Roma, 9 agosto 2010 – Gli sbarchi sulle coste italiane sono diminuiti nell’ultimo anno dell’88 per cento, afferma il Viminale.Cifra che raggiunge il 98 per cento se si tiene conto degli immigrati che hanno raggiunto Lampedusa, Linosa e Lampione. Secondo la Caritas gli sbarchi sono ripresi ma i trafficanti hanno cambiato le rotte. ‘I numeri smentiscono chi sostiene che c’e’ stato un aumento degli sbarchi di immigrati clandestini’, afferma il ministro Maroni.
(ANSA)

Sabato sera, intorno alla una di notte, gran parte dei reclusi della sezione E del Cie di Milano e parte dei reclusi della sezione B (la ex sezione femminile adesso riempita di uomini appena sbarcati) sono saliti sul tetto per iniziare “un bel casino” solo che sul tetto ci hanno trovato… la polizia già pronta a riportarli giù. Probabilmente intimoriti dall’eventualità di innescare ulteriori focolai di rivolta i poliziotti, dicono da dentro, hanno mantenuto un atteggiamento tutto sommato tranquillo, chiudendo tutti nelle camerate ma senza toccare nessuno. Le voci che qualcosa sarebbe successo in serata già circolavano nel pomeriggio e probabilmente anche questo ha messo in allarme la polizia che si è preparata per tempo.
Intanto il ragazzo che si è rotto il piede durante il tentativo di fuga di domenica scorsa continua a starsene a letto, aiutato dai suoi compagni giusto per andare al bagno. Ci tiene che questa sua foto, che ha fatto pervenire ai solidali milanesi, circoli: non ce la fa più, i crocerossini gli hanno negato ogni sostegno e persino le stampelle. Intanto, ora che la sezione ex-femminile è piena, anche la presenza di polizia, carabinieri e militari nel centro è aumentato considerevolmente.
A Trapani, invece, sono stati arrestati due dei trattenuti nel Centro “Serraino Vulpitta”, al termine di una sommossa scoppiata nella notte tra giovedì e venerdì. Secondo un quodidiano locale, «gli immigrati sarebbero improvvisamente insorti contro il personale di guardia, nella speranza di raggiungere l’uscita del centro di trattenimento. Il piano, attuato anche attraverso il danneggiamento di mobili e lanci di suppellettili vari, è tuttavia fallito con l’intervento in forze di polizia e carabinieri.»
Roma, 7 agosto 2010 – Nel corso di una maxi operazione antiprostituzione della Questura di Roma, 60 unita’ operative hanno setacciato senza sosta in 24 ore le zone Salaria, Prenestina, Flaminio, Aurelio, Monteverde, Casilina, San Paolo, Aurelia, Vescovio e Fidene. Sono 262 tra prostitute transessuali le persone fermate e condotte all’ufficio immigrazione, 201 allontanati, 19 espulsi, 21 denunciati, 50 le misure di prevenzione adottate. Nel corso dell’operazione qualcuno alla vista delle Volanti ha tentato di nascondersi, qualcun’altra ha provato a scappare scavalcando muretti verso terreni abbandonati dove potersi sottrarre ai controlli. Due transessuali, nel corso dell’operazione hanno opposto resistenza agli agenti, ed e’ stata successivamente arrestata.
