Brunelleschi come Kabul

Torino, 23 luglio 2010 Vista l’aria che tira in Regione, qualcuno avrà pensato che la rabbia di Roberto Cota fosse arrivata alle estreme conseguenze. Mercedes Bresso e i suoi tirino pure un respiro di sollievo: i 15 militari richiesti dal governatore leghista del Piemonte, in arrivo nei prossimi giorni a Torino, verrano impiegati come supporto al personale del Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di corso Brunelleschi, ultimamente teatro di scontri e momenti di tensione tra forze dell’ordine e clandestini detenuti. Del resto il presidente Cota non può certo passare tutto il tempo a parare gli affondi di carte bollate che provengono dall’ex zarina del Pd; ha anche una regione da mandare avanti. E in questa chiave Cota, vestiti per l’occasione i panni del governatore sceriffo, ha incontrato mercoledì sera il collega leghista e ministro dell’Interno Roberto Maroni per chiedergli l’invio dei soldati.

(il Giornale)

Sabri giù dal tetto

sabri

E alla fine, dopo tre giorni di ostinata resistenza sul tetto, gli uomini di Maroni si sono presi Sabri. Sono arrivati poco dopo le sei del mattino, con la Celere e i Vigili del Fuoco – che un giorno o l’altro dovranno spiegare esattamente che mestiere fanno, ora che si son messi pure a dar sostegno alle deportazioni -, hanno scavalcato il blocco troppo fragile che i compagni facevano di fronte agli ingressi (quindici su via Mazzarello e quindici alla vecchia entrata di via Monginevro) e lo hanno tirato giù dal tetto: secondo gli altri reclusi dell’area viola, che hanno assistito alla scena, sarebbe stato ferito. Intanto, i compagni che  avevano passato tutta la notte in presidio hanno provato a bloccare le due strade che portano al Centro e sono stati presi a manganellate e spintoni, e buttati per terra: nonostante queste scaramucce, però, le strade son rimaste chiuse, bloccate dai solidali ma anche dalla polizia che evidentemente voleva avere mano libera per fare i propri comodi.
Intorno alle sette, una macchina stipata di poliziotti in borghese ha portato via Sabri, seguita da un’ambulanza e dopo una mezz’oretta i compagni hanno tolto i blocchi e se ne son tornati al presidio in corso Brunelleschi.
In questo momento non si sa se Sabri sia in aeroporto, o in Questura, o in qualche ospedale. La sua lotta, però, non è ancora finita: è diventata la lotta di molti che come lui non accettano che la macchina delle espulsioni possa funzionare senza intoppi, così,  come se fosse normale. A Caselle c’è chi sta spiegando ai viaggiatori che Sabri è un prigioniero che ha saputo lottare, e che va aiutato. A Roma, gli antirazzisti che presidiavano il tribunale in solidarietà con i ribelli di Ponte Galeria hanno fatto irruzione nel consolato tunisino. A Gradisca e in via Corelli, gli occhi sono puntati su Sabri e sulla sua storia.
A presto aggiornamenti, perché, come si suol dire, non finisce qui. Per chi è a Torino, una assemblea si terrà dalle 15 al presidio di corso Brunelleschi ed un corteo partirà da lì questa sera alle 21.

Aggiornamenti ore 14. A Milano, intorno alle 11 di questa mattina, un gruppo di compagni solidali con la lotta di Sabri è entrato dentro al cortile del consolato tunisino dove è stato appeso uno striscione contro le deportazioni e distribuiti volantini. Gli impiegati del consolato, durante tutta una serie di animatissime discussioni, hanno sostenuto di non essere in nulla responsabili delle deportazioni dei senza documenti e di essere lì solo per… fare i passaporti! Dopo un po’ i compagni sono stati spinti verso l’esterno del cancello, da dove però sono riusciti presto a rientrare per costringere i funzionari ad inviare un fax di protesta all’ambasciata di Roma e in Tunisia. Il presidio è stato tolto solo all’una, all’ora di chiusura degli uffici. A Roma, invece, una cinquantina di solidali stanno ancora occupando l’ambasciata tunisina. Sono lì da più di due ore, e non se ne andranno fino a ché i funzionari non forniranno loro notizie certe delle condizioni di salute di Sabri, e di dove si trova.

