23 febbraio. La prima risposta alla vasta operazione di polizia che ha portato a numerose perquisizioni ed arresti tra gli antirazzisti torinesi è davanti al Cie di corso Brunelleschi. Una sessantina di compagni incazzati neri presidia l’ingresso del Centro con interventi al megafono, striscioni, battiture e petardi. Gli stessi mezzi e gli stessi contenuti per i quali i compagni sono stati incriminati, a dimostrazione che la lotta contro i Cie non si ferma.
TORINO, 23 FEBBRAIO 2010.
OPERAZIONE DI POLIZIA CONTRO L’ANTIRAZZISMO E LA SOLIDARIETÀ
Questa mattina, 23 febbraio 2010, la Digos di Torino, su ordine del PM Padalino, ha effettuato decine di perquisizioni in città e in altre località del Nord Italia. Sei compagni sono stati tratti agli arresti (tre in carcere e tre ai domiciliari) e altre decine hanno visto irrompere all’alba agenti in divisa che hanno portato via computer, telefoni, volantini, e scatoloni di materiale cartaceo. L’accusa alla base di questa mega-operazione di polizia è, come al solito, un reato associativo, che consente così arresti e obblighi cautelari per compagni accusati di nient’altro che del loro… IMPEGNO ANTIRAZZISTA!
Già, proprio così, perché a leggere gli stessi atti dell’indagine i reati contestati non sono nient’altro che iniziative pubbliche, presidi, azioni di strada e di piazza, volantinaggi, che negli ultimi mesi hanno cercato di rompere il silenzio attorno al dilagante razzismo e delirio sicuritario che sta trasfigurando il volto alle nostre città.
Per chi ancora non se ne fosse accorto, infatti, nelle nostre città incombono campi di concentramento, in cui si rinchiudono uomini e donne il cui unico reato è esser riusciti a fuggire dalle loro terre senza affogare nel Mediterraneo come centinaia di loro fratelli. Ogni giorno rastrellamenti e deportazioni costringono gli abitanti dei quartieri poveri alla clandestinità e, soprattutto, alla rassegnazione, ad accettare condizioni di vita e di lavoro sempre più miserabili. Gli “italiani”, dal canto loro, sembrano non far altro che aggrapparsi ai miseri privilegi che un capitalismo in agonia non ha ancora strappato loro, rincoglioniti dalla propaganda razzista che giorno dopo giorno soffia sul fuoco della guerra tra poveri e della paura.
Questa operazione di polizia non è che l’ennesimo tentativo, questa volta in grande stile, di mettere a tacere chi non si è rassegnato alla paura, chi ha ancora il coraggio di praticare la solidarietà tra sfruttati e di urlarlo, a testa alta, nel silenzio… I capi d’accusa, infatti, non parlano d’altro che di solidarietà, quella che gli indagati sono incolpati di aver dato agli immigrati in lotta, una lotta accanita nei CIE di tutt’Italia e, nello specifico, nel lager di corso Brunelleschi.
Non è un caso, quindi, che nell’ambito di questa indagine, stamattina, la polizia ha fatto irruzione anche nella sede di Radio Black out (105.250 FM), l’unica radio libera dell’etere torinese, dai cui microfoni erano soliti parlare diversi degli antirazzisti arrestati e che, negli ultimi mesi in particolare, si è fatta voce per le tante battaglie che nonostante tutto insidiano la passività torinese, dagli immigrati agli studenti, dai lavoratori ai notav, ecc. Non stupisce dunque il fastidio e la paura dei potenti torinesi e dei loro sgherri, che di fronte ai rumori di battaglia cercano di colpire chi non ha mai fatto segreto di voler soffiare sul fuoco, per alimentare i pochi, sparuti ma orgogliosi, segnali di vita in una città morente …
NON SARÀ CERTO UN MISERABILE PUBBLICO MINISTERO E LA SUA CRICCA A FERMARE LA SOLIDARIETÀ, L’ANTIRAZZISMO E LA VOGLIA DI DARE BATTAGLIA
Antirazzisti senza patria
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Non ce ne vogliano i redattori di Macerie, se abbiamo recuperato le password e deciso di prendere in mano il loro blog. Ma siamo consapevoli del fatto che, se questa clamorosa montatura li ha portati in carcere, è anche perché hanno avuto il coraggio di amplificare, attraverso questo sito, le voci di resistenza degli stranieri rinchiusi nei Cie di tutta Italia.
Noi siamo loro complici, e come loro vogliamo contribuire a sgretolare le mura che circondano, in un insopportabile silenzio, il consumarsi del diabolico piano delle espulsioni; una parte della nostra solidarietà si esprime quindi portando avanti questo aspetto della loro lotta, nei limiti imposti dalla concitazione del momento e dalle nostre capacità.
