La stanza delle torture?

Una stanzetta disadorna in fondo al Commissariato di Polizia di corso Tirreno, con in mezzo due scrivanie ed un mobiletto metallico. Appoggiati sul mobiletto, due tomi del Codice penale e un bel manganello foderato di stracci tenuti assieme da dello scotch bianco. Un manganello di quelli d’ordinanza, con l’impugnatura e tutto, ma imbottito in modo da essere usato senza la preoccupazione di lasciar troppi segni, lasciato in bella vista sul mobiletto come se fosse uno strumento di normale utilizzo tra quelle mura.

Una specie di “stanza delle torture”, questa che vi descriviamo in via Tirreno? Non lo sappiamo con certezza, ovviamente. Possiamo soltanto raccontarvi come i poliziotti di guardia abbiano reagito alle rimostranze di chi venerdì scorso, involontariamente, ha scoperto quel manganello poggiato lì. Intanto sbattendo gli impiccioni in un angolo, poi sequestrando il manganello sospetto, poi dando risposte imbarazzate ed improbabili, col tono di chi viene beccato con le mani nella marmellata, di chi ha fatto una gran cazzata e non sa più come giustificarsi: «No, no, noi non lo utilizziamo…», «che cos’è?», «ci stiamo accertando di cosa sia..», «l’avrà portato qualcuno da fuori…», «ma mi hai mai visto utilizzare una roba così?…».

E possiamo anche dirvi che chi l’ha scoperto, il manganello in quella stanza, è stato talmente travolto dall’indignazione da mettersi ad urlare a squarciagola in mezzo ad un Commissariato pullulante di celerini sempre pronti all’attacco, da inveire improperi contro le guardie delle quali era prigioniero, accettando il rischio di farsi caricare di botte così, gratuitamente, alla fine di una giornata già troppo lunga passata nelle loro mani.

Ascolta la testimonianza raccolta da Radio Blackout con uno dei protagonisti di questa vicenda:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/la-stanza-delle-torture.mp3]

Prove di forza /2

Tutto si può dire dei questurini, fuorché che non imparino velocemente. E così, prima di partire per la seconda volta all’assalto de Lostile occupato di corso Vercelli a Torino, ci hanno pensato bene ed hanno evitato di commettere gli errori del primo sgombero che, come ricorderete, era durato una ventina di ore ed era culminato in barricate incendiate, cariche, inseguimenti e lanci di lacrimogeni in tutto il quartiere. Era stata una prova di forza, quella di inizio dicembre, che aveva “liberato” per un mesetto lo stabile di corso Vercelli dalla presenza dei sovversivi ma che non li aveva affatto sradicati da quell’angolo di città. Anzi: quello sfoggio di muscoli polizieschi, e la dignità della risposta che è stata loro opposta, aveva reso i nostri un po’ più ben visti di prima, oltre che resi un po’ più veri e concreti quegli slogan che da sempre presentano fuoco e fiamme come ovvia risposta agli sgomberi e alla repressione in generale. (more…)

Dal Cie

25 gennaio. Nel pomeriggio, cinque reclusi di Corso Brunelleschi vengono fatti uscire dalle gabbie per essere deportati. Quattro di loro sono marocchini, il quinto bengalese. È quest’ultimo a ribellarsi: svelto, sale sulle spalle di un suo compagno, non sappiamo se per provare a scavalcare una rete o per montare per protesta sul tetto della struttura. Qualcosa va storto, però, e casca battendo la testa. Perde del sangue e viene portato all’ospedale. Un altro recluso, che ha visto la scena, si ricorda che Radio Blackout dà veramente la voce a chi non ce l’ha e telefona in diretta per raccontare preoccupato l’accaduto. Intanto due solidali vanno all’ospedale, alla ricerca del ferito, e scoprono che non è grave ma che è ancora sotto osservazione.

(more…)

«Maroni schiavista, schiavista di merda»

rosarno 4Nel pomeriggio un gruppone di giovani si materializza in mezzo al popoloso quartiere torinese di San Salvario, proprio di fronte alla solita sede della Lega Nord di largo Saluzzo. Qualcuno entra, con in mano una tenda da campeggio ed una missiva da inviare al ministero degli Interni: la tenda è presto montata, nella stanza un po’ angusta e gremita di vecchi. Inviare lo scritto, invece, è più complicato: alla scrivania dove è appoggiato il fax c’è il responsabile che sbraita e protesta e telefona nervosamente alla polizia, mentre toglie i fogli dalla macchinetta. Da bravo difensore dell’Europa cristiana, dopo pochi secondi e con un gran «Porco Dio!» il leghista tira un furioso cazzotto sul tavolo facendo perdere qualche pezzo al fax rendendolo inutilizzabile. Niente da fare, allora: la missiva al Ministro sarà consegnata a mano, magari dagli agenti della Digos che arriveranno anche questa volta troppo tardi. Sopra c’è scritto che Maroni è uno «schiavista di merda» e si ricordano i fatti di Rosarno, gli stranieri rastrellati con l’inganno e trattenuti dentro a tende da profughi nel Cie di Bari in attesa dell’espulsione. Ancora qualche minuto a riempire di insulti i leghisti, e i nostri sono di nuovo fuori dalla sede insieme agli altri che intanto hanno tirato fuori striscione megafono. Si parte in corteo per il quartiere, riempiendo l’aria di slogan e i muri di manifesti.

