«Ai primi segnali di tensione partiranno i blitz nelle camerate: un pronto intervento che dovrebbe servire a scongiurare disordini o tentativi di fuga. È quanto scaturito dal vertice urgente convocato in Prefettura a Gorizia dopo la fuga di Ferragosto di 25 clandestini dal Cie di Gradisca. […]»
«Un operatore dell’ente gestore del Cie di Gradisca è stato denunciato per favoreggiamento nel corso della rivolta scoppiata in via Udine a ferragosto. […] A denunciare il dipendente dell’ente gestore dei servizi interni (il consorzio cooperativistico trapanese “Connecting People”) del Centro di identificazione ed espulsione di via Udine è stata la Polizia, a seguito delle indagini avviate per ricostruire la dinamica della rivolta che aveva portato all’ennesima fuga di massa dalla struttura isontina, conclusasi con il ferimento di un immigrato e contusioni per due militari impegnati nelle operazioni di contenimento. La denuncia è scattata una volta visionate le immagini delle telecamere interne del Cie, in base alle quali sarebbe emerso un tardivo intervento dell’operatore nel chiudere il cancello d’ingresso del campetto di calcio. Mancanza che ha consentito a una quarantina di immigrati di riversarsi nell’area e, da lì, raggiungere la recinzione esterna.»
(Il Piccolo, 18 agosto)
(Messo alle strette da fughe e rivolte continue, il Prefetto di Gorizia ha deciso di giocare a carte scoperte, ordinando la repressione preventiva di ogni movimento interno al Centro: sappiamo bene cosa voglia dire un “blitz” della polizia, o dell’esercito, nelle camerate di un Cie. E guai, poi, se chi lavora nel Centro – dal traduttore, all’operatore sociale, all’infermiere… – non si comporta apertamente e fino in fondo da secondino in borghese, disposto a correr dietro agli evasi e a tappare le falle della vigilanza: non ci sono più scuse, in tutti i sensi.)
Sull’aria che tira intorno al Cie di Gradisca, leggi questa piccola ma significativa rassegna stampa.
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San Nicola la Strada, 19 agosto 2011 – Si moltiplicano i tentativi di fuga dai CIE (Centri per Identificazione ed Espulsione) in questi giorni di agosto. Nei giorni scorsi è accaduto nei Cie di Brindisi, Milano e Gradisca d’Isonzo (Gorizia) e nel Centro di prima accoglienza (Cpa) di Cagliari. Ieri è stata la volta del Cie di Trapani. Qursta recrudescenza nei tentativi di fuga dai Cie, oltre a far pensare ad un’unica regia magari dell’area antagonista ed insurrezionalista, ha fatto dire al Sottosegretario del Ministero degli Interni, Alfredo Mantovano, che “L’obiettivo è di aprire in qualche mese dei Cie anche in regioni densamente popolate come la Campania, il Veneto, la Toscana es il Piemonte dove fino a questo momento non è stato possibile. Dunque è giunto il momento del “redde rationem” anche per la Campania per quanto riguarda la costruzione di un Cie, anche se l’apertura dei Cie non rappresenta la risposta più efficace contro l’immigrazione clandestina. Sarebbe urgente, piuttosto, andare a colpire le grandi organizzazioni criminali che la gestiscono. Ciò nonostante al più presto potremmo avere un Cie all’ombra della Reggia di Caserta. I Centri di identificazione e di espulsione, così denominati dall’articolo 9 del decreto legge 23 maggio 2008 n. 92, in luogo degli ex Centri di permanenza temporanea (CPT), sono strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all’espulsione. Previsti dall’art. 14 del D. Lgs n. 286 del 1998, tali centri si propongono di evitare la dispersione degli immigrati irregolari sul territorio e di consentire la materiale esecuzione, da parte delle Forze dell’ordine, dei provvedimenti di espulsione emessi nei confronti degli irregolari. I requisiti richiesti per tali Centri li vedrebbero sorgere lontano dai centri abitati, vicini ad un aeroporto e alla sede di un reparto mobile della polizia. Invece, funzionari ministeriali avrebbero individuato, quale Centro di identificazione e di espulsione degli irregolari, l’area militare da tempo abbandonata, detta anche “la Polveriera”, che sebbene ricada nel territorio del Comune di Caserta si trova posizionata a ridosso dell’abitato del Comune di San Nicola la Strada e del galoppatoio del viale borbonico. Il luogo individuato è posto a pochi centinaia di metri dalla Reggia Vanvitelliana di Caserta, patrimonio dell’UNESCO, si affaccia sul viale