Stop alle regioni sui centri immigrati

Milano, 16 aprile 2010Le Regioni non possono rifiutarsi di ospitare Centri di espulsione. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 134 depositata ieri, ha dichiarato illegittimo l’articolo 1 della legge della regione Liguria 6 marzo 2009 n. 4 nella parte in cui afferma «la indisponibilità della Regione ad avere sul proprio territorio strutture o centri in cui si svolgono funzioni preliminari di trattamento e identificazione personale dei cittadini stranieri immigrati», ossia i Cie, centri di identificazione ed espulsione. La legge era stata discussa e approvata tra polemiche con i voti della maggioranza di centrosinistra su proposta di Rifondazione comunista.
 La tesi del Governo, accolta dalla Consulta, era che il legislatore regionale ha interferito con le attività di controllo dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri sul territorio statale, in violazione di quanto previsto dall’articolo 14 della legge 25 luglio 1998 n. 286, che affida a un decreto del ministro dell’Interno l’individuazione e la costituzione dei centri di identificazione ed espulsione degli stranieri. La Regione si era difesa affermando che la sua legge si limita a perseguire le finalità di integrazione dei cittadini non comunitari, prevedendo interventi specifici in conformità con il proprio statuto. Finalità, ha sostenuto la Liguria davanti alla Corte Costituzionale, che sarebbero state compromesse dalla presenza sul territorio regionale dei centri di identificazione.

(Il Sole 24 Ore)

Un atto di elevata civiltà veneta

Belluno, 16 aprile 2010”E’ un atto di elevatissima civilta”’. Lo ha detto il neo governatore del Veneto, Luca Zaia, in merito all’istituzione di un Centro per l’identificazione e l’espulsione (Cie) nella regione. ”Il centro chiuderebbe tutto un ragionamentro sull’immigrazione – ha continuato Zaia -, perche’ noi non possiamo accettare di vedere gli immigrati con il foglio di via che passeggiano per le piazze delle citta”’. ”Cerchiamo invece di controllare questo fenomeno – ha concluso il governatore – tenendo presente che non saranno certamente delle aree occupate, ma situazioni vivibilissime e gestibilissime”.

  (ASCA)

Incostituzionali le norme regionali che impediscono i Cie in Liguria

Roma, 15 aprile 2010 La Consulta ‘boccia’ le norme della Regione Liguria che impediscono i centri di identificazione ed espulsione sul territorio. Con una sentenza, depositata oggi, sul ricorso promosso dal presidente del consiglio dei ministri, la Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 1 della legge della Regione Liguria n. 4 del 6 marzo 2009, che modifica una precedente normativa sull’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati, nella parte in cui afferma “l’indisponibilita’ della Regione Liguria ad avere sul proprio territorio strutture o centri in cui si svolgono funzioni preliminari di trattamento e identificazione personale dei cittadini stranieri immigrati”.
La costituzione e l’individuazione dei Cie, secondo la Consulta, “attengono ad aspetti direttamente riferibili alla competenza legislativa esclusiva statale” perche’ si tratta di strutture “funzionali alla disciplina che regola il flusso migratorio dei cittadini extracomunitari nel territorio nazionale”. “La norma impugnata, nel negare la possibilita’ di istituire nel territorio ligure i centri di identificazione ed espulsione, ha, dunque – spiega la Corte – travalicato le competenze legislative regionali”.

La Consulta osserva, infatti, che anche se deve essere riconosciuta la possibilita’ di interventi legislativi delle Regioni sul fenomeno dell’immigrazione tuttavia “tale potesta’ legislativa non puo’ riguardare aspetti che attengono alle politiche di programmazione dei flussi di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale, ma altri ambiti, come il diritto allo studio o all’assistenza sociale”.

 

(Adnkronos)

Abomini

striscione milano

«Milano, 14 aprile 2010. All’Università Statale di via Festa del Perdono, l’atmofera era surreale.
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Maroni: nuovi Cie in ogni regione, mille posti in più

Roma, 14 aprile 2010Il Viminale prosegue nel suo progetto di costruire almeno un Cie in ogni regione e presto si avvieranno incontri con i nuovi presidenti di Regione per individuare le localita’ piu’ idonee alle strutture che faranno aumentare il numero dei posti totali disponibili di almeno mille in piu’. Lo ha confermato oggi il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni nel corso di una audizione alla Commissione parlamentare Schengen.