Dall’archivio di Radio Onda Rossa, ascolta una diretta con il presidio di corso Brunelleschi:

[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100722_torino.mp3]

E pure con gli occupanti del consolato a Roma:

[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100722_consolato_tunisia_roma.mp3]

E a Milano:

[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100722_consolato_tunisia_milano.mp3]

Leggi il volantino distribuito a Milano, e guarda lo striscione appeso durante l’occupazione a Roma.

 

Aggiornamento ore 24.00. Duecento persone in corteo intorno a Corso Brunelleschi, per due ore buone.  Così si conclude – per ora – la mobilitazione intorno al Centro di questi giorni: slogan, battiture, urla, scritte sui muri, accompagnati dalla battitura dei reclusi dentro. I poliziotti stanno a guardare: loro, la loro battaglia l’hanno vinta in mattinata, tirando giù Sabri dal tetto e strappando un sorriso al loro padrone al Ministero. Ma l’esempio di Sabri si sta già diffondendo, e già arrivano notizia di Samir che, a Ponte Galeria, sta protestando perché non vuole essere espulso pure lui all’ultimo momento utile prima della scadenza della propria detenzione. Intanto, un altro corteo poco meno numeroso di quello di Torino si è diretto a Firenze verso il consolato tunisino.

Aggiornamento 23 luglio. Sabri è in Tunisia. Sta bene, anche se zoppica un po’: si è fatto male alla caviglia saltando giù dal tetto, come aveva promesso che avrebbe fatto se avessero cercato di tirarlo giù. Non è stato portato in ospedale, come si credeva, ma è stato sommariamente curato in infermeria. Poi, scortato da 4 poliziotti e ammanettato (anzi, “fascettato”) è stato imbarcato sul volo delle 13.30 da Torino a Roma e su quello delle 22.00 da Roma a Tunisi. Ringrazia tutti per la solidarietà e promette che, dopo una “piccola vacanza” proverà a ritornare in Italia.

Una corrispondenza da Bari

«L’altroieri una cinquantina di persone sono salite sul tetto per protestare e tentare la fuga, ma da Bari è praticamente impossibile e infatti non ci sono riusciti – hanno gridato a lungo, tutti insieme, “libertà”. Qualunque richiesta di cure mediche, servizi minimi (la pulizia, la possibilità di uscire dai moduli, persino la barba) viene rifiutata con risposte assurde (tipo quella che hanno dato ad un ragazzo che stava malissimo di denti: “a Bari, sia nel centro che fuori, non ci sono dentisti”) o insulti o del tutto ignorata. Un recluso è in sciopero della fame quasi totale da quaranta giorni, ha perso molto peso e col caldo è ancora peggio. Oggi un ragazzo si è tagliato e per tutta risposta è stato picchiato dai militari, sotto gli occhi impassibili degli operatori. Né nel primo né nel secondo caso, nonostante le proteste e le richieste dei compagni di cella, queste due persone sono state portate in ospedale. Il ragazzo che è stato picchiato è stato lasciato in corridoio senza neanche essere medicato in infermeria.»

Maroni: giusto espellere i rom 
Saremo più duri di Sarkozy

Roma, 21 luglio 2010«Sarkozy ha ragione ma non è certo una novità. Anche l’Italia usa da anni la tecnica dei rimpatri assistiti e volontari. Nel 2007, proprio con i rom, usò questa strada pure il sindaco di Roma, che non era Jean-Marie Le Pen ma Walter Veltroni. E figuriamoci se allora qualche professionista dell’antirazzismo si sognò di gridare allo scandalo». Secondo il ministro dell’Interno Roberto Maroni, dunque, la Francia non sta «facendo altro che copiare l’Italia». Semmai, dice, è arrivato il momento di fare un passo in più. Per arrivare dove, ministro? «Alla possibilità di espellere anche i cittadini comunitari». I comunitari? «Sì, espulsioni come per i clandestini, non rimpatri assistiti e volontari. Naturalmente solo per chi viola la direttiva che fissa i requisiti per chi vive in un altro Stato membro: reddito minimo, dimora adeguata e non essere a carico del sistema sociale del Paese che lo ospita. Molti rom sono comunitari ma non rispettano nessuno di questi requisiti».