Per altri 2 sono scattate le manette perche’ inottemperanti all’ordine del Questore. Volanti, Commissariati, Ufficio Immigrazione, Divisione Anticrimine e Polizia Scientifica hanno lavorato in sinergia a ranghi serrati dalle ore 8.00 del 5 agosto fino all’alba del giorno dopo. Prevalentemente rumene, 27 anni l’eta’ media delle prostitute. Con l’operazione effettuata la Questura ha messo in atto una nuova strategia di contrasto della prostituzione, pianificata sulla base delle direttive dettate dal Questore Tagliente, sulla base della mappatura del fenomeno, nell’ambito del patto “Roma Sicura”. Il “contrasto a blocchi”, attuata per competenze dai singoli Uffici, cede il passo ad un’azione integrata tra le diverse articolazioni e divisioni di via S. Vitale. In particolare, l’azione su strada affidata alle Volanti ed ai Commissariati, impegnate con i rispettivi Dirigenti, si completa con l’ingresso in campo dell’Ufficio Immigrazione e della Divisione Anticrimine, investite dell’istruttoria e della adozione rispettivamente dei provvedimenti di espulsione ed allontanamento dei cittadini stranieri, nonche’ delle misure di prevenzione eventualmente applicabili. Incisiva l’azione dell’Ufficio Immigrazione, la cui Squadra espulsioni ha consentito l’adozione di 19 provvedimenti di espulsione a carico di stranieri non in regola con la normativa sul soggiorno, accompagnate al CIE. Sono invece 201 i provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale di cui destinatari sono cittadini comunitari ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica. Per altre 21 comunitarie e’ scattata invece la denuncia per la violazione del provvedimento di allontanamento gia’ adottato nei loro confronti. Nei confronti di 50 prostitute transessuali ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica il Questore ha adottato altrettante misure di prevenzione, tra cui avvisi orali e fogli di via obbligatori con divieto di ritorno nel comune di Roma, all’esito dell’istruttoria della Divisione Anticrimine e sulla base dei precedenti riscontrati a loro carico.
(AGI)
Roma, 07 agosto 2010 – Una struttura che da sola, in 20 mesi, ha ricevuto 330 mila persone. Come un grande comune italiano, composto da cittadini stranieri. E’ l’Ufficio immigrazione della Questura della Capitale, coinvolto nelle ultime 24 ore nel maxi controllo anti prostituzione a Roma e provincia disposto dal neo questore di Roma, Francesco Tagliente.
Dall’inizio del 2009 a oggi gli investigatori coordinati dal dirigente Maurizio Improta hanno rilasciato circa 190 mila permessi di soggiorno, esaminando 33 mila pratiche per l’ultima sanatoria, con 8mila richieste di ricongiungimento familiare e 3.500 di cittadinanza. Una mole di lavoro straordinaria per il complesso in via Teofilo Patini (visitato proprio dal questore qualche giorno fa), al quale collaborano anche il Cie di Ponte Galeria e l’ufficio distaccato attivo dal luglio dello scorso anno all’aeroporto di Fiumicino.
Oltre 12 mila gli stranieri allontanati o espulsi. Nella lotta all’immigrazione clandestina nello stesso periodo la polizia ha rimpatriato, con scorta, 2.100 cittadini extracomunitari e notificato 1.200 provvedimenti di allontanamento ad altrettanti comunitari ritenuti pericolosi. Ottomila sono stati invece i decreti di espulsione e altri 1.600 quelli emessi nei confronti di stranieri inottemperanti al decreto di espulsione. Nell’ambito del Piano nomadi, invece, l’Immigrazione ha identificato 2.200 persone nei controlli svolti al Casilino 900, poi chiuso, e nei campi della Martora (in chiusura), Tor de’ Cenci, Gordiani e Salone.
(Corriere della sera)
Sassuolo, 07 agosto 2010 – Un cittadino straniero si è presentato nei giorni scorsi all’ufficio denunce del Commissariato per presentare una semplice dichiarazione di smarrimento di una richiesta di regolarizzazione in atto. Il giovane di nazionalità tunisina di modi garbati e ben vestito durante l’espletamento delle formalità burocratiche ha intrattenuto l’Ispettore di Polizia con confidenze personali sulla sua vita privata in Sassuolo.
L’Ispettore così in maniera graduale col passare dei minuti, ha “ispirato” lo straniero facendosi confidare informazioni soprattutto sulla sua attività lavorativa. Lo straniero raccontava di aver lavorato per sedici mesi come artigiano-muratore alle dipendenze di una ditta il cui datore di lavoro era il suo vicino di casa. Ben presto l’Ispettore inizia a sospettare qualcosa soprattutto quando le circostanze dei fatti non coincidevano appieno con il racconto.
