Percorsi

Piano piano si riescono a ricostruire i percorsi dei reduci della notte milanese del 12 dicembre. In nove sono sicuramente arrivati qui a Torino, cinque invece sono a Gradisca. Altri nove sono stati segnalati a Bari, ma per ora è solo una voce. Nel pomeriggio si parlava pure di Modena, o di Bologna. Come già vi accennavamo questo pomeriggio, non è chiaro il motivo di questo trasferimento: “nascondere” i feriti, oppure dividere i presunti ispiratori delle fughe e delle rivolte, oppure allontanare da Corelli tutti quelli che – catturati prima del 12 di ottobre – avevano ancora la possibilità di tenere con sé un telefono per comunicare con l’esterno. Ma a ben vedere, in effetti, non è particolarmente interessante saperlo: di questi tempi se anche le ferite aperte di chi è stato pestato finissero su tutti i giornali non si scatenerebbero certo grosse reazioni popolari; la tendenza ad ostacolare sempre di più l’uso dei telefoni cellulari dentro alle gabbie, poi, è cosa della quale già si parla da tempo; e pure l’abitudine a ricalcare dentro ai Centri modalità gestionali carcerarie (quando si “sballano” i detenuti protagonisti di risse, o di rivolte) è cosa nota e stranota. Più interessante, invece, è sapere quanto questi trasferimenti siano legati alla quantità di danni provocati dalla rivolta: a quanto, insomma, il Centro di via Corelli sia diventato “più piccolo” dopo sabato notte.

Perché, parliamoci chiaro, l’unico fronte “caldo” in tema di Centri è quello interno. Sono le rivolte che stanno demolendo pezzo per pezzo le strutture della detenzione amministrativa, che ne stanno inceppando concretamente i meccanismi. Il movimento esterno, in questi mesi soprattutto, sta rivelando al contrario tutta la propria debolezza: le deportazioni degli egiziani rastrellati a Brescia, l’espulsione di Abder, tutta la vicenda di Mimmo, hanno dimostrato in maniera quasi sfacciata che al ministero non hanno molto da temere da noi. È vero che la sfida intorno ai Cie è particolarmente ardua, adesso soprattutto che certi ministri si son giocati il futuro sulla durezza e sulla inflessibilità contro i senza-documenti. A maggior ragione, però, non si può pensare di affrontarla a colpi di piagnistei e di denunce più o meno umanitarie, né tantomeno perdere di vista la materialità della macchina delle espulsioni a favore di inziative che più si ripetono più perdono di concretezza. Anche perché dentro alle gabbie – e chi ha un po’ di dimestichezza con le dinamiche interne ai Centri lo sa benissimo – la voglia di lottare e di resistere e la voglia di disperarsi e farsi del male son divise da un confine che è sottile e frastagliato: è anche la qualità dell’iniziativa esterna che illumina e rafforza la prima a scapito della seconda. O viceversa.

Intanto, eccovi un po’ di testimonianze sulla repressione della rivolta di sabato notte e sui trasferimenti che ne sono seguiti.

Una prima, trasmessa domenica mattina da Radio Blackout direttamente con Milano:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/testimonianza-di-domenica.mp3]

 

E poi altre quattro, registrate lunedì pomeriggio con i reclusi approdati in corso Brunelleschi.

Il pestaggio generalizzato, al buio, e la beffa dei certificati medici:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/prima-testimonianza.mp3]

Bastonati come bestie, bestie da soma:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/seconda-testimonianza.mp3]

Idranti e manganelli:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/terza-testimonianza.mp3]

Ci mancava solo la Guardia di Finanza:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/quarta-testimonianza.mp3]

Aggiornamento 14 dicembre. Altri 4 reduci della rivolta di Milano sono arrivati ieri sera in corso Brunelleschi, e sembra ne arriveranno altri. Nel frattempo, i reclusi feriti sono riusciti a far circolare alcune foto, commentate da loro stessi. Eccole.

«Strisce di sangue sui materassi. Senza pietà, bastardi. Assassini mafiosi alle spalle dei poveri che cercano una vita migliore.»