L’Unione europea, però, dice che l’espulsione dei cittadini comunitari non è possibile.

«Lo so bene. Durante la discussione per il pacchetto sicurezza fu proprio l’Italia a chiedere a Bruxelles la possibilità di attivare questa procedura. Ma il commissario Jacques Barrot, francese, rispose di no: in base al principio di proporzionalità, disse, l’unica sanzione possibile per un comunitario è l’invito ad andarsene, che serve a ben poco. Ma adesso torneremo alla carica. Il 6 settembre ne discuteremo a Parigi in un incontro con i ministri dell’Interno di diversi Paesi europei».
Ma prendere di mira solo i rom non è discriminatorio?

«E infatti le espulsioni dovrebbero essere possibili per tutti i cittadini comunitari, non solo per i rom. Il problema semmai è un altro: a differenza di quello che avviene in Francia, da noi molti rom e sinti hanno anche la cittadinanza italiana. Loro hanno diritto a restare, non si può fare nulla».
Sarkozy è stato criticato dalla Chiesa, dall’Ue e dal Vaticano. Ma i toni sembrano meno duri rispetto a quelli usati a suo tempo contro l’Italia. È solo perché è agosto e sono tutti in ferie?

«No. È un vecchio pregiudizio duro a morire in certi ambienti della sinistra, della Chiesa e dell’associazionismo. Se una cosa la f a Zapatero va bene, s e l a f a Sarkozy insomma, se la fa il governo Berlusconi con un ministro leghista bisogna dargli addosso perché sicuramente viola i diritti umani».
Proprio mentre stiamo parlando, la Chiesa torna ad esprimere i suoi dubbi sul federalismo. Dice il cardinal Bagnasco che, se disgrega il Paese, non è un valore.

«Ma il cardinale dice anche che il federalismo è una ricchezza se unisce il Paese. Bagnasco è una persona saggia e prudente, e nella legge ci sono già tutte le risposte. Il federalismo porterà più equità, perché chi spenderà soldi pubblici ne dovrà rispondere più di quanto debba fare oggi».
Non è un’interferenza, dunque?

«No, il pregiudizio segue altre strade. L’anno scorso proprio Zapatero ha fatto una legge che riprende la Bossi-Fini. Non ho sentito la solita levata di scudi che segue ogni nostra decisione».
Ecco, la Bossi—Fini. Dopo la rottura con il presidente della Camera forse è arrivato il momento di cambiare nome a quella legge.

«No, si chiama Bossi—Fini: primo Bossi, secondo Fini. Va bene così. E poi il presidente della Camera non ha rinnegato il principio fondamentale di quel testo: in Italia entra solo chi ha un lavoro mentre prima poteva entrare anche chi diceva che un lavoro lo stava cercando, magari con l’aiuto di uno sponsor. Fini propone tante cose che non condivido: il voto agli immigrati, la riduzione dei tempi per avere la cittadinanza, adesso par di capire che si butterà sul matrimonio gay. Ma almeno su quel punto non ha fatto marcia indietro».
Si deve dimettere?

«Non mettiamo altra carne al fuoco…».
È giusto che immigrazione e sicurezza siano tra i temi sui quali chiedere la fiducia in Parlamento a settembre?

«Non è necessario perché non abbiamo bisogno di nuovi provvedimenti legislativi. Tutti quelli che erano nel programma sono stati già approvati. Si tratta di dare loro piena attuazione ma questo spetta al governo, il Parlamento non c’entra».
Bossi dice che si voterà a dicembre. Il ministero dell’Interno è pronto?

«Il Viminale è un ministero h 24. Tutti i suoi servizi sono sempre mobilitati, compreso quello elettorale. Adesso stiamo lavorando alla revisione dei collegi per le elezioni provinciali che si terranno nella primavera dell’anno prossimo. Ma siamo sempre pronti».

(Corriere della Sera)

Mantovano: presto quattro nuovi Cie

Roma, 21 luglio 2010«Saranno quattro i nuovi Centri di identificazione ed espulsione degli immigrati irregolari: in Campania, Toscana, Marche e Veneto». L’annuncio è di Alfredo Mantovano, sottosegretario all’Interno.

