«Sabato, 5 giugno 2010. Genova, Centro Storico. Un corteo non autorizzato è partito da piazza Banchi per protestare contro l’applicazione della Sorveglianza Speciale ai danni di un compagno anarchico, Luca. Una sessantina di persone, concentratesi nel cuore delle passate contestazioni antirazziste e antifasciste genovesi, hanno comunicato con gli abitanti dei vicoli tramite volantini e interventi al microfono. Allo stesso tempo la manifestazione ha raggiunto l’obbiettivo pratico di oscurare le telecamere che incontrava durante il suo percorso, simbolo tangibile del controllo delle nostre vite, e di affiggere manifesti in memoria di Farid Aoufi, morto ammazzato dai Carabinieri di Fossatello il 6 Novembre 2008, e per il quale è stata chiesta a inizio del mese l’archiviazione come suicidio.
Marciando a ritmo di musica e cori il folto gruppo di giovani è passato dunque sotto la caserma di Fossatello dove, in un progressione di grida e insulti, si è verificato il primo contatto con le forze dell’ordine. Respinte. La rabbia della gente presente – fra organizzatori, simpatizzanti e passanti aggregatisi – è sfociata in via Gramsci dove il primo blocco stradale ha messo sotto scacco la viabilità fino all’incrocio con via delle Fontane.
Due striscioni aprivano e chiudevano il corteo: “La passione per la libertà è più forte di qualsiasi autorità” recitava il primo, “NO pacchetto sicurezza, lager per immigrati, militari in città, sorveglianza speciale” il secondo.
Un altro blocco stradale si è svolto davanti al comando regionale dell’Esercito in largo Zecca, che già qualche giorno prima, nella notte tra mercoledì e giovedì, aveva subito l’imbrattamento della facciata con vernice rossa e con la scritta “In Israele come ovunque eserciti assassini”. Lì sono state vergate scritte a spray sui muri («assassini») e fatto largo uso di fumogeni (chi sta scrivendo qui spera vivamente che lo sbirro che ha provato a spostarne uno dal mezzo della strada non si sia scottato troppo le dita).
A quel punto, fattesi le 19 e oscurata qualche altra telecamera, il corteo torna al punto di partenza, non prima però di essersi imbattuto in un altro manipolo di forze dell’ordine. A queste ultime balzava in mente la splendida idea di bloccare via degli Orefici all’imbocco di piazza Banchi. Schieratesi addirittura in assetto antisommossa si sono ritrovate ben presto costrette ad arretrare nella piazza dal pressing dei manifestanti e dei presenti accorsi, quindi ad andarsene. Polizia 0 – dissidenza 2. […]»
da indymedia liguria
Dopo le iniziative di questo fine settimana si è tenuto questa mattina un presidio sotto al Tribunale di Genova, dove era in discussione l’applicazione o meno della misura della Sorveglianza speciale per Luca. I giudici si sono presi il loro tempo per decidere, e appena ne sapremo qualcosa vi racconteremo. Intanto ascoltate una chiacchierata su queste giornate genovesi andata in onda questa mattina sulle frequenze di Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/su-sorveglianza-speciale-luca.mp3]
Il 24 e 25 maggio all’hotel Hilton a Varsavia si è tenuta una conferenza di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, in occasione del quinto anniversario della sua fondazione. Ci sono stati incontri, presentazioni e addirittura un’esibizione di tecnologie per la sorveglianza delle frontiere. Con una certa dose di cinismo, Frontex ha anche proclamato una “Giornata europea per le guardie di frontiera”.Il giorno prima dell’inizio della conferenza, proprio a Varsavia, un venditore abusivo nigeriano è stato colpito a morte da un proiettile sparato dalla polizia durante un raid in un mercato abusivo. Benché Frontex non sia direttamente responsabile di questo omicidio, comunque essa è parte dello stesso sitema pan-europeo in cui la politica razzista applicata normalmente ai confini dell’Europa, produce gli stessi effetti anche al suo interno.
Per questo motivo alcuni compagni di Varsavia hanno fatto irruzione nel grattacielo in cui a sede Frontex, srotolando due striscioni con le scritte «Il vostro sistema assassina gli immigrati – 23 maggio 2010, a Varsavia la polizia uccide» e «Chiudere Frontex, Agenzia europea di caccia agli immigrati», scandendo slogan come «Frontex uccide!», «Assassini!» e «Né confini, né nazioni, fermiamo le espulsioni!»