Carlo III, arteria di accesso al centro storico di Caserta e al monumento, insistendo sull’abitato del Comune di San Nicola la Strada. La collocazione della ex “Polveriera” nel caso di specie mancherebbe del primo requisito, per cui i Centri dovranno sorgere lontano dai centri abitati. La localizzazione, come individuata, appare del tutto singolare dal momento che, oltre a non rispettare alcun vincolo di distanza dal centro abitato, riguarda una zona sottoposta a rigidi vincoli sia architettonici sia militari che ne impedirebbero qualsiasi destinazione, ampliamento e cambio di utilizzazione. La stessa area non è oltremodo idonea a soddisfare lo scopo insito nel Centro di identificazione e di espulsione, non potendo ospitare fabbricati aggiuntivi rispetto ai già esistenti capannoni, vecchi edifici di deposito in stato di abbandono denominati “casermette”, ricoperte di amianto, inadatti ad ospitare persone e a svolgere servizi. La vicinanza al Palazzo Reale della zona individuata richiederebbe per la struttura abbandonata consistenti e prioritari interventi di bonifica, al fine di rimuovere l’attuale presenza di amianto. Già dall’anno scorso, quando la notizia divenne di dominio pubblico, i cittadini sannicolesi si mobilitarono contro tale eventualità, tanto che il sindaco Angelo Antonio Pascariello fu il primo a lanciare l’allarme ed a scrivere, in primis, al Ministro dell’Interno, e, successivamente, al Ministro Bondi. Le motivazioni addotte sono assolutamente ineccepibili sotto qualsiasi punto di vista e sconsigliano di usare le cosiddette “casermette” per l’accoglienza, l’identificazione e l’espulsione degli immigrati clandestini, aveva scritto Pascariello. Resta il fatto, però, che allo stato attuale non è stata definitivamente scongiurata l’ipotesi di un Cie sul Viale Carlo III^.
(Caserta24ore)
Roma, 19 agosto 2010 – Ha detto il ministro Roberto Maroni a Palermo: «Gli sbarchi di clandestini, dal 1 agosto 2009 al 31 luglio 2010, sono diminuiti dell’88%, passando da 29.000 a 3.499». Tutto questo, grazie al pattugliamento del Mediterraneo svolto in cooperazione con le truppe libiche. Si chiede Maroni: perché non prendere a modello l’accordo tra Italia e Libia, che ha da poco compiuto un anno, e siglare intese simili, per esempio con la Grecia e la Turchia? Le coste dell’Adriatico, infatti, hanno registrato negli ultimi mesi un incremento degli sbarchi mostrando sia il cambiamento delle rotte, delle nazionalità e della composizione (molte donne e bambini) dei migranti, sia la debolezza delle politiche di lotta alla clandestinità dell’attuale governo. Ma i fallimenti, a quanto pare, non finiscono qui. Alcuni «ospiti» dei Cie di Gorizia, Milano e Brindisi, tra il 15 e il 16 agosto, si sono dati alla fuga. Questi fatti non sono una novità: uomini e donne che si ribellano per l’inadeguatezza delle strutture; per la scarsa igiene; per la somministrazione, a volte nel cibo, di psicofarmaci; per il prolungamento della permanenza da due a sei mesi che fa somigliare quel trattenimento sempre più a una forma di detenzione. Non è una questione da poco: quello che accade all’interno dei centri, le condizioni di vita e i diritti da garantire, dovrebbero interessare il ministro Maroni almeno tanto quanto gli accordi di amicizia con altri stati per evitare gli sbarchi. Investe molto, il governo, nella prevenzione – che si risolve, però, quasi solo nella politica dei respingimenti – ma questo non lo solleva dall’obbligo di occuparsi di chi, da quel «controllo preventivo», è riuscito a sottrarsi per cercare un’opportunità in Italia.
(l’Unità)
Roma, 19 agosto 2010 – In 31 fuggono dal «Serraino-Vulpitta»: due feriti, sette sono stati ripresi. Un tentativo, fallito, anche a Cagliari
. Hanno segato le sbarre come nella più classica delle fughe, e poi si sono calati dalla finestra. Due di loro sono caduti ferendosi e sono stati ripresi. Altri 29 sono però si sono dileguati nella notte, anche se una decina sono stati rintracciati e di nuovo fermati dalle forze dell’ordine. Fuga dal Cie. L’ennesima. Questa volta è successo al Centro di identificazione e espulsione Serraino-Vulpitta di Trapani. Un altro tentativo di fuga è avvenuto invece al centro di prima accoglienza di Cagliari. Gli immigrati hanno forzato una finestra al primo piano della struttura, ma l’intervento delle forze dell’ordine li ha costretti a desistere.