 

Si parla di Rosarno, certo, ma anche della morte di Mohammed a San Vittore e del processo per il rogo di Vincennes in corso a Parigi. Arriva anche una pattuglia con i lampeggianti, che i manifestanti dribblano senza difficoltà. Come sempre a San Salvario, i passanti si fermano, commentano, approvano, si mettono a parlare: fino a quando, in piazza Madama Cristina, il piccolo corteo scompare nel nulla.

 

Ascolta il racconto che ne fa un redattore di Radio Blackout:

 

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/cose-che-succedono-a-san-salvario.mp3]

Leggi il fax intestato al ministro Maroni.

(Ah, dimenticavamo un piccolo particolare. Preso dal panico per non essere stato in grado di difendere il buon nome di un Ministro indifendibile, Luigi Sinatora, il responsabile della Lega Nord di Largo Saluzzo, ha puntato per un breve attimo un paio di forbici contro uno dei contestatori entrati nel suo ufficio. Noi non abbiamo niente da ridire, per carità: al Ministro i manganelli e i blindati, all’attempato scagnozzo le armi bianche. Ma lui forse qualche perplessità se l’è fatta venire, visto successivamente  ha rilasciato lunghe e poco convinte dichiarazioni sulla saldezza dei propri nervi)

Condanne a Milano

Ultima udienza, martedì 19 gennaio, del processo per i fatti di Corelli del 7 novembre. Dopo le ultime testimonianze e le richieste del Pubblico ministero, i numerosi solidali presenti hanno occupato l’aula per una mezz’oretta, riuscendo anche ad abbracciare i reclusi ed esponendo uno striscione che diceva: «In custodia cautelare da agosto Mohamed El-Abouby è morto in carcere il 15 gennaio 2010 vittima dal razzismo di Stato. Quanti ancora volete ucciderne?».

Nel pomeriggio il processo è proseguito a porte chiuse, con le arringhe della difesa e la sentenza. Come ampiamente previsto – visto l’atteggiamento palesemente “schierato” del giudice durante tutte le udienze precendenti – le condanne sono state pesanti: sette mesi per tre dei reclusi ed un anno per il quarto. Ad uno solo dei quattro, Karim, è stata concessa la sospensione condizionale della pena, che nelle pratica ha voluto dire il rientro immediato nel Cie di via Corelli. Non solo: il giudice ha trasmesso alla procura gli atti del processo, in modo da incriminare un testimone per falsa testimonianza. Si tratta del vice responsabile della Croce Rossa nel Cie, Vinci, che aveva dato in aula una versione dei fatti diametralmente opposta a quella fornita dagli uomini dell’ispettore Addesso.

Ascolta i resoconti in diretta raccolti da Radio Blackout durante l’udienza…

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/processo-corelli_seconda-parte.mp3]

…e dopo la sentenza:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/processo-corelli_seconda-parte.mp3]

Una lettera da San Vittore

Milano 15/01/ 2010

Ciao carissimi amici/amiche,

Vi scrivo questa mia brutta e triste lettera per mettervi al corrente che oggi uno dei nostri (Elabbouby Moahamed) è venuto a mancare, è suicidato con il gas dopo avere saputo che sarebbe finito al centro di accoglienza nuovamente dopo la scarcerazione, e questo l’ha spinto a farla finita.

Lui avrebbe finito la carcerazione il 12/02/10. Questo ci turba molto noi che abbiamo il suo stesso problema e a dire la verità pensiamo tutti come lui. Speriamo che le nostre vite serviranno a cambiare le cose con questo governo fascista.
Un abbraccio a tutti voi dai vostri amici ribelli di Corelli

Kalem Fatah

 

P.s. Vorrei farvi presente che lui è di nazionalità marocchina, non algerina come risulta qui, e vorrei chiedervi per favore di avvisare il consolato marocchino dell’accaduto.

«Perché non abbiamo fatto niente?»

Una piccola giornata dedicata alla lotta contro le espulsioni in Europa, in solidarietà con i processati di Vincennes e in ricordo di Mohammed El Abboudy, morto due giorni prima a San Vittore.

La mattina un presidio si affianca all’oramai straripante mercato abusivo della domenica di Piazza della Repubblica e trasmette in diretta uno speciale di tre ore preparato da alcuni redattori di Radio Blackout a proposito della situazione nei Cie, dei fatti di Rosarno e del processo parigino. Tutti, al mercato, sanno della rivolta di Rosarno, ma le discussioni si accendono sulla pulizia etnica che ne è seguita: «perché qui non abbiamo fatto niente?» – si domandano amaramente in molti. Tra una chiacchiera e l’altra, la piazza si riempie completamente di scritte inneggianti alla rivolta e in ricordo dei morti di carcere e di razzismo  (“Scritte d’odio”, commentano senza ironia quegli stessi giornali che ogni giorno soffiano sulle braci mai sopite della guerra tra poveri.)

