Ci fanno sapere i compagni Bolognesi che ieri mattina, «giovedì 10 giugno, un ragazzo marocchino si è cucito “di brutto” le labbra. Aveva chiesto solo il trasferimento a Milano perchè là abitano la sua famglia e il padre malato ma gli è stato negato. Ci chiedono da dentro di far girare la notizia il più possibile.»
Vi aggiungiamo qui i recapiti telefonici del Cie di via Mattei (0516027521 – fax 051531344) e ne approfittiamo per ricordarvi l’appuntamento della manifestazione di sabato 19 giugno a Modena. Chi volesse un passaggio sul pullman che partirà da Torino, si prenoti per tempo scrivendo a modena19giugno@gmail.com.

Sono stati assolti per non aver commesso il fatto Adel, Maati e Mohammed, i tre reclusi ribelli che il sei di novembre scorso erano stati arrestati con l’accusa di aver danneggiato la struttura del Centro di corso Brunelleschi. Al tempo si erano fatti tre giorni giusti di carcere, per poi ritornare dentro al Cie. Come ricorderete quelle erano settimane di lotta durissima: solo due giorni prima i prigionieri erano riusciti a demolire un muro interno alla loro camerata e gli alpini stessi si guardavano bene dall’avvicinarsi ai gabbioni senza motivo, per timore di alzare la tensione con la loro stessa presenza. Proprio quella sera, poi, alla notizia della rivolta, un gruppone di una cinquantina di compagni riusciva a bloccare la strada di fronte al Centro e a mettere fuori uso una telecamera di sorveglianza.
Ma perché sono stati assolti? Perché non c’è alcuna prova che siano stati proprio loro tre a tirare giù i vetri delle camerate a colpi di letti sradicati. C’è un filmato di quei momenti, ma non si riconosce nessuno. Evidentemente, proprio come gli uomini della Digos torinese, anche i funzionari dell’Ufficio stranieri della Questura – che sono presenti nel Centro insieme alla Croce Rossa militare – hanno l’abitudine di fare arrestare la gente più in base a delle logiche di controllo o per ritorsione che in base a dei dati di fatto dimostrabili, e lo fanno imbrogliando per quanto possono le carte. E in questo caso volevano semplicemente sbarazzarsi dei più rompicoglioni, dei più determinati a lottare e a resistere e a tenere i contatti con l’esterno – non certo di chi quella sera aveva rotto quel vetro.
Se avete voglia di ripercorrere quelle giornate di novembre nelle quali la lotta dei reclusi e dei solidali fuori si era posta nei fatti nell’ottica della demolizione del Centro, rileggetevi qualcuna di queste cronache, e date una occhiata a questo video:
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A tutte le persone che vivono in questo paese
A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione
Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano. La carta igenica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costrigono a vivere. Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare che danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo problema ma continua ogni giorno.
Ci sono detenuti che vengono dai Cie e anche dal carcere che sono stati abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e tranquillanti per farci dormire tutto il giorno. Quando chiediamo di andare in infermeria perché stiamo male, l’Auxilium ci costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di 8-9 poliziotti ci chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare traccia e ci picchiano forte. Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, 1 giorno a settimana la barba e 1 i capelli. Non possiamo avere la lametta.
Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.
Quello che ci domandiamo è perchè dopo il carcere dobbiamo andare in questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare 6 mesi in questi posti senza capire il perché. Non ci hanno identificato in carcere? Perché un’altra condanna di 6 mesi?
Tutti noi non siamo daccordo per questa legge, 6 mesi sono tanti e non siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti
quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è cominciata così:
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Una chiacchierata in diretta da Barcellona andata in onda durante l’ultima puntata di Silenzio Assordante. Due casi di morti sospette dentro al Centro catalano, le condizioni di vita dentro e le lotte che cominciano ad organizzarsi fuori. Scioperi della fame e presidi, con dinamiche che ricordano da vicino quelle che conosciamo bene qui a Torino, o a Bologna o a Milano o a Roma… E poi, guardate un po’ chi si rivede: il fazzoletto rosso (ve lo ricordate?), che ha bruciato le frontiere per fare capolino oltre i Pirenei.
