Non è la prima volta che una Questura cerca di appioppare la misura della sorveglianza speciale a dei compagni. È già successo in passato e sta succedendo anche altrove, non solo a Torino. Abbiamo sentito tre “sorvegliati speciali”, le motivazioni – sempre pretestuose – addotte dalla polizia, le restrizioni cui sono, o sono stati o potrebbero essere sottoposti. E tutti e tre concordano su un punto: la sorveglianza speciale colpisce essenzialmente la vita che ognuno di loro ha scelto di vivere, gli amici e i luoghi che ognuno sceglie di frequentare. Per cercare, invano, di fermare il subbuglio sociale che ovunque ribolle, nonostante tutto.
Ascolta l’intervista con Mike di Rovereto, che ha passato due anni da sorvegliato speciale
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Ascolta l’intervista con Gianluigi di Teramo, sottoposto da un anno alla sorveglianza speciale
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Ascolta l’intervista con Sid di Milano, che il 7 ottobre avrà l’udienza per la sorveglianza.
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Infine, proprio ieri l’udienza per l’applicazione della sorveglianza speciale ai due compagni di Torino è stata fissata per giovedì 8 ottobre, alle ore 9 del mattino.
È il quarto giorno di sciopero della fame nel Cie di Ponte Galeria, a Roma. Già dalla mattina metà degli scioperanti cedono alla stanchezza e poi a pranzo cederà ancora qualcun altro. La forza si sta esaurendo, come è naturale, ma quasi nulla è perduto. Rimane la rabbia, rimane la disperazione e rimane anche la voglia di lottare. In questi quattro giorni i reclusi si sono fatti sentire come quasi mai era accaduto prima per un “semplice sciopero” dentro ad un Centro. Vedremo domani cosa succederà.
Una storia, però, ve la dobbiamo raccontare subito. In una camerata, su di una barella, c’è un recluso disteso da ieri sera. Si era tagliato le vene, lo ricorderete, e dopo essere stato curato sommariamente in infermeria è stato riportato dai suoi compagni. Loro l’accudiscono, ogni tanto chiamano il dottore che non arriva mai, e lo guardano che si spegne: non vuole ricominciare a mangiare, anche se è debolissimo, e spesso ha dei momenti di incoscienza. Oggi è stato trascinato via dalla polizia che voleva fargli delle foto, e poi è stato risbattuto in cella. Insomma, sta veramente male ma le autorità del Centro fanno finta di niente: fino a ieri era uno di quelli che si difendevano, che rompevano le scatole, che non si lasciavano mettere i piedi in testa. Meglio lasciarlo così, dunque, steso e dissanguato: non disturberà più nessuno per un po’.
Ascolta la testimonianza che abbiamo raccolto questa mattina:
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Un mese senza mangiare, da solo, per essere regolarizzato. Perché gli venga riconosciuto di aver lavorato per anni con un contratto regolare. Un mese di sciopero della fame individuale. Robe da pazzi, direte voi. E infatti oltre a tenerlo rinchiuso al Cie di Gradisca, volevano fargli pure un TSO, un Trattamento sanitario obbligatorio, per levarselo di torno. Ora è in ospedale, perché ha perso troppo peso. E continuerà a non mangiare finché non vedrà il Giudice di pace che deve decidere del suo destino.
Ascolta un’intervista con il recluso in sciopero della fame
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E il suo appello in arabo
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Giusto all’ora di pranzo di giovedì, una decina di antirazzisti è entrata nella mensa del Politecnico di Torino, esponendo uno striscione con la scritta “La Sodexho ingrassa sui lager” e distribuendo volantini ai presenti. Studenti, cassiere e cuochi sono così stati informati che la grande multinazionale del catering Sodexho, oltre a gestire questa mensa, ha anche l’appalto per la fornitura dei pasti ai reclusi dei Centri di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano e di Roma Ponte Galeria. Reclusi che da sempre si lamentano per la pessima qualità del cibo e per la presenza di vermi e scarafaggi cotti. Reclusi che spesso, come da quattro giorni proprio al Cie di Roma, sono in sciopero della fame contro le condizioni di detenzione e contro l’estensione a sei mesi del tempo massimo di permanenza, per la libertà. Reclusi che spesso si ribellano e distruggono questi lager, come hanno fatto i quattordici rivoltosi di via Corelli, sotto processo per la grande rivolta dell’agosto scorso. Reclusi che spesso evadono da quelle gabbie, come è successo al Cie di Torino nella notte tra domenica e lunedì. Detto questo, il gruppetto si è dileguato prima dell’arrivo della polizia, chiamata da un’inviperita funzionaria amministrativa della Sodexho.


Scarica, stampa e diffondi il comunicato della Sodexho e il menu della giornata.
