Ferragosto a Milano

In questo momento, e sono le due meno un quarto della notte tra il 15 e il 16 di agosto, una quarantina di reclusi sono sopra al tetto del Cie di via Corelli, a Milano: la polizia e i carabinieri sembrano determinati a farli scendere con le buone o con le cattive.

Aggiornamento ore 2,20. La polizia e i carabinieri sono riusciti a far scendere i rivoltosi, con le cattive. Sono ancora in corso dei pestaggi, contro gente a terra. Non si capisce se, nella confusione, qualche recluso sia riuscito ad allontanarsi.

Aggiornamento ore 2,30. I pestaggi sono ancora in corso, ma qualche recluso in realtà è riuscito a resistere sul tetto. E qualcuno, in effetti, è scappato.

Aggiornamento ore 2,50. Due reclusi sono in viaggio per l’ospedale, dopo il pestaggio da parte della polizia.

Aggiornamento ore 3,10. Altri reclusi, circa una quindicina, sono stati fatti uscire dal Centro, non si sa se per essere trasferiti in ospedale o in Questura. Molti i feriti ancora a terra, curati sul posto. Di gente sul tetto non ce n’è più, e purtroppo quelli che erano riusciti a scavalcare le recinzioni sono stati ripresi.

Aggiornamento ore 12,30. Passata questa notte tanto movimentata e ricca di notizie contraddittorie, stiamo tentando di ricostruire la situazione in via Corelli. Questa mattina, in un intervento ai microfoni di Radio Blackout, un recluso ha raccontato che sicuramente almeno un suo compagno di prigionia ieri sera è riuscito a scappare, notizia confermata anche dalla Questura tramite i media. I feriti sono ancora all’ospedale e non si parla di arresti: i denunciati, a quanto dicono i giornali, sono diciotto e sarebbero “a piede libero” che poi vuol dire che continueranno a starsene rinchiusi nel Centro. Fuorché il fuggiasco, che è a “piede libero” veramente.

Uncora una fuga a Brindisi

«Una trentina di immigrati clandestini sono fuggiti dal Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Restinco, alle porte di Brindisi, scavalcando il muro di cinta. Durante la fuga, alcuni immigrati si sono feriti alle gambe proprio a causa dell’altezza dello stesso muro. A distanza di alcune ore, 20 clandestini sono stati rintracciati e riportati nella struttura. La polizia sta cercando gli altri fuggitivi.»

da Tgcom

Ferragosto

15 agosto. Fuochi artificiali di buon Ferragosto, fuori dal Centro di corso Brunelleschi. I reclusi di svegliano, escono dalle camerate e ringraziano rumorosamente.

Appello per tre giorni contro le espulsioni a Torino

Le continue ondate di proteste, rivolte, evasioni che periodicamente e in tutta Europa scuotono i Centri per immigrati senza documenti rivolgono ai nemici di ogni galera e di ogni frontiera una semplice domanda: come portare il proprio contributo concreto alla lotta contro le espulsioni?

Abbiamo compreso che la “guerra alla clandestinità” non è altro che il prolungamento sul fronte interno della politica imperialista della “fortezza Europa”. Siamo d’accordo che il ricatto dell’espulsione è una delle armi degli sfruttatori puntata alla tempia di tutti gli sfruttati, immigrati e non. Siamo schifati dall’ipocrisia umanitaria di quegli enti che, come la Croce Rossa, gestiscono veri e propri lager. Nessun dubbio, quindi: la lotta contro le espulsioni è una parte della guerra di classe e una battaglia per la libertà. Ma, evidentemente, sapere tutto ciò non basta.

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Presidio rimandato

Per una volta, il consueto presidio sotto al Cie di corso Brunelleschi è rimandato di due settimane: ci vediamo il 29 di agosto, dunque.

Prenotazioni

Intanto, una buona notizia. Il Giudice di Pace di La Spezia ha deciso di lasciare libera Ngom: contattata da Radio Blackout, è già tornata nel paesino della Lunigiana dove lavora.

E poi un’altra storia: non bella, certo, ma illuminante di quali possano essere i rapporti concreti tra i giudici, che debbon decidere la convalida e il prolungamento dei trattenimenti nei Cie dei senza-documenti, e gli Uffici immigrazione delle Questure che trattengono praticamente gli stranieri fino al momento del volo della deportazione.

È la storia di A., che da 24 da anni vive in Italia e che ha quattro figli nati qua, più uno che deve nascere. Un decreto di espulsione gli pende sulla testa sin da quando, qualche anno fa, ha finito di scontare una condanna in carcere: lui e il suo avvocato però si oppongono e il loro ricorso, passo dopo passo, si perde tra i vari gradi di giudizio previsti in questi casi e ancora adesso A. attende una risposta definitiva.

Nel frattempo, A. finisce dentro ai Centri per due volte. La prima volta in Sicilia: è in vacanza con tutta la famiglia, qualcuno dell’albergo sospetta che sia senza permesso di soggiorno e chiama i Carabinieri. I militari lo pigliano e lo portano al Cie di Trapani. Passano tre giorni e il giudice, informato del ricorso ancora pendente, non convalida il trattenimento e lo fa rilasciare. La seconda volta invece viene fermato a Milano poco più di un mese fa. Il giudice non vuol sentire ragioni e autorizza la Polizia a tenerlo chiuso in via Corelli per un mese in modo da avere il tempo di organizzargli il viaggio. Ma un mese non basta e la polizia chiede una proroga: questa volta, però, il giudice è un altro e, viste tutte le carte, visti i ricorsi pendenti e la famiglia in Italia, sarebbe ben disposto a farlo liberare. Ma i questurini protestano: il volo della deportazione è già prenotato, c’è un bel biglietto pronto e nominale per il 18 di agosto, e anche la scorta è allertata. Insomma, è tutto pronto e non si può certo perdere tutto ‘sto lavoro per niente. Non sappiamo se per assenza di coraggio o per filosofia di vita, il giudice si rimangia in un attimo tutte le considerazioni fatte fino a quel momento sul caso di A., sul ricorso pendente e sui bambini che rimarranno da soli e convalida il trattenimento sino alla data prevista per la deportazione. Un biglietto prenotato, del resto, non si può buttare via.