«Stava dormendo. Come minimo gli daranno 5 punti di sutura. Spero che i responsabili vedano i danni della loro polizia»

«Un altro, che mentre chiedeva aiuto l’hanno massacrato»

 

Rivolta al Cie di Milano

Verso l’1.30 della notte tra l’ 11 e il 12 dicembre scoppia una rivolta nel Cie di via Corelli a Milano. La polizia entra subito dentro le gabbie per tentare di sedare i rivoltosi a colpi di maganello. Alle 2.20 i compagni accorsi sotto il Cie battono contro le sbarre per farsi sentire all’interno, e vedono due ambulanze entrare nel lager. Mentre da dentro giungono notizie di pestaggi furiosi, all’ingresso poliziotti e crocerossini negano ogni cosa. Arrivano altre tre ambulanze, e il personale di una di queste si lascia scappare che «la situazione all’interno è molto critica», ma che per il momento non hanno ancora portato via nessuno dei feriti. Gli agenti della Digos invece continuano a sostenere che le ambulanze presenti sono lì per «un malore improvviso» all’interno del Cie…

Verso le 4 di notte i contatti con l’interno vengono bruscamente interrotti, ma i solidali riescono ugualmente a capire che i rivoltosi feriti sono stati portati in due ospedali di Milano, il Santa Rita e il San Raffaele, e sono messi parecchio male. Fuori dai due ospedali ci formano due gruppi di compagni che cercano di avere informazioni, e sembra che una volta terminati gli accertamenti la polizia sia intenzionata a riportarli dentro al Cie. Mentre attendono di capire quale sarà il destino dei feriti, verso le 5 di mattina i solidali riescono nuovamente a mettersi in contatto con i reclusi, che raccontano come la polizia sia appena entrata in una camera e abbia ripreso a massacrare e terrorizzare. Pare anche che nella settimana appena trascorsa altri reclusi siano stati portati in ospedale, in seguito ad atti di autolesionismo o a pestaggi da parte della polizia.

Aggiornamento – ore 12.00. Arrivano i primi dispacci della Questura sui fatti di questa notte. A quanto pare la rivolta è stata preceduta da un tentativo di fuga, bloccato sul nascere dalla polizia. I rivoltosi ricoverati in ospedale – cinque – sono stati tutti dimessi durante la notte. Sembra inoltre che i danneggiamenti, avvenuti in tre sezioni del Centro, siano di una certa importanza: l’impianto di riscaldamento è fuori uso, e diverse porte sono state sfondate. Probabile infine che scattino diverse denunce per i rivoltosi.

Aggiornamento – ore 16.00. La maggior parte delle persone ferite pesantemente durante la rivolta sono state portate via dal Centro. Dentro ne rimangono soltanto due, ingessate. Non si sa ancora se si tratta di un trasferimento o di un arresto.

Aggiornamento – ore 18.00. I reclusi portati via da via Corelli sono otto, e sono stati trasferiti in un altro Centro, sembrerebbe proprio nel Cie di corso Brunelleschi a Torino, e sono stati privati del telefono. Nel frattempo, come sempre accade dopo una rivolta a Milano, il telefono l’ha preso in mano il vicesindaco De Corato per dettare un lancio di agenzia: «Siamo alla sesta protesta nel Cie di via Corelli dall’inizio dell’anno, l’ultima aveva avuto luogo solo tre settimane fa. E ogni volta si registrano agenti feriti e danneggiamenti alla struttura, a causa dei quali decine e decine di posti diventano inagibili. Una situazione d’emergenza che rischia il collasso perché, di questo passo, i circa 80 posti disponibili, comunque insufficienti, saranno sempre meno».

Aggiornamento 13 dicembre. Sono arrivati a Torino alcuni dei reduci della rivolta di Milano. I segni delle botte sono evidenti: facce gonfie e fasciature. Da quello che si sa sono in nove: ma nulla esclude che ce ne sia qualcun altro, magari nascosto in qualche angolo più isolato di corso Brunelleschi, e poi si vocifera di altri arrivi imminenti. A quanto pare questi trasferimenti non rispondono soltanto alla pratica carceraria di “sballare” un po’ di gente per frastagliare la solidarietà interna dopo la rivolta, ma anche alla volontà dei gestori del Cie milanese di liberare il Centro dai telefoni cellulari. Ad essere spostati, infatti, sono soltanto quei reclusi entrati prima del 12 ottobre scorso, data nella quale è entrato in vigore il nuovo regolamento interno che prevede il sequestro dei cellulari per i nuovi giunti.