Ascolta la diretta:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/100604cie_es.mp3]
Dopo quello di Caltanissetta, ha chiuso anche il Cie di Crotone. Vi avevamo parlato, a metà aprile, di un grosso trasferimento di reclusi da lì verso il Cie di Torino causato forse da lavori di rassettamento in vista della visita di qualche pezzo grosso. E un pezzo grosso in effetti a Crotone c’è andato in quei giorni: il prefetto Mario Morcone, che al tempo era al Dipartimento per l’immigrazione del ministero degli Interni, ha visitato il Centro e ha deciso di farlo chiudere perché, rivolta dopo rivolta, oramai era diventato completamente inagibile. Doveva essere un affare di poche settimane, ma ora è uscita la notizia che rimarrà chiuso fino a settembre. Mettete nel conto, poi, anche i Centri di Lamezia Terme e di Trapani, che il Viminale si è impegnato a chiudere entro la fine dell’anno, e avrete un quadro sintetico e concreto di ciò che un anno e mezzo di lotta dei reclusi (dalla grande rivolta di Lampedusa in poi) è riuscita a produrre. E noi, da fuori, ne siamo stati all’altezza?
Leggimi in francese.
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Le Molinette, il più grande ospedale di Torino, cambiano gestore del servizio mensa. Dopo dieci anni di servizio Gemeaz Cusin, conditi da polemiche e scarafaggi, l’appalto passa alla multinazionale Sodexo, che già gestisce la mensa del Mauriziano. Un appalto provvisiorio di soli nove mesi, ma del valore di ben 7 milioni di euro. In realtà il grosso dell’appalto, altri quattro anni per altri 37 milioni di euro, sarà assegnato in una gara d’appalto che si chiuderà il 30 giugno.
Forse i dirigenti delle Molinette sperano di disfarsi delle blatte della Gemeaz. Ma forse non sanno che anche i cibi marchiati Sodexo sono spesso marci e abitati da scarafaggi. E questo ce lo hanno raccontato gli “ospiti” di un’altra struttura, i reclusi del Centro di Identificazione ed Espulsione di via Corelli a Milano. Né i dirigenti della Sodexo, né i gestori dei Centri (Questura e Croce Rossa, nel caso di Milano e Torino) hanno evidentemente interesse che si sappia troppo in giro: potrebbero sequestrargli la baracca. Però forse qualcuno, al Mauriziano, qualcosina ne sa.
Per saperne di più su tutti gli sporchissimi affari della Sodexo, potete leggere questo breve dossier, «Dalle mense alle gabbie».

Torna in piazza a Milano lo striscione proibito, quello del 26 novembre. Questa volta di fronte al Tribunale, proprio in mezzo al presidio in solidarietà con Joy ed Hellen e contro i Centri per senza-documenti: «Nei Cie la polizia stupra». Quando viene aperto, in mezzo alla strada e sulle striscie pedonali, poliziotti e carabinieri si agitano e si schierano, poi, con due piccole cariche, schiacciano i manifestanti verso il marciapiede. Ma il presidio tiene, e lo striscione proibito rimane in bella mostra.
Ascolta la voce di un compagno, naso a naso con la polizia:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/cariche-al-tribunale.mp3]
Intanto, dentro al Tribunale, Joy ed Hellen confermano il loro racconto, e lo fanno diritte in faccia a Vittorio Addesso, che era lì in aula nascosto dietro ad un paio di occhiali da sole insieme al suo difensore, un avvocato dello studio La Russa di Milano. Ma ora che sono state ascoltate dal giudice, Joy ed Hellen rischiano di nuovo l’espulsione: oramai il processo può continuare senza di loro e fra pochissimi giorni, l’11 giugno, scadrà la proroga del trattenimento nel Centro. Bisogna tenere l’attenzione alta, e far quel che si può perché non rinnovino loro il trattenimento per altri due mesi ancora, come è successo qui a Torino per Debby e Priscilla.