Il ministro ha affermato di ”non vedere la necessita’ di modificare la normativa vigente sulla gestione dei centri” ricordando che la permanenza nei Cie per gli stranieri in attesa di identificazione e’, nel nostro paese, di sei mesi mentre la normativa europea prevede la possibilita’ di trattenimenti fino fino a 18 mesi. ”In Italia – ha poi aggiunto Maroni – vi sono controlli costanti, ogni trenta giorni, da parte del giudice di pace. Cio’ mi permette di dire – ha quindi detto il responsabile del Viminale – che nei Cie non ci sono abusi”. Ma lo stesso Maroni ha anche detto che ”la struttura dei Cie va potenziata nel nostro Paese e gia’ si sta pensando alle risorse. Stiamo valutando quali strutture adibire con determinate caratteristiche, quali la vicinanza agli aeroporti e la lontananza da centri abitati”.

Il ministro ha citato Veneto, Toscana, Campania e Marche come regioni dove costruire nuovi Cie ”per aumentare di almeno mille posti il totale di quelli a disposizione”.

Per quanto riguarda, invece, gli arrivi di clandestini nel nostro paese, Maroni ha confermato i buoni risultati ottenuti dal governo, soprattutto con gli accordi con la Libia. Per quanto riguarda gli sbarchi nel corso di quest’anno, ad esempio, al 4 aprile si erano resistrati solo 170 sbarchi di clandestini rispetto ai 4.573 del 2009. ”Un meno 96%”, ha fatto rilevare Maroni che ha spiegato che tutti sono giunti sulle nostre coste ”portati da pescherecci e non piu’ da barconi, e quasi tutti dalla Tunisia”.

Riguardo, invece, all’arresto degli scafisti, questi sono risultati essere 33 nel 2009 a seguito di 133 sbarchi rispetto a 77 arresti dell’anno precedente, dopo 665 sbarchi sulle nostre coste.



(ASCA)

Due scioperi

Due scioperi della fame, a Roma e a Torino. Individuali, a dimostrazione di una determinazione che va al di là dell’ordinario e che sa difendere se stessa anche quando è al di fuori delle lotte collettive, ma che rappresenta un po’ il filo tra una ondata di lotta e quella successiva.

A Roma, B. è in sciopero della fame da 22 giorni, ha già perso 16 chili ma non ha alcuna intenszione di smettere: vuole rivedere suo figlio, nato in Italia. Ora non si regge in piedi, e i suoi compagni di cella lo debbono sostenere a braccio per ogni cosa. La settimana scorsa ha ingoiato tutto quello che aveva sotto mano: una batteria da radio, una lametta, della candeggina e dello shampoo. L’ambulanza è arrivata dopo mezz’ora, l’ha accompagnato all’ospedale per la lavanda gastrica, e dopo un paio di giorni l’ha riportato al Centro come se niente fosse. Ora parla a fatica, a causa del tubo che gli hanno infilato in gola durante il ricovero…

Ascolta la sua voce, registrata venerdì scorso dalla trasmissione Silenzio Assordante di Radio Onda Rossa:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/100409_pontegaleria_scioperodellafame.mp3]

A Torino, Mohammed è in sciopero da 21 giorni, e da tre si rifiuta pure di bere. In Italia si stava costruendo una vita, tanto che ha ancora il mutuo da pagare per la casa. Da quando è in sciopero, i medici della Croce Rossa del Centro lo visitano svogliatamente, limitandosi a misurargli la pressione. Fuorché la settimana scorsa: c’era una troupe della Rai in visita, ed allora in infermeria l’hanno portato di soppiatto, e gli hanno fatto una bella visita accurata e completa, «anche i piedi, mi hanno visitato».

Ascolta il suo racconto:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/sciopero-fame-brunelleschi-13-aprile.mp3]

Per far pressione sulla Croce Rossa in solidarietà con Mohammed, i solidali di Torino invitano tutti a chiamare i numeri del Cie (011-558 9918,  011-558 8778 e 011-5589815) e protestare.

Aggiornamento ore 17.00. Poco dopo la pubblicazione dell’appello per Mohammed e della sua intervista, i crocerossini si sono decisi a portarlo in ospedale. Non sappiamo ancora se per ricoverarlo o per un semplice controllo, ma qualcosa si è mosso.

