Lasciamo stare: di etica, e di vergogna, e di responsabilità ve ne abbiamo già parlato sin troppe volte qui dalle colonne di //Macerie e storie di Torino//, e alla fine stroppia. Vi abbiamo anche già parlato di una cosa forse ancora peggiore, e cioè del senso di inadeguatezza che a volte ci attanaglia, dello scarto che è tragico tra la portata dei fatti che documentiamo e la nostra – e vostra – capacità di reagire. E poi ancora, vi abbiamo parlato spesso dei nostri fantasmi personali, dell’ossessione di vedere dietro a quel che vediamo accadere minuto dopo minuto ciò che sappiamo essere occorso in altri tempi.
Niente commenti, dunque. Ascoltate questa lunga intervista che la redazione di Radio Blackout è riuscita a raccogliere dalla voce viva di Giuseppe Scozzari, il direttore del consorzio Connecting People, qualche ora dopo la fine del convegno “Connecting Stories. Narrazioni e rappresentazioni sullo straniero”. E poi diteci a chi state pensando.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/eichman-o-non-eichman-30-ottobre-2009.mp3]

Scarica e diffondi la locandina dell’iniziativa.
Ascoltate quest’intervista a uno degli occupanti dell’ultima nata tra le case occupate torinesi, Lostile. Intervista realizzata domenica sera da un redattore di radio Blackout, proprio all’interno dell’occupazione. Che rapporto c’è tra Lostile e le lotte che si combattono a Torino, contro il razzismo di Stato, contro le espulsioni e i Cie, contro i militari per le strade? E che rapporto c’è tra Lostile e le minacce di soluzione finale contro tutte le case occupate e i centri sociali torinesi? Sullo sfondo, voci, musica e i rumori caratteristici dei lavori di ogni nuova occupazione. Insomma, la vita, ostile, con stile.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/lostiile-intervista-8-novembre.mp3]
Molti compagni producono solidarietà come i tignosi producono pidocchi. Ne fanno in grande quantità, di ogni genere, verso ogni genere di bisognosi di attestazioni solidali: verso i perseguitati, verso i minorati, verso tutti coloro a cui è stato o sta per essere sottratto qualcosa. (…) Ora, da molti anni – perfino da troppi anni – ci chiediamo che cosa si debba intendere per solidarietà. Una dichiarazione di intenti? Un riconoscimento della situazione di distretta in cui si trova qualcuno? Un comunicato nei riguardi dell’ente repressore che l’oggetto della repressione non è solo ma trova al suo fianco noialtri agguerriti combattenti sprovvisti di comunità di intenti ma tutti orecchi nel cogliere ogni alzata di manganello? (…) La solidarietà rivoluzionaria è altra cosa. Vediamo, per l’ennesima volta, di chiarire il problema.
Penso, per amore di discussione, che si possano ipotizzare due situazioni: la solidarietà che intendo dare agli esclusi in generale e quella che intendo dare ai compagni colpiti dalla repressione. Parrebbe la medesima cosa ma non lo è. Nei confronti dei primi posso denunciare i processi repressivi ma il mio scopo primario non può fermarsi qua, deve andare oltre, devo cioè cercare di organizzare gli esclusi in questione per realizzare insieme a loro un attacco contro gli strumenti e gli uomini che questa repressione realizzano. Nei confronti dei secondi la mia solidarietà rivoluzionaria può consistere solo continuando il progetto rivoluzionario per cui quei compagni sono stati colpiti dalla repressione.
È evidente che in ambedue i casi il momento iniziale della solidarietà è solo un passaggio, perfino pleonastico se non meramente secondario, per andare a un momento successivo. Nel caso degli esclusi in generale ha lo scopo non fine a se stesso di farmi conoscere per presentare il progetto organizzativo, questo sì di natura rivoluzionaria. Nel caso dei compagni la semplice solidarietà è quasi controproducente se il mio vero scopo rimane quello di continuare il loro progetto, perché potrebbe mettere a repentaglio proprio questa continuazione, facendo conoscere pubblicamente una condivisione di intenti che non è sempre utile portare a conoscenza della repressione. Va da sé che se io non condivido il progetto dei compagni oggetto dell’attacco repressivo non sono disponibile nemmeno a fornire loro la mia solidarietà, in caso contrario quest’ultima sarebbe solo una banale manifestazione di esistenza in vita da parte mia (ecco: sono qua, esisto anch’io) e non avrebbe nulla di rivoluzionario.
(Il testo che avete appena letto è tratto dall’articolo “Solidarietà come attestazione in vita”, che potete leggere in tutta la sua limpida durezza nel numero 4 della rivista SenzaTitolo. Come forse sapete, uno dei redattori di questa pubblicazione è stato arrestato in Grecia il primo di ottobre scorso con l’accusa di concorso in rapina con un altro anarchico. Cogliamo l’occasione per salutarli.)