Preso in mezzo alla strada durante una retata, Alì è dentro al Centro di corso Brunelleschi da poco più di tre mesi. In tutto questo tempo non ha mai avuto contatti con il consolato del Senegal, e non ha con sé alcun documento: eppure lunedì scorso, alla mattina, le guardie lo svegliano, gli dicono di prendere le sue cose e lo portano fuori dal Centro. Due poliziotti in borghese lo trasportano, ammanettato, fino a Malpensa dove li aspetta un volo di linea della Air Maroc per il Senegal, con scalo in Marocco.
Fin qui, una storia come tante. Sulla pista dell’aeroporto, però, Alì si ferma: su quell’aereo non ci vuole salire. I poliziotti lo spingono, lui resiste e alla fine arrivano le botte; i poliziotti si accaniscono soprattutto sulla sua gamba. Sono furiosi. Lo immobilizzano e lo caricano sull’aereo come fosse un animale in gabbia. Ma Alì non si perde d’animo e sopra all’aereo ricomincia a protestare: i passeggeri, e poi il comandante, ascoltano le sue urla di aiuto. Alla fine il comandante ordina ai poliziotti di riportarlo a terra.
Perso l’aereo, Alì è di nuovo in corso Brunelleschi dove lo aspettano la cella d’isolamento e ancora un po’ di botte, così, per ritorsione. Zoppica e ci mettono un paio di giorni per iniziare a curarlo. Lui comincia uno sciopero della fame e poi giovedì, di nuovo, mentre fa la doccia, lo chiamano per riportarlo all’aeroporto.
Ma oramai ha capito il meccanismo. Questa volta se ne sta buono fino a quando non è sull’aereo e – evitate le botte – lì di nuovo convince il comandante a farlo scendere. Lo riportano di nuovo al Centro, di nuovo in isolamento. Oggi è al settimo giorno di sciopero della fame, ed è determinato a resistere.
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«Siamo accusati di “resistenza”: ebbene sì!
Un giornalista ha scritto che sabato a Rovereto c’era aria di carnevale, festa, coriandoli – ma purtroppo gli anarchici hanno rovinato tutto. Già, coriandoli, mascherine, shopping e una bella sfilata di neofascisti: questo doveva essere il pomeriggio roveretano del 13 febbraio.
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La storia di Fathi, il recluso del Cie di Bari che, un paio di settimane fa, è riuscito a far circolare in Italia un video sulle condizioni di reclusione del Cie di Bari. Immagini girate all’interno delle gabbie, clandestinamente, e che lui ha fatto arrivare in Italia dalla Tunisia, dove qualche giorno prima era stato deportato.
Al centro della sua storia, riassunta in poche righe, un tentativo di fuga dal Cie e poi botte selvagge e minacce. Una storia come tante, la sua, ma ha avuto il coraggio e la costanza di raccontarcela. Diamogli ascolto.
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Oggi, alle 6 e mezzo del mattino, la Squadra anticrimine del Quai des Orfèvres 36 ha operato parecchi fermi e perquisito diversi domicili a Parigi. Siamo sicuri che almeno cinque persone siano state prese, e sembrerebbe che i birri siano alla ricerca di altra gente. Ancora questa sera, i fermati sono ancora in Questura.
Senza conoscere esattamente i capi d’imputazione, si può supporre che questi fermi siano quelli che i media annunciavano già tre settimane fa. Al secondo giorno del processo contro gli imputati per l’incendio del Centro di detenzione di Vincennes, alcuni giornali accusavano l'”ultra-gauche” di aver danneggiato decine di bancomat di istituti di credito noti per avere denunciato parecchi senza-documenti alla polizia. Ricordiamo che ultimamente, intorno a questo processo ed in generale contro la macchina delle espulsioni, ci sono state in Francia un bel numero di iniziative: manifestazioni, sabotaggi, discussioni, cene, scritte e proiezioni…
Durante le perquisizioni gli sbirri sembravano cercare in particolar modo volantini sulle lotte dei clandestini e contro la macchina delle espulsioni. E hanno sequestrato vestiti, computer e telefonini.
Libertà per tutti e per tutte, con o senza documenti!
Parigi, 15 febbraio 2010
Aggiornamento 17 febbraio. I numeri: lunedì mattina sono state fermate e perquisite sei persone. Una di loro è stata rilasciata lunedì sera, altre due martedì sera. Martedì sera, però, altri due compagni sono stati fermati. Quindi, adesso come adesso, nelle mani dei flic ci sono cinque persone: della loro sorte dovremmo saperne di più stasera. Ieri un presidio solidale si è svolto nel 18esimo arrondissement, luogo di intense ed abituali retate. Il presidio era circondato dalla polizia e non ha potuto muoversi, mentre una piccola manifestazione – questa volta libera – si è svolta a sorpresa a qualche centinaio di metri di distanza. A presto ulteriori aggiornamenti.

