Varese, 19 maggio 2010 – «Caro De Corato così proprio non va»: i sindaci dei comuni dell’area di Malpensa rispediscono al mittente, il vicesindaco di Milano, la proposta di realizzare un Cie («Centro di identificazione e di espulsione»), dalle parti dell’aeroporto. E’ una vera sollevazione. «Come se non avessimo già altri problemi – sbotta il sindaco di Ferno Mauro Cerutti – evidentemente De Corato non conosce la nostra situazione. Venga a vedere la “bellezza” delle case delocalizzate, “regalo” di Malpensa, venga a vedere come si vive da queste parti. E’ una proposta davvero indecente. Questo territorio ha bisogno di attenzione, di interventi per valorizzarlo, non per caricarlo ancora di più di problemi. Troppo comodo cercare di risolvere i problemi di Milano scaricandoli sui comuni dell’area di Malpensa, quell’aeroporto che arricchisce la metropoli mentre ai nostri comuni non si riconosce neppure il disagio».
L’idea lanciata da Riccardo De Corato va proprio di traverso al primo cittadino fernese che sottolinea: «Il mio comune ha già dato e fin troppo, ben il 58,9% della sua superficie è occupata dall’aeroporto con tutto quel che ne consegue, la delocalizzazione ha vuotato 59 abitazioni, ci sono disagi continui, qui di Cie non se ne parla proprio». Proposta bocciata con fermezza anche dai colleghi sindaci di Somma Lombardo, Guido Colombo e di Lonate Pozzolo, Pier Giulio Gelosa.
«Non è la prima volta – dice Colombo cercando di ironizzare sull’idea di De Corato – non è la prima volta che il vicesindaco di Milano lancia l’idea del Cie nell’area di Malpensa, di solito sempre nei mesi estivi. Ma noi prontamente rispediamo al mittente l’idea. L’opposizione a un centro di identificazione ed espulsione nel nostro territorio è fermissima. Non se ne parla proprio. Milano è la grande città che si arricchisce anche con il lavoro nero, dunque pensi a risolversi i problemi legati ai clandestini da sola, non scaricandoli con tutto il loro peso sui comuni dell’area aeroportuale che sono considerati come una lontana provincia dell’impero. Quindi caro De Corato questo proprio non va bene».
Proprio il territorio che subisce la convivenza con il grande scalo è alla ricerca di opportunità di rilancio e valorizzazione a cominciare da una nuova destinazione per le fasce delocalizzate nelle quali sono oltre 600 le abitazioni vuote sparse nei tre comuni di Ferno, Lonate Pozzolo e Somma Lombardo. E si guarda ovviamente all’Expo 2015. Ma invece di una chiamata al tavolo dove si decide lo sviluppo per i prossimi anni, ecco che sul territorio piomba l’idea di De Corato di realizzare un centro di identificazione ed espulsione. Secca e decisa la risposta al vicesindaco di Milano anche da parte del primo cittadino di Lonate Pozzolo Gelosa.
«Sarebbe ora – dice – che Milano risolvesse i suoi problemi a casa sua. Abbiamo già pagato e tanto per l’espansione di Malpensa i cui utili vanno però a Milano». E la grande metropoli allora si tenga i suoi clandestini. Un muro insomma contro la proposta filtrata da Milano, dove si stanno cercando soluzioni per smistare il pià possibile la grande quantità di clandestini in relazione ai pochi posti a disposizione nel centro di via Corelli (nella foto di copertina). I problemi da questa parti sono già molti, in relazione proprio alla convivenza con l’aeroporto. «Ci mancherebbe anche la presenza di migliaia di clandestini in attesa di espulsione», dicono i residenti da queste parti, quelli che sono rimasti, rifiutando la delocalizzazione che ha svuotato tanti edifici, oggi appetibili per soluzioni varie. Anche per quella del «Cie», che però qui nessuno condivide.
