiti nelle strade – poi riportati in sedi telematiche – durante l’ultima ondata di mobilitazioni studentesche l’autunno passato. Non è umanamente possibile riportare tutte le scartoffie che ci son passate tra le mani o sotto agli occhi. Per questo abbiamo scelto riportare proprio questi. Una selezione che non è dettata dal rigore di impostazioni ideologiche o dalla totale condivisione dei contenuti. Più modestamente, ci sembra che da questi foglietti emergano delle esigenze, esigenze che più di altre si son rivelate effettive/efficaci. E nella policromia (che come si sa, alla fine compone un solo colore) del movimento studentesco, non è poco.

San Paolo 3

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Occupazioni

26 gennaio. In mattinata un gruppo di operai, studenti, disoccupati e allegri nullafacenti occupa per un’oretta l’androne dell’Ufficio di collocamento di via Bologna, volantinando per il corteo del 28 gennaio ed esponendo uno striscione che recita: «Ci avete tolto troppo, ci riprendiamo tutto!». Poi si sposta a Porta Palazzo, per piazzarsi di fronte alla sede di via Milano dell’agenzia interinale “Obiettivo Lavoro”. Nel pomeriggio, invece, altri  studenti, operai e “precari della conoscenza” occupano la sede della Uil, sempre in via Bologna, al grido di: «Contro i complici del ricatto, noi stiam con chi lavora!».

Combattere la paura…

«La polizia è una presenza costante a Porta Palazzo. Chiunque viva in questo quartiere ha dovuto, suo malgrado, averci a che fare. A volte ci è andata bene, altre no.
Troppe volte avete dovuto subire la violenza della polizia, altre siete riusciti a cambiare strada e a farla franca grazie a qualche avvertimento. Quante volte, invece, avete visto qualche fermato portato via senza potere fare niente? Siamo curiosi di sentire queste storie, siamo curiosi perché siamo convinti che sia possibile, scambiandosi esperienza, organizzarsi per resistere e difendersi dalla polizia. Il loro controllo si alimenta della nostra paura. Rompiamo il silenzio con la solidarietà.
Raccontaci la tua storia…»

Domenica 30 gennaio, ore 14.00 – Piazza della Repubblica – Assemblea, concerto, presentazione di “Rabbia”.

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Ancora arresti a Parigi

In queste ultime settimane, in Algeria e Tunisia, migliaia e migliaia di individui sono scesi per le strade per gridare la loro rabbia e la loro rivolta contro le condizioni di vita che sono loro imposte, provocando come tutta risposta decine di morti fra gli insorti. Oggi che la democrazia è ritenuta vittoriosa a Tunisi, gli stessi sbirri assassini dovrebbero difendere la “libertà” a caro prezzo guadagnata con la fuga di Ben Ali. Ma quel grido uscito da migliaia di petti, “Libertà”, voleva dire proprio questo, il ritorno alla normalità sotto l’egida di capi più democratici?
La Libertà… è per essersi battuti per essa e aver scritto su un muro “Algeria, Tunisia, viva l’insurrezione” e “Viva l’anarchia” (la Libertà completa, l’assenza totale di autorità) che Camille, Dan e Oliver sono stati arrestati e poi incarcerati venerdì 14 gennaio. Il sogno che portano nel cuore, che porta il nome così dolce di “Libertà”, sembra decisamente troppo grande per quelli che gestiscono questo mondo di sbirri. Camille è uscita, alla fine, mercoledì 19, ai domiciliari.
Venerdì 21 c’è poi stata l’incarcerazione di François, a cui si contesta di essersi impegnato nella lotta in solidarietà con gli accusati dell’incendio del Centro di detenzione di Vincennes, prigione per stranieri che era bruciata nel giugno 2008, raggiungendo così lo stato che dovrebbe essere quello di tutte le prigioni: cenere. Uno degli slogan di quella lotta era: “Libertà per tutti, con o senza documenti!”.
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Nella rete

25 gennaio. All’alba, la polizia circonda una palazzina di via La Salle, a Porta Palazzo, giusto dal lato della Dora. Con le buone o con le cattive, gli agenti entrano in tutte le case, e identificano quasi cento persone. Di questi, 13 non hanno i documenti in regola e vengono portati in Questura. Alla fine in cinque sono arrestati: tre per aver fornito false generalità e due per inottemperanza all’ordine di espulsione. Un altro, invece, è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale: durante il rastrellamento protestava.

Da un’altra parte

23 gennaio. Una bella scena di resistenza al mercato della domenica di Piazza della  Repubblica. Il mercato oramai è legalizzato, e dunque è diventata una cosa normale che il pattuglione misto di vigili, alpini e poliziotti possa passare tra le file a controllare la merce esposta e rompere un po’ l’anima a bancarellari e clienti. Ma quando è troppo è troppo: a un ragazzo non solo controllano la bancarella, ma pure lo zainetto, e pure i documenti, e pure di malagrazia.

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Vernice

«Croce Rossa complice delle torture nei Cie», «Cri vergogna», «Cri assassina». Queste le scritte che campeggiavano l’altra mattina sui muri della sede della Croce Rossa di Cagliari, insieme a delle vistose macchie di vernice rossa. E all’alba di qualche giorno fa, quattro compagni romani sono svegliati all’alba dalla polizia alla ricerca di bombolette spray, manifesti e memorie digitali che provino la loro partecipazione ad una visita alla sede di via Ostiense della Croce Rossa romana, ricoperta di scritte e di macchie di vernice (verde e rossa) il 15 agosto scorso.

Un po’ più liberi

21 gennaio. Dopo qualche settimana di titubanza, i tunisini di Torino scendono in strada in appoggio alla rivoluzione che sta squotendo il loro Paese. Si parte in pochi, da piazza Madama Cristina, ma il piccolo corteo man mano si ingrossa: un centinaio di persone, tra tunisini e (pochi) solidali. Un po’ di rabbia per la partita ancora aperta in Tunisia, un po’ di festa perché Ben Alì comunque è scappato ed ora, laggiù ma anche da queste parti, ci si sente un po’ più liberi.