Nel pomeriggio il presidio si sposta sotto al Cie, per raccogliere e raccontare le mille storie dei reclusi.

 

È guerra, domani

Avete voluto gli schiavi…

Rigurgito dal passato o spioncino sul futuro? Ad una settimana di distanza è questa la domanda che ci preme formulare pensando a Rosarno. Risposte chiare e univoche, ovviamente, non ne sappiamo dare ma state sicuri che diffidamo – ostinatamente e per metodo  – di chi vorrebbe farci dormire sonni tranquilli.

Sui fatti, in fondo, c’è poco da discutere.

La rivolta sacrosanta di gente sottoposta ad uno sfruttamento bestiale, ammassata ai margini dell’abitato e umiliata ogni giorno, ora dopo ora. Gente utile finché può essere messa al lavoro e fino a che se ne sta zitta e discosta, rinchiusa in una condizione di apartheid non dichiarata ma concreta e rigidissima. Gente in eccedenza, invece, quando il mercato è tanto spietato che neanche ad utilizzar schiavi puoi reggere la concorrenza, quando anche il gioco delle sovvenzioni e dei finanziamenti si inceppa e non produce più quattrini. Gente ancor più di troppo perché reduce da una doppia  fuga: quella originaria dai paesi martoriati dell’Africa centrale e quella recente dalle metropoli del Nord dell’Italia, dove la guerra ai poveri si respira nell’aria insieme allo smog del traffico cittadino.

A reprimere la rivolta arriva lo scatenamento etnico, ed ha la meglio su tutto. Tanto che nel giro di poche ore quegli stessi poliziotti prima impegnati a darsele di santa ragione con i rivoltosi si trasformano in truppa di interposizione, in scorta armata dei rivoltosi tramutatisi in profughi in fuga. Sul campo arrivano operatori umanitari, come in ogni guerra moderna, e rappresentanti delle Nazioni Unite, a controllare che il disastro segua un corso bene ordinato.

Lo scontro assassino, la pulizia etnica, si svela per quel che è: uno strumento dell’economia politica. Ora a Rosarno di braccia in eccesso non ce ne sono più e, quelle che ancora avevano da fare se ne sono andate di corsa, e senza toccare un quattrino dei propri stipendi.

Ascolta la lunga chiacchierata registrata con Tiziana, una antirazzista calabrese, che ha ripercorso per Radio Blackout i fatti di Rosarno:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/rosarno_dopo-la-pulizia-etnica.mp3]

Fuggiti dall’Africa, poi dal Nord Italia leghistizzato, e poi ancora a gambe levate dagli agrumeti calabresi – tre volte profughi, in qualche maniera – gli scampati di Rosarno sono stati rinchiusi prima nei Centri per richiedenti asilo di Crotone e di Bari e poi – per quelli tra loro che non hanno i documenti – dentro ai Cie. A Bari, addirittura, alcuni di loro vengono “ospitati” in tende piantate in mezzo al campo da calcio del Centro: sono di troppo anche lì, e nessuno sa più dove metterli. Anche i numeri sono incerti, e fluttuanti. I compagni di là hanno raccolto qualche testimonianza di qualcuno che li ha incrociati, dentro alle celle del lager barese.

Ascolta questa diretta dal Cie di Bari, trasmessa durante la trasmissione //Macerie su Macerie// di giovedì 14 gennaio:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/intervista-a-bari-14-gennaio.mp3]

E questo intervento di una compagna barese, che ricostruisce per noi le condizioni dei profughi di Rosarno dentro al Cie di Bari:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/le-tende-a-bari.mp3]


San Vittore

Venerdì sera è morto dentro al carcere di San Vittore Mohammed El Abboudy. Alla prima versione che parlava di un suicidio si è aggiunta l’ipotesi, sempre formulata dall’Amministrazione penitenziaria, di un “incidente” in cella con il gas di una bomboletta da campeggio. Ad ogni buon conto i carcerieri hanno aperto una inchiesta e, da parte loro, gli antirazzisti milanesi si sono attivati per tentare di capire la dinamica dei fatti. Oggi come non mai, quando si parla di morti in carcere, la diffidenza verso i racconti dell’Amministrazione penitenziaria è d’obbligo.

Sta il fatto che Mohammed era uno dei 14 reclusi di Corelli arrestati durante la rivolta di agosto. Insieme ai suoi compagni di prigionia, dalle aule del tribunale, aveva rivendicato la rivolta, denunciato l’aberrazione dei Cie ed in particolar modo il ruolo di aguzzino assunto dell’ispettore-capo di Corelli Vittorio Addesso. Fra un mese sarebbe dovuto uscire. “Uscire” come può uscire da un carcere un uomo senza documenti, ovviamente: tornare in via Corelli.

(more…)