(il Giorno)
Bovolone (VR),19 maggio 2010 – Il Centro d’identificazione ed espulsione dei clandestini in Veneto si farà, questo è ormai assodato. E probabilmente verrà costruito in provincia di Verona, anche se resta da capire dove. Perché su due cose i sindaci dei comuni coinvolti sono d’accordo. La prima: il Cie è necessario, anzi, indispensabile. La seconda: la soluzione migliore è che lo realizzino altrove. Sempre il solito ritornello, quello che gli americani sintetizzano con «Not in my back yard», non nel mio giardino. Le indiscrezioni che da mesi si rincorrono indicano due strutture militari di prossima dismissione (il 5 giugno passeranno al Demanio) come le più indicate a ospitare il Centro: la base dell’aeronautica «Franco Cappa» a Bovolone e quella del Gruppo intercettatori telecomandati a Isola Rizza. Due paesi guidati dalla Lega Nord, dove però i sindaci affrontano la questione in modo diverso. Il primo cittadino isolano, Elisa De Berti, assicura: «Il Cie è una struttura necessaria per il territorio, ma farò di tutto per impedire che venga realizzato qui. Sarebbe un pericolo per tutto ciò che comporta, e a Isola Rizza non avremmo un numero sufficiente di vigili urbani né di carabinieri per garantire la sicurezza».
In effetti il sindaco leghista (sostenuto anche dall’area ex An del Popolo della Libertà) si sta già muovendo: vuole comprare l’intera base. «Abbiamo preso contatto con il ministero della Difesa – annuncia De Berti – per trattare l’acquisizione della struttura. Il Comune non dispone della somma necessaria, ma la possiamo reperire destinando l’area a fini residenziali e artigianali». Di cifre il primo cittadino non parla, ma si tratta certamente di un’operazione da alcuni milioni di euro. Un’enormità per le magre casse comunali, giustificabile però dal tornaconto che la maggioranza ne trarrebbe a livello d’immagine e, quindi, di voti. Perché una cosa è certa: in paese nessuno vuole il Cie. L’idea di ritrovarsi con centinaia di clandestini rinchiusi in un’area circondata dal filo spinato, mette paura. Gli stessi timori che si respirano a una manciata di chilometri, dove il sindaco di Bovolone, Riccardo Fagnani, tenta di tenere a bada una minoranza intenzionata a impedire che la base aereonautica venga scelta per realizzare il Centro. Per quelle strane alleanze politiche che si formano in provincia, a lanciare siluri contro la Lega Nord è il Pdl, che nel paese della Bassa è all’opposizione. Le iniziative si moltiplicano: gazebo, volantinaggi e raccolte di firme. Tutte contro Fagnani «colpevole » – secondo i detrattori – di non dire chiaramente come stanno le cose. E «le cose», per dirla con il capogruppo in Provincia del Pd, Vincenzo D’Arienzo, starebbero così: «Il ministero ha già opzionato la base che sarà la prima ad essere dismessa e quindi è la più appetibile, anche dal punto di vista logistico ». Il Pdl a Bovolone se la prende anche con Tosi. «È stato lui a fare l’accordo col ministro Maroni per avere il Cie a Verona – sostiene il consigliere Marina Crisafulli – e quindi che se lo prenda lui. Qui comporterebbe problemi di sicurezza e le case della zona perderebbero di valore».
L’opposizione spinge affinché la base venga invece concessa ai Paracadutisti della Folgore e nei giorni scorsi ha diffuso un volantino con tanto di stemma della Brigata. «Ho già scritto alla Folgore – rivela Fagnani – per denunciare questo episodio. Non credo siano contenti che il loro simbolo venga utilizzato a scopi politici». Del futuro della base se ne discuterà presto: il sindaco ha convocato per il 28 maggio il consiglio comunale con all’ordine del giorno proprio la questione del Cie. «Un centro per i clandestini in provincia di Verona è necessario – afferma – perchè è assurdo continuare a pagare per trasferire a Udine gli irregolari fermati dai vigili. È ovvio che, fosse per me, non lo farei qui. In quella base ci vedrei bene un ospedale, vista la posizione strategica. Ad ogni modo non credo verrà scelto Bovolone per realizzare il Cie: costerebbe troppo, visto che dovrebbero demolire tutto e costruire l’intera struttura. Il ministero cerca una base che abbia già degli edifici utilizzabili ». Dove? «Secondo me lo faranno a Isola Rizza».
(Corriere del Veneto)

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Milano, 18 maggio 2011 – «Sui clandestini troppo spesso si fa un lavoro a vuoto». Lo dicono i numeri: l’anno scorso 3.779 stranieri hanno ricevuto un ordine di espulsione perché non in regola con i documenti. Tra questi, 1.083 sono passati dal «centro per l’identificazione e l’espulsione» (Cie) di via Corelli. E quelli effettivamente rimpatriati? Appena 670, meno di uno su quattro. Per questo il vice sindaco, Riccardo De Corato, attacca: «È stata fatta la nuova legge sull’immigrazione, ma adesso bisogna renderla esecutiva, altrimenti è inutile proclamare che si fa davvero la lotta alla clandestinità». Carenza principale: le strutture. «Serve un nuovo centro per le espulsioni, l’ideale sarebbe farlo vicino a Malpensa», conclude De Corato.