In sostanza lo straniero aveva lavorato per 16 mesi in condizioni di clandestinità senza percepire un regolare stipendio dal datore di lavoro che si era offerto di sanare la sua posizione presentando domanda di regolarizzazione. Chiedeva allo straniero 500 Euro per le spese che doveva lui sostenere per presentare la domanda comunicandogli che era “tutto a posto! ” : Trascorso inutilmente del tempo lo straniero E.M. nato nel 1980 e residente in città smarrisce la ricevuta senza la quale non può dimostrare di essere inespellibile. Ben presto l’Ispettore scopre che la ricevuta non era quella regolare ma semplicemente copia del versamento INPS ( cosiddetto F24 ) senza il timbro di avvenuto pagamento. Capisce quindi che lo straniero era stato truffato dal datore di lavoro che non solo lo aveva assunto “in nero” per 16 mesi ma addirittura avrebbe intascato del denaro per la presentazione della regolarizzazione mai avvenuta.
Al termine delle formalità di rito il giovane straniero è stato associato al C.I.E di Modena per l’espulsione dal territorio dello Stato e il datore di lavoro C.T. nato nel 1967 in Campania e residente a Maranello è stato denunciato all’A.G. per truffa aggravata.
(Corriere di Sassuolo)

Qualche notizia dai Cie in questa settimana. A Milano, domenica mattina, tre reclusi hanno tentato la fuga dalla sezione E, senza riuscirci. Uno dei tre si è fatto molto male al piede e solo nel pomeriggio, dopo molte pressioni, è stato portato all’ospedale dove è stato ingessato. Poi è stato riportato al Centro: da quasi una settimana se ne sta lì dove ovviamente non riesce a far nulla, neanche ad andare in bagno da solo.
Venerdì mattina, a Gradisca, un recluso con i piedi ingessati (nella foto) ha lamentato dolori e ha chiesto di essere curato, e per tutta risposta è stato malmenato dalla polizia. I suoi compagni, per protesta, hanno buttato per terra il pranzo, e la situazione è rimasta tesa per tutta la giornata.
Intanto è arrivato un ulteriore bilancio da Bari dopo la rivolta della settimana scorsa. Dei diciotto fermati inizialmente, di diciassette è stato convalidato l’arresto. Quattro di loro sono ancora all’ospedale, e gli altri in carcere. C’è anche un ferito, all’occhio, dentro al Centro. Il processo inizierà dopo Ferragosto.
Teniamo la bella notizia per ultima. A Brindisi, nella notte di giovedì, sedici reclusi hanno provato a scappare, e in otto ce l’hanno fatta. Due marines della San Marco sono rimasti feriti, lievemente, mentre un recluso si è fratturato un piede: queste, almeno, sono le nostizie filtrate sui quotidiani locali.
Leggi la notizia della fuga di Brindisi in lingua francese.
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Roma, 5 agosto 2010 – Da oggi parte formalmente il nuovo finanziamento, fino alla fine dell’anno, dell’operazione ‘Strade sicure’, gia’ in corso e che prevede l’utilizzo di militari, in collaborazione con le forze dell’ordine, per pattugliamenti a piedi nelle citta’ (insieme a carabinieri o poliziotti), per la sorveglianza degli obiettivi sensibili e per la sorveglianza dei CIE (i Centri di Identificazione ed Espulsione per gli immigrati clandestini). Lo ha annunciato il ministro della Difesa Ignazio La Russa nel corso di un incontro con i giornalisti a Montecitorio. I militari impiegati, ha ricordato il ministro, sono 4.250 – 1.467 di pattuglia, 1.628 per la vigilanza a siti sensibili e 1.095 per la sorveglianza nei CIE – e contribuiscono a ”quella necessaria opera di prevenzione che si affianca all’azione repressiva”. Dovunque sono stati utilizzati, nota infatti il ministro, ”i reati sono diminuiti, in alcuni casi di oltre il 40% rispetto a dati precedenti”.