Dopo gli arresti di diversi reclusi nei Cie di Torino e Milano, il Ministro dell’interno Roberto “non c’è nessun problema” Maroni pensava di partire tranquillo verso la Libia, senza pensare alla minaccia di queste rivolte “di chi sta lì e non ci vuole stare”. E invece, a guastargli la visita, arriva oggi la notizia di una rocambolesca evasione dal Cie di Brindisi, domenica sera, preceduta da una bella sommossa. Non abbiamo più contatti da quelle parti, a dimostrazione del fatto che queste rivolte non hanno certo bisogno di sovversivi fuori per scoppiare, per cui vi ricopiamo la notizia così come la leggiamo dal sito di un giornale.
Quattro arrestati e una decina di extracomunitari fuggiti: è il bilancio della sommossa scoppiata la notte scorsa nel Centro di identificazione ed espulsione di Restinco, a Brindisi. Una cinquantina i nordafricani che vi ha preso parte, quasi tutti bloccati dalle forze di polizia. Il gruppo di ribelli ha aperto il cancello interno della struttura e, dopo essersi fatto strada con il lancio di sassi e di oggetti contundenti, tra cui un estintore, ha ingaggiato una lotta corpo a corpo con le forze dell’ordine. Una decina gli extracomunitari che è riuscita a fuggire, quattro quelli arrestati con l’accusa di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. Si tratta di un marocchino di 30 anni e di tre tunisini di 37, 22 e 33 anni. Tre i militari lievemente feriti.
Nel frattempo, al Cie di Torino, non si può certo dire che sia tornata la calma. Questa sera i reclusi hanno gettato a terra l’immondizia per protestare contro la mancanza di riscaldamento, di coperte, di acqua calda e contro il caro-spesa. La protesta è rientrata solo quando un’ispettrice ha promesso che da domani si cambia. Per comprendere le ragioni di questa protesta, ascolta l’intervista a due reclusi del Cie di corso Brunelleschi a Torino. Il secondo è Mimì, lo conoscete già. Il primo è Tawfik, entrato da poco nel Cie di Torino, nonostante abbia in mano un regolare permesso di soggiorno.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/brunelleschi-tawfiq-e-mimi-9-novembre-2009.mp3]
Ah! Dimenticavamo. C’è uno dei protagonisti di questa settimana di fuoco in corso Brunelleschi che sembrava uscito di scena già da ieri mattina. Sul momento sospettavamo fosse stato espulso per vendetta, oppure trasportato in qualche Cie – il più lontano possibile. E invece no, la direzione del Centro, semplicemente, aveva deciso di liberarlo: zitta zitta, per non dover ammettere la propria sconfitta. Si tratta di S., il recluso appena trasferito da via Corelli che aveva dato il fuoco alle polveri della rivolta di mercoledì scorso. Testardo e incontenibile, ora finalmente è a casa sua, libero.

(Alfredo M. Bonanno e Christos Stratigopoulos sono rinchiusi nel carcere di Amfissa, a centocinquanta chilometri da Atene. Un carcere fatiscente, nel quale le condizioni detentive sono vicine a quelle di un campo di concentramento, tanto da essere soprannominato “il crematorio”. Sono stati rinviati a giudizio e aspettano il processo. Chi volesse scrivere loro può farlo inviando la corrispondenza a: Tzamala 3 – 33100 Amfissa – Greece. Il manifesto che vi abbiamo appiccicato qua sopra è – da quel che sappiamo – il primo scritto abbastanza sensato e significativo che sta circolando in Italia a proposito del loro arresto. Ci piace pubblicarlo qui, mescolandolo ai nostri racconti quotidiani di sommosse, evasioni e rivolte, proprio a dimostrare che “la dignità offesa che scaccia la disperazione e si trasforma in azione” non è una esortazione colma di speranza ma un fatto già concreto e che di processi insurrezionali in corso, bene o male, qualcuno ce n’è. Circoscritti e limitati quanto si vuole, ma meglio spendersi in questi che invecchiare aspettando i prossimi – sicuramente più vasti e puri e distruttivi –, magari lamentandosi a voce alta nell’attesa. Vi invitiamo dunque a scaricare e far circolare questo manifesto. E se poi avete voglia di leggere un po’, date una occhiata a questi brevi passaggi sulla “solidarietà” con i prigionieri, stralci di un articolo pubblicato proprio sulla rivista di Alfredo poco prima del suo arresto. Potrebbero essere un nuovo inizio di una vecchia discussione.)
