Calci & sputi

Calci e sputi«Dopo le 19.30 di [sabato 13 novembre], un gruppo di compagni (20-25) ha dato vita ad un piccolo corteo per le strade di San Salvario. Il corteo voleva informare gli abitanti del quartiere della lotta dei ragazzi sulla gru di Brescia e delle cariche che si sono verificate lì durante il pomeriggio. “Mai più schiavi” era lo slogan più ripetuto nel quartiere di Torino.

Come a volte succede a San Salvario c’è stata molta attenzione, e applausi, da parte della gente in strada. Ma svoltato un angolo i compagni hanno incrociato tre gazzelle dei carabinieri che erano ferme per effettuare un altro intervento. Da quel momento alcuni militari hanno iniziato ad affiancare aggressivamente i compagni sostenendo di essere stati presi a sputi [e che una loro volante fosse stata colpita da un calcio]. Intanto hanno chiamato i rinforzi che sono arrivati dopo poco con i manganelli già in mano. Hanno subito caricato i compagni pestandoli in mezzo alla strada e inseguendone altri. Varia gente dai balconi e in strada ha urlato per protestare contro le cariche ma senza alcun risultato.

I fermi sono stati 5. Tutti i fermati sono [stati portati] nella caserma di via Guido Reni, di fronte alla quale si [è formato] un presidio di solidali che chiedono a gran voce (con urla, fischietti e battendo i pali) la liberazione dei fermati. Dalle poche notizie filtrate sembra che sicuramente i carabinieri vogliano arrestare qualche fermato con l’accusa di resistenza e violenza a pubblico ufficiale.»

Tratto da Indymedia Piemonte.

Ascolta una diretta da San Salvario trasmessa da Radio Blackout:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/carabinieri-a-san-salvario.mp3]

E la voce di un testimone, andato in onda il giorno successivo:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/intervista_f.mp3]

Aggiornamento 14 novembre – ore 12.00. È stato confermato l’arresto di almeno due dei cinque fermati di ieri. Degli altri tre non si hanno notizie sicure, ma a questo punto è probabile che si trovino anche loro alle Vallette. In solidarietà con gli arrestati è stato indetto per oggi un presidio in piazza Madama Cristina a partire dalle 17.30. Libertà per gli arrestati! Basta con la violenza della polizia!

Aggiornamento 14 novembre – ore 20.00.  Il presidio, partecipato da un centinaio di compagni e solidali, si è strasformato in un corteo che ha attraversato le vie di San Salvario per riprendere il discorso interrotto ieri. Slogan, strisiconi, volantini, scritte sui muri e interventi al megafono in solidarietà agli arrestati e agli immigrati di Brescia in lotta. Il corteo è stato anche un’occasione per raccogliere racconti e testimonianze sui fatti di ieri sera: diverse persone, italiane e straniere, hanno dato la loro disponibilità a raccontare ciò che hanno visto. Ancora una volta, San Salvario si dimostra un quartiere solidale per chi lotta per la libertà di tutti, con o senza i documenti. Nel frattempo, ci sono novità anche dal punto di vista legale: l’udienza di convalida degli arresti sarà domattina alle ore 11 presso il Tribunale di Torino, a porte chiuse.

Ascolta una diretta dal corteo a San Salvario di questo pomeriggio:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/san-salvario-domenica.mp3]

Aggiornamento 15 novembre – ore 15.00. Terminata l’udienza di convalida per i 5 compagni arrestati sabato sera a San Salvario con l’accusa di resistenza ed oltraggio a pubblico ufficiale. Oltre a loro, si è scoperto che un altro compagno è stato denunciato a piede libero. Dopo più di tre ore di dibattimento, il giudice si è riservato di decidere. Dovrebbe esprimersi tra oggi e domani. Ascolta la diretta telefonica con un compagno dal presidio di fronte al Tribunale, dai microfoni di radio Blackout 105.250 FM

[audio:http://radioblackout.org/files/2010/11/RBO-15112010-tribunale.mp3]

Maroni: Voglio trasformare in scuola Cie Lampedusa come regalo di Natale. No a voto immigrati finché io ministro

Milano, 13 novembre 2010Trasformare il Centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa in una scuola per i bambini. È il regalo che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, vuole fare all’isola, dopo che il Cie si è reso ormai inutile poiché sono terminati gli sbarchi di clandestini grazie agli accordi con la Libia. “Il Cie di Lampedusa è vuoto ed è perfetto e pulito, mentre le scuole di Lampedusa cadono a pezzi. Potremmo trasformare il Cie di Lampedusa nella scuola dei bambini. Voglio fare un regalo di Natale a Lampedusa, se il Governo regge”, ha detto il ministro nel suo intervento a Milano a un convegno sulla sicurezza tenutosi a Palazzo Marino. Nell’occasione, Maroni ha anche ribadito il ‘no’ della Lega al voto agli immigrati. “Gli immigrati possono avere tutti i diritti che vogliono se sono regolari. Ma finché sono io ministro non avranno mai quello di voto”, ha affermato.

