Gradisca chiude? Forse, ma solo per un po’…

Negli ultimi due giorni una quindicina di reclusi del Cie di Gradisca d’Isonzo sono stati improvvisamente trasferiti altrove, pare al Cie di Roma-Ponte Galeria. Ed è probabile che nei prossimi giorni seguiranno altri trasferimenti. Il motivo di quella che sembra una “evacuazione” del Cie più malmesso d’Italia si può intuire dalle parole del Prefetto di Gorizia, che al termine del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha dichiarato: «Abbiamo avuto l’ok dal ministero per dare il via agli appalti per la messa in sicurezza del Cie che porteremo avanti al più presto.»

E sempre a proposito di Gradisca, nonostante i dirigenti di Connecting People abbiano avuto l’indiscutibile onore di sedersi al tavolo con Prefetto, Questore, Procuratore, Generale e Comandanti vari, un altro operatore è stato sospeso dal servizio al Centro, ancora una volta con l’accusa di non aver vigilato abbastanza sui reclusi. Il direttore del Cie non risponde neanche più al telefono. Al suo posto parla la Cisl del Friuli, che si arrampica sugli specchi per dire che la vigilanza non è compito degli operatori, ma della polizia.

Vertici e giri di vite

«Dopo le fughe di immigrati fatte registrare nelle ultime settimane, saranno rafforzate le misure di prevenzione e vigilanza al Cie di Gradisca d’Isonzo (Gorizia). Lo ha deciso oggi il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica nel corso di una riunione, presieduta dal Prefetto di Gorizia, Maria Augusta Marrosu. Ai lavori hanno anche partecipato il Questore del capoluogo isontino, Pier Riccardo Piovesana, il Procuratore capo Caterina Ajello, i responsabili militari che curano la vigilanza del centro, i referenti della Connecting People – l’ente che gestisce i servizi del Cie – e i comandanti provinciali di Carabinieri, Guardia di Finanza e Vigili del Fuoco. Dopo aver ottenuto il via libera dal Viminale, la Prefettura di Gorizia sta completando le procedure per l’affidamento dei lavori di potenziamento delle difese passive della struttura gradiscana.»

Agi

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L’uragano

Dal Belgio, vi traduciamo alcuni brani dal numero unico “l’ouragan”, brani che inquadrano e descrivono bene la lotta contro la costruzione del nuovo centro per senza-documenti di Steenokkerzeel, nei pressi di Bruxelles. Da leggere e meditare.

l’ouragan

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Australia. Due rivolte e un tentativo di evasione dal centro di Darwin

Nel pomeriggio di mercoledì 1 settembre la polizia australiana ha arrestato un’ottantina di richiedenti asilo afgani che otto ore prima, alle 7 di mattina, erano scappati dal centro di detenzione di Darwin, dopo aver divelto due recinzioni elettrificate da 11mila volt. Gli evasi avevano ripetutamente ignorato gli inviti a ritornare al centro, dove alcuni di loro erano rinchiusi da 10 mesi, dopo che la loro richiesta di asilo è stata respinta. Il centro di Darwin, situato all’interno della base navale di Coonawarra, può ospitare fino a 500 prigionieri.

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Evasione fallita a Modena

«Notte di tensione, quella tra lunedì e martedì, al centro identificazioni ed espulsioni di via Lamarmora. Alcuni clandestini hanno tentato di scappare dalla struttura che trattiene gli stranieri in attesa del rimpatrio.

Erano circa le 2.20 quando in tre hanno scavalcato il cancello del primo blocco arrivando fino nel piazzale interno, quello tra i blocchi in cui sono chiusi gli immigrati e gli uffici. Qui si sarebbero nascosti per una ventina di minuti senza che nessuno si accorgesse di nulla. Avrebbero tentato di arrampicarsi su una grondaia, trovata rotta, senza riuscirci. Sono quindi rientrati nel blocco. Ma prima che trovassero un altro modo per tentare di scappare, i militari di guardia si sono accorti che qualcosa non andava. Hanno quindi bloccato il tentativo di ‘evasione’, ma a questo punto gli animi si sarebbero riscaldati coinvolgendo anche gli altri clandestini.

 Alcuni materassi sono stati gettati nel piazzale interno : i clandestini hanno minacciato di incendiarli tanto che sono stati chiamati anche i vigili del fuoco. Alla fine le forze dell’ordine sono riuscite a riportare la calma. Il tentativo di evasione è stato ricostruito visionando i filmati delle telecamere. Subito è stata messa a segno una perquisizione in tutti i blocchi, che avrebbe permesso di trovare una corda, pare fatta con le lenzuola, e un ‘rampino’ ottenuto sradicando una panca: pare che anche gli ospiti dei blocchi numero quattro e cinque avessero pensato alla fuga. Al Cie sono arrivati poliziotti e carabinieri, mentre per questa mattina è atteso l’arrivo del comandante del reggimento dei militari che presidiano il centro, per fare il punto della situazione.»