Domani, lunedì 9 novembre ci sarà la prima udienza del processo per direttissima ai tre reclusi del Cie di corso Brunelleschi, arrestati per la rivolta di venerdì scorso. Sono accusati di aver danneggiato la struttura del lager, si chiamano Adel, Maati e Mohammed, sono reclusi da mesi nel Cie di Torino, e sono stati arrestati dopo due settimane di lotta dura e di solidarietà, culminate con la distruzione di arredi, vetri e mura interne del Cie. Mentre la violenza di Croce rossa, militari e Polizia eguaglia quella degli aguzzini di ogni carcere, questura o caserma, la rabbia, la resistenza, la rivolta dei reclusi dei Centri per stranieri senza documenti infiamma il cuore con una semplice domanda: dentro un lager chi è il criminale: chi il lager lo demolisce, o chi lo gestisce?
Per salutare i tre del Brunelleschi, la prima occasione è domani, lunedì 9 novembre dalle ore 9.00 in poi, nell’aula 86 del Tribunale di Torino.

Per saperne di più sul ciclo di rivolte di questi giorni, puoi leggere
Scrivi ai tre rivoltosi di corso Brunelleschi (i loro nomi e l’indirizzo del carcere sono qua). Scarica, stampa, diffondi queste quattro cartoline: fronte e retro.
Aggiornamento 9 novembre. Si è svolta dentro al Palazzo di Giustizia di Torino l’udienza contro Adel, Mohammed e Maathi. Il giudice ha convalidato gli arresti, ma ha disposto la scarcerazione degli imputati. I tre, dunque torneranno nelle gabbie di Cso Brunelleschi già da questo pomeriggio. L’aula era gremita di solidali, che hanno esposto a fine udienza uno striscione contro i Centri. Il prossimo appuntamento in Tribunale è per il 20 novembre prossimo, quando Adel sarà processato – questa volta con Mustafà e Amin – per il tentativo di evasione del 27 settembre scorso.
Ascolta il servizio trasmesso da Radio Blackout alla fine dell’udienza:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/processo-adel-9-novembre.mp3]
Vi invitiamo a continuare a scrivergli, ma attenzione che ora l’indirizzo è quello del Cie: via Mazzarello, 31 – 10142 Torino. I loro nomi sono Adel Ben Fdhila, Maati Boumesa, Mohammed Ben Alì.
Dopo le due rivolte di questa settimana nel Cie di Torino – e le due della settimana passata – il testimone è passato in via Corelli, a Milano.
I fatti. Intorno alle 23,00, la polizia ha spento la luce ed ha ordinato ai reclusi di rientrare nelle gabbie, anticipando così gli orari abituali e limitando la socialità dei prigionieri. I reclusi si sono rifiutati e la polizia ha fatto irruzione nelle gabbie picchiando con i manganelli e facendo distendere alcuni prigionieri per terra. Ne è nata piccola battaglia, durata un’ora intera: la dinamica dei fatti non è chiarissima, sappiamo solo che la polizia ha usato manganelli ed idranti e i reclusi lanciato bottiglie e bruciato materassi. Anche la sezione femminile ha partecipato alla protesta. Al culmine della rivolta si faceva fatica a respirare.
Dopo la mezzanotte la polizia ha iniziato a parlamentare, convincendo i reclusi a calmarsi. Ora – ore 00,30 – la situazione è relativamente tranquilla, ma i prigionieri sono ancora sul chi vive e ci sono dei feriti.
Ascolta la diretta con il via Corelli, registrata da Radio Blackout:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli_rivolta_8_novembre.mp3]
Aggiornamento ore 01.30. Al momento mancano all’appello 3 prigionieri della sezione B: non si sa se siano in isolamento, in infermeria o in stato d’arresto.
Aggiornamento 8 novembre. Gli arrestati di ieri sera sono 4, e domani mattina verranno portati al Tribunale di Milano per la convalida degli arresti. Intanto, in serata, un veloce presidio si è svolto fuori dalle gabbie: urla, petardi, fuochi d’artificio. Da dentro i prigionieri hanno risposto entusiasti e hanno chiesto notizie dei propri compagni in carcere ai solidali.
