Gradisca, come promesso. E un po’ di più.

Da troppo tempo, cioè dall’ultima rivolta di due settimane fa, i reclusi del Cie di Gradisca d’Isonzo sono tenuti chiusi a chiave nelle loro celle, e possono fare solo un’ora e mezza d’aria al giorno. Qualche giorno fa hanno scritto una lettera al direttore Luigi del Ciello, per chiedere la fine di questo trattamento, minacciando di iniziare uno sciopero della fame. Il direttore, come sempre, ha fatto finta di niente. E allora, da stamattina, i reclusi di Gradisca hanno cominciato a rifiutare il cibo. Come promesso, appunto.

Aggiornamento ore 19.00. Visto che nonostante lo sciopero della fame il Direttore del Centro non ha preso in considerazioni le loro richieste, i reclusi hanno cominciato a bruciare tutto quello che avevano sotto mano di combustibile: materassi, vestiti, asciugamani. Per ora la polizia è fuori dalle camerate assieme agli operatori di Connecting People e il Direttore del Centro, Luigi del Ciello. I ribelli si sono barricati dentro.

Gradisca in fumo

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Azione, e reazione

L’eco della rivolta di sabato notte al Cie di via Corelli arriva lontano, fino in Toscana. Più precisamente nella sede della Croce Rossa di Piombino, visitata domenica sera da una quindicina di persone che hanno imbrattato di vernice le ambulanze parcheggiate e i muri esterni ed interni della sede. Il gruppo è scomparso prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, che hanno solo potuto constatare il motivo della visita, scritto a chiare lettere su un muro: «11/9 Solidarietà con i ribelli di Corelli, Cri assassini».

Corelli a Piombino

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Fuochi a Corelli

Quattro giorni fa nel Cie di via Corelli a Milano un ragazzo si rompe la gamba giocando a calcio. Oggi chiede di essere curato, ma la Croce Rossa (sempre solerte nelle sue mansioni sbirresche), invece di prendersi cura del recluso decide di chiamare direttamente la polizia, che comincia a picchiarlo. I suoi compagni cacciano la poliza fuori dalla cella, barricano le porte e cominciano a bruciare i materassi. Di lì a poco il fuoco della protesta si estende ad altre due sezioni, mentre la polizia in assetto antisommossa cerca di entrare per spegnere gli incendi. Dopo qualche ora, a fatica, la polizia riesce a spegnere gli incendi e a portare via quattro o cinque reclusi, in manette. Tra di loro, anche il ragazzo con la gamba ingessata.

Ascolta una telefonata con un recluso del Cie di Milano
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli_11settembre2010.mp3]

Aggiornamento – ore 23.00. Due intere sezioni sono gravemente danneggiate: senza vetri, senza materassi, le pareti completamente annerite. Nonostante questo, i reclusi sono stati riportati lì dentro sotto minaccia di botte e ritorsioni. Gli arresti sono stati effettivamente cinque, e due reclusi sono stati liberati in serata.

Leggimi in lingua francese.

Aggiornamento – Lunedì 13 settembre.  L’udienza di convalida degli arresti di sabato sarà martedì 14 settembre direttamente nel carcere di San Vittore.  Nel frattempo, in via Corelli continua la mobilitazione: almeno due sezioni (la sezione “E” e la sezione “Trans”) hanno iniziato uno sciopero della fame, per i fatti di sabato sera e per i sei mesi di reclusione e per le schifose condizioni di vita lì dentro e per tutti i validissimi motivi che potete immaginare. Ascolta una telefonata con un recluso in sciopero della fame.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli_13_settembre_2010.mp3]

Nel pomeriggio, la polizia è entrata in forze nelle sezioni in sciopero, per “convincere” i reclusi a interrompere la lotta.

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La Misericordia, un nome che dà sicurezza

Dall’Emilia, un testo che fa il punto sul ruolo che la Misericordia di Daniele Giovanardi ha dentro al sistema dei Centri italiani – e ovviamente sulle iniziative che si sono susseguite in questi anni per criticarla praticamente. L’ultima? La contestazione che ha dovuto subire Livia Turco a Modena giusto un paio di giorni fa…

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Vigili, parcheggiatori abusivi e borse della spesa

La testimonianza da Chivasso su di un episodio di violenza poliziesca che, per una volta, sembra non essere destinato a rimanere sotto silenzio. Sono le undici del mattino di sabato scorso e in una piazza al centro della cittadina due vigili urbani  individuano un ragazzo nigeriano che si improvvisava parcheggiatore senza averne l’autorizzazione. Lui vede che lo puntano, fa per scappare, loro lo inseguono a sirene spiegate e chiamano rinforzi. Alla fine, lui stesso si ferma e si fa prendere. Ma a questo punto i vigili gli saltano addosso e lo costringono a buttarsi faccia a terra, con le gambe larghe. Uno dei due gli mette un piede sulla schiena, lo prende a calci e, non contento, gli punta la pistola alla schiena. La scena, ovviamente, non passa inosservata. Alcuni ragazzi che passano di lì provano a chiedere conto di quel che sta accadendo, ma vengono insultati e strattonati dagli agenti, che pretendono pure di identificarli. Altri passanti si assiepano intorno, ma tutti cauti, zitti, e ad una certa distanza. Fino a ché una signora, con le borse della spesa in mano, urla indignata: «Non è mica un cane, dovete ribellarvi!». È il segnale che fa risvegliare la folla, che finalmente circonda i vigili insultandoli: ma è troppo tardi, perché il ragazzo nigeriano oramai è nella macchina e viene portato via.