Da Il Resto del Carlino

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Risvegli, rivolte e verbali

31 agosto. Brutto risveglio in un palazzo di corso Giulio Cesare all’altezza di corso Brescia. Son passate da poco le cinque del mattino quando la polizia bussa alla porta di cinque appartamenti abitati da stranieri: gli agenti chiedono i documenti a tutti, e perquisiscono le case. I tre che non sono in regola col permesso di soggiorno vengono portati in Questura. “In Corso Brunelleschi non c’è posto, siete fortunati” – dice un funzionario mentre spiega loro che hanno cinque giorni per sparire dall’Italia. Eh già, perché grazie ai ribelli del 14 luglio il Centro ha un’area in meno, e la polizia non riesce a rinchiudere tutti i senza-documenti che ferma in città. In serata, così, i tre vengono rilasciati: in mano hanno un foglio di espulsione in più, ma le loro tasche sono più leggere visto che i poliziotti si son trattenuti soldi e cellulari senza fare nessun verbale di sequestro.

Brunelleschi. Provocazioni

Verso le sette e mezza di sera una quarantina di poliziotti entrano all’interno dell’area Gialla e con fare minaccioso e aggressivo ordinano ai reclusi di mettersi contro il muro. Dopo aver minacciato di pestare chi anche solo apriva bocca, iniziano una perquisizione mettendo a soqquadro tutti gli effetti personali dei prigionieri, alla ricerca di non si sa cosa. Finito il lavoro, i poliziotti replicano subito dopo nell’area Viola. In entrambi i casi i reclusi raccontano di modi molto violenti e arroganti, e ritengono che questa brillante operazione sia un’altra idea del nuovo ispettore.

I Cie sono quei luoghi che nessuno vuole ma se l’idea e’ di farne uno in ogni regione si fara’

Firenze, 30 agosto 2010Cosi’ il neo prefetto di Firenze Paolo Padoin, incontrando i giornalisti, risponde a chi gli domanda se in Toscana il Cie si fara’. Il prefetto sottolinea che “si tratta di una gestione comlicata che presenta piu’ di una problematica” ma ribadendo che se l’idea e’ “di farne uno in ogni citta’ allora si fara'”. Quanto alla possibilita’ proposta dal presidente della Regione Enrico Rossi, di creare dei luoghi in cui si rispettino i diritti umani Padoin si dice ottimista “Ho testimonianza – dice – di centri molto diversi tra loro. Io credo che da questo la Toscana ne fara’ tesoro. Se e quando si fara’ potra’ trarne esperienza da strutture gia’ funzionanti”. Padoin torna a Firenze dopo gli anni trascorsi da Vice-Prefetto dal 1994 al 1993 e ancora prima come funzionario dal 1973 al 1984. “Sono tornato alle mie origini, alla mia citta'” sottolinea con una certa commozione. A chi gli domanda quali siano le priorita’ di un prefetto Padoin senza esitazione risponde “tutela della legalita’ e garanzia della coesione sociale”.

(AGI)

Brunelleschi. Meglio se a stomaco vuoto

Alcune notizie dal Cie di corso Brunelleschi a Torino. La sezione bianca, che come ricorderete fu incendiata il 14 luglio scorso, è ancora fuori uso: i lavori di restauro non sono ancora cominciati, e i reclusi hanno sentito dire dalla polizia che i danni ammonterebbero a 200 mila euro, che è una bella cifra. Una decina di giorni fa, inoltre, cinque o sei reclusi sono stati arrestati proprio per questo incendio e si trovano al carcere delle Vallette: di loro, purtroppo, non sappiamo altro, per ora. Per il resto, la vita quotidiana è sempre la solita serie di maltrattamenti e tensioni, esacerbate in questo periodo dal Ramadan, che molti prigionieri praticano. Qualche giorno fa, ad esempio, la cena arriva molto più tardi del solito, alle 22.30, mentre il diguno dovrebbe terminare alle 20.30. Di fronte alle proteste dei prigionieri, un ispettore di polizia arrivato da poco pensa bene di non aprire le gabbie e di far entrare i vassoi sotto le sbarre, “come si dà da mangiare ai cani” commentano da dentro. I volontari della Croce Rossa, da parte loro, insistono con i reclusi affinché prendano “la terapia” anche durante il digiuno, argomentando che “le medicine non c’entrano col Ramadan.” La Croce Rossa Italiana è sicuramente un’istituzione laica, e i suoi membri sicuramente sanno che la religione, come si dice, è l’oppio dei popoli. Ma sanno anche che al giorno d’oggi per prevenire ogni problema basta una dose di psicofarmaci, ancor meglio se a stomaco vuoto.

(Queste notizie ci sono state raccontate al telefono durante il presidio di fronte al Cie di Torino, domenica 29 agosto. Un’iniziativa partecipata da una quarantina di persone, alcune provenienti da fuori Torino; un’occasione per riprendere i contatti con i reclusi, interrotti dall’espulsione di Sabri avvenuta il mese scorso; un’occasione per esprimere con parole, musica e rumore la propria solidarietà a chi ogni giorno resiste dentro il Cie.)