A Parigi, invece, martedì sera una decina di solidali si sono auto-invitati a due dibattiti inseriti nel forum degli istituti culturali stranieri il cui tema di quest’anno è, pensate un po’ che pretese, “Sublimiamo le frontiere”. Il loro intento era quello di ricordare al pubblico dell’Istituto culturale olandese e di quello italiano che la parola stessa “frontiera” fa rima con controlli, lager, prigionia e morte per milioni di persone. Soprattutto ora, dentro alla moderna Europa di Schengen. Bisogna dire che l’accoglienza del pubblico che assisteva alla conferenza all’Istituto culturale olandese non è stata particolarmente calorosa: i presenti sul posto hanno cominciato molto presto a dare in escandescenze ed insultare i contestatori, e i volantini sono stati distribuiti e letti nonostante il loro gesticolare e il loro baccano. Al contrario, all’Istituto culturale italiano l’accoglienza è stata molto più cortese e comprensiva: i contestatori hanno letto la testimonianza di un recluso di Ponte Galeria ed hanno reso edotto il pubblico su quest’ultimo mese e mezzo di rivolte nei Centri italiani e del processo in corso contro i 14 di Corelli. “Sopprimiamo le frontiere” – così terminava il volantino distribuito in entrambe le occasioni.
A Teramo, invece, nella notte tra martedì e mercoledì sono stati imbrattati due mezzi della Misericordia. I quotidiani locali riportano le due scritte che sarebbero state vergate con lo spray nero sui portelloni: “Assassini” e “Complici dei lager”. La Digos, come al solito, indaga, e sospetta che a muovere gli autori delle scritte sia il disprezzo verso l’istituzione della Misericordia che, come sapete, gestisce i Cie di Bologna e Modena.
Quella di martedì è stata una giornata di tensione anche dentro al Centro di Crotone. Due reclusi sono saliti sul tetto minacciando di buttarsi, altri due sulle recinzioni metalliche che circondano la struttura. Un altro si è tagliato le mani e la pancia con una lametta. E non è la prima protesta dentro al Cie calabrese dal momento dell’entrata in vigore del “pacchetto sicurezza”: già ad agosto c’era stato uno sciopero della fame di tre giorni. In serata è tornata la calma ma, come in quasi tutti gli altri Centri sparsi per lo stivale, siamo sicuri che non durerà molto.
Nuova lunga udienza, ieri, del processo per la rivolta di via Corelli. La novità più grossa: uno degli imputati, Lacine, è già stato trasferito agli arresti domiciliari mentre per Jawad è una questione di ore. Priscilla, invece, aspetta una risposta a breve.
Durante l’udienza sono stati interrogati un carabiniere e due vigili del fuoco, e questi ultimi hanno fornito una ricostruzione dell’accaduto abbastanza differente da quella proposta dai carabinieri e dai poliziotti sentiti fino ad ora. Il processo, oramai, è agli sgoccioli: la prossima udienza sarà l’8 di ottobre, e in quella occasione saranno ascoltati gli imputati. E poi arriverà la sentenza, probabilmente già il 13 di ottobre.
Lunedì scorso due deputati e tre senatori del Partito Democratico hanno visitato il Cie di Gradisca d’Isonzo. Alle dieci del mattino, senza fotografi né giornalisti, sono entrati nella struttura accompagnati dal direttore. La visita è durata un paio d’ore e molti reclusi sono riusciti a parlare direttamente con i cinque, raccontando loro della durezza delle condizioni di detenzione e delle botte volate durante le proteste del lunedì precedente. Qualcuno tra i reclusi, poi, ha accusato i parlamentari in visita di essere corresponsabili delle leggi contro i senza-documenti, e soprattutto dell’esistenza stessa dei Centri. Questa saggia malfidenza verso i politici si è rafforzata qualche ora dopo quando al Telegiornale regionale è stata trasmessa l’intervista ad uno dei 5 parlamentari, che ha elogiato la professionalità del personale del Centro ed invocato lo sveltimento delle procedure di espulsione deprecando l’eccessiva permanenza all’interno dei Cie, senza soffermarsi molto sui pestaggi del 21.
Sta il fatto, però, che la resistenza dei detenuti sta dando i suoi frutti. La documentazione circolata in rete, il video delle cariche pubblicato su youtube, le pagine dei giornali sulla repressione di lunedì, l’attenzione continua rispetto a ciò che succede dentro alle mura del Centro ha intimidito di molto la polizia e i soldati di guardia che ora stanno attentissimi a quel che fanno.
Prosegue lo sciopero della fame a Roma, ed è il terzo giorno. La situazione è pesante. Ieri sera, qualche minuto dopo i nostri ultimi contatti con dentro, un detenuto è svenuto e poi un altro si è tagliato le vene, e poi altri ancora hanno cominciato a tagliarsi. Fino all’una di notte, due ore di protesta e disperazione: il pavimento, “un tappeto rosso”. Il ragazzo più grave è stato curato sommariamente in infermeria e riportato nella sua cella: oggi è lì, mezzo morto, insieme ai suoi compagni. