Questa mattina all’alba Debby e Priscilla sono state prelevate dalla loro gabbia dentro al Centro di corso Brunelleschi e portate all’aeroporto di Malpensa. Intorno alle 8 erano già lì ad aspettare gli altri reclusi nigeriani prigionieri in via Corelli per essere caricate insieme a loro sull’aereo per Roma – a quanto pare nel primissimo pomeriggio. Anche a Ponte Galeria le guardie stanno facendo fare le valigie a chi dovrà venire deportato in Nigeria. Ovviamente non sappiamo se queste modalità di viaggio – nei tempi soprattutto – siano quelle ordinarie o se siano state influenzate dalla volontà di dribblare i solidali di fuori, come è già successo il 12 febbraio scorso, quando le ribelli di Corelli furono scarcerate nottetempo e smistate in giro per l’Italia di nascosto. Forse nelle prossime ore avremo qualche elemento in più per capirlo: rimane chiaro, però, che porsi il problema dei Cie e del funzionamento della macchina delle espulsioni vuol dire porsi il problema di come incepparli e di come fare in modo che il movimento fuori dalle mura sia mimimamente adeguato alla determinazione e alla combattività che si è espressa nell’ultimo anno e mezzo dentro a quelle maledette gabbie.
(L’appuntamento di questo pomeriggio di fronte al Centro per salutare Debby e Priscilla ovviamente è annullato. Ci si vedrà là davanti per salutare tutti gli altri reclusi domenica prossima, per il consueto presidio mensile.)
Aggiornamento ore 23.00. Di Debby e Priscilla, ovviamente, non ci sono più notizie. Ma possiamo dire che Frontex ha colpito ancora. Ecco il lancio di agenzia in proposito circolato nel pomeriggio:
«(AGI) – Roma, 17 giu. – Alle ore 15.00 di oggi e’ partito dall’aeroporto di Roma Fiumicino un volo charter diretto a Lagos (Nigeria), con cui sono stati rimpatriati 46 cittadini nigeriani, di cui 33 espulsi dall’Italia, 9 dalla Norvegia, 3 dalla Francia e 1 dalla Spagna, scortati da operatori di polizia dei rispettivi Paesi di provenienza.
L’iniziativa ha consentito di rimpatriare cittadini nigeriani illegalmente soggiornanti in Italia e gia’ trattenuti presso i Centri di identificazione ed espulsione di Milano, Torino e Roma, riconosciuti a seguito di interviste effettuate da funzionari dell’Ambasciata nigeriana di Roma, in collaborazione con la Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere.
L’Agenzia Europea per le Frontiere Esterne “FRONTEX” ha partecipato al rimpatrio con l’invio di un rappresentante e co-finanziando l’operazione.
Gia’ lo scorso 1 giugno l’Italia ha partecipato ad un altro volo charter congiunto di rimpatrio diretto in Ucraina, organizzato dalla Spagna e co-finanziato da “FRONTEX” che, partito da Madrid e’ transitato presso lo scalo aereo di Fiumicino imbarcando 8 cittadini ucraini espulsi dall’Italia, rimpatriati unitamente a loro connazionali espulsi dalla Francia e dalla Spagna.»
«La sera dell’altro ieri, un recluso algerino è salito sopra le sbarre della sua cella nel Cie di Ponte Galeria, si è tagliato in diverse parti del corpo, tra cui la gola, e poi ha tentato d’impiccarsi.
Verso le 22.00 un folto gruppo di reclusi della sezione maschile è salito sui tetti per protesta: credevano di essere a un passo dalla libertà, ma il Cie si è riempito di polizia e carabinieri con varie camionette e sono stati costretti a scendere.
Intanto una trentina di solidali si sono ritrovate/i davanti al Cie: con cori, urla e molto rumore si sono fatte/i sentire dai reclusi e dalle recluse, facendo riecheggiare la parola libertà al di sopra delle infami mura dell’oppressione.
Inoltre hanno convocato un concentramento per domani, mercoledì 16 giugno, alle 21.00 in via Tiburtina, davanti all’ingresso del Parco dei caduti del 19 luglio 1943, a San Lorenzo, per far sentire la propria solidarietà con le lotte dei reclusi e delle recluse e per diffondere in città una cronologia della settimana appena trascorsa a Ponte Galeria: vere e proprie cronache di ordinaria oppressione.»
