27 novembre. Ci sono mille motivi per passare una notte sul tetto, ad esempio per resistere ad uno sgombero o per non perdere il lavoro. Lo ha fatto anche un recluso del Cie di corso Brunelleschi a Torino, non per protesta ma per un motivo molto pratico: ieri gli avevano promesso che oggi l’avrebbero deportato, e lui ha giustamente fatto in modo di perderlo, quel maledetto aereo. Lo stesso giorno un recluso algerino è stato liberato dopo appena quaranta giorni di reclusione, di cui ben venti però passati in sciopero della fame e della sete. Questo per dire che non gli hanno regalato proprio nulla.

Se questa immagine ti sembra incomprensibile, insensata o comunque di pessimo gusto, allora ascolta questa intervista: forse ti chiarirà le idee.
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E leggi anche “Il pane quotidiano” e “Funzioni pubbliche“.
Nella puntata di oggi:
// Uno striscione a Milano: il giorno della violenza contro le donne // Il lavoro rende ancora liberi: non tutti gioiscono per la chiusura del Cie di Caltanissetta // Ambrogio l’immigrato integrato: la pelle nera e il cuore verde // Minacce di sfratto a una radio incompatibile // Case occupate e pace sociale, si cambia marcia: dalle minacce alle carezze // Teorie sugli autobus: la malattia mentale esiste e si chiama conformismo // Ancora arresti, stavolta a Trento: questure in botta ovunque //
Ascolta la trasmissione (115 minuti)
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Oppure scarica il file [16MB]
26 novembre. Saluto volante fuori dal Cie di corso Brunelleschi, a Torino. Nella notte ignoti hanno acceso fuochi artificiali e gridato la loro solidarietà ai reclusi. L’indomani, sul muro di cinta si legge la scritta “Torino come Pian del Lago. Fuoco ai Cie!”.
Cariche della poli
zia nel pieno centro di Milano. Cariche determinate e violente, in mezzo ai passanti che affollano il piazzale della stazione Cadorna. Perché? Per sequestrare ad un gruppo di manifestanti lo striscione che vedete qui accanto. Se questo striscione è stato difeso ed è ancora libero, la polizia è riuscita a catturarne un altro, un po’ più sintetico e più piccolo, insieme ad un megafono. Insomma è vietato scrivere in grande e dire ad alta voce che i Cie sono dei luoghi di tortura per tutti i reclusi, e che se i reclusi sono donne tortura vuole dire anche abusi sessuali da parte dei guardiani. Ed è vietato, anzi, vietatissimo, farlo durante la “giornata internazionale contro la violenza sulle donne”.
Ascolta questa diretta, registrata tra una carica e l’altra:
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E quest’altra, che riassume il pomeriggio milanese:
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Per avere una idea dell’aria che tira a Milano vi consigliamo di ascoltare lo speciale appena editato da Radiocane. E sempre su Radiocane potete ascoltare “Sebben che siamo donne? Speciale donne e Cie”
Milano non è stata l’unica città in cui il 25 novembre è stato dedicato alla condizione delle donne nei Cie. Iniziative simili ci sono state in maniera coordinata anche a Bologna, a Roma, a Catania e altrove. Nei prossimi giorni vi racconteremo anche queste iniziative più nei dettagli: per ora sappiate solo che, proprio mentre fuori dal Centro di Ponte Galeria si svolgeva il presidio in solidarietà con le recluse, un prigioniero dell’area maschile ha provato ad impiccarsi tre volte, fino ad essere portato via dalle guardie. Ora che scriviamo è ancora in infermeria, o in isolamento, non sappiamo. Ascoltate la presentazione della giornata, fatta da una compagna di Bologna ai microfoni di Radio Blackout:
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(A proposito di cose vietate e celerini, anche a Venezia la polizia ha mostrato i muscoli per evitare che i passanti potessero ammirare troppo a lungo tre pupazzi che stavano a rappresentare i tanti migranti morti in mare per colpa delle politiche assassine dei governi. Niente cariche vere e proprie ma spintoni e qualche manganellata, il tutto sotto gli occhi severi degli inviati del ministro Maroni.)
24 novembre. Tra le sette e le otto di sera in via Berthollet nel quartiere di San Salvario, sotto i flash di diversi fotografi e giornalisti convocati per la ghiotta occasione, ha luogo una gigantesca retata. Decine i carabieri coinvolti, in divisa e in borghese, coordinati dal Pm Andrea Padalino in persona presente sul posto. Testimoni raccontano di donne e bambini spintonati, irruzioni negli androni dei palazzi e nei negozi, e di una decina di arresti. Non si sono registrati applausi da parte dei numerosi passanti che hanno assistito alla scena.