Con quali criteri avete fatto questa scelta?

Si tratta di aree che sono sprovviste di un Cie, ma che non sono sprovviste della presenza di immigrati irregolari. Il problema è che in mancanza dei Centri si va incontro a un dispendio di risorse, dovendo accompagnare queste persone nelle strutture di altre regioni.
 Come procederete?
Siamo in contatto con le istituzioni del territorio. I finanziamenti ci sono. Si tratta, nel giro di qualche mese, di passare dalla individuazione delle aree alla costruzione delle strutture o alla trasformazione di edifici esistenti in Cie. Non prevedo tempi lunghi.

Negli ultimi giorni vi sono state diversi tentativi di fuga di massa. Pensa che dietro le proteste vi sia una “regia unica”?

Non ci sono elementi per affermare che vi sia un “coordinamento” dei tentativi di fuga dai Centri di identificazione ed espulsione. Certo non lo si può escludere a priori, vi sono indagini in corso che potranno meglio approfondire, ma direi che si tratta di episodi che si ripetono ogni anno.
 Dopo una periodo di relativa calma ci sono stati alcuni sbarchi di immigrati.

La “tregua” è rotta?


Il ritorno di questi episodi, numericamente non paragonabili a quelli del passato, riguarda soprattutto imbarcazioni provenienti da Turchia e Grecia. Oltre che di carattere quantitativo la differenza è anche nella strategia usata dai trafficanti. Oggi non è raro trovare clandestini dentro a yacht o barche a vela, scelti dagli “scafisti” per confondersi con le imbarcazioni da diporto.
 

Se è vero che dalla Libia non salpano più barconi carichi di persone, non si può nascondere che nei campi libici gli immigrati sono rinchiusi in condizioni spesso disumane. Pensate di fare qualcosa?


Ci aspettavamo segnali di intervento da parte dei Paesi e delle istituzioni dell’Unione Europea, invece l’Italia è lasciata da sola. Per esempio l’accordo con Libia prevedeva la compartecipazione agli oneri da parte dell’Unione. L’Italia ha fatto la sua parte, ma da Bruxelles non sono mai arrivati i 250 ilioni di euro che pure l’Ue si era impegnata a corrispondere. Per esempio noi intendiamo garantire il riconoscimento dello status di rifugiato e l’ideale sarebbe farlo con commissioni presenti nel territorio libico per valutare le domande di asilo. Tutto questo appartiene a iniziativa che non può essere promossa solo dall’Italia.
 

In Francia sono cominciati i rimpatri forzati dei rom. Volete seguire l’esempio di Parigi?


No, perché il limite principale di quella operazione è che una parte significativa dei rom sono cittadini comunitari e per il loro allontanamento sono previsti presupposti rigidi, mentre non si può agire con espulsioni come per gli extracomunitari. Piuttosto pensiamo di proseguire sulla strada intrapresa a Roma, chiudendo progressivamente quei campi rom che rappresentano una vergogna, come il “Casilino 900”, nelle quali persone oneste vivevano in mezzo ai liquami. Ora abitano in villaggi più decorosi e civili. Soprattutto adesso, grazie al volontariato e alle istituzioni locali, bambini e ragazzi vengono avviati alla scuola e questo è un obiettivo importante, un esempio positivo che può essere da riferimento per altre realtà.

(Avvenire)

Una condanna a Gradisca

Da un articolo de “Il Messaggero veneto”, un altro tassello della rivolta di Gradisca.