Vi ricordiamo che quasi ogni giorno, sul sito di Radio Onda Rossa, compaiono novità e racconti e voci dalle lotte dal Cie di Ponte Galeria. Ascoltatevi assolutamente questa lunga intervista: «Il lager alle porte di Roma»
Aggiornamento 17 giugno. Leggi il racconto dell’iniziativa di questo pomeriggio a San Lorenzo:
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Dopo dieci mesi di battaglie Joy, finalmente, è uscita. È uscita ma non è libera: in tasca ha un permesso di protezione umanitaria da “vittima di tratta” che la costringerà a starsene per un bel po’ rinchiusa in una casa protetta, lontana da sguardi che potrebbero essere pericolosi.
Lei è felice di essere finalmente fuori dal circuito infernale Cie-Carcere-Cie e noi siamo felici con lei. La sua storia e la sua determinazione hanno aperto uno squarcio sulla realtà dei Centri e sulle lotte che li scuotono ogni giorno che fino all’altroieri era inimmaginabile: ora sta a noi tenerlo bene aperto.
Prima di “scomparire” Joy ha voluto affidare a noi e alle compagne di Noinonsiamocomplici la sua voce per un piccolo messaggio diretto a tutti quelli che, in tutto questo tempo, hanno lottato insieme a lei.
Ascolta la voce di Joy…
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/i-saluti-di-joy.mp3]
…e leggi Joy è libera? e Su Joy, sulla libertà e i suoi nemici.
Proprio ieri Debby e Priscilla, – le due ragazze nigeriane che erano state trasferite a Torino il 12 febbraio scorso dopo aver scontato sei mesi di carcere insieme a Joy, Hellen e Florence per la rivolta di Corelli di agosto – hanno ricevuto visite sgradite: un sottopiffero dell’ambasciatore nigeriano in Italia, che le ha “riconosciute” ufficialmente ed ha annunciato loro che giovedì lascieranno corso Brunelleschi per essere deportate. Le due – cui mancano poco meno di sue mesi allo scadere del termine del trattenimento nel Centro – non hanno nessuna intenzione di farsi portare via.
A quanto pare in pentola bolle un bel volo di Frontex che raccatterà presunti nigeriani in giro per l’Europa: anche a Ponte Galeria ieri si è fatto vedere un funzionario d’ambasciata, anche lui a mettere il bollo sui documenti di viaggio. Questo vuol dire che giovedì Debby e Priscilla verranno portate a Roma su di un volo di linea e poi aspetteranno insieme a qualche decina di loro supposti “connazionali” provenienti dagli altri Cie italiani di prendere il charter superblindato in arrivo da qualche altra capitale europea.
Possiamo già segnalarvi, per chi sta a Roma, che giusto domani, 16 giugno, ci sarà un concentramento in sostegno alle lotte dei detenuti dalle 21,00 in piazza dell’Immacolata a San Lorenzo: questa è una prima occasione per protestare.
E poi possiamo ricordarvi che l’ambasciata nigeriana a Roma risponde allo 06683931. I giochi non sono ancora fatti, e vale la pena di farsi venire delle idee ed insistere.
Giovedì prossimo, 17 giugno, dalle 14 in poi, saremo di fronte all’ingresso del Cie di Torino in via Mazzarello 31, da dove usciranno Debby e Priscilla per andare all’aeroporto. Ti aspettiamo.
Aggiornamento 16 giugno. Anche da via Corelli, a Milano, si sta preparando un bell’infornata di nigeriani da imbarcare da Malpensa a Roma e poi da rimpatriare: saranno in 25, sempre giovedì.
Genova, 15 giugno 2010 – ”No alla realizzazione in Liguria dei centri di identificazione ed espulsione, qualsiasi eventuale Cie dovrà essere realizzato con fondi governativi e senza alcun onere economico per la nostra regione, visto che le regioni non hanno alcuna competenza formale per il controllo degli ingressi e dei soggiorni”. Lo ha ribadito oggi a margine del consiglio regionale della Liguria l’assessore all’immigrazione, al lavoro e ai trasporti, Enrico Vesco.
”I Cie ex Cpt – ha sottolineato l’assessore Vesco – sono luoghi di detenzione amministrativa sottoposta all’autorita’ di polizia. Nei cinque anni della scorsa legislatura la Giunta regionale ha manifestato in più occasioni la propria contrarietà a tali strumenti di controllo e gestione dei flussi migratori, assimilabili a strutture carcerarie che umiliano la dignita’ dei migranti nel momento in cui si trovano ad essere trattenuti ed esposti ad abusi, non a causa di comportamenti sanzionabili in quanto nocivi per la collettività, ma per il semplice fatto di essere migranti”.