L’impiego dei militari, inizialmente previsto nelle citta’, e’ stato allargato alla provincia, spiega La Russa, ”arrivando a coprire i luoghi di vacanza, i luoghi di maggiore aggregazione turistica come per esempio Venezia, Rimini”. L’indennita’ giornaliera per i militari, che si aggiunge ovviamente allo stipendio, assicura La Russa, e’ stata equiparata a quella delle forze di polizia ed e’ uguale a 26 euro per chi lavora fuori sede e 13 euro per chi lavora in sede.
(ASCA)
Viterbo, 3 agosto 2010 – “Sulla situazione sanitaria nel Cie di Ponte Galeria ho convocato le parti interessate per definire, chiarire e risolvere il problema. E così è stato. Da settembre il servizio tossicodipendenze per il centro sarà potenziato”.
Così il presidente della IX commissione consiliare permanente, Lavoro e politiche sociali, Maurizio Perazzolo (Lista Polverini), a seguito della riunione con il viceprefetto di Roma, la dottoressa Paola Varvazzo, i rappresentanti della Asl RM D e il dr Giuseppe Sangiuliano, in rappresentanza della Cooperativa Sociale Auxilium, affidataria da parte della Prefettura della gestione sanitaria del Centro di identificazione ed espulsione.
“Per garantire la continuità assistenziale ai cittadini stranieri presenti nel Cie – ha spiegato Perazzolo -, soprattutto coloro che sono affetti da dipendenze, il Ser. T della Asl RM D verrà incrementato di 12 ore di medicina dei servizi.
Fino ad allora, per tutto il mese di agosto, il servizio sarà comunque garantito con le modalità già messe in atto dalla Asl. In caso di particolare necessità e urgenza, le prestazioni potranno essere effettuate anche dal personale presente nel centro”.
(tusciaweb)
Rovigo, 02 agosto 2010 – Giovanna Pineda, assessore alle pari opportunità, alla pace e ai diritti umani al comune di Rovigo, scrive sull’ipotesi di un Cie in città:
la notizia è di qualche giorno fa, ma subito mi sembrava così assurda che non l’ho considerata. L’ho rimossa. Grande sbaglio! «Quando un uomo pensa una stronzata a Singapore, a Rovigo si avvera», cita il famoso blog satirico Monello Vianello. E così anche questa volta. Ma sull’ipotesi del Cie a Zelo c’è veramente poco da ridere. Certo che dopo la centrale a carbone, il terminal gasiero, la piattaforma off-shore, ci mancava solo un lager per migranti al nostro già martoriato territorio. Ma è questo che il Polesine deve pagare per essere in Veneto? Ora ci mancava solo il Cie, e solo perché Zaia deve togliere dall’imbarazzo l’amico Tosi [a Verona non lo vogliono e lui, a ragione, ha una paura folle di perdere consenso]. «Ma a Rovigo va ben tutto, si bevono qualsiasi cosa gli proponga, stai tranquillo», così gli avrà risposto il nostro caro presidente … ma vi rendete conto come siamo ridotti?
Ma non sono queste le considerazioni che voglio fare. Vorrei spiegare alle persone cosa è veramente un Cie, perché sicuramente molti non lo sanno, dato che, e non è un caso, è quasi impossibile entrarci ed avere informazioni a riguardo.
I Cie [ex Cpt] sono delle vere e proprie carceri-lager dove gli immigrati irregolari possono essere rinchiusi fino a 180 giorni in attesa dell’espulsione. Si tratta di luoghi dove – come denunciato da varie organizzazioni come Medici senza frontiere – le condizioni igenico-sanitarie sono pessime, il cibo insufficiente, si fa uso massiccio di psicofarmaci, si impedisce qualsiasi diritto alla difesa. Luoghi di sospensione del diritto dove numerosissimi sono gli episodi di violenza sui detenuti e i suicidi.