Per saperne di più su questa vicenda e su Frontex, potete consultare il sito FrontExplode, in inglese
Verona, 07 giugno 2010 – I clandestini. Incubo e forza, per la Lega. Disgrazia e vantaggio, croce e delizia, assedio e voti, ira della Chiesa e consenso di popolo, ragione di lotta e «brand» di successo. Ma stavolta la guerra al nemico numero uno del Carroccio (e non solo, ma l’altrui contrarietà è più istituzionale o blanda) rischia di minare la stessa tenuta del partito e di disvelare quanto difficili possano essere la gestione del potere e l’esercizio della coerenza. Esercizio nella fattispecie orgogliosamente rivendicato ma che per la prima volta in modo «pubblico» mette pesantemente a nudo le contraddizioni e il dissenso in un movimento che proprio grazie alla nuova centralità politica assunta dovrà sempre più allontanarsi da quel modello «di lotta e di governo » incarnato in servizio permanente effettivo.
La «fattispecie» è la realizzazione del Cie veneto, acronimo di Centro identificazione ed espulsione e che da Lampedusa a Gorizia rappresenta il limbo nel quale albergano, oltre ai presunti irregolari che battono bandiera extracomunitaria, tutte le contraddizioni di un Paese di ex emigranti scisso fra il neo-cattivismo dell’ala radicale del centrodestra e il buonismo cattolico e di sinistra poco propenso a credere che la logica del «rauss» debba prevalere sulla scommessa dell’accoglienza seppur «calibrata». La notizia è che la Lega, c’è da ammettere con coerenza (anche se altro forse non avrebbe potuto fare), si è assunta la responsabilità di «offrire» al fratello- ministro dell’Interno Roberto Maroni il feudo veronese per ospitare la struttura, prevista per legge in ogni regione d’Italia e destinata, ovviamente, a sollevare le proteste sia di una parte dell’opinione pubblica che dei residenti potenzialmente interessati dalla scelta logistica. In questo caso i comuni di Bovolone e Isola Rizza, al cui confine si erge un’ex base dell’Aeronautica a quanto pare perfetta alla bisogna ed entrambi governati da altrettanti «borgomastri » padani che, immancabilmente, hanno protestato assieme alle loro comunità. Da parte sua, il colonnello della Lega Flavio Tosi, sindaco di Verona e tra i maggiorenti del partito, nel suo sacrificio territoriale oltre che coerenza ha dimostrato intelligenza politica e senso di realtà. La scelta del Cie veneto non poteva prescindere dalla vicinanza di un importante aeroporto e le opzioni erano due: Venezia e appunto Verona. Se da una parte emerge l’assunzione di responsabilità geopolitica e soprattutto il ruolo di «controllo» dell’operazione, dall’altra la logistica porta lontano dalla laguna sia per la sua antropizzazione che per essere maggiormente «vetrina» e di conseguenza luogo di contraddizioni, polemiche (no global) e problemi di «filiera» (a Venezia governa il centrosinistra di Orsoni). Ma Tosi e la Lega, probabilmente, non avevano fatto i conti con il dissenso interno, quello padano.Non era forse stata messa in conto la contrarietà dei sindaci veronesi (a meno che non si tratti di una recita da «finti offesi» ben interpretata), che per nemesi fa il paio con il ribellismo capitanato in questi giorni proprio dal sindaco Tosi sul fronte dei tagli tremontiani. Tagli che stanno facendo andare su tutte le furie anche i borgomastri di Bossi, non più capaci di nascondere che le mani nelle tasche del popolo sono messe «indirettamente », con la soppressione o la riduzione dei servizi ai cittadini.
Certo una contrarietà indirizzata non solo verso il proprio governo ma soprattutto e ancora verso il Sud, al punto che la Lega ha chiesto tagli «territoriali» per punire chi ha più preso e meno dato; ma che sembra un piccolo aperitivo di ciò che dovrà essere il federalismo fiscale. Misureremo le eventuali gioie dell’utopia autonomista e la saldezza istituzionale su scala municipale quando si tratterà di fare i «sindaci gabellieri» controllando l’evasione fiscale dei propri cittadini, dei vicini di casa, degli amici del bar. Forse, all’improvviso, seppur inesorabile, la madre di tutte le battaglie rischierà di apparire un po’ matrigna. Perchè il vero federalismo non può prescindere dalle regole e dal «patto sociale» che sta alla base delle democrazie. Sarà vincente se oltre ad obbligare il Sud a rientrare fra i parametri della virtuosità, le classi dirigenti del Nord riusciranno a godere delle nuove risorse mettendo in campo il coraggio di uccidere quel cancro che è l’evasione fiscale, ancor più odioso se proliferante nell’universo «civico» della porta accanto. Solo allora, se ciò sarà fatto, la Lega e chi governerà con essa potranno dire di aver coronato il sogno di un Veneto meno tartassato e più «libero» e, magari, di un’Italia migliore.
