Dietro le sbarre

 mostra milano fronte

Dietro le sbarre, vite violate. Da Milano una mostra sui Cpt/Cie, in otto pannelli.

Leggi la mostra.

(Per ricevere una copia dei pannelli in alta definizione e pronti per la stampa contattateci)

Nasi rotti in corso Brunelleschi

Un nuovo, grosso, tentativo di evasione dal Cie di corso Brunelleschi ieri sera. Tanto grosso da essere anche riportato dall’edizione on-line de La Stampa di oggi. La Stampa, però, che è bugiarda per definizione, lo trasforma in una piccola tentata evasione in solitaria e senza grosse conseguenze, quando invece sono stati in dieci a tentare la fuga, e di conseguenze pure ce ne sono state.  Dei dieci uno solo è riuscito a valicare il muro di cinta, ma è stato ripreso dopo tre ore di fitta caccia all’uomo nei dintorni del Centro e poi pestato a sangue dagli agenti. Gli altri nove son stati menati e basta – senza neanche riuscire a raggiungere il muro.

I feriti son stati lasciati a sanguinare in sezione senza cure fino a questo pomeriggio. Ora uno di loro è in ospedale: ha il naso rotto. Un altro è stato messo in isolamento e le sue grida dopo pranzo si sentivano da lontano. Sappiamo anche di costole incrinate, ma i conti esatti della brutalità degli agenti ve li faremo man mano con calma quando saranno chiari anche a noi. Per ora possiamo dirvi che l’intera area gialla, 30 persone, ha rifiutato il pranzo per protestare contro la violenza vigliacca della polizia e contro l’indifferenza ostile dei crocerossini che, umanitari come al solito, han risposto con prese in giro ed insulti alle richieste dei reclusi di parlare con i giudici, o con i funzionari dell’ufficio immigrazione, per denunciare i pestaggi. Ovviamente, tutto questo La Stampa on-line oggi non lo dice – e state pur tranquilli che non ve lo racconterà neanche domani.

 

Aggiornamento ore 22.00. Ascolta questa voce da dentro, raccolta da Radio Onda Rossa di Roma:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/100426_cie_torino.mp3]

Aggiornamento ore 24.00. I conti: tutte e 10 le persone che hanno tentato la fuga sono in qualche modo ferite e alcuni di loro sono riusciti a farsi fare dei certificati medici. In particolare, il ragazzo nigeriano che ha il naso fratturato sarà operato in ospedale giovedì mentre il ragazzo che è riuscito a scavalcare il muro ha fatto le lastre al torace, essendo stato riempito di botte quando, dopo tre ore di fuga, è stato ripreso. Inutile dire che le mazzate la polizia gliele ha date per sfogarsi un po’, e non perché lui abbia fatto in qualche modo resistenza, o dovesse essere immobilizzato, o scalciasse, o cose del genere.  Lui era tranquillo: del resto, «abbiamo diritto di scappare», ci ha detto al telefono.

 

Ascolta la sua voce che racconta tutta la vicenda:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/brunelleschi_26_04_010.mp3]

 

Aggiornamento 27 aprile. Lo sciopero della fame sta continuando compatto in tutta l’area gialla del Centro.

Aggiornamento 28 aprile. Lo sciopero della fame nell’area gialla prosegue, e alcuni episodi delle lotte di questi ultimi giorni cominciano a filtrare anche su qualche giornale – ma non su La Stampa, ovviamente. Intanto, ieri sera, un piccolo gruppo di solidali ha dato vita ad un veloce saluto sotto le mura – con la solita battitura, i petardi e gli slogan -, che è sempre bene accolto dai prigionieri: urla e fischi e ringraziamenti.  Gli agenti di pattuglia, usciti sgommando dal Centro con l’ordine di bloccare i rumorosi solidali, se ne son dovuti ritornare, invece, a bocca asciutta e con le pive nel sacco.

Leggimi anche il lingua francese.