Due nordafricani di nome Hassan e Youssef, reclusi nel Cie di corso Brunelleschi a Torino, sono stati arrestati l’altro ieri e portati nel carcere delle Vallette, dove si trovano tutt’ora. Sono accusati di aver distrutto un lavandino per protesta, e di aver tirato uno straccio in testa a un poliziotto che era entrato nell’area blu per fermarli. A poche settimane dall’ultima rivolta, evidentemente non si placa la tensione dentro al Centro di identificazione ed espulsione di Torino.
Si è conclusa, davanti ai cancelli della Ce.Id.Es. di Pian del Lago, la protesta avviata venerdì mattina dai 120 dipendenti della cooperativa “Albatros” che da nove anni ha in gestione lo stabilimento. Sono stati i dirigenti di Cgil (Claudio Di Marco e Luisa Lunetta), Cisl (Carlo Argento e Gianfranco Di Maria) e Uil (Salvatore Pasqualetto) a convincerli, dopo che i sindacalisti avevano avuto notizie che la committenza non sarebbe intenzionata a ridimensionare lo stabilimento nisseno e che quindi non ci sarebbe il rischio della riduzione dei posti di lavoro. Il “sit in” dei lavoratori è andato avanti per due giorni, durante i quali c’è stato chi ha fatto lo sciopero della fame e della sete (come Gaetano Crifasi, di 44 anni, sposato e con due figli a carico) e coloro i quali, con il sacco a pelo o solamente con una coperta, davanti all’ingresso dello stabilimento vi ha trascorso pure la notte. Manifestazioni queste di preoccupazione, che – dopo l’ennesimo trasferimento di parte delle materie prime ancora grezze verso gli stabilimenti di Bari e di Brindisi – il lavoro possa a breve diminuire. «La situazione si fa per noi pesantissima – ha sottolineato Alessandra Burò – perché lo stabilimento nisseno ha una capacità produttiva che supera i 500 pezzi mensili ed è in base a questa cifra che sono state fatte le assunzioni dalla “Albatros”. Per cui più le materie prime vengono portate via dallo stabilimento, più si rallenta la produzione e maggiore è il rischio che si possa arrivare a dei licenziamenti. Un fatto del genere risulterebbe per noi drammatico, anche perché per questo lavoro abbiamo dato l’anima. Per impedire che svuotassero ancora lo stabilimento ci siamo messi davanti ai camion e sono intervenuti i poliziotti».
La crisi dello stabilimento nisseno è originata dal rogo della settimana scorsa, che ha distrutto parte delle struttura. Da qui l’esposizione da parte dei dipendenti della “Albatros” dei cartelli in cui viene chiesta chiarezza alla committenza: «Pian del Lago: out of order?», «Lottiamo per il nostro futuro» e «Aspettiamo risposte certe».
La Sicilia, 21 novembre 2009
Sulla lotta dei dipendenti della cooperativa Albatros leggi anche:
Albatros, lavoro a rischio
Rassicurazioni ai dipendenti Albatros
(Sì, sì, avete capito bene. I dipendenti della cooperativa “Albatros”, che ha in appalto da nove anni il Centro di Identificazione ed Espulsione di Caltanissetta, sono in agitazione perché, dopo la rivolta che ha reso inagibile parte del Centro, la polizia ha trasferito altrove pressoché tutti i reclusi del Cie ed ora sta trasferendo anche gli “ospiti” del Cara. Nell’estremo tentativo di non farsi portare via il proprio “pane quotidiano” i lavoratori in lotta hanno pure bloccato i pullman carichi di richiedenti asilo diretti a Bari e a Brindisi, guadagnandosi qualche manganellata dagli uomini dell’antisommossa che hanno velocemente liberato la strada.)

Scarica, stampa e diffondi la locandina, e i flyer.
Intanto, un lancio d’agenzia dalla Francia:
«Otto stranieri in situazione irregolare sono evasi nella notte tra giovedì e venerdì dal Centro di Detenzione Amministrativa di Palaiseau, in Essonne. Dopo mezzanotte, sono riusciti a scappare dal primo piano, da dove sono scesi grazie ad un lenzuolo, dopo aver smontato le griglie di una finestra. Si tratterebbe di due rumeni, due marocchini, tre algerini e un burkinabé. Secondo una fonte vicina all’amministrazione, il responsabile del Centro avrebbe allertato molto recentemente la Prefettura in merito alla sicurezza del centro, chiedendo di effettuare lavori di ammodernamento.»
E poi, visto che ci siamo, vi pubblichiamo qui sotto la versione elettronica di un opuscole che sta circolando oltralpe e che racconta delle lotte intorno ai Centri di lassù durante l’ultima estate. Alcuni passaggi riguardano proprio gli interventi negli aeroporti, che qui in Italia mancano del tutto. Chi mastica un po’ il francese, dunque, gli dia una occhiata.
Récits de révoltes et de solidarité