(Corriere del Veneto)
Oggi, a metà mattinata, Mamadou è stato prelevato dal Cie di via Corelli: di nuovo lo stanno portando all’aeroporto. E di nuovo lo vogliono riportare in Senegal così com’è, solo coi vestiti che indossa, senza permettergli di portarsi dietro la sua valigia – ossia quel che gli resta di tanti anni vissuti in Italia. Come ricorderete, Mamadou, ne fa una questione di dignità, ed ha ragione. Per tre volte è riuscito a farsi portare indietro, e vedremo oggi cosa succederà.
Aggiornamento 8 giugno. Ancora non ci sono notizie certe di Mamadou: di certo si sa solo che non è tornato in via Corelli, dove per altro gira voce che oramai sia in Senegal. Se per davvero sono riusciti, al quarto tentativo, a deportarlo, non immaginiamo in quali condizioni. Appena si farà sentire ve lo faremo sapere.
«Se è ormai noto a tutte e tutti che l’8 giugno Joy sarà sentita come “persona informata sui fatti” a proposito del tentativo di violenza sessuale – a cui ha immediatamente reagito con determinazione – da parte dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso, lo scorso agosto nel Cie di Milano, un po’ meno noto è come si sia svolto il suo interrogatorio al processo per la rivolta di Corelli a proposito di questo gravissimo episodio e come si sia ritrovata, con la sua testimone Hellen, una denuncia per calunnia. Per queste ragioni pubblichiamo lo stralcio dell’ interrogatorio in cui Joy racconta in aula i fatti. Stralcio che dà l’idea di quale sia il trattamento riservato a immigrate ed immigrati (ma non solo…) nelle aule dei tribunali italiani.
Ricordiamo, inoltre, che l’11 giugno scadranno gli ulteriori sessanta giorni affibbiati a Joy dal giudice di pace su richiesta della questura di Modena, sessanta giorni che hanno portato a quasi un anno la detenzione di Joy nel circuito Cie-carcere-Cie, cominciata il 26 giugno 2009. Nei prossimi giorni la questura di Modena potrebbe chiedere al giudice di pace di affibbiarle altri due mesi, per arrivare a quei famosi 180 giorni stabiliti dal “pacchetto sicurezza”, poiché per Joy il conteggio dei giorni di detenzione nel Cie è ricominciato nel momento in cui è stata portata dal carcere di Como al Cie di Modena, il 12 febbraio scorso. Oppure la questura di Modena potrebbe decidere di deportarla, rimandandola nel paese in cui i suoi sfruttatori la aspettano per ucciderla “come una gallina”.
Joy rimane, quindi, in una situazione di estremo pericolo. Dopo dieci anni la sua vita continua ad essere nella mani di altri: ostaggio degli sfruttatori, prima, e ostaggio dello Stato italiano, poi, e di questo non possiamo non tenerne conto nel caratterizzare il presidio dell’8 giugno con contenuti completamente autonomi e di non delega – come abbiamo già esplicitato – rispetto al rito che si volgerà all’interno del tribunale di Milano.»
da noinonsiamocomplici
Da parte nostra vi ricordiamo il presidio di martedì 8 giugno di fronte al Tribunale di Milano, in c.so di Porta Vittoria, dalle 14,30 in poi, in solidarietà con Joy ed Hellen. Lo stesso giorno, un presidio solidale si svolgerà pure di fronte all’ambasciata italiana a Londra. A Torino, invece, ci sarà un banchetto informativo a Palazzo Nuovo, per tutta la mattinata di lunedì 7 giugno, e pure un presidio in piazza Castello angolo via Garibaldi l’8 di giugno dalle 17 in poi.

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Dai compagni baresi qualche notizia in più sulla rivolta dell’altra notte.