Per salutare Debby e Priscilla, due delle cinque donne arrestate per la rivolta di ferragosto nel Cie di via Corelli a Milano, che insieme a Joy in Tribunale hanno gridato che “nei Cie la polizia stupra.” Scarcerate dopo sei mesi di prigione, il 12 febbraio sono state nuovamente trasferite in un Cie, questa volta in quello di Torino.
Per salutare tutti i reclusi del Cie di Torino che proprio il 12 febbraio hanno cominciato uno sciopero della fame di tre giorni coordinato assieme ai centri di Roma, Milano, Bari, e che la sera stessa hanno bruciato per protesta alcuni materassi e danneggiato la sala mensa del Centro.
Per ricordare a tutti che a fine febbraio ricominceranno i processi contro Adel e gli altri reclusi accusati di resistenza e danneggiamento per un tentativo di evasione a settembre e per la rivolta di novembre al Cie di Torino.
Perché dopo tre mesi di tregua apparente è di nuovo ora che la lotta contro i Cie riprenda forza e slancio fino alla liberazione di tutti gli immigrati senza documenti.
(Anche questo mese il presidio inizierà alle 16.00 anziché alle 17.00)
Scarica e diffondi le locandine dell’iniziativa, 1 e 2.
Questo pomeriggio, un recluso che dalla fine di gennaio si trovava recluso dentro al Cie di Ponte Galeria è montato in cima al cancello della gabbia nella quale era costretto a vivere e poi si è gettato al suolo. Aveva già tentato il suicidio venerdì. Ora è in ospedale, e non si hanno notizie precise sullo stato della sua salute.
Ascolta l’audio registrato da Radio Onda Rossa con un suo compagno di cella:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/100215_pontegaleria.mp3]
Un’altra storia, invece, arriva dal Cie di Torino. Un ragazzo senalese, questa mattina, è riuscito a bloccare la propria deportazione facendo casino sull’aereo sul quale l’avevano costretto a salire. Talmente tanto casino da spingere il comandante a farlo scendere, insieme ai poliziotti di guardia, e a partire senza di lui. Ora l’ufficio immigrazione della Questura dovrà ricominciare da capo: cercargli un volo, prenotarlo, organizzare la scorta e l’ospitalità per la scorta in Senegal… un ottimo modo, insomma, per inceppare la macchina delle espulsioni e di avvicinarsi alla data di fine trattenimento. Sta il fatto, però, che appena rientrato dentro a Corso Brunelleschi i poliziotti si son voluti vendicare. L’hanno riempito di botte, ed ora è rinchiuso in isolamento. I suoi compagni l’hanno visto passare steso su di una barella e si chiedono quando lo rivedranno, e in quali condizioni.

Ma chi ha vinto, al contest di graffiti che si è svolto in corso Vercelli sabato scorso?
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Qualche aggiornamento veloce sulla giornata di sabato rispetto alle vicende delle rivoltose di Corelli e della piccola ondata di lotte dentro ai Centri che ne è scaturita.
Intanto, lo sciopero della fame: è proseguito anche sabato a Roma, Milano e a Torino. Un po’ meno compatto, ma è proseguito: ed è importante, perché le lotte coordinate tra Centre e Centro sono cosa rara, ed era un bel po’ di tempo che non se ne vedevano più.
E poi, gli scomparsi: dopo le notizie iniziali che la volevano dentro al Cie di via Corelli, si erano perse le tracce di Priscilla, una delle scarcerate di venerdì. Ora è ricomparsa: in realtà era in corso Brunelleschi, insieme a Debby. Stanno bene tutte due, e domani avranno l’udienza di convalida del trattenimento nel Centro.
Aggiornamento 15 febbraio. Solo questa mattina abbiamo saputo che Debby e Priscilla, esattamente come Joy, hanno avuto l’udienza di convalida già venerdì. Talemente sbrigativa da non accorgersene, e soprattutto da non accorgersi che c’era un avvocato – d’ufficio – a difenderle. Il Giudice di Pace, ovviamente, ha convalidato il loro trattenimento, per un mese.
Con oggi gli scioperi della fame sono finiti dappertutto, fuorché in una o due sezioni nel Cie di Bari e a Torino, dove Aziz continua il suo sciopero in solitaria. Ha perso molti chili ed è molto indebolito, ma è deciso a proseguire. La settimana passata un altro recluso, del quale non avevamo avuto notizia, era uscito talmente debilitato da un lungo sciopero della fame da essere liberato, in sedia a rotelle, per evitare che crepasse dentro alle gabbie del Centro.