Aggiornamento 9 novembre. L’udienza contro i quattro reclusi, accusati di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale inizia la mattina e si conclude nel tardo pomeriggio con la disposizione della custodia in carcere per tutti, nonostante siano tutti incensurati. Sono tutti giovanissimi, e uno di loro addirittura ha dichiarato di avere compiuto 18 anni il giorno stesso dell’arresto, e quindi sarebbe stato rinchiuso ancora minorenne in via Corelli. Dei quattro, tre sono arrivati in Italia da poco più di tre mesi, sbarcati in Sardegna. Portati dal Cie di Elmas direttamente in via Corelli, e da via Corelli al carcere di S. Vittore, non hanno mai vissuto in Italia un giorno di libertà. Durante l’udienza emerge anche il modo umiliante in cui in quattro sono stati costretti ad inginocchiarsi davanti ai poliziotti e percorrere i corridoi del centro camminando “come le galline”, il tutto condito dai soliti schiaffi. Questa volta, ancora più smaccatamente che in altre, si vede come le accuse siano state totalmente montate ad hoc su quattro dei ragazzi più giovani del centro. Impossibilitati ad entrare nella sezione C, cuore della rivolta, la polizia ha deciso di pescare a casaccio tra i ragazzi dell’altra sezione, la B. L’arbitrarietà dell’arresto ha creato subito una forte solidarietà negli altri reclusi. Ad esempio i loro compagni di sezione, molto legati a questi ragazzi anche per la loro giovane età, si sono subito dati disponibili per testimoniare e promettono di seguire con molta attenzione il processo. La prossima udienza sarà martedì 17 novembre, alle ore nove e trenta, al Tribunale di Milano.
Ascolta un’intervista con l’avvocato che difende i quattro.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli-processo-resistenza-9-novembre-2009.mp3]
Per chi volesse scrivere lettere e telegrammi di solidarietà, questi sono i nomi dei quattro
- Karim Zitouni
- Toufik Webet
- Samai Bernini
- Saiffedin Sougidi
c/o Carcere di S. Vittore – piazza Filangeri, 2 – 20123 Milano
Leggimi in lingua francese.
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Siamo finalmente riusciti ad avere i nomi dei tre reclusi del Cie di Torino arrestati ieri notte, con l’accusa di aver rotto dei vetri della loro sezione. Vi invitiamo a scrivergli, per non lasciarli soli.
- Adel Ben Fdhila
- Mohammed Ben Alì
- Maati Boumesa
L’indirizzo del carcere è via Pianezza, 300 – 10151 Torino
Se volete, potete usare queste cartoline.




Non fa mica tanto caldo, a Roma, in questi giorni. Eppure dentro a sette delle baracche del Cie di Ponte Galeria è una settimana che sono accesi i condizionatori d’aria. E sparano aria fredda, come avrebbero dovuto fare questa estate.
«Non li possiamo spegnere, non dipende da noi», hanno risposto pazientemente crocerossini e poliziotti alle rimostranze dei reclusi. Dipende dai tecnici della ditta che li ha istallati, ma la direzione del Cie non ce li ha mica i soldi per pagarli. E così i condizionatori sparano aria gelida sui reclusi, dalla mattina alla sera. E i reclusi protestano e strepitano, ma inutilmente: del resto, non dipende da nessuno.
Come se non bastasse la pioggia filtra dai tetti delle baracche. Quando piove fuori, piove anche dentro, e i prigionieri sono costretti a passare il proprio tempo ad asciugar pozzanghere e ad evitare le gocce che scendono dal soffitto. L’altroieri uno di loro è scivolato sul pavimento zuppo e si è spaccato la gamba. Anche lì proteste, e ancora una volta a vuoto: nessuno ci può far nulla, né la polizia, né l’esercito, né la Croce Rossa. Ci vorrebbero dei muratori, e nessuno ha i soldi per pagarli. E poi ha senso ristrutturare un Centro come quello di Ponte Galeria, che addirittura il Prefetto suggerisce di chiudere al più presto?
E invece i reclusi – ingrati! – protestano e litigano e si arrabbiano. «Spegnete i condizionatori,» si ostinano a chiedere, «e fate sparire tutta quest’acqua che si infiltra dappertutto». Hanno insistito tanto che, questo pomeriggio, la Croce Rossa li ha accontentati: da un’oretta i condizionatori sono spenti e non si vede neanche più l’acqua che scende dai soffitti.
Ma non si vede proprio niente, in realtà. Già, perché la direzione ha fatto togliere la corrente: «Stasera tutti al buio, rompicoglioni pretenziosi che non siete altro.»
Aggiornamento 9 novembre. Alla fine la direzione di Ponte Galeria si è decisa a riattaccare la corrente e poi addirittura a spegnere i condizionatori d’aria. Solo che ora i faretti delle stanze rimangono accesi tutta la notte, puntati sulle facce dei reclusi quasi fosse un lunghissimo interrogatorio. Per il resto piove ancora, e di accendere il riscaldamento non se ne parla neanche.
Se avete un attimo di tempo ascoltate questa testimonianza, registrata nel pomeriggio da Radio Onda Rossa:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/091109_pontegaleria.mp3]