Giudici e tratti di penna

11 agosto. Breve visita di un gruppo di nemici della deportazioni, in mattinata, negli uffici dei Giudici di Pace di Torino, nel mezzo del quartiere delle Vallette, in solidarietà con Ngom. Scritte dentro al corridoio d’entrata («Giudici complici delle espulsioni», «Fuoco ai Cie»), volantini sparpagliati e uno striscione sull’esterno: «Stop deportazioni». Da quel che si sa, il gruppo si è allontanato indisturbato. Ecco il volantino lasciato negli uffici: (more…)

Consoli

Questa mattina, dentro al Centro di via Corelli, a Milano, è arrivato il funzionario del consolato d’Algeria. Così i poliziotti e i crocerossini hanno ordinato ai reclusi dell’area B di uscire per comparirgli innanzi. Loro però hanno rifiutato di muoversi, perché sapevano benissimo che non si sarebbe trattato di una chiacchierata di piacere e che la loro deportazione dipenderà proprio dal timbro che metterà il funzionario algerino dopo averli squadrati da vicino. I poliziotti del Centro han dovuto chiamare l’antisommossa e son riusciti a “convincere” i prigionieri ad uscire dalla gabbia, pian pianino pochi alla volta, solo quando i celerini schierati di fronte alle sezioni son diventati una cinquantina.

 

Ieri sera, poi, c’è stato casino in almeno due sezioni. Alcuni gruppi di reclusi, infatti, si son rifiutati di rientrare alla fine dell’aria e son stati, anche questa volta, convinti con maniere spicce: 6 i picchiati.

Un posto comodo

Padova, 10 agosto 2010 – Aveva scelto un posto comodo e silenzioso il tunisino B. M., 35 anni, di cui gli ultimi cinque passati a spacciare eroina ed hashish nelle piazze padovane per rifugiarsi la notte. Si era arredato alla meglio un ufficio dello stadio Appiani. Materasso poggiato su un bancale di legno, per comodino una scatola di cartone. Per alcune notti ha dormito nel silenzio più assoluto, in quello che per 80 anni è stato lo stadio del calcio Padova. Poi ieri mattina gli uomini delle volanti lo hanno preso in consegna. Dalle cronache giudiziarie di Padova M. mancava da alcuni mesi. I poliziotti infatti il 20 aprile lo avevano portato nel Centro di identificazione di Gradisca di Isonzo in attesa di un aereo che lo portasse forzatamente in Patria. Negli anni aveva collezionato una lunghissima serie di precedenti di polizia: arresto per spaccio di droga, per violenza e resistenza a pubblico ufficiale, ricettazione, lesioni volontarie. Scappato il 22 maggio dal Cie vicino a Gorizia, lì verrà riportato già domani in attesa del primo volo per la Tunisia.

Fuga a Lamezia

«Due extracomunitari ospiti del Centro identificazione ed espulsione di Pian del Duca, in attesa di essere rimpatriati nei loro Paesi, sono riusciti a fuggire. Hanno eluso la sorveglianza approfittando di un momento di confusione provocato dagli stessi immigrati che hanno inscenato una protesta ieri intorno alle 13. I due marocchini hanno superato il recinto facendo perdere le loro tracce nelle campagne circostanti. Immediatamente sono scattate le ricerche. Sul posto di rinforzo agli agenti della polizia e dell’esercito del servizio di sorveglianza del Cie sono arrivati i rinforzi per la ricerca degli evasi. Sul luogo anche carabinieri e Fiamme gialle che in coordinamento con le altre forze dell’ordine hanno predisposto all’esterno della struttura una vasta cintura di sicurezza per evitare la fuga di altri immigrati e di consentire agli addetti alla sorveglianza di reprimere la piccola rivolta durata un paio d’ore. Durante la sommossa, sono stati danneggiati alcuni servizi igienici. Per la ricerca degli evasi sono state allertate tutte le forze di polizia sul territorio. Le operazioni sono coordinate dal capo del commissariato lametino Pasquale Barreca, dell’attività investigativa si occupa il responsabile della squadra di polizia giudiziaria Saverio Mercurio. Quella di ieri è la settima evasione messa a segno dagli immigrati e la prima di quest’anno. Quattro sono state impedite dall’intervento delle forze di polizia, tre sono finite con la fuga degli extracomunitari. Complessivamente gli immigrati scappati dal centro sono 13, tre sono stati rintracciati.»

da Lameziattiva

 

Aggiornamento 10 agosto. A detta dell’ineffabile Raffaello Conte – presidente della Cooperativa “Malgrado Tutto” che gestisce il Centro – i due fuggiaschi sarebbero stati ripresi. Vi riportiamo le sue parole: «li abbiamo ripresi». Mancando altri riscontri non possiamo dirvi se sia vero o meno che i due siano di nuovo prigionieri. Ma sicuramente possiamo farvi notare quanto bastino tre parole perché Conte si riveli schiettamente per quello che è: un carceriere. Con buona pace di alcuni suoi colleghi che ancora vanno a raccontare in giro di gestire i Cie per dare assistenza ai trattenuti o addirittura per favorire «l’emancipazione e l’integrazione dei migranti del nostro paese».

Leggimi in Francese.

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