Per finire in un Cie non serve commettere crimini, basta essere sprovvisti del permesso di soggiorno o averlo scaduto [per esempio semplicemente perché si è perso il lavoro]. Per una semplice irregolarità amministrativa si privano esseri umani della propria libertà e dignità, spesso si è vittime invisibili di abusi e violenze, e quando si è visto un po’ troppo, cioè si diventa un testimone scomodo, è facile anche sparire nel nulla. Molti familiari hanno denunciato sparizioni di parenti e amici. Naturalmente per loro si teme il peggio. Quando va bene si rinchiudono per 180 giorni in un carcere e si provvede alla loro espulsione, magari separandoli da mogli/mariti/figli con cui da anni vivono in Italia.
Ma il fatto più sconcertante è che spesso nei Cie vengano recluse donne vittime di violenza, che finalmente hanno trovato il coraggio di denunciare il loro aguzzino, ma per tutta risposta vengono rinchiuse in questi lager, perché a loro volta ree di non avere il permesso di soggiorno in regola. Questo fatto increscioso è già successo più volte, anche a Rovigo purtroppo: una donna, stanca di essere vittima passiva, si rivolge fiduciosa alle forze dell’ordine per denunciare il proprio carnefice e chiedere aiuto, e in risposta viene invece portata in un Cie in attesa della sua espulsione. Il paradosso è che la vittima viene reclusa, in quanto colpevole di non avere il documento, mentre il vero colpevole della violenza rimane libero e impunito, libero di massacrare qualche altra donna senza documenti.
Ma vi rendete conto? Ma può un pezzo di carta avere più valore della stessa vita umana? Sembra quasi un gioco perverso, ma qui si sta giocando con la vita delle persone. L’assurdo poi si è raggiunto con la storia di Faith, ragazza nigeriana, che per un caso analogo, ha denunciato il suo aggressore che la stava violentando, ma essendo priva di documenti è stata subito trasferita nel Cie di Bologna e poi rimpatriata.
Le leggi inique che vigono in Nigeria, paese famoso per non brillare di democrazia, non permettono ad una donna nemmeno la legittima difesa, e quindi Faith rischia la pena di morte. Il suo avvocato e varie associazioni hanno fatto appelli su appelli, ma tutto fin’ora è stato inutile, anche la richiesta di asilo politico.
Benché l’Italia sia uno dei paesi promotori della moratoria contro la pena di morte, lo stato italiano non ha esitato a consegnare ai suoi assassini una donna che ha saputo con coraggio reagire alla violenza maschile, una donna da cui tutte abbiamo tanto da imparare. La deportazione di Faith è un monito contro tutte le donne che si ribellano alla violenza maschile.
Per quanto tempo ancora intendiamo tollerare la presenza dei Cie – lager in cui le donne sono spesso sottoposte a ricatti sessuali, molestie e violenze per poi essere rimpatriate col rischio di essere addirittura uccise?
Cosa servono tutti gli appelli fatti per far sì che le donne denuncino le violenze subite, se poi questi sono i risultati?
Si può chiamare civile uno stato che non tutela allo stesso modo le persone, che accetta che la legge non sia uguale per tutti e per tutte?
Nemmeno un settimana fa c’è stata una grande manifestazione contro la violenza, proprio a pochi Km da Zelo, a Badia. Questa manifestazione aveva come slogan «Io non voglio aver paura. No alla violenza». Spero che questa pubblica forte indignazione e denuncia, molto lodevole, non si leghi ad un singolo episodio, ma si ripeta con fermezza davanti ad ogni violenza, e purtroppo temo che non ne mancheranno le occasioni. Gli organizzatori non me ne vogliano però se riprendo parte del loro stesso slogan, integrandolo: Io non voglio aver paura di denunciare sempre la violenza! Ovunque essa sia: in casa, per strada e anche nei Cie.