È un tema di cui si discute da anni. Tema sensibile e su cui i partiti della maggioranza si giocano buona parte del consenso. Argomento di tensioni latenti tra il Pdl (soprattutto gli ex An) e la Lega. Nei fatti, le statistiche spiegano più di ogni altra cosa i limiti delle politiche per contro l’immigrazione irregolare. Tutti i clandestini, prima di essere espulsi, devono passare attraverso un centro di identificazione. Prima per stabilire quale sia il Paese d’origine (se una persona è senza documenti, bisogna accertare al cento per cento quale sia la sua nazionalità affinché lo Stato d’origine la «accetti»); poi in attesa di organizzare in viaggi. Il problema è che il Cie di Milano ha 120 posti e deve ospitare anche stranieri «espulsi» dal resto d’Italia (nel 2009 la maggior parte degli «ospiti» proveniva da altre questure). De Corato registra questo dato di fatto: «Polizia locale, polizia di Stato e carabinieri fanno troppo spesso un lavoro a vuoto. Identificano gli stranieri da espellere, ma poi mancano le strutture. Se governo e ministero degli Interni vogliono davvero aumentare il numero delle espulsioni, come chiedono anche esponenti vicini all’area del ministro, c’è bisogno di altri Cie. I nostri vigili rischiano la loro incolumità, ma così siamo vicini all’impotenza ».
Delle localizzazioni si parla da almeno due anni. Nel 2008 si era arrivati a un’intesa di massima in Regione per una nuova struttura vicino a Malpensa. Anche per Milano erano state proposte nuove possibili località. In tutto il Nord ci sono soltanto tre Cie: nel capoluogo lombardo, a Torino e a Gradisca d’Isonzo. «Anche noi — conclude il vice sindaco — saremmo pronti a fare la nostra parte, ma credo che il prossimo Cie debba essere costruito nelle zone dove non c’è». In queste settimane, con i lavori in corso, la capienza di via Corelli è ridotta.
(Corriere dalla Sera)
Roma, 18 maggio 2010 – Fino al oggi ”l’apporto concreto dell’agenzia europea Frontex all’attivita’ di contrasto all’immigrazione clandestina non puo’ considerarsi sufficiente” perche’ la stessa realta’ di controllo delle frontiere esterne europee ”non svolge, in realta’, compiti di natura operativa, demandandoli ai singolo Stati membri”.
Per questo l’Italia ”ha gia’ sollevato il problema a livello europeo”. Ad affermarlo e’ stato il ministro dell’Interno, Roberto Maroni nel corso di una audizione presso le Commissioni Affari costituzionali e Politiche europee della Camera.
Maroni ha, quindi, sostenuto che Frontex ”rischia, come molte altre agenzie europee, di trasformarsi in un ‘euro-carrozzone”’. L’accusa e’ quella di matarsi, in sostanza, da uno strumento operativo ad uno burocratico-amministrativo. E i dati, ha detto il responsabile del Viminale, andrebbero proprio in questa direzione se si pensa che nel 2008 le spese per Frontex ammontavano a 71,2 milioni di euro ed hanno raggiunto gli 88,2 milioni di euro. Un aumento di budget che, pero’, ha fatto notare Maroni, vede le spese amministrative passare da meno di 20 milioni di euro a 36 milioni, con un aumento del 14% e quelle operative crollare dal 73% del totale al 41%”.
”Insomma – ha spiegato Maroni in audizione – il rischio che paventiamo e’ che Frontex non sia piu’ una struttura veramente operativa”. Il nostro paese, invece, ha avanzato alcune proposte in senso opposto chiedendo che questioni come il pattugliamento e il controllo delle frontiere, ma anche la gestione dei flussi e dell’accoglienza cosi’ come la gestione dei Centri di identificazione, vedano sempre piu’ il coinvilgimento dell’Europa. Questo, ha concluso Maroni, nella prospettiva di giungere ad una polizia di frontiera europea.
(ASCA)
«Kouly Sow è un giovane del Mali che vive e lavora da molti anni in Francia. Fa parte dei 6000 lavoratori senza-documenti che scioperano dal 12 ottobre scorso per ottenere un permesso di soggiorno. È fidanzato con Mariam, una giovane francese, ed abita a Villepinte, nella periferia nord di Parigi.