(APCOM)

Sinceri democratici

denti

Si è chiuso questa mattina il primo grado del processo contro Bilal e – lo si poteva immaginare – si è chiuso con una condanna. Anzi, con due condanne, perché gli imputati come sapete sono due: Bilal, accusato di aver spaccato un dente ad un poliziotto con un cazzotto, e Abdel Alì, accusato invece di aver fatto resistenza e di aver tirato delle bottigliette d’acqua alle forze dell’ordine intervenute dentro una delle gabbie del Cie durante la protesta del 17 di agosto scorso. Bilal, che è ancora alle Vallette, si è preso sei mesi mentre Abdel Alì, che intanto è stato “scarcerato” e quindi riportato al Cie e quindi deportato, se ne è presi quattro. Condanne più o meno scontate, nonostante tutte le contraddizioni emerse durante le udienze: verbali lacunosi, testimonianze confuse e contraddittorie (con poliziotti che scambiano gli imputati e non si ricordano chi è chi e chi fa cosa), registrazioni di telecamere che scompaiono nel nulla per colpa di “strane” negligenze e via dicendo. Roba da far urlare allo scandalo, e pure forte, qualsiasi “sincero democratico” di passaggio. Ma i “sinceri democratici” nell’Italia di questi tempi sono morti quasi tutti, e i giudici lo sanno.

Due certezze, allora. La prima è che “colpevole” o “innocente” che sia, uscito dalle Vallette Bilal  ritornerà nel Cie (e forse succederà nei prossimi giorni, visto che il giudice sembrerebbe propenso a commutare la carcerazione preventiva in un obbligo di firma) e di lì in poi rischierà ogni giorno di essere deportato: e questo sarebbe successo anche se fosse stato assolto. La seconda è che dall’agosto scorso c’è al Cie un certo agente Cau con un dente in meno, e non saremo certo noi a lagnarcene.

In alto

Senza documenti? Scegli un posto sicuro

Qualche novità, intanto, dai Centri dove sono stati trasferiti i senza-documenti rastrellati nelle strade di Brescia l’altra mattina. Intanto, gli ultimi di loro dei quali non si avevano ancora notizie precise sono stati trasportati uno dentro al Centro di Gradisca d’Isonzo e l’altro a Torino. Per i reclusi di Torino e di Milano ieri mattina si sono espressi i Giudici di Pace, che hanno ovviamente convalidato il trattenimento: già condannati per non aver lasciato l’Italia in seguito ad un ordine di espulsione emesso perché irregolari, infatti, i reclusi non hanno più la possibilità di regolarizzarsi. Solo uno, tra tutti, potrebbe avere qualche possibilità legale di essere liberato nei prossimi giorni. Per gli altri, la deportazione è semplicemente un fatto tecnico da organizzare con la collaborazione dei Consolati (egiziano soprattutto, ma anche tunisino e pakistano) e delle differenti compagnie aeree. È chiaro, il Ministero potrebbe pure “congelarli” per qualche mese, in attesa che si calmino un po’ le acque; ma, almeno dall’aria che tira fino ad adesso, non sembra proprio che Maroni si faccia grossi scrupoli, per cui i rimpatri potrebbero essere veramente una questione di giorni, a meno che non si riesca a porre con più forza la questione. Per adesso, grazie alla notorietà del loro caso, i sette bresciani rinchiusi a Torino sono trattati con i guanti. Divisi in due gruppi, nell’area rossa e nell’area gialla, non hanno niente da lamentare rispetto al trattamento subito dietro le sbarre. Fuorché il fatto stesso di essere dietro le sbarre, ovviamente, e di aspettare da un giorno all’altro di essere deportati.

Sull’assenza di scrupoli di Maroni, la dice lunga la situazione del ragazzo indiano che ieri è sceso dalla gru di Brescia. Sono passate ventiquattro ore e non si sa ancora che fine ha fatto, se non che è nella mani della polizia. Insomma: di questi tempi, soprattutto per chi è senza documenti, la cima di una gru è il posto più sicuro dove stare, l’unico dove non devi aver paura che da un momento all’altro ti arrestino e ti deportino. Alla faccia del lungo elenco di sigle sindacali e associazionistiche di Brescia (tra tutte Cgil, Cisl, Uil, Arci, Azione Cattolica e Acli) che hanno chiesto ai cinque che resistono sulla gru di… scendere!

(Parlando di Cie, intanto, approfittiamo per darvi due altre informazioni. Il processo per i rivoltosi del 14 luglio è stato rimandato al 2 di dicembre, mentre una nuova udienza del processo di Bilal sarà domani mattina.)

 

Aggiornamento ore 18.30. Dov’è finito Singh una volta sceso dalla gru? In stato d’arresto, ovviamente, per violazione della legge Bossi-Fini. Processato per direttissima, ha patteggiato 6 mesi di reclusione e il giudice ha dato il nulla osta alla sua espulsione. Poi, secondo le agenzie, è stato «rimesso in libertà»: visto che però nessuno lo ha ancora visto in giro non sappiamo se «rimesso in libertà» sia un modo come un altro per dire «trasferito in un Cie». Sia come sia, era più sicuro starsene sulla gru.

E per finire, ascoltatevi questa testimonianza raccolta da Radio Onda D’Urto dentro al Cie di Milano. Uno dei reduci di Brescia è da oggi che se ne sta in infermeria, per i postumi delle botte che si è preso durante l’arresto dell’altra mattina:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/imm-walid-cei-corelli1.mp3]

 

Aggiornamento 12 novembre.  Ovviamente Singh non è ancora ricomparso: la sua posizione, dice la Questura, «è ancora al vaglio». Dopo molte pressioni, poi,  dalla gru stamattina è sceso pure Papa, un ragazzo senegalese. Vedremo cosa ne sarà di lui, anche se sembra abbia qualche possibilità in più di cavarsela senza una espulsione immediata. I ragazzi rimasti sulla gru, intanto, stanno facendo uno sciopero della fame di fatto: non si fidano più dei cuochi poliziotti e di quelli della Caritas,  ma la Questura sta impedendo con forza ai solidali di fornire loro direttamente il cibo. In più mancano coperte, che la polizia vieta di portar su, e pure i medici non possono più salire per controllare le condizioni di salute, e non è possibile neanche fare arrivare batterie cariche di cellulari lasciando i ragazzi di fatto isolati. L’assedio si stringe, insomma.

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Vita sociale tranquilla

Udine, 10 novembre 2010Il comando della Polizia locale di Gradisca d’Isonzo (Gorizia) sara’ ospitato in uno stabile vicino al Cara, il Centro Assistenza Richiedenti Asilo.
Lo ha detto al sindaco, Franco Tommasini, l’assessore regionale alla Sicurezza, Federica Seganti.
La somma per l’esecuzione dei lavori (50 mila euro) e’ stata messa a disposizione dalla Regione, attraverso una convenzione stipulata oggi a Udine.
Oltre al Cara, Gradisca ospita anche il Cie (Centro di Identificazione Espulsione), e necessita pertanto di provvedimenti che garantiscano alla comunita’ una vita sociale tranquilla.

(Ansa)

 

Immigrati: Bosi (Udc), rispettare impegni per Cie in Toscana

Firenze, 10 novembre 2010 Francesco Bosi (Udc), gia’ Sottosegretario di Stato alla Difesa e vicepresidente della Commissione Difesa dell’Assemblea Parlamentare della Nato, torna a sollecitare il Governo per la realizzazione dei Cie in Toscana. Bosi chiede, nella sua interrogazione, che il ministro Maroni venga in aula alla Camera a spiegare i motivi del grave ritardo nella costituzione dei Cie, in Toscana ricordando come l’allarme terrorismo stia crescendo.
Bosi osserva come questo ritardo renda ”assai arduo il compito delle forze dell’ordine nell’identificazione di persone di nazionalita’ extra comunitaria sottoposte a fermo. Cio’, tra l’altro, costituisce anche un aggravio di tempi e di costi dovendosi provvedere, in molti casi, a trasferimenti in Cie di altre regioni, peraltro superaffollati. Le note difficolta’ d’intesa con la Regione Toscana e con gli Enti locali – dice Bosi – non possono costituire un alibi per rinviare ulteriormente la realizzazione di queste infrastrutture per la sicurezza che, rientrando tra i siti di interesse strategico nazionale, possono prescindere dagli strumenti di pianificazione urbanistica territoriale”.