Ecco il racconto della rivolta e un commento raccolto da Radio Blackout con una compagna milanese domenica mattina:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/milano-su-rivolta-corelli.mp3]

(more…)

Tre grossi finanzieri

Anche oggi Hassan e Arbi hanno continuato il loro sciopero della fame. Dopo tanti giorni sono debilitati e stanno male, ma a vincere è ancora la loro ostinazione. Ovviamente nella “stanza” nella quale sono confinati continua a fare freddo, e le promesse del crocerossino di ieri si sono rivelate aria fritta. Questo della temperatura, in realtà, è un problema condiviso anche da tanti altri. Siamo “come galline in un pollaio”, dicono, abbandonati al freddo tra attese infinite e botte ogni volta che se ne presenta l’occasione. Questo pomeriggio, per menare, era di turno la Guardia di Finanza, e tre grossi finanzieri si son potuti sfogare un po’, giusto fuori dall’infermeria, di fronte alla dottoressa ed ai crocerossini, che come al solito non hanno battuto ciglio.

Ascolta i racconti di due senza-documenti prigionieri. Di quello pestato ieri dai Carabinieri…

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/il-pollaio.mp3]
…e di quello che le ha prese, invece, dalla Guardia di Finanza:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/i-finanzieri.mp3]

In solidarietà coi reclusi nel Cie di Torino, alcuni solidali hanno indetto per domenica 12 dicembre alle ore 15.30 un presidio/volantinaggio in piazza Castello, e alle 18.00 un presidio in corso Brunelleschi.

Aggiornamento 13 dicembre. Dopo tanti giorni di sciopero della fame, e due giorni di silenzio, Hassan e Arbi si sono fatti sentire nuovamente con la radio: era da venerdì sera che avevano il telefono spento, giacché nessuno dei crocerossini si degnava di prendere il loro cellulare e ricaricargli le batterie come avviene normalmente.

Hassan, in particolar modo, ha passato questi giorni tra Cie e ospedale, un po’ per la debolezza data dallo sciopero della fame un po’ per i continui episodi di autolesionismo. Ecco la sua voce:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/hassan-13-dicembre.mp3]

Periodi tranquilli

Dopo sette giorni Hassan e il suo compagno – usciti dalle Vallette dopo essere stati condannati per la rivolta di luglio – sono ancora in sciopero della fame. Chiedono solo di essere spostati insieme agli altri reclusi e di avere il riscaldamento: non è molto, ma il poco è già troppo per chi comanda in corso Brunelleschi. Per cui continuano a starsene là, in sciopero, al freddo, e Hassan con dei ferri nella pancia. Solo oggi sono stati portati all’ospedale per essere visitati e i racconti di Hassan al dottore del Martini pare abbiano sortito qualche effetto: il dottore ha cazziato i militari che lo scortavano e, una volta rientrato al Centro, Hassan ha ricevuto la visita di un crocerossino che gli ha promesso che avrebbero per lo meno riparato il riscaldamento.

Intanto, proprio questo pomeriggio, qualche minuto prima delle cinque, un altro recluso se ne stava seduto da solo nella stanza dove si aspetta il proprio turno per andar dal barbiere. Due carabinieri sono entrati, gli han dato un po’ di sberle e si sono piazzati poi fuori dalla porta. Neanche la scusa di un diverbio, o di una protesta: evidentemente avevano bisogno di tenersi in allenamento, visto che tutto sommato dentro al Centro questo è un periodo tranquillo.

Senza tregua

7 dicembre. Ancora blocchi, ancora iniziative da parte degli studenti torinesi. In mattinata, un corteo spontaneo di studenti delle scuole superiori blocca il traffico prima in piazza Bernini e nella vie attorno al Tribunale, poi si sposta alla stazione ferroviaria di Porta Susa, e poi arriva fino a Porta Nuova, e poi ancora per le vie del centro. Nel pomeriggio, alcuni studenti universitari volantinano davanti ai cancelli della porta 2 dello stabilimento Fiat di Mirafiori, per dire agli operai che la lotta contro la Gelmini e la lotta contro Marchionne sono, in fondo, la stessa cosa.