Ascolta Nicoletta, che fa un bilancio della giornata ai microfoni di Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/la-giornata-a-milano.mp3]

Ancora fiamme su due mezzi di servizio della Confraternita della Misericordia, ma questa volta in provincia di Ravenna, a Castel Bolognese. Secondo tutte le agenzie di stampa che abbiamo potuto consultare l’incendio sarebbe doloso, e da ricollegare ad una scritta contro i Cie vergata la stessa notte nelle vicinanze. Da parte loro i referenti della Misericordia di Castel Bolognese ci tengono a precisare che loro si occupano solo di disabili e anziani e di non saper nulla di Centri per senza-documenti: coprire gli affari di Giovanardi, evidentemente, comincia a diventare cosa scomoda e come abbiamo già visto qualche voce critica, dentro alle Misericordie, sta cominciando a farsi sentire.
Più sibillina, invece, la dichiarazione di Alberto Pagani, il segretario del Pd di Ravenna che, dopo la condanna di rito dell’accaduto, ha dichiarato che i Cie così come sono oggi non vanno bene perché invece «devono diventare un’opportunità per regolarizzare attraverso il lavoro, coloro che sono venuti nel nostro paese per sfuggire a un destino di fame e miseria». Francamente non riusciamo a capire se questa frase nasconda qualche proposta (i lavori forzati, forse?) o se sia stata pronunciata semplicemente a caso, ma dai nipotini degli inventori dei Cpt ci aspettiamo di tutto.
Firenze, 11 giugno 2010 – Il Centro di identificazione ed espulsione per immigrati si farà a Campi Bisenzio, nell’area «ex dirigibili». E sarà un Cie vero, non nella sua versione mini «alla Toscana», come proposto dal presidente della Regione Enrico Rossi. Le voci su una disponibilità del ministro Roberto Maroni a sperimentare in Toscana un nuovo tipo di centro «non sono affatto vere». La prossima settimana il ministro dell’Interno invierà una lettera ai presidenti delle Regioni dove le strutture di identificazione e espulsione degli immigrati irregolari non ci sono ancora: Liguria, Veneto, Campania e, appunto, Toscana. I governatori potranno accettare o, se non saranno convinti del luogo scelto, proporre una alternativa. In tempi brevissimi. Altrimenti «si procede».
Maroni liquida così qualunque possibile modifica di ruolo, funzioni e caratteristiche dei centri di identificazione, come chiesto invece da Rossi e dalla sua maggioranza in Consiglio regionale. E non potrebbe essere altrimenti: la legge Bossi-Fini e le novità introdotte dal governo Berlusconi li disegnano così luoghi dove gli immigrati entrati in Italia senza permesso di soggiorno, a cui viene contestato il reato di clandestinità, vengono identificati e espulsi (verso i paesi con i quali ci sono accordi: per altri, per esempio la Cina, è molto più difficile). E una secca smentita alle dichiarazioni del sindaco di Pisa, Marco Filippeschi, che dopo l’incontro di mercoledì col ministro aveva parlato di un Maroni che «si rifà volentieri alla proposta del presidente Rossi, cioè a ripensare la gestione dei Cie e quindi può esserci una sperimentazione positiva che può riguardare la Toscana con un metodo assolutamente nuovo di gestione di questi centri». I Cie modello «toscano» non ci saranno, semplicemente perché i Cie possono essere solo quelli previsti dalla legge nazionale, e non altro, fanno sapere dal ministero, dove si parla di un Maroni veramente «sorpreso» delle dichiarazioni del sindaco di Pisa, che ha voluto riportare «dichiarazioni a latere di un incontro». «Non è affatto vero», ha detto Maroni ai suoi collaboratori, che i Cie in Toscana «saranno diversi». Anche perché, se il volontariato può avere un ruolo nella gestione, la «regolarizzazione» e «integrazione» lavorativa proposta da Rossi e dalla sua maggioranza, che ha approvato in questo senso un ordine del giorno, non è possibile: chi arriva in un Cie è un «clandestino». Per la legge, va espulso.