Una lettera da via Corelli

Cari italiani,
noi siamo dei clandestini

siamo detenuti al CIE di via Corelli a Milano e stiamo facendo un sciopero della fame dal 03/03/2010 perché i tempi di detenzione per identificare le persone sono troppo lunghi. Dovete immaginare chiusi e chiuse per 180 giorni, 24 ore su 24, senza aver commesso nessun reato e senza nulla da fare per far passare il tempo. Ma soprattutto, noi clandestini siamo condannati all’ergastolo senza appello… Dopo 180 gg di CIE ti danno un foglio di via con 5 giorni di tempo per lasciare il territorio italiano e se ti beccano per strada, rischi il carcere ordinario (da 6 mesi a 1 anno).

Ma in 5 giorni come fai a trovare i soldi per lasciare il territorio italiano?

In questo periodo di sciopero il cibo che porta la Sodexo fa veramente schifo; per le persone malate non ci sono medicine; i bagni sono sempre sporchi e intasati e l’acqua del cesso esce fino al corridoio. Gli infermieri ci trattano male, allo stesso modo dei poliziotti e della croce rossa italiana.

E poi ci dicono che siamo clandestini ed è questo che ci spetta… Ci danno sedativi per stare tranquilli, ma la depressione di chi prende queste gocce é fortissima; sono tanti che piangono disperati, perché non capiscono perché devono subire tutto questo. Noi siamo persone, ma loro non pensano questo e ci umiliano, ridono della nostra situazione, ci picchiano.

Noi rispondiamo continuando a fare lo sciopero della fame. Fino ad ora lo abbiamo fatto in più di 80 persone. Attualmente ci siamo organizzati con uno sciopero a staffetta e siamo in 34 a farlo: 14 della sezione maschile, 10 tra le donne e 10 tra le trans.

Abbiamo già perso ciascuno dei noi da 5 a 9 kili. Stiamo stufi di questa vita da clandestini. In tutto questo sciopero non hanno fatto nulla…n oi stiamo lottando ma da soli e abbiamo bisogno che la gente sappia quello che lo stato fa con noi.

 

(Questa lettera è stata scritta dai reclusi di via Corelli, che stanno proseguendo con lo sciopero della fame a staffetta. Nel reparto dei maschi, dove lo sciopero è stato più costante, i reclusi hanno perso dai 5 ai nove chili.)

Leggimi anche in lingua francese.

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Ancora due mesi

eni schiavistaAlla fine, i Giudici di Pace di Modena, di Torino e di Roma hanno autorizzato la polizia a tenere prigionere ancora per due mesi Joy, Debby, Priscilla ed Hellen. Florence invece è libera. Tante le iniziative in loro solidarietà in giro per l’Italia, ma non ancora abbastanza forti da determinare la loro liberazione. Se i giudici hanno autorizzato la polizia a trattenerle ancora, però, le Questure potranno liberarle un po’ quando vogliono: un motivo in più per continuare con le iniziative, in modo da essere più convincenti.

Ascolta l’intervista con una compagna di Bologna, che racconta della situazione di Joy e sulle pressioni continue che sta subendo:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/rinnovato-il-trattenimento-a-joy-13-aprile.mp3]

In mezzo alle tante iniziative di questi giorni, giusto ieri una ventina di solidali hanno dato vita ad un paio di ore di presidio di fronte alla sede dell’Eni di Torino, con l’intento di focalizzare l’attenzione sulle responsabilità dell’azienda italiana rispetto alla situazione sociale in Nigeria e quindi, passo dopo passo, sulla storia di Joy e delle sue compagne.

Leggi il volantino distribuito.

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L’affittacamere

«La storia di Paola, trans brasiliana, che vive prostituendosi in appartamento a Milano.
La storia di Paola che finisce nel Cie di Via Corelli a Milano.
La storia di un incontro nel Cie con un poliziotto che lei già conosce.
La storia di un poliziotto che arrotonda affittando appartamenti agli stessi clandestini che poi finiranno nel Lager.
La storia di Paola, che denuncia pubblicamente il suo affittacamere, viene prelevata dalla polizia questa mattina nel Cie di via corelli a Milano, il perché non lo sappiamo, lei non risponde più al telefono.
Oggi la Questura di Milano ha deciso di far uscire la notizia per evitare che l’ennesimo scandalo gli esplodesse per le mani.
Ma il coperchio del silenzio dei Cie d’Italia è saltato, ed è chiaro a tutti che non è questione di mele marce.
Una storia tutta italiana.»

Ascolta l’intervista a Paola raccolta due giorni fa da Radiocane:
[audio:http://www.radiocane.info/images/mp3/affittacamere1.mp3]