Resta alta la tensione nei Cie italiani e questo mentre il governo, per bocca del sottosegretario agli interni Alfredo Mantovano, annuncia per l’ennesima volta l’intenzione di aprire nuovi Cie in Campania, Veneto, Toscana e Piemonte. Un annuncio che certo no contribuirà a far tonare la calma visto che i nuovi centri serviranno ben poco a risolvere le motivazioni che spesso sono alle origini delle rivolte. Due le cause principali delle agitazioni di questi giorni: il sovraffollamento dei centri e le disposizioni – in vigore ormai da un anno – inserite nell’ordinamento dal cosiddetto pacchetto di sicurezza che allunga fino da 2 a sei mesi i tempi in cui un immigrato può essere detenuto. Se si considera che nella maggior parte dei casi si tratta di persone la cui unica colpa è quella di non possedere un permesso di soggiorno, si capisce come, vedendosi negare la libertà, possano scoppiare le rivolte. Chi lavora nei Cie lamenta inoltre anche una scarsa assistenza e informazione agli immigrati, degrado o inadeguatezza delle strutture, insieme a uno stato di «costrizione » e una convivenza forzata tra pregiudicati e incensurati e tra persone provenienti da Paesi diversi.
In queste condizioni, è chiaro che possano ripetersi tentativi di fuga. Come è successo nei giorni scorsi in altri Cie della penisola. Prima di ieri, infatti, altre evasioni si sono avute nel centro di via Corelli a Milano, in quello pugliese di Restinco, a Brindisi, e a Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia.
Contro la politica del governo sull’immigrazione, fatta solo di annunci di nuovi Cie ed espulsioni, ha polemizzato ieri Livia Turco. «Siamo ai soliti annunci, non è la prima volta che si parla di costruire nuovi Cie e poi nulla», ha detto l’esponente del Pd. «Piuttosto, colpisce quello che il governo non dice più: cioè a che punto sono gli accordi bilaterali con gli altri paesi e la programmazione dei flussi». L’annuncio dell’apertura di nuovi Cie è definito «pura propaganda» anche dal parlamentare dell’IdV Fabio Evangelisti. «L’apertura dei Cie non è la risposta più efficace contro l’immigrazione clandestina», ha detto Evangeslisti. «Sarebbe urgente, piuttosto, andare a colpire le grandi organizzazioni criminali che la gestiscono».
(il Manifesto)

Sono circa le 4 di pomeriggio, e all’areoporto di Milano-Malpensa le operazioni di check-in per il volo delle 18.00 per Tunisi sono appena cominciate, quando una trentina di nemici delle espulsioni inizia a volantinare ai passeggeri in attesa di imbarcarsi. Non è la prima volta che in un aeroporto succede una cosa del genere, ma oggi l’occasione è particolare: si tratta di impedire la deportazione di Hamid, recluso tunisino del Cie di via Corelli a Milano, cui il Giudice di Pace aveva prorogato la detenzione fino al 18 agosto, perché la Questura aveva già comprato i biglietti per quel giorno. Per la prima volta nella storia della lotta contro le espulsioni in Italia, quindi, si sapeva esattamente e con abbondante anticipo il giorno e l’ora di un volo delle deportazioni. E se Hamid perdeva quel volo, sarebbe stato liberato.
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«Otto del centinaio dei nordafricani attualmente ospiti del Cpa hanno inscenato una piccola rivolta prendendo a calci gli arredi e danneggiando porte e finestre. Una è stata sfondata e, mentre i nordafricani tentavano di calarsi all’esterno, sono intervenuti i servizi di sicurezza che li hanno bloccati prima che potessero raggiungere la recinzione che delimita il Cpa, all’interno dell’aeroporto militare di Elmas [Cagliari].»