«È stato processato per direttissima e condannato a 9 mesi di reclusione, per resistenza e violenza a pubblico ufficiale, il 25enne tunisino ospite del Cie di Gradisca che, sabato, si era ribellato con la forza a due poliziotti che stavano dando esecuzione al provvedimento di rimpatrio scattato nei suoi confronti. Un episodio che, stando a quanto si è potuto apprendere (la notizia non è stata confermata da questura e prefettura di Gorizia), aveva innescato la rivolta nel centro per immigrati isontino, nel corso della quele era stato appiccato anche un incendio nella struttura, rendendo necessario il trasporto d’urgenza di un 51enne algerino all’ospedale di Udine per ustioni sul 20% del corpo. Arrestato in flagranza di reato, nei confronti dell’immigrato tunisino è scattato il procedimento speciale per direttissima svoltosi ieri mattina al tribunale di Gorizia, dove l’uomo, dopo aver richiesto il patteggiamento, è stato condannato a 9 mesi di reclusione. Il giovane, a quanto si è saputo, era già stato condannato per furto e spaccio di sostanze stupefacenti. L’arresto era scattato nel tardo pomeriggio di sabato, quando il tunisino (per il quale erano scaduti i 6 mesi stabiliti come limite per il trattenimento amministrativo nel Cie) era stato preso in custodia da due poliziotti, incaricati di imbarcarlo su un volo che da Ronchi dei Legionari avrebbe dovuto portarlo a Roma. Una volta giunto nella capitale il tunisino sarebbe stato aggregato a un gruppo di altri clandestini e poi rimpatriato. Già nel Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca, tuttavia, il 25enne avrebbe opposto resistenza, scagliandosi con violenza contro i due poliziotti che, dopo aver provveduto all’arresto, sono ricorsi alle cure del pronto soccorso dell’ospedale di Gorizia, dove sono state loro riscontrate lesioni giudicate guaribili in 5 giorni.»

(Faremo il possibile nelle prossime ore per verificare questa notizia. Su due piedi, però, vi facciamo notare come l’articolo parli di un trattenimento già scaduto, e vi ricordiamo pure che, dopo l’arresto, il conto dei giorni di trattenimento… ricomincia da zero!)

Tre lettere

fuoco a gradisca

Caro Habib,

siamo tutti con te e facciamo tutto il possibile da Gradisca. Stiamo lottando per combattere questa legge che non deve esistere, e facciamo il possibile. Molti di noi siamo in sciopero della fame, non vogliamo avere niente a che fare col direttore e le guardie, noi non vogliamo niente da loro.
In tanti ci tagliamo ogni giorno come forma di protesta perché i Cie devono essere rasi al suolo. Sappiamo che sei li da più di trenta ore; non ti preoccupare, tieni duro perché siamo molto vicino a te e sappiamo che la tua lotta è anche la nostra lotta. Sappiamo che il Cie di Brunelleschi è un Cie che fa schifo. Il tuo gesto è molto coraggioso, tieni duro, stiamo tutti lottando e pregando per te, speriamo che non ti succeda niente, non sei da solo. Vogliamo anche ringraziare tutti quelli che da fuori ci stanno sostenendo per distruggere questi campi di concentramento.
È molto importante sentirvi vicini. Ci aiutiamo a vicenda dando una mano a questo ragazzo.

I reclusi di Gradisca – Sezione rossa

 

Ti auguriamo di resistere
Libertà per tutti e siamo tutti con te Habib e contiamo su di te. Grazie mille per questo tuo gesto ti auguriamo al più presto la libertà, a te e a tutti noi.

I reclusi di Gradisca – Sezione blu

Caro fratello tunisino,

ti chiediamo di resistere e non mollare finché ottieni la libertà. Quello che stai facendo tu lo stai facendo anche per tutti noi extracomunitari, sopratutto x gli algerini e i tunisini che stanno subendo questo nuovo decreto per facilitare le deportazione. Siamo sicuri che puoi resistere ancora, solo così potrai ottenere la libertà. Siamo tutti con te nel bene e nel male. Anche noi abbiamo lottato e stiamo lottando per te e per tutti noi. Sabato abbiamo fatto la protesta e tre di noi sono già in libertà. Noi non ci fermeremo qua finché non otterremo i nostri diritti di esseri umani e finché non distruggeremo questi lager. Ringraziamo tutti i solidali che li sotto stanno lottando per lui e per tutti noi. Libertà per tutti.

I reclusi di via Corelli – sezione C maschile e settore femminile

(Il presidio permanente in corso Brunelleschi continua. Per giovedì sera, alle 21, è stato indetto un corteo che partirà dal Centro. Nella foto, una delle molte immagini scattate dai reclusi durante la rivolta di Gradisca di domenica scorsa)

 

Leggimi in lingua francese.