Mentre la notizia della scelta della sede del Cie ancora non si è diffusa in Toscana, sui centri la politica continua a litigare. A destra come a sinistra. Se da una parte il ritardo nella definizione della sede ancora fa litigare Pdl e Lega, a sinistra è la Federazione della sinistra (Prc, PdCi e Verdi) a dover respingere le critiche sia dal proprio interno che da parte di Sinistra ecologia e libertà, per aver approvato assieme a Pd e Idv l’ordine del giorno nel quale si propone «collaborazione istituzionale» al governo e i Cie «modello toscano»: piccoli, con volontariato e progetti di integrazione. «La collaborazione con il governo, da Sel definita come «inopportuna (perché annunciata nel giorno della fiducia alla legge bavaglio e degli attacchi di Berlusconi alla Costituzione n.d.r.), rientra in obblighi di legge — scrivono i consiglieri della Federazione della sinistra — ma la medesima mozione la collega e subordina alla proposta di un modello alternativo ai Cie, finalizzato all’inclusione e alla regolarizzazione, quindi contrario alla carcerazione e allo spregio dei diritti umani». E, per rincarare la dose, dopo aver ricordato che Sel è «assente in Consiglio Regionale per la legge elettorale vigente e i noti risultati elettorali», nota che i Cie sono «presenti in Regioni quali la Puglia, dove Sel, anche grazie all’espressione del presidente regionale (Nichi Vendola, leader di Sel ndr), potrebbe, insieme alla sinistra tutta, avere un ruolo assai più incisivo». L’assessore al welfare, Salvatore Allocca (Prc), dopo essersi augurato che in «Toscana il Cie non ci sarà», ribadisce: «Comunque pretenderemo che ci siano le condizioni di umanità: non so se questa proposta sarà compatibile con le intenzioni del ministro Maroni».
(l’Altracittà)
«Stasera a Ponte Galeria due ragazzi algerini hanno tentato di impiccarsi perché domani verranno deportati. Sono in molti, più di una decina, ad essere stati trasferiti a Roma da altri Cie per questa deportazione. In giornata anche tre donne nigeriane sono state trasferite dal Cie di Modena a Ponte Galeria.
Uno dei due algerini è stato trasferito d’urgenza in ospedale con un’ambulanza, l’altro è stato visto con un lenzuolo al collo mentre lo trascinavano in infermeria con la bava alla bocca, insomma in pessime condizioni. Da dentro fanno sapere che temono il peggio.
C’è anche un uomo che ha un piede viola – «sembra che il piede sia stato schiacciato da una macchina» – dicono i reclusi. Si è rotto la gamba durante il tentativo d’evasione e nessuno se lo caga. Inoltre, oggi una ragazzo ha dovuto portare un altro recluso sulle spalle fino all’infermeria altrimenti sarebbe stato lasciato abbandonato a se stesso.
Nel pomeriggio a Ponte Galeria sono arrivate quattro pattuglie: le guardie presidiano il Cie e lo sorveglieranno almeno sino a domattina. Nel maschile affermano che sembra di stare in una caserma. I reclusi raccontano che la tensione e molto alta e che non ce la fanno più: la vita a Ponte Galeria – affermano – è peggio della schiavitù.
Ascolta la voce dei reclusi:
[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100608_ponte_galeria.mp3]
Gli antirazzisti e le antirazziste di Roma inviatano a chiamare il centralino del Cie di Ponte Galeria (tel. 06 65854224) per avere notizie sulle condizioni di salute dei due algerini.»
Arrivato questa notte, da Radio Onda Rossa.
Aggiornamento ore 13,30. Inutile dire che i gestori di Ponte Galeria ridimensionano i fatti di ieri sera e sostengono che tutto si sia risolto con una breve visita dentro all’infermeria interna al Centro. Non spiegano, però, perché tutti abbiano visto uscire un’ambulanza e non dicono neanche dove siano finiti i due ragazzi che hanno “fatto la corda” ieri sera. Intanto, però, i contatti con le gabbie sono sempre più difficili e sembra proprio che l’aereo per l’Algeria stia per partire.