da ANSA
«Intorno alle 3 di questa mattina i 43 immigrati extracomunitari trattenuti nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) “Serraino Vulpitta” di Trapani hanno tentato una fuga di massa dopo essersi calati dalle finestre del secondo piano della struttura e aver forzato la cancellata. L’intervento degli agenti ha permesso di bloccare e rintracciare nelle immediate vicinanze la maggior parte degli immigrati e solo 15 risultano al momento irreperibili. Nel tentativo di fuga potrebbero essere rimasti feriti alcuni immigrati, come è successo ad uno di loro che ha riportato una frattura alle gambe lanciandosi dalla finestra del centro. L’uomo si trova ora ricoverato in ospedale e potrebbe essere arrestato perché ritenuto, con altri sei, responsabile dei danneggiamenti messi in atto nel tentativo di fuga. Sulla posizione di questi cittadini stranieri la Questura di Trapani è in attesa della decisione del magistrato. (more…)
Roma, 18 agosto 2010 – “Le evasioni dai Cie avvenute in questi giorni confermano che le nostre preoccupazioni per i tagli del governo alle forze dell’ordine erano fondate.
Lo ha dichiarato il deputato dell’Unione di Centro Angelo Compagnon, coordinatore regionale Udc del Friuli Venezia-Giulia.
”Da mesi chiediamo un adeguamento sostanzioso di risorse umane e di mezzi per garantire davvero la sicurezza dei cittadini – ha spiegato Compagnon – e ci auguriamo che quanto avvenuto nel giro di 48 ore in più parti del Paese, con un tempismo e una concomitanza peraltro alquanto sospetti, induca l’esecutivo a provvedere con misure urgenti. La sproporzione tra il numero di agenti chiamati a vigilare nei Centri e quello degli immigrati ospiti di queste strutture era sotto gli occhi di tutti gia’ da tempo”.
”Per queste ragioni – ha concluso il deputato – presenterò un’interpellanza urgente ai ministri dell’Interno e dell’Economia, rispettivamente per quanto riguarda la sicurezza e le risorse necessarie alle forze dell’ordine”.
(stranieriinitalia)
Roma, 18 agosto 2010 – «Il periodo estivo è ogni anno quello in cui si registrano i maggiori tentativi di fuga o di fuga realizzata. È l’esito di una tensione che deriva dalle caratteristiche della struttura». Il sottosegretario degli Interni, Mantovano, commenta così a CNRmedia l’evasione di 30 immigrati dal Cie di Trapani nella notte. «L’obiettivo – ha annunciato Mantovano – è di aprire in qualche mese dei Cie anche in regioni densamente popolate come la Campania, il Veneto, la Toscana e il Piemonte dove fino a questo momento non Š stato possibile».
«Dal primo gennaio di quest’anno – prosegue il sottosegretario – sono circa 9.300 i clandestini che passando attraverso i Cie sono stati riaccompagnati nei paesi di origine. Il che dimostra l’efficacia del meccanismo dell’espulsione. Inoltre i Cie italiani hanno standard di qualità di vivibilità certamente migliori in Europa. Basta pensare a quello che è accaduto in Francia a Calais o nelle enclave spagnole di Ceuta e Merilla per capirlò», conclude Mantovano.
Alcune decine di immigrati sono fuggiti in nottata dal Centro di identificazione ed espulsione “Serraino Vulpitta” di Trapani. Otto sono già stati bloccati e riportati all’interno della struttura. Secondo una prima ricostruzione gli extracomunitari si sarebbero calati da una finestra. Durante la fuga alcuni di loro sarebbero anche rimasti feriti, come testimoniano tracce di sangue trovate dagli investigatori nei pressi del Centro. Gli immigrati sono trattenuti presso il Cie con un provvedimento amministrativo, in attesa che venga deciso l’eventuale rimpatrio coatto.
«Queste fughe sono dovute al sovraffollamento dei Cie». Lo ha detto a CNRmedia Felice Romano, segretario generale del sindacato di Polizia Siulp, commentando l’evasione di circa 30 migranti dal Centro di detenzione e espulsione di Trapani la scorsa notte. «Purtroppo rispetto alle intenzioni preannunciate dal governo di costruire un Cie per regione – prosegue Romano – l’obiettivo non è stato raggiunto: i pochi centri esistenti sono troppo pieni». «Tra l’altro con l’impiego dell’esercito la propensione ad evadere da parte degli ospiti si è accentuata moltissimo – aggiunge il segretario generale della Siulp – perchè i militari non sono abituati alla gestione di una detenzione non coercitiva come quella dei Cie». Romano auspica anche una revisione delle norme sull’immigrazione «in particolare per quei soggetti che arrivano regolarmente nel nostro Paese e poi per cavilli normativi sono costretti alla clandestinità».