Deportato Abder

«Abder, il cittadino marocchino di 32 anni che venerdì scorso era sceso dalla ciminiera di via Imbonati a Milano concludendo una clamorosa protesta per il permesso di soggiorno, è in questi momenti in volo per il Marocco nel corso di un rimpatrio coatto dall’aeroporto di Bologna. L’uomo è giunto a Bologna scortato dalle forze dell’ordine dal Cie di Modena, dove era trattenuto, dopo che lo scorso venerdì sera, al termine di un controllo in ospedale, era stato accompagnato in Questura a Milano dagli agenti della Digos che gli avevano notificato il rigetto della sua domanda di sanatoria presentata a Brescia e il decreto di espulsione dal territorio italiano in quanto irregolare. Sabato scorso il giudice di pace del capoluogo lombardo aveva convalidato il trattenimento presso il Cie e nei giorni successivi Abder era stato trasferito da via Corelli alla struttura di Modena.»

Fonte: APCom

Poche parole

Raccogliamo qualche notizia presa qua e là dalla rete (in particolare dai siti InformAzione, Indymedia Piemonte e NeroPiceno) di alcuni fatti avvenuti delle ultime due settimane. Fatti semplici, ma che hanno il merito di ricordarci che i responsabili della macchina delle espulsioni e dello schifo che gli gira intorno hanno sempre un nome, un cognome, un indirizzo, e dei punti deboli.Il 23 novembre l’automobile di Luciano Consorti, ex-candidato leghista della provincia di Teramo e fascista senza timore del ridicolo, viene danneggiata con un acido. Lo stesso giorno, il bossolo di un proiettile esploso viene lasciato nei pressi della sua abitazione.Il 29 novembre due bulloni lanciati con una fionda bucano la vetrata della sede della Lega Nord di Castel di Lama in provincia di Ascoli Piceno. L’azione è rivendicata qualche giorno dopo con una lettera anonima inviata al Resto del Carlino:  «Abbiamo colpito la sede della Lega nord a Castel di Lama, la sede di San Benedetto del Tronto due settimane fa. Contro il Cie, contro le espulsioni. Attacchiamo i responsabili e i loro covi. Nessuna patria, nessun confine».Il 3 dicembre, i leghisti di Romagnano Sesia in provincia di Novara denunciano ai carabinieri che «ignoti vandali hanno dato fuoco ai comunicati esposti e sottratto alcuni giornali» dalla bacheca del loro circolo, inaugurato da meno di un mese e già oggetto di altri, non meglio prescisati, episodi di vandalismo.Il 5 dicembre Nicola Molteni, deputato della Lega Nord di Como, denuncia: «La scorsa notte è stata colpita da un gravissimo atto vandalico la sede della Lega Nord di Cermenate, paese in provincia di Como. Ignoti hanno distrutto con due grandi massi entrambe le vetrine della sezione della Lega».Durante la notte del 5 dicembre, infine, ignoti imbrattano tutti i muri e le finestre della sede della Croce Rossa in via Pucci a Milano. Vengono anche lasciate le scritte «Cri assassini» e «Complici delle torture in Corelli». L’azione viene rivendicata da alcune “individualità ribelli” in solidarietà con tutti gli immigrati in lotta.

La palla del sindaco

6 dicembre. A conclusione dell’ennesima e affollata assemblea di ateneo a Palazzo Nuovo, alcune decine di studenti e studentesse decidono di partire in corteo verso il Municipio. Dopo parecchi tentennamenti, e qualche tentativo di rimandare tutto ai prossimi giorni, spuntano striscioni e megafono e il corteo può partire. Tra gli slogan più gettonati “Chiamaparino servo dei padroni, nessun governo dopo Berlusconi” e “Chiamparino parla quanto vuoi, quando blocchiamo lo decidiamo noi”, tutti contro il sindaco di Torino, che da sempre critica gli studenti in lotta e la pratica del blocco di strade e stazioni. (more…)

Il turno degli operai

6 dicembre. Dopo tre settimane di cassaintegrazione, gli operai di Fiat Mirafiori tornano al lavoro, e iniziano bene, con due ore di sciopero indetto da Fiom e Cobas. Sia al mattino, sia al pomeriggio, alcune centinaia di lavoratori che non vogliono fare la fine dei loro colleghi di Pomigliano, prima organizzano un corteo interno e poi escono in strada bloccando corso Tazzoli all’altezza della porta 2.