(more…)

Per la misericordia!

20 luglio. Un trafiletto nella cronaca di Torino del quotidiano la Repubblica riporta: “Blitz contro il Cie domenica nella chiesa della Misericordia di via Barbaroux. Durante la messa delle 11, celebrata in latino secondo il rito romano, un gruppo di persone ha fatto irruzione a volto coperto urlando slogan, gettando volantini e mettendo del liquido rosso nelle acquasantiere. Un blitz durato pochi secondi per protestare contro la Misericordia, l’ente che gestisce i Cie di Modena e Bologna, come era era già stato fatto il 20 giugno nella chiesa della Misericordia a Collegno. Subito è intervenuta la Digos. «Ma noi non c’entriamo niente con i Cie, se non per un’omonimia con quell’associazione», ha spiegato il governatore della congregazione di via Barbaroux.”

Cie nelle Marche Ministro propone Falconara, Regione dice ne’ li’ ne’ altrove

Ancona, 20 luglio 2010La Regione Marche non vuole Centri di identidicazione ed espulsione per immigrati irregolari nel suo territorio. Su mandato della giunta, e’ quanto il governatore Gian Mario Spacca ha scritto al ministro dell’Interno Roberto Maroni. Il Viminale ha annunciato l’intenzione di aprire un Cie a Falconara marittima, nel compendio demaniale di via Fossatello, un’area che era a servizio dell’ex aeroporto militare. Ma la giunta, e l’Assemblea legislativa, sono contrarie ai Centri per le loro caratteristiche di scarsa gestione, promiscuita’, tempi di permanenza troppo lunghi al loro interno.

(ANSA)

Ancora sul tetto, ancora in strada

Una nuova giornata sul tetto per Habib (Sabri, secondo i registri del Centro), il recluso di corso Brunelleschi che si sta giocando il tutto per tutto per non farsi espellere. E fuori, insieme a lui, continuano a farsi sentire i solidali, che si stanno dando il cambio – da ieri pomeriggio e per tutta la notte e tutto oggi ancora – per sostenerlo e per vigilare che non lo portino via. Alcuni se ne stanno sotto gli alberi di corso Brunelleschi, altri vegliano di fronte all’ingresso. La battitura è pressoché continua, e intanto fioriscono le discussioni su come organizzarsi e su quel che si deve e si può fare.
Ascolta una corrispondenza trasmessa ieri sera da Radio Onda Rossa:
[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100719_torino.mp3]

La nottata, nel Centro, non è stata una nottata tranquilla. Intorno all’una si sente un gran baccano provenire dall’area gialla: battitura e sbarre che tremano. È un tentativo di evasione collettiva, che viene sventata dalla polizia che pesta uno degli aspiranti fuggiaschi. In mattinata, invece, la polizia porta fuori dal Centro un recluso. Alcuni provano a mettersi di mezzo con le biciclette per evitare la deportazione, ma la macchina della scorta li dribbla e se ne va per la sua strada. Anche ieri la Questura era riuscita a far portare via un prigioniero.
Intanto Maher, l’altro recluso che dovrebbe essere liberato a giorni se riesce a non farsi portare via dal Centro, è ancora in isolamento: stamattina si è tagliato su tutto il corpo, e ovviamente la Croce Rossa non l’ha curato. Nonostante la preoccupazione iniziale, pare non stia troppo male.
Ascolta una corrispondenza dal presidio registrata questa mattina, sempre da Radio Onda Rossa:
[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100720nocie_torino.mp3]

Intanto, la solidarietà ad Habib-Sabri, a Maher e a tutti gli altri reclusi che nell’ultima settimana hanno raccolto il guanto di sfida lanciato da Maroni si sta allargando: per domani è previsto un presidio di fronte al consolato tunisino di Firenze.

 

Aggiornamento 21 luglio. Questa mattina, intorno alle 7, la polizia è riuscita a fare irruzione nella cella di Maher: lui si era barricato dentro, e a quanto pare gli agenti sono passati dalla finestra. Le informazioni sono ancora vaghe, ma sembra siano riusciti a portarlo fuori dal Centro per deportarlo.