«Innanzitutto ricapitoliamo un po’ qual è l’aria che si respira all’interno in questi giorni. I reclusi vengono spesso chiusi nei moduli e i militari si comportano “proprio come in un carcere”, cioè non li fanno uscire dalle gabbie e parlano attraverso una finestrella con le sbarre. I contatti con l’esterno sono scarsi e difficili, durante tutti gli ultimi presidi siamo abbastanza sicuri che fossero tutti chiusi, perché le urla da dentro si sentivano appena. Questo ovviamente ha un effetto decisamente negativo sul morale dei reclusi, a cui si aggiunge la consuetudine della “terapia” – che alcuni richiedono espressamente, per dormire e non pensare, altri invece si ritrovano nel piatto. Insomma, la situazione è abbastanza fiacca, […] anche in seguito all’ultimo arresto (gennaio, tra un po’ c’è l’appello), molti si sono rassegnati ad aspettare di uscire cercando di dare meno fastidio possibile e non mettersi nei guai, visto anche che il direttore pare sia molto… diciamo “suscettibile”, e non ci mette niente a prendere sul cazzo qualcuno, per poi ostacolare in qualche modo il suo rilascio – provocazioni da parte dei militari e poi arresto, come è accaduto a gennaio, oppure pratiche di espulsione che si accelerano improvvisamente, o minacce, o la posta che non arriva…
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Chi fosse interessato a saperne di più sul Corteo di Modena del 19 giugno può fare un salto domani pomeriggio alla festa di Radio Blackout, dove verrà presentato o anche leggerne l’indizione qui. Chi volesse prenotare un posto sul pulman che da Torino porterà a Modena può scrivere a modena19giugno@gmail.com.
«No, no, addirittura morendo una persona!?!» – Così rispondono dal centralino del Cie di Ponte Galeria prima d’iniziare a respingere ogni altra domanda e mentre da dentro ci raccontano che un recluso è in fin di vita a causa del pestaggio della polizia. Cariche in seguito ad un’evasione esplosa al termine di una delle tante giornate d’oppressione e violenza all’interno del lager. Nella sezione maschile da ieri mattina prendono fuoco lenzuola e materassi, inizia lo sciopero della fame e della sete ed in serata tentano la fuga almeno 10 persone.
Tutto il resto potete ascoltarlo dalla corrispondenza registrata intorno alle 24.00 di ieri sera da Radio Onda Rossa:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/100604cie.mp3]
Poco dopo dietro le mura cade il silenzio, la polizia riesce ad entrare da alcune cancellate precedentemente forzate ed infine chiude tutti nelle celle. Si passa alla conta mentre il Cie inizia a popolarsi di energumeni in divisa.
Tra le persone fermate durante la fuga c’è la conferma che qualcuno sia stato pestato violentemente ma non si riesce ad avere notizie sulle condizioni, dovrebbero essere circa 4 persone… una persona nata in Egitto potrebbe trovarsi in condizioni gravissime. Intanto in 6 hanno conquistato la libertà.
Intorno alle sette e mezza del mattino arriva la notizia che nove reclusi sono in viaggio verso il Tribunale, trattenuti in stato d’arresto con l’accusa di resistenza, lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamenti. In mattinata il giudice convaliderà gli arresti, ma ordinerà di riportare i prigionieri nel Centro in attesa del processo che sarà il 22 luglio prossimo.
Ascolta il commento del loro difensore:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/100604piazzaleclodio2.mp3]
Vi ricordiamo che ogni aggiornamento sulla situazione del Cie di Ponte Galeria lo potete trovare sul sito di Radio Onda Rossa di Roma.
Aggiornamento ore 23.00. Da quello che è emerso gli evasi di ieri sera erano cinque, e non sei. Purtroppo, poi, uno di loro è stato fermato questa mattina nei pressi di Fiumicino. Solo quattro, dunque, continuano ad essere liberi.
E alla fine son riusciti a condannare Save, il compagno che il primo maggio scorso aveva dato un colpo di bandiera sulla testa al vicequestore Gian Maria Sertorio, e a condannarlo pesantemente. Già perché nonostante il colpo fosse di striscio e lieve (Sertorio aveva finto di farsi male rotolandosi un po’ per terra ma in realtà non era riuscito a farsi refertare più di cinque giorni di prognosi), alla fine dell’udienza di primo grado il giudice è riuscito a dargli otto mesi e a revocargli la condizionale. Come ha fatto? Facile: addebitandogli pure una doppia resistenza (agli agenti che si erano schierati in piazza per non far entrare la Papessa e all’agente della Digos che lo aveva pescato successivamente a lato del corteo) e un danneggiamento (dell’auricolare caduto al poliziotto che lo stava arrestando). Il giudice, insomma, si è impegnato: di più proprio non poteva fare per adeguarsi all’aria che tira in città.