”Già nel 2007 – ha continuato Vesco – la Giunta regionale dichiarava la propria indisponibilità ad avere sul proprio territorio strutture o centri in cui si svolgono funzioni preliminari di trattamento e identificazione personale dei cittadini stranieri immigrati”.
”La Regione Liguria – prosegue l’assessore – ha deciso di approcciare questa complessa materia da un’altra prospettiva, quella dell’integrazione, della gestione programmatoria, dell’investimento sulla scuola e delle garanzie minime per tutti. Per questo continueremo ad opporci, nel rispetto delle leggi e delle competenze, ai lager per immigrati”.
(Asca)

Scarica e diffondi le locandine dell’iniziativa, 1 e 2.
Dopo Caltanissetta e Crotone anche il Cie di Gradisca è lì lì che sta per chiudere – tutto insieme o a lotti non si sa ancora – causa danni e conseguenti ristrutturazioni. A dire il vero i lavori sarebbero pure già iniziati se non ci fossero tutta una serie di problemi legati ad appalti, inchieste da prima pagina e cautele ministeriali. Già perché, pensate un po’ voi, da quando ha aperto nel 2006 il Centro friulano ha accumulato oltre un milione di euro di danni, concentrati in buona parte nell’ultimo anno e mezzo. Dal punto di vista dei contabili del Ministero un vero disastro. E si aggiunga che, adesso come adesso, una parte del Centro è completamente inagibile e i posti sono ridotti più o meno di un sesto. A quanto pare l’appalto non seguirà una “procedura d’urgenza” come evidentemente è successo con gli altri Centri in ristrutturazione, chiusi da un giorno all’altro senza sapere bene né chi ci avrebbe lavorato all’interno né esattamente cosa sarebbe andato a farci. Sarà invece un normale appalto europeo, e partirà in estate: pensarci per tempo non sarebbe male, così come non sarebbe male pensare almeno a qualcuno dei quattro nuovi Cie che Maroni vorrebbe aprire entro la fine dell’anno in giro per l’Italia. Da Lampedusa in poi, i reclusi in lotta hanno dimostrato una buona capacità di chiudere i Centri e a occhio e croce ora toccherebbe a noi dimostrare che si può tentare di non farli aprire.
(Giusto per darvi una idea di che razza di lavoro sia quello del “ristrutturatore di Cie” siamo già in grado di dirvi che, oltre che ristrutturar materialmente i muri e sistemar per bene grate e sbarre, la ditta che vincerà l’appalto dovrà ripristinare il sistema antifuga ad infrarossi, quello di videosorveglianza a circuito chiuso e soprattutto piazzare di nuovo in cima alle recinzioni gli offendicula, che quel pignolo di De Mistura aveva fatto togliere per “ragioni umanitarie” tre anni fa. Cosa sono gli offendicula? Nell’immagine, un esempio.)
Leggi l’articolo “Bloccati i lavori al Cie di Gradisca”
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Milano. «Ci fanno sapere i detenuti di Corelli che questo pomeriggio verso le 17 Kabili, un ragazzo di 22 anni, ha provato ad impiccarsi con una corda ed è stato trasportato in “codice rosso” in ospedale. I detenuti della sessione C, quella dove stava anche Kabili, ci dicono che le sue condizioni sono gravissime, che aveva perso i sensi e che dalla bocca uscivano dei liquidi. Kabili è uno dei ragazzi che sta facendo lo sciopero della fame a staffetta, ma non sopportava più di stare rinchiuso dentro questo lager. I suoi compagni continuano a chiedere notizie alla Croce Rossa ma gli aguzzini non danno informazioni. Abbiamo provato a capire dove è stato portato ma non siamo riuscite a saperlo. Da dentro ci chiedono di far girare la notizia il più possibile. Vi aggiungiamo qui il recapito telefonico del Cie di via Corelli: 02.70001950»
Bologna. «Il ragazzo che si era cucito le labbra è stato deportato in Marocco, le prime notizie parlavano invece di un trasferimento a Corelli. Parte dei rivoltosi del 24 maggio sono stati trasferiti a Corelli e a Bari e solo due o tre sono rimasti a Bologna. Ancora dormono in condizioni precarie perché le celle non sono state risistemate affatto nonostante avessero detto che li facevano rimanere all’aperto tutto il giorno per poter fare i lavori. Oggi ci hanno fatto sapere che gli ultimi “bruciamenti” del 24 maggio sono stati fatti in protesta per il mancato accoglimento delle richieste di trasferimento fatte dai reclusi. I trasferimenti vengono richiesti perché chiunque entri a Bologna e a Modena sa che non uscirà per nessuna ragione prima dei sei mesi e che in questi due Cie non viene concesso niente di niente. Questo è quanto continuano a ripeterci tutti quelli con cui riusciamo a parlare. Lo sciopero della fame continua, un ragazzo è dimagrito 10 chili ma proseguirà nella protesta. Anche lui chiede almeno il trasferimento. Sono informati del corteo di sabato 19 giugno e ringraziano per la solidarietà.»