«Siamo ai soliti annunci, non è la prima volta che si parla di costruire nuovi Cie ma poi nulla. Piuttosto, colpisce quello che il governo non dice più: cioè, a che punto sono gli accordi bilaterali con gli altri Paesi e la programmazione dei flussi. Su questi temi c’è il totale silenzio». Lo afferma la deputata del Pd Livia Turco, responsabile Immigrazione del partito, commentando l’intervento del sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano.
(il Messaggero)
A Gradisca d’Isonzo cinque degli undici reclusi che erano riusciti a scappare in seguito all’evasione di Ferragosto sono stati catturati ieri sera. E mentre la polizia è ancora alla ricerca degli ultimi sei evasi, la prefettura di Gorizia ha raccomandato a Connectng People, il consorzio di cooperative che gestisce il centro, di «vigilare all’interno delle camerate per scongiurare altri disordini e altre fughe». Insomma, ai gestori dei centri si richiede sempre di più di fare il lavoro delle guardie. E non solo a Gradisca d’Isonzo.
Sentite infatti che cosa ha dichiarato il commissario della Croce Rossa Alberto Bruno riguardo alla rivolta di Milano: «si tratta di persone che hanno tutte un cellulare, che sono arrivate negli stessi periodi, e di uguale nazionalità. Evasioni e disordini diversi rispetto alle rivolte degli anni scorsi contro le condizioni di trattenimento, come quella del 14 agosto del 2009 che causò a Milano la condanna per danneggiamento e altri reati di 13 immigrati. Nelle rivolte, i responsabili avevano cercato di avere la massima risonanza mediatica avvisando, in alcuni casi, i mezzi di comunicazione, mentre le fughe di questi giorni non sono state ovviamente preannunciate. C’erano stati danneggiamenti importanti, con l’incendio di materassi e la devastazione di arredi e suppellettili. Negli ultimi casi, invece, i disordini sono apparsi più dei diversivi per distrarre le forze dell’ordine.»
Senza entrare nel merito di queste considerazioni, è interessante proprio il fatto che a formularle non sia un Questore o un Prefetto, ma uno dei dirigenti dell’ente che gestisce il centro. Evidentemente, oltre a svolgere la funzione delle guardie, gli sarà stato raccomandato di stilare una dettagliata analisi strategica dell’evoluzione delle rivolte nei Cie da un anno a questa parte.
Sempre da Milano, infine, ci sono arrivate alcune immagini che testimoniano la repressione della rivolta di Ferragosto. Le foto sono state scattate di notte e non sono molto nitide, ma si intravedono chiaramente due prigionieri stesi a terra.

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Ferragosto in libertà per un bel gruppo di reclusi del Cie di Gradisca. Ieri una quarantina dei 130 reclusi del Centro si sono scagliati contro i cancelli del campetto di pallone. Dopo essere riusciti a far saltare i lucchetti, in venticinque hanno scavalcato il muro di cinta per corrersene via. Alcuni sono stati ripresi subito, altri già stamattina, ma a quanto ammette la stessa Prefettura di Gorizia a zonzo ci sono ancora almeno 11 persone. Noi auguriamo loro buon viaggio, e di tutto cuore. Ci è difficile immaginare come sia ridotto oramai il Centro, dopo anni di continue rivolte, di fughe e anche di repressione ferocissima. Sentite cosa hanno dichiarato in proposito, solo qualche settimana fa, gli operatori di Connecting People: il Cie di Gradisca «è un carcere a basso costo che utilizza una struttura totalmente inadeguata. […] Da luglio 2009 abbiamo subìto 15 aggressioni, in due casi estremamente gravi, e la situazione non è migliorata. Siamo costretti a lavorare nel terrore, in una situazione di totale insicurezza, con telecamere spente e sensori a infrarossi fuori uso a seguito dei ripetuti tentativi di fuga. Molte delle paratie in vetro antisfondamento posizionate nelle camerate, poi, sono ormai sbriciolate, ma da settimane non vengono sostituite». Deve essere un vero disastro, se addirittura i sottoposti di personaggi come Giuseppe Scozzari, Mauro Maurino e Luigi Del Ciello cominciano a lamentarsi ad alta voce. Chissà che qualcuno non si decida finalmente a cambiar lavoro.