(Adnkronos)

Imprenditoria sociale

Bari, 09 novembre 2010Mostra interesse ed è sempre più grossa e ben marcata la fetta di imprenditoria sociale che sull’accoglienza dei richiedenti asilo e sulla protezione dei rifugiati scatena appetiti. Se il paradigma di governo vuole frontiere chiuse e centri di accoglienza e di identificazione sempre meno affollati, la realtà dice altro. E cioè: la gestione dei Cara (i Centri di accoglienza per i richiedenti asilo) e i progetti territoriali finanziati dallo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) fanno gola a tutti. Nonostante a Roma il ministero dell’Interno abbia ridotto i fondi, a Bari e in provincia c’è attesa, anzi tensione, anche con scambi di ceffoni polemici.
Sarà l’effetto della crisi, sta di fatto che mai come prima l’immigrazione interessa non solo il mondo cooperativo tradizionalmente vicino alla sinistra, ma anche società e associazioni d’imprese che fino a qualche anno fa con lo straniero avevano a che fare forse solo al semaforo, visto che si occupavano e continuano a occuparsi di riabilitazione, di assistenza domiciliare, di pronto soccorso. Lo testimonia quel che accade in città e nei grossi centri di provincia. Da noi succede anche altro: le organizzazioni che hanno inventato e sperimentato modelli, addirittura certificati a livello europei, escono di scena perché nel frattempo le regole d’accesso alla gestione dei servizi agli immigrati sono state cambiate in modo che certi requisiti di unicità e di professionalizzazione acquisita non fossero più premianti.
Regole più leggere = più mercato = più ribassi = meno servizi di qualità all’immigrato. Proviamo a capire meglio. Per farlo occorre tenere separati due «mondi»: il Cara, e quindi la prima accoglienza degli sbarcati, dai progetti dello Sprar che riguardano invece l’integrazione di chi la protezione l’ha già ottenuta (seconda accoglienza). Il Cara. Giovedì scorso, per indisponibilità di due membri della commissione giudicatrice la Prefettura ha rinviato la seduta pubblica per l’apertura dei plichi delle offerte per l’affidamento della gestione. Una gara che vale quasi 19milioni di euro in tre anni.
Per restare alle cose di casa nostra, trapela che sono nove (mai così alto il numero, in passato) i soggetti interessati a gareggiare e, tra questi, quattro sono associazioni temporanee (Ati). Fanno parte della partita a nove, perché sono stati gli stessi soggetti a confermarlo, il consorzio d’impresa Oer, Ladisa e Medica Sud e, in proprio, i gestori uscenti della cooperativa sociale Auxilium (leader in Basilicata nei servizi integrati a anziani e diabili) e il Comitato provinciale della Croce Rossa (ex gestore della «roulettopoli » di Palese). Il consorzio d’imprese prima citate è lo stesso che gestisce il Centro di identificazione e espulsioni (Cie) al quartiere San Paolo. Di nuovo c’è che il capogruppo non è l’associazione di soccorso Operatori emergenza radio (come per il Cie) ma la «Medica Sud» di Ilaria Tatò, fisiatra e figlia di Biagio Tatò, ortopedico ed ex senatore di An. Per un appalto milionario ce ne sono altri che fanno gola con la stessa intensità.
Sono in scadenza i progetti Sprar che vengono presentati dai Comuni che a loro volta li affidano a organizzazioni del terzo settore. A Bitonto (governata dal centrodestra) è accaduto che il servizio per 48 rifugiati sia stato affidato attraverso avviso pubblico. Si sono presentati in tre: «La Casa di Tom» di Cassino, l’Arci di Bari e l’Auxilium (del Cara). Il progetto di integrazione a Bitonto fu l’Arci a inventarlo più di 10 anni fa in linea col pressing che su scala nazionale la stessa organizzazione metteva in moto sugli enti locali per dare futuro a chi gode di protezione internazionale. L’Arci ha perso una gara che mette a disposizione 753mila euro per tre anni.
Oggi operatori e attivisti protestano davanti al Comune di Bitonto lamentando irregolarità e avanzando preoccupazione per il futuro degli immigrati. L’Auxilium replica facendo sapere che il servizio sarà migliore. Va detto però che la seconda accoglienza (progetti per 12 minoriti, 15 famiglie e 6 disagiati psichici) il Comune di Bari (centrosinistra), in particolare la Ripartizione servizi sociali, li ha affidati senza ricorrere all’avviso pubblico: rispettivamente alla cooperativa Csise capogruppo di un’Ati con l’associazione Glr e Etnie, a un’ati Arci e Etnie e (terzo progetto) ancora all’Arci. Due procedure diverse per effetto di un altro modo di applicare il codice degli appalti del 2006. Ma in questo caso si tratta di servizi per i quali occorrono competenze, risorse (strutture) e abilità non da poco. Almeno sulla carta. Già. Perché qui il male è che spesso i controlli sono solo di carta.

(Gazzetta del mezzogiorno)