Una settimana movimentata, quello scorsa, per i compagni che a Parigi si battono contro le espulsioni. Denunce, fermi di polizia, perquisizioni… ora tutti i fermati sono liberi, ma vale la pena raccontare queste vicende anche qua da noi: un po’ per far emergere le pratiche che, in giro per l’Europa, provano ad inceppare la macchina delle deportazioni, un po’ per guardare da vicino i meccanismi repressivi che tentano di ostacolarne la diffusione. Cominciamo col proporvi questo comunicato che racconta quasi 24 ore di commissariato di quattro compagni e che punta il dito su di una nostra vecchia conoscenza: la Croce Rossa. Nei prossimi giorni vi parleremo di tutto il resto.
Sabato 5 giugno è iniziata in Francia la settimana della “colletta in favore della Croce Rossa”. La Croce Rossa, al di là della sua immagine umanitaria, è anche un’impresa che partecipa alla detenzione e all’espulsione dei senza-documenti.
Domenica 6 giugno, con parecchie altre persone, eravamo andati ad informare i potenziali benefattori di questo organismo umanitario di quelle sue attività che sono meno conosciute, distribuendo volantini, affiggendo manifesti e incollando adesivi. Qualcuno di noi si ferma nei pressi della fermata “Jacques Bonsergent” della Metropolitana, a due passi dalla boutique della Croce Rossa in via Albert Thomas, per informare gli automobilisti di passaggio che intanto erano tampinati da una crocerossina alla ricerca di contanti. Di fronte al successo che riscuotevamo, la questuante, furiosa ed indignata («Siete ignobili! Ignobili! La Croce Rossa ha inviato due container ad Haiti!»), corre ad avvertire i suoi compari che se ne stavano ancora chiusi all’interno della boutique.
Noi intanto proseguiamo sulla nostra strada e conversiamo con parecchi passanti ai bordi del canale Saint-Martin, ed è a quel punto che due crocerossini, un uomo e una donna, ci si precipitano addosso brandendo un volantino e ci accusano urlando di aver danneggiato la boutique e di averli trattati alla stregua di nazisti: evidentemente arrivavano da rue Albert Thomas e da un po’ ci stavano cercando in giro per il quartiere, isterici. La donna estrae il suo cellulare e inizia a filmarci e a fotografarci diventando molto aggressiva alla nostra richiesta di piantarla. Da parte nostra decidiamo di interrompere la “conversazione” e di continuare il nostro giro lungo il canale tranquillamente, distribuendo volantini e discutendo con i passanti.
A quel punto, però, una macchina della polizia raggiunge i due crocerossini che continuavano a tampinarci e poi, mentre proviamo a dirigerci verso il Faubourg Saint-Martin, improvvisamente, un’altra macchina della polizia si fermata alla nostra altezza, seguita da un’auto della Croce Rossa e da altri due veicoli polizieschi. Oramai siamo circondati e un impiegato della Croce Rossa grida: «Ce n’erano altri! Ce n’erano altri!». Degli sbirri in borghese proseguono la loro caccia in giro per il quartiere mentre a noi ci portano nel commissariato di rue de Nancy, scortati dalla macchina della Croce Rossa.
Dopo tre ore di attesa in commissariato, durante le quali abbiamo l’occasione di origliare frammenti della deposizione dei crocerossini che, apparentemente senza successo, denunciavano danni immaginari alla loro sede, arriva il nostro turno. I poliziotti ci fanno intravvedere una liberazione prossima, visto che «questo non è proprio l’affare del secolo». Però noi ci rifiutiamo di rispondere alle loro domande, il che li innervosisce: «Ma allora non vi assumete le vostre azioni», «Bisogna avere il coraggio delle proprie opinioni», «Bah, ora avrete una multa e con questa sarete voi a finanziare i Centri di detenzione».
Quando sembra che tutto sia finito decidono invece di metterci in stato di fermo, accusati di esserci rifiutati di fornire impronte e foto. Poi, la mattina successiva, una visita a sorpresa: l’antiterrorismo! Ci fanno tutta una serie di domande riguardo a varie azioni contro la Croce Rossa avvenute da un po’ di mesi a questa parte: dal sabotaggio di serrature ai pneumatici bucati, passando per delle vetrine spaccate, degli attacchinaggi e delle scritte.