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Ascoltate questa testimonianza raccolta sabato scorso dentro al Centro di Ponte Galeria da Radio Onda Rossa di Roma. Tutte le sere i reclusi rimangono abbandonati nella mani della polizia, che picchia indisturbata: tanto nessuno vede niente, tanto meno il personale della Auxilium, il nuovo ente gestore del Centro.
[audio:http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/CIE/100515_pontegaerlia.mp3]
Da sabato ad oggi, poi, dentro al Cie romano ci sono stati due tentativi di fuga. In tre provano la prima volta e in cinque la seconda. Nessuno ce la fa, purtroppo: vengono ripresi e, da esempio per tutti, volano un po’ di botte.
Questa mattina tre reclusi sono stati trasferiti in altri Centri e altri tre verranno trasferiti a breve. Anche se di questi sei non tutti sono coinvolti nei tentativi di fuga del fine settimana, per i prigionieri questo trasferimento suona come una rappresaglia. Alcuni non vogliono essere trasferiti perché dopo più di 4 mesi trascorsi a Ponte Galeria ci tengono a mantenere quei pochi rapporti che si sono creati. Questa mattina, per protesta, un ragazzo è salito sul tetto e si è messo penzoloni in cima ad un palo della luce ed un altro si è provocato tagli su tutto il corpo, in mezzo al casino generale.
Nonostante questa agitazione continua e nonostante le denunce radiofoniche, la polizia non ha abbandonato nenache in questi ultimi giorni le sue irruzioni serali nelle camerate con guanti e manganelli: botte a caso, a mo’ di buona notte.
«Ci vorrà oltre un milione di euro per riparare i danni alla struttura del Centro identificazione ed espulsione (Cie) causati dai sempre più frequenti atti di violenza, risse e evasione verificatesi in quest’ultimo anno, in alcuni casi con successo. Lo ha dichiarato il questore Antonio Tozzi durante la presentazione della Festa della Polizia, che ha anche preannunciato la possibile chiusura del centro durante i lavori di sistemazione.
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La vita in corso Brunelleschi vista con gli occhi delle recluse della sezione femminile. Le prepotenze della polizia, il cibo che ti fa addormentare, la minaccia continua della deportazione, le umiliazioni, il ricordo della terra natale dalla quale si è dovuti scappare ma che si ricorda con orgoglio.
Ascoltate la testimonianza di questa ragazza, giovanissima, che ha contattato Radio Blackout durante il presidio di domenica scorsa. La sua storia in poche parole? Un permesso di soggiorno che non vale più niente perché il padrone della fabbrica non paga i contributi e una deportazione interrotta solo grazie alla nube del vulcano islandese che ha fatto chiudere gli aeroporti marocchini.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/il-femminile-del-cie.mp3]
Alla fine li hanno rilasciati, i compagni arrestati venerdì pomeriggio sotto alle Porte Palatine. Uno già sabato sera, prima ancora dell’udienza di convalida, e l’altro invece domenica. La Stampa di ieri parlava di arresti domiciliari per uno dei due, ma era la solita palla: sono liberi e senza restrizioni.
Ci prenderemo un po’ di spazio, appena ne avremo il tempo, per guardare più da vicino le dissonanze tra le diverse narrazioni che ha avuto questa vicenda dello striscione di fronte al Duomo e quelle tra tutte queste narrazioni (quella questurina, quella giudiziaria e quella giornalistica principalmente) e i fatti avvenuti realmente quel pomeriggio: vorremmo capire infatti se siano dovute solamente alla arroganza disonesta di certi funzionari di polizia e alla scatenata bestialità di personaggi come Massimo Numa e Claudio Laugeri che dopo essersi inventati di sana pianta “scontri” e “assalti” mai avvenuti si sono inventati pure i nomi dei partecipanti a questi scontri e poi ancora i ruoli gerarchici di ciascuno di loro (senza neanche curarsi di verificare se questi nomi fossero in quel momento per lo meno nei dintorni del Duomo oppure invece a farsi gli affari propri in altri angoli della città). Oppure se a determinarle ci sia qualcosa di più ampio e di natura più sociale, che non tocca solo noi e che è ben riassunto dalle parole pronunciate dal Questore alla Festa della Polizia dell’altro giorno: con i rompicoglioni “bisogna lasciare da parte certi formalismi”.
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