Ascolta il racconto di uno dei ragazzi che ha assistito al fatto, trasmesso l’altra mattina da Radio Blackout:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/violenza_vigili_chivasso_9settembre2010.mp3]

In seguito a questo episodio, a Chivasso è stato indetto per domenica 12 settembre un presidio “contro la violenza poliziesca e il razzismo mediatico”, dalle 11 di mattina alle 7 di sera, in via Torino vicino a piazza Carletti.

Trappole e vendette questurine

Mentre la Prefettura di Gorizia annuncia che sono stati autorizzati i lavori di ristrutturazione del Cie – come ricorderete, già la settimana passata la polizia ha cominciato ad “alleggerire” le gabbie trasferendo gruppi di prigionieri in altri Centri – la caccia all’uomo dopo le evasioni di questa estate continua. E continua ben oltre i confini della provincia di Gorizia…

 

«Treviso. Il 15 agosto scorso, a Gradisca, in provincia di Gorizia, aveva architettato un’evasione di massa dal Cie, il Centro per l’identificazione e l’espulsione degli stranieri irregolari. Lui, E. T., 29enne dell’Honduras, lì in seguito a tre anni di carcere per rapina, era la mente: avevano appiccato degli incendi ed in una ventina avevano approfittato della baraonda per scappare. Una cosa organizzata anche con altri Cie sparsi per la Penisola. Durante la fuga, però, si era ferito in maniera seria ad un braccio con il filo spinato. Il giorno dopo si era presentato all’ospedale di Gorizia per essere medicato. I sanitari avevano avvertito le forze dell’ordine, ma lui era riuscito a scappare nuovamente. Da lì si era spostato in provincia di Treviso, dove ha dei parenti. La polizia l’ha atteso per gironi al Ca’ Foncello, dove si sapeva prima o poi sarebbe arrivato per farsi medicare la profonda ferita al braccio. E così è andata stamattina. Lui è rimasto di stucco quando si è trovato i poliziotti ad aspettarlo: non ha neppure provato a scappare. Immediata l’attuazione della procedura per l’espatrio.»

(Da Oggitreviso.it)

Condanne a Gradisca

«Sono stati condannati a otto mesi di reclusione, senza condizionale, i due maghrebini accusati di aver capeggiato la rivolta scoppiata, nella notte fra il 28 e il 29 agosto al Cie di Gradisca, che ha causato sei feriti tra i militari chiamati a svolgere il servizio di vigilanza nella struttura di via Friuli. La sentenza è stata pronunciata ieri, attorno a mezzogiorno, dal gup Massimo Vicinanza, che ha riconosciuto gli imputati colpevoli del reato di violenza a pubblico ufficiale: caduti invece i capi di imputazione relativi a lesioni e danneggiamento, dei quali erano stati accusati in un primo momento gli immigrati. Il processo è stato celebrato con la formula del rito abbreviato. Il pm Luigi Leghissa, pur riconoscendo agli imputati le attenuanti generiche per le difficili condizioni che la permanenza al Cie comporta, aveva chiesto per i due un anno e tre mesi di reclusione. Rimangono, dunque, rinchiusi nella casa circondariale di via Barzellini L.A., 24enne marocchino, e il 25enne tunisino G.N., che nei giorni scorsi si era inferto profonde ferite agli avambracci con un’arma da taglio. L’avvocato difensore dei due immigrati, Flavio Samar, attenderà ora che la sentenza venga depositata per presentare eventualmente l’istanza per l’ottenimento dei domiciliari, che i maghrebini dovrebbero in ogni caso scontare nelle strutture del Cie. I due, ospitati dal centro gradiscano rispettivamente da luglio e marzo, erano già stati condannati lo scorso anno a otto mesi di reclusione per violazione della Bossi-Fini.»

Dal MessaggeroVeneto

Messaggi telegrafici

8 settembre. «Sarkozy Maroni Nazisti Stop deportazioni Rom», questo il telegrafico messaggio che da qualche giorno campeggia sui muri dell’Alliance Française di via Saluzzo.

Più rivolte dentro, più liberi fuori

Presidio per i ribelli di corso Brunelleschi

La rivolta. Il 14 luglio scorso i prigionieri del Centro di identificazione ed espulsione per immigrati senza documenti di corso Brunelleschi a Torino si sono ribellati, distruggendo e incendiando la sezione in cui erano rinchiusi. Al termine della rivolta i danni erano talmente gravi che l’intera sezione, ormai inutilizzabile, è stata evacuata e i trenta ribelli sono stati spostati in un’altra area.

Non solo a Torino. Già altre volte, in passato, il Centro di Torino è stato scosso dalla rabbia dei reclusi: è successo ad agosto e a novembre dell’anno scorso. E non solo a Torino: in tutta Italia e in tutto il mondo i prigionieri nei Centri per immigrati senza permesso di soggiorno si ribellano, evadono e distruggono le prigioni in cui sono rinchiusi.

Due conti. Pare che i costi per il restauro del Centro di Torino si aggirino sui 150mila euro: nulla in confronto agli 11 milioni di euro già spesi per raddoppiare la capienza del Cie (che passerà da 90 a 180 posti). Ma, siccome i lavori di restauro non sono ancora cominciati, grazie alla rivolta di luglio i posti sono attualmente ridotti di un terzo (da 90 a 60). E questa è una buona notizia.

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Evasione a… Bergamo

«Un nordafricano clandestino è riuscito a «evadere» dalla questura dopo essersi lanciato da quasi 5 metri e aver scavalcato l’inferriata alta 3. È stato invece bloccato un connazionale che tentava di fuggire insieme a lui. Tutto è accaduto giovedì mattina 2 settembre.
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