Rovigo, 02 agosto 2010 – Il dado è tratto e i cantieri per trasformare l’ex base missilistica di Zelo (Rovigo) nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) del Veneto, dovrebbero partire già entro la fine dell’anno. Non c’è ancora una comunicazione ufficiale, ma sembra proprio che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, sia pronto a oltrepassare non la linea del Rubicone, bensì quella del Tartaro, il fiume che divide in due questa Rio Bo al confine tra le province di Rovigo e Verona. Una scelta condivisa in primis con il presidente della Regione, Luca Zaia e, a quanto pare, caldeggiata anche dal sindaco Flavio Tosi che, altrimenti, avrebbe avuto il suo bel daffare per spiegare a Verona e dintorni la collocazione a Bovolone o Isola Rizza, in pole position nelle scorse settimane. Dismessa definitivamente nel maggio 1999, la base di Zelo, del resto, ha tutte le carte in regola per ospitare uno di questi centri di identificazione per clandestini, considerati alla stregua di campi di concentramento da associazioni come Amnesty International e Medici senza frontiere.
A disposizione ci sono ben venti edifici, pronti a trasformarsi in camerate per gli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno. L’insieme dei capannoni offre una superficie di circa diecimila metri quadrati coperti, disseminati in un’area scoperta prossima ai settantatremila. E, sopratutto, non ci sono grossi centri abitanti nei paraggi e, dunque, si limita il numero dei potenziali scontenti. In paese, però, ignorano di essere diventati l’oggetto principale del dibattito politico in Veneto, con il centrodestra pronto a dividersi (già iniziate le scaramucce tra il Pdl polesano e quello veronese) e il centrosinistra deciso a schierarsi con un no netto, attraverso l’annuncio di un’interrogazione urgente per iniziativa del consigliere regionale polesano del Pd, Graziano Azzalin. Varcata la soglia del bar Sole in via Roma a Zelo, la via principale in un centro con non più di cinque strade, la notizia che sta per arrivare nell’ex base una struttura detentiva per clandestini è comunque un buon motivo per interrompere la milionesima partita a briscola. Già, perché la sorpresa è davvero tanta: nessuno sa nulla. O meglio, tutti sapevano che la base sarebbe stata presto recuperata, ma ciascuno offre una versione diversa sul progetto da realizzare. Quattrocento abitanti, quattrocento versioni differenti.
C’è chi parla di un fantomatico ingegnere intenzionato a costruire un campo energetico solare, chi invece assicura che l’Aprilia sia lì lì per impiantare un centro collaudi per le proprie motociclete o, ancora, chi indica addirittura un’opzione dal nome esotico: art expo. «E’ passato qui un imprenditore di Padova – racconta la barista Antonella – e aveva assicurato che erano pronti ad aprire un’esposizione di arte contemporanea nella vecchia base missilistica. Mi ero anche resa disponibile a gestire il bar lì dentro». Ma del Cie non vi è alcuno che sappia qualcosa. La notizia appena appresa non viene certo accolta con favore. «Caspita, abito proprio lì vicino – riprende la ragazza – se qualcuno scappasse di là, non so se potremmo stare tranquilli. Non mi si fraintenda: qui un quarto degli abitanti è straniero e sono tutti lavoratori bene integrati. Ma quelli chi li conosce?». C’è un altro tipo di extracomunitario che, invece, sarebbe ben gradito: il miltare statunitense. L’esercito Usa, del resto, da queste parti c’è stato dal 1964 al 1988, distaccato presso la 79˚ squadriglia intercettori teleguidati, che aveva le chiavi della base. «Altro che Cie, qua ci riprenderemmo volentieri gli americani – dice convinta una ragazza – a Vicenza non li vogliono più? Li mandino qua al posto dei clandestini». Chi ha i capelli bianchi ricorda quel periodo come una sorta di età dell’oro. Poi il declino del paese, testimoniato dalla vecchia trattoria ormai diroccata su Strada Oratorio o dallo strano «grattacielino» di cinque piani che si erge arrogante attorniato da casette basse, tanto malconcio da ricordare una casa abbandonata in fretta e furia in uno scenario di guerra. Qualche voce fuori dal coro dei no al Cie, comunque, c’è. Al negozio di alimentari il proprietario Giorgio Mariotti accoglie con favore la notizia: «Era un peccato che la struttura fosse abbandonata. Se arrivasse questo centro, sarebbe una bene per il paese». Una vecchia signora dall’aria mite annuisce: «Ha ragione, basta che ci assicurino che quella gente non esca di lì».
(Corriere del Veneto)