Veniamo finalmente rilasciati nel primo pomeriggio, con in mano una citazione a giudizio di fronte al Tribunale per il prossimo 3 di settembre accusati di esserci rifiutati di farci prendere le impronte e di farci fare la foto segnaletica.
Una volta in più la Croce Rossa si è distinta per il suo talento da ausiliaria di polizia: facendoci la posta, filmandoci, denunciandoci e poi accanendosi con false accuse di danneggiamenti.
Ringraziamo le molte persone che hanno manifestato la loro solidarietà telefonando al commissariato e alla Croce Rossa del decimo arrondissement parigino e che si sono radunate davanti al commissariato.
Non esitiamo a denunciare l’operato di questo organismo umanitario e ricordiamoci sempre: «Non un soldo per i collaborazionisti, non un soldo per la Croce Rossa!»
I quattro fermati
Leggimi in francese.
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Lazise (VR), 12 giugno 2010 – «Il Cie in Veneto si farà entro la fine dell’anno. Giusto ieri ne ho nuovamente parlato con Zaia e abbiamo trovato l’accordo». Il ministro Maroni dà la notizia entrando nell’hotel di Lazise in cui si svolge il convegno organizzato da Enrico Letta sui problemi del Nord Italia. Federalismo, manovra economica, tagli agli enti locali i temi in discussione: ma a Verona, in primo piano, c’è anche la questione di quel Centro di Identificazione ed Espulsione degli immigrati clandestini, che ormai è praticamente certo debba aver sede nella nostra provincia. Arriva o non arriva? «Arriva, arriva – assicura Maroni – perché è assolutamente indispensabile. Se in una regione non c’è, come qui in Veneto, nove volte su dieci un clandestino fermato dev’essere rimesso in libertà perché quelli delle altre regioni già tutti pieni. Ecco perché abbiamo individuato quattro regioni che ne sono prive (Veneto, Toscana Marche e Campania, ndr) dove li realizzeremo entro la fine di quest’anno».
Ma sul luogo in cui sorgerà il centro per i clandestini non si sbilancia. Le indiscrezioni portano tutte verso il Veronese, ma su questo punto il ministro Maroni resta vago: «Abbiamo già trovato le aree che secondo noi sono le più adeguate – conferma – e su questo ci siamo confrontati coi presidenti, in particolare con quello del Veneto: entro poche settimane diremo dove lo realizzeremo ». Il tema è caldo, come conferma il ministro dell’Interno. «Per quanto riguarda la vostra regione – continua Maroni – ho incontrato ieri Luca Zaia, e ne abbiamo di nuovo discusso. Ci sono già le proposte del ministero, che vanno però aggiornate dopo il via libera dato al federalismo demaniale». Perchè sono legate le due cose? «Perché molti beni pubblici, beni che fino ad oggi erano appunto demaniali – spiega – passeranno adesso alle regioni. Aperto il confronto, entro fine anno realizzeremo le nuove strutture in tutte e quattro le regioni interessate».
Proviamo ad insistere, approfittando del buon umore del ministro, e gli ricordiamo che a Verona si parla ormai da tempo di una localizzazione del Cie a Isola Rizza, all’interno della ex caserma del 72mo Gruppo Intercettatori teleguidati di via Merle. Ma Maroni si trincera dietro un sorriso: «Eh lo so – risponde allontanandosi – lo so che voi parlate di tante cose… Forse non ho sentito solo l’ipotesi di mettere il Cie nella Laguna di Venezia ma qualcuno avrà indicato anche quella… Ad ogni modo non sarà una scelta calata dall’alto, ne parlerò con i sindaci». Poi, tornando serio, ribadisce il concetto: «Ci sono proposte precise che io ho fatto al presidente della Regione. Ma non faccio nomi. E neanche cognomi… ». Resta da aggiungere che il presidente Zaia, ieri sera, ha confermato al Corriere di Verona sia il colloquio col ministro, sia l’accordo raggiunto su questo tema. Ma anche lui ha accuratamente evitato di dare indicazioni sulla località prescelta. A sbilanciarsi di più è il deputato leghista (e sindaco di Oppeano) Alessandro Montagnoli che un paio di giorni fa ha parlato della questione con Zaia. «Ho consegnato nelle mani del presidente della Regione la richiesta di incontro fatta dai sindaci della Bassa – spiega – e ho avuto la garanzia che verrà fatto a breve. Non ci sono dubbi che il Cie sarà realizzato nel Veronese, ma la scelta di Isola Rizza non è definitiva».
(Corriere del Veneto)