21 novembre. Un gruppetto di antirazzisti riesce a intrufolarsi in un noioso dibattito sugli immigrati di seconda generazione e, prima dell’immancabile intervento dell’assessore all’integrazione Ilda Curti, srotola uno striscione in solidarietà ai reclusi in lotta dentro i Cie. Vengono immediatamente allontanati dagli agenti della Digos di scorta all’assessore, tra gli applausi soddisfatti dei giovani del Pd, che proprio non sopportano chi non rispetta il loro ordine del giorno.
20 novembre. Sventato un pericoloso blitz del ministro Mariastella Gelmini a Torino, grazie all’impegno di un gruppone di studenti. Universitari e medi assieme: non le folle oceaniche delle mobilitazioni dell’anno scorso e neanche le folle meno oceaniche di quelle di quest’anno. Neanche un centinaio di contestatori, ma ben divisi e soprattutto svelti.
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Seconda udienza del processo contro Adel, Mustafà e Amin per i fatti del 27 settembre. I tre, lo ricorderete, erano stati arrestati con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale in seguito ad un tentativo fallito di evasione dal Cie di corso Brunelleschi. Quella sera solo uno era riuscito a scavalcare il muro mentre i processati di oggi erano stati bloccati ancora dentro la struttura, due a pochi metri dalle gabbie ed un altro nascosto dentro al cantiere dove si lavora al raddoppio del Cie.
Processo a porte chiuse, quello di questa mattina, senza imputati e con un redattore di Radio Blackout che prendeva appunti sorvegliato da un nugolo di agenti della Digos, carabinieri in divisa ed alpini in borghese. Il resto del pubblico era altrove, in mezzo alle strade di San Salvario e al riparo da sguardi tanto indiscreti. Durante l’udienza sono stati interrogati tre testimoni dell’accusa, tre dei soldati che quella sera erano riusciti a placcare al volo i ribelli, a malmenarli un po’ per poi consegnarli alla polizia perché li portasse alle Vallette. Nei loro racconti non sono emersi molti elementi contro i tre, a parte il fatto che abbiano provato a scappare: ad occhio e croce, dunque, se le prossime testimonianze saranno dello stesso tenore di quelle di oggi il giudice non avrà tanto spazio per condannare gli imputati – e neanche per una semplice resistenza. Ci si dovrà domandare, allora, in base a quale ragionamento i tre siano stati arrestati, perché avessero tutti quei lividi addosso e chi glieli abbia procurati. La prossima udienza sarà il prossimo primo di marzo, ve la ricorderemo per tempo.
Ascolta la diretta trasmessa da Radio Blackout mentre iniziava il processo:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/al-tribunale-20-novembre-2009.mp3]
20 novembre. In tarda mattinata, un gruppo di antirazzisti fa irruzione nell’atrio del Consolato marocchino di Torino, in via Belfiore 27. Con uno striscione che denuncia la complicità del console nel far girare la macchina delle espulsioni, volantini e un impianto di amplificazione per far ascoltare alcune testiomonianze – in arabo – dei reclusi in vari Cie italiani, gli antirazzisti riescono a suscitare l’interesse di decine di persone in fila per qualche documento, e l’irritazione dei funzionari del Consolato. Tre compagni vengono strattonati e temporaneante sequestrati “in territorio marocchino”, mentre le porte del consolato vengono chiuse per evitare ulteriori scandali. Ma la gente in fila si indispettisce, e insiste per rientrare.
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20 novembre. Presidio di fronte all’Hotel Royal di corso Regina, dove Forza Nuova aveva spostato all’ultimo momento e in gran segreto il contestatissimo incontro con Roberto Fiore e Nick Griffin. Segreto tradito dall’enorme spiegamento di uomini e mezzi di polizia e carabinieri piazzati in difesa della struttura. I primi antifascisti arrivati in zona sono stati respinti indietro dalla Celere e dalla Digos, e il dottor Petronzi in persona ha sequestrato loro un megafono, uno striscione ancora ripiegato e, pare, delle uova. Ma poco dopo, arrivati altri striscioni e altri compagni, il presidio ha potuto cominciare.
Udienza brevissima, quella di stamattina, del processo per la rivolta del 6 novembre. E nettamente poco affollata, perché degli imputati non c’è traccia: Adel è stato espulso poco meno di una settimana fa, mentre Mohammed e Maati sono rimasti chiusi in corso Brunelleschi. E già, perché dentro al Cie sei un “uomo libero” e quindi se vuoi partecipare ad un processo devi… fare per tempo richiesta alla polizia di essere accompagnato in Tribunale, e quasi nessuno lo sa e lo fa – soprattutto quando si hanno avvocati d’ufficio. Sta il fatto uno degli avvocati presenti – l’unico di fiducia – ha insistito con la corte e coi colleghi per fare di questo processo un processo vero, di poter visionare davvero le prove e di avere il tempo per imbastire veramente la difesa. Così il processo è stato rimandato al 24 febbraio prossimo.
Domani mattina si terrà il processo per l’evasione di settembre. A porte chiuse, però.
Ascolta il servizio dal Tribunale trasmesso da Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/servizio-processo-19-novembre.mp3]

Un impegno costante e caparbio durato anni. Un Centro che alla fine è costretto a chiudere i battenti. Un gruppo di compagni tenuti prigionieri quasi due anni per vendetta. Ascoltate questa intervista a Saverio che, partendo dall’appello del processo “Nottetempo” a Lecce, ci dipinge in pochi minuti la lotta degli anarchici leccesi contro il Cpt “Regina Pacis” di San Foca. Lotta che a molti ha fatto dire: «Chiudere i Centri? Si può fare.»
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/processo-lecce.mp3]
Aggiornamento. L’udienza di oggi è stata dedicata interamente alle arringhe della difesa. La Camera di consiglio e la lettura della sentenza, invece, sono slittate fino al 10 febbraio..
Con qualche giorno di ritardo riusciamo a darvi un po’ di notizie in più a proposito della rivolta di Caltanissetta della settimana passata. Grazie alla voglia di raccontare di alcuni ribelli e alla prontezza dei compagni solidali che sempre più numerosi fanno filtrare le storie da dentre le gabbie, vi possiamo dire che il Cie di Pian del Lago è… chiuso. Già, perché – fallita l’evasione – dentro alle camerate è bruciato tutto e l’unica parte ancora agibile del Centro è quella in cui stavano i richiedenti asilo. Dopo essere stati pestati ben bene dalla polizia, i reclusi del Caltanissetta sono stati trasferiti in altri Cie in giro per l’Italia, trasferimento che ha spinto la direzione di almeno un Centro a scarcerare parecchi detenuti precedenti per fare posto a loro.
Un Cie quasi demolito insomma, insomma, e un po’ di gente liberata grazie ad una rivolta. Scusate se è poco.
18 novembre. In mattinata una dozzina di antirazzisti compaiono improvvisamente sotto alla sede di Kairòs, in via Lulli 8/7, decisissimi a protestare contro la partecipazione di questo consorzio di cooperative a Connecting People, una delle realtà di primo piano nella gestione dei Cie e dei Cara di tutta Italia. Il coinvolgimento di Kairòs in Connecting People, pur essendo inviso a molti dipendenti, non è certo marginale: il presidente di Kairòs, il famigerato Mauro Maurino, è nello stesso tempo nel Consiglio di amministrazione di Connecting People, firma i comunicati stampa del Consorzio, partecipa ai convegni… insomma, è secondo soltanto a quel Giuseppe Scozzari che gli ascoltatori di Radio Blackout hanno già avuto modo di apprezzare – in particolar modo per il suo raffinato senso dell’etica.
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