Del Ferragosto milanese vi abbiamo già raccontato ora per ora questa notte, ed eccovi un riassunto un po’ più ordinato della faccenda. Ieri sera, intorno alla una e mezza, almeno una trentina di reclusi di Corelli salgono sul tetto. Arrivano da tre sezioni, tra le quali anche la sezione B, la sezione femminile che era stata vuotata dalle donne per essere riempita di uomini appena sbarcati e che dell’Italia conoscono solo i Centri. Tra tutta la gente che sale sul tetto, solo in quattro provano concretamente a scappare e solo uno di loro riesce a saltare l’ultimo muro e darsela a gambe: gli altri tre vengono ripresi ancora dentro alla struttura. Per chi è rimasto sul tetto, invece, inizia una vera e propria mattanza: «come al G8 di Genova», dicono. La polizia tira giù dal tetto le persone e le prende a manganellate sulla testa e sul viso. Gli agenti infieriscono su chi è a terra: in tre non riescono più ad alzarsi, perché sono svenuti a forza di colpi. Sono questi i feriti più gravi, quelli che ancora adesso sono all’ospedale. Gli altri feriti, e sono molti, vengono invece chiusi nelle stanze. Secondo la Questura, i denunciati per questa rivolta sono diciotto e sarebbero “a piede libero” – che poi vuol dire che continueranno a starsene rinchiusi nel Centro. Fuorché il fuggiasco, ovviamente, che è a “piede libero” veramente.
Ascolta la voce di un recluso milanese, che al racconto della rivolta affianca brandelli della sua storia, che alcuni di voi conoscono già:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/ferragosto-a-milano.mp3]
Del Ferragosto nel Cie di Restinco, a Brindisi, vi abbiamo già raccontato quel poco che si sa. E non è male, visto che dieci dei fuggiti sono ancora liberi.
Leggimi in lingua francese.
Italie : évasions à Milan, Brindisi & Gradisca pour le week-end du 15 août
Brindisi : « Une trentaine d’immigrés clandestins se sont évadés du centre de rétention de Restinco, aux portes de Brindisi, en franchissant le mur d’enceinte. Lors de leur fuite, certains se sont blessés aux jambes à cause de la hauteur du mur. En quelques heures, une vingtaine d’entre eux a été repris et ramenés au centre. La police cherche les autres. »
Gradisca : Quinze août en liberté pour un beau groupe de retenus du centre de rétention de Gradisca. Hier, une quarantaine des 130 enfermés se sont lancés contre les grilles du petit terrain de foot. Après avoir réussi à faire sauter les cadenas, près de 25 ont escaladé le mur d’enceinte pour s’évader. Quelques uns ont été repris immédiatement, d’autres ce matin, mais selon la préfecture de Gorizia, il manque encore 11 personnes. Il est difficile pour nous, dehors, d’imaginer comment ce centre après des années de révoltes, d’évasions et de répression féroce.
Écoutez ce qu’ont déclaré il y a quelques semaines des employés de Connecting People [coopérative qui cogère le centre] : le centre de Gradisca “est une prison à bas coût qui utilise une structure complètement inadaptée. (…) Depuis juillet 2009, nous avons subi 15 agressions, dans deux cas extrêmement graves, et la situation ne s’est pas améliorée depuis. Nous sommes obligés de travailler dans la terreur, dans une situation d’insécurité totale, avec les caméras de surveillance cassées et les détecteurs infra-rouges hors d’usage suite aux tentatives d’évasion à répétition. La plupart des protections en verre renforcé placées sur les caméras sont désormais en miettes, et ne sont plus remplacées ». Ca doit être un vrai désastre si même leurs collabos comme Giuseppe Scozzari, Mauro Maurino et Luigi Del Ciello commencent à se plaindre à vois haute ! Qui sait si quelqu’un ne décidera pas un jour de changer de boulot.
Milan : Hier soir, vers 1h30 du matin, une trentaine de retenus au moins de via Corelli sont montés sur le toit. Ils provenaient des trois sections, y compris la B, soit la section femmes qui avait été vidée pour être immédiatement re-remplie d’hommes à peine débarqués sur les côtes italiennes. Parmi tous ceux qui sont montés sur le toit, seuls quatre ont tenté concrètement de s’évader, et un seul a réussi à sauter le dernier mur puis à courir : les trois autres ont été repris à l’intérieur du centre. Quant à ceux qui sont restés sur le toit, ça a été un massacre : “comme lors du G8 à Gênes” disent-ils. Les flics ont descendu les gens du toit et les ont frappés à coups de matraque sur la tête et au visage. Ils se sont déchaînés contre ceux qui tombaient à terre : trois ne réussissent plus à se relever, dans le coma à force de coups. Ils sont encore à l’hôpital. Selon la Préfecture, il y a 18 mis en examen pour cette révolte.
da Cettesemaine