(more…)

Riprende lo sciopero della fame in via Mattei

Dallo scorso fine settimana 15 reclusi nel Cie di Via Mattei hanno ripreso lo sciopero della fame.
Dopo la sommossa messa in atto sabato 17 aprile probabilmente la mano pesante dei carcerieri si è fatta sentire, quantomeno sulle condizioni di vita in gabbia.
Gli aguzzini hanno requisito tutti i cellulari che sono riusciti a trovare, inoltre è stato limitato se non impedito l’accesso al cortile esterno, unica possibilità, per gli incarcerati di evadere, almeno con gli occhi, dal ferro e dal cemento che li “trattengono”.
Inoltre il vile delirio di onnipotenza della sbirraglia ha suggerito la lodevole idea di lasciare nelle sezioni i materassi a cui era stato dato fuoco e perciò diversi migranti si trovano a dormire su un giaciglio nero e rigido come carbone, se non per terra.
È chiaro che le condizioni interne stanno peggiorando, ovvia risposta del potere alle rimostranze dei reclusi, ma a quanto pare, non riescono a fiaccare la voglia di libertà dei prigionieri che anzi, hanno ritrovato vigore e forza per lottare anche dopo i trasferimenti attuati in seguito agli accadimenti di sabato 17.
Purtroppo le testimonianze di chi è dentro sono sempre simili, riguardano il solito cibo scadente e “condito” con psicofarmaci, i soliti usi e abusi praticati un po’ da tutti coloro che lavorano all’interno del Cie.
Il desiderio dei detenuti è che tutto ciò esca fuori magari attraverso i giornali, gli stessi che il 17 hanno abilmente evitato la notizia della rivolta, anche se rimane difficile spiegare ad un “clandestino” che nella nostra “civile democrazia” la legittimità e la diffusione delle notizie dipendono dagli organi di repressione e controllo non certo da chi armato solo di se stesso vorrebbe scuotere gli animi di una città che nemmeno il 25 Aprile riesce a vergognarsi di esser sede di un lager.

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Riprende lo sciopero della fame in via Mattei

Dallo scorso fine settimana 15 reclusi nel Cie di Via Mattei hanno ripreso lo sciopero della fame.
Dopo la sommossa messa in atto sabato 17 aprile probabilmente la mano pesante dei carcerieri si è fatta sentire, quantomeno sulle condizioni di vita in gabbia.
Gli aguzzini hanno requisito tutti i cellulari che sono riusciti a trovare, inoltre è stato limitato se non impedito l’accesso al cortile esterno, unica possibilità, per gli incarcerati di evadere, almeno con gli occhi, dal ferro e dal cemento che li “trattengono”.
Inoltre il vile delirio di onnipotenza della sbirraglia ha suggerito la lodevole idea di lasciare nelle sezioni i materassi a cui era stato dato fuoco e perciò diversi migranti si trovano a dormire su un giaciglio nero e rigido come carbone, se non per terra.
È chiaro che le condizioni interne stanno peggiorando, ovvia risposta del potere alle rimostranze dei reclusi, ma a quanto pare, non riescono a fiaccare la voglia di libertà dei prigionieri che anzi, hanno ritrovato vigore e forza per lottare anche dopo i trasferimenti attuati in seguito agli accadimenti di sabato 17.
Purtroppo le testimonianze di chi è dentro sono sempre simili, riguardano il solito cibo scadente e “condito” con psicofarmaci, i soliti usi e abusi praticati un po’ da tutti coloro che lavorano all’interno del Cie.
Il desiderio dei detenuti è che tutto ciò esca fuori magari attraverso i giornali, gli stessi che il 17 hanno abilmente evitato la notizia della rivolta, anche se rimane difficile spiegare ad un “clandestino” che nella nostra “civile democrazia” la legittimità e la diffusione delle notizie dipendono dagli organi di repressione e controllo non certo da chi armato solo di se stesso vorrebbe scuotere gli animi di una città che nemmeno il 25 Aprile riesce a vergognarsi di esser sede di un lager.

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Centri commerciali

birra

Giusto ieri pomeriggio un gruppo di compagni è comparso all’improvviso nella piazzetta dell’Ipercoop di via Livorno, a Torino.  Già, perché se l’ipermercato è parente stretto della cooperativa che gestiva il Cie di Lampedusa, e lo si sapeva già, il baretto dall’altro lato della piazzetta è di proprietà dalla Camst, la ditta che ogni giorno porta i pasti ai reclusi di corso Brunelleschi: un bel posto di merda, insomma.

Striscione, megafono e volantini ovunque come al solito. Il responsabile del baretto non si scompone più di tanto: «vi stavamo aspettando da un mese», dice. Ma poi si scopre che del Cie non ne sa proprio nulla, e che neanche ne vuol sapere: sulla coscienza, lui, ha dei licenziamenti  ed era guardingo per questo. Del resto la Camst, come la Sodexo, non si fa tanti problemi né a dove né a come fa i propri affari, e non è certo il caso di stupirsene.

Un quarto d’ora di contestazione nella piazzetta di un centro commerciale fa l’effetto che fa, con la gente che passa avanti indifferente e pensa sia una performance studiata per pubblicizzare un nuovo shampoo antiforfora. E i centri commerciali, ad occhio e croce, sono stati studiati anche per ottenere questi risultati. Uniche eccezioni tra i passanti alcune mamme, molto interessate ad aver dettagli sul menù fornito ai reclusi del Centro una volta scoperto che la mensa è la stessa di quella dei propri figli a scuola.

Scarica, fotocopie e diffondi il volantino distribuito.

La vita a Crotone

Gente liberata a grupponi per tutto l’inizio della settimana nel Cie di corso Brunelleschi a Torino. Per far posto, come già vi avevamo accennato, a trenta reclusi trasferiti in tutta fretta da Crotone. Da quel che abbiamo potuto capire, dell’Italia i nuovi arrivati hanno visto solo le sbarre dei Centri, e l’italiano non lo parlano per niente. Sul perché di un trasferimento tanto grosso e tanto urgente da Crotone a Torino non ci sono notizie precise. Qualcuno dice per alleggerire il Centro calabrese in modo da rassettarlo un po’, forse a seguito di una ispezione di qualche pezzo grosso,  qualcun altro sostiene che sia stato un modo per tenersi buoni gli agenti di polizia, che da mesi oramai urlano ai quattro venti che a Crotone la situazione è ingestibile e che loro non ce la fanno a tenere a bada i prigionieri.

Non sappiamo con esattezza. Quel che sappiamo è che il Cie di Crotone cade a pezzi e che i prigionieri vivono là dentro come abbandonati a sé stessi, riempiti di farmaci e, all’occorrenza, di botte. Che delle rivolte molto grosse ci sono state nel recente passato, anche con parecchi danni. Che gli episodi di autolesionismo sono continui, ancor più che qui a Torino.

Ascoltate, in questa disturbatissima diretta in italiano e in arabo, quel che si racconta della vita a Crotone dentro alle celle di corso Brunelleschi, a Torino:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/gli-arrivi-da-crotone.mp3]

Chi vuole la morte di Joy?

«Mesi e mesi di vita rubata tra Cie e carcere dopo anni di vita rubata dai suoi sfruttatori. Quello di Joy non è un tentato suicidio, ma un tentato omicidio, e sappiamo bene chi vuole la sua morte: chi sta facendo di tutto per non farla uscire dal Cie, chi da settimane cerca di piegarla e distruggerla psicologicamente, chi cerca di isolarla impedendo i colloqui con lei e negandole la linfa vitale delle relazioni. Tutti/e costoro – e i loro complici – sono responsabili del gesto disperato di Joy che oggi i suoi avvocati hanno voluto denunciare con un comunicato stampa mandato alle agenzie.»

 

Leggi il comunicato su Noinonsiamocomplici.

Una estate di libertà

rogo-vincennes1.jpg

Il 22 giugno 2008 un incendio distrugge il più grande Centro di detenzione per senza-documenti di Francia. Gli ingranaggi della macchina delle espulsioni saltano: mancano posti dietro le sbarre, così molti clandestini prigionieri vengono liberati, e gli stessi rastrellamenti nei quartieri di Parigi diminuiscono per una estate intera.Il rogo del Centro di Vincennes è stato il culmine di una lotta durata mesi, con proteste continue, scioperi della fame, piccoli incendi, rifiuti di rispondere all’appello, diverbi con la polizia, forme di opposizione collettive e individuali che hanno trovato sempre l’attenzione attiva dei solidali di fuori. E le lotte sono continuate anche dopo l’incendio e dopo la riapertura del Centro: dentro e fuori, per inceppare ancora la macchina delle espulsioni e anche per sostenere i ribelli di Vincennes accusati del rogo. A raccontarci questa storia alcuni compagni parigini: una sguardo oltre la frontiera per discutere delle lotte contro le espulsioni – e contro le frontiere.

Giovedì 29 aprile – ore 21.00

Radio Blackout – via Cecchi 21/a – Torino

rogo-vincennes-2.jpg

Scarica le locandine: 1 e 2

Per chi vuole documentarsi prima dell’incontro, ecco alcuni vecchi articoli di Macerie, con interviste a diversi compagni parigini:

Parigi, Milano, Torino (30 novembre 2009)

Lontani? (9 luglio 2009)

Libri sacri (10 aprile 2009)

Cosa succede a Parigi (15 settembre 2008)

Torino-Parigi, e ritorno (27 maggio 2008)

Mense universitarie

pasticcheRoma, 21 aprile. Un centinaio di persone si raduna all’Università La Sapienza e manifesta dentro e fuori la mensa della facoltà di Economia, gestita dal gruppo “La Cascina”, che da marzo gestisce anche il Cie di Ponte Galeria. Striscioni e manifesti appesi all’esterno, volantini e adesivi distribuiti all’interno, qualche scritta sui muri, e diversi discorsi al megafono per denunciare le responsabilità di chi si arricchisce sulla gestione dei lager per migranti. Finita l’azione di disturbo, il gruppo si sposta in corteo verso il bar dell’università, gestito dalla stessa società, invitando nuovamente gli studenti al boicottaggio.

Leggi un resoconto dell’iniziativa e guarda le foto.

bologna-mensa.jpgBologna, 22 aprile. Qualche ora prima di pranzo, quattro o cinque persone con il volto coperto distruggono le vetrate della mensa universitaria di Piazza Puntoni, gestita dalla “Concerta”, la stessa società che fornisce i pasti nel Cie bolognese di via Mattei. La polizia arriva tardi, e trova soltanto tre martelli, qualche macchia di vernice rossa e una chiara scritta sul muro: «NO CIE».

Di pace?

Ore 10.40, Bologna. «Un gruppo di solidali è entrato nell’edificio dei Giudici di Pace di Bologna con striscioni, volantini e megafono per sostenere le/i reclusi in lotta del Cie di Via Mattei.
Si è saputo in queste ultime ore che una quindicina di immigrati sono stati trasferiti in altri Cie a seguito della rivolta di sabato 17 a Bologna quando, oltre a iniziare lo sciopero della fame, era stato dato fuoco a letti, sedie e masserizie varie.»

Leggi il volantino che stanno distribuendo.

Ascolta  la diretta trasmessa da Radio Blackout:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/20100421-bologna-giudici-di-pace.mp3]
Aggiornamento. Usciti dall’ufficio dei Giudici di Pace, i solidali con i senza-documenti in lotta sono stati fermati dagli agenti della Digos che, chiamati nutriti rinforzi, li ha perquisiti e ha sequestrato loro striscioni e volantini. Tra identificazioni e notifiche, gli uomini della polizia politica hanno tenuto in strada i compagni e le compagne per circa quattro ore: tutto il tempo per far arrivare giornalisti e curiosi e rendere l’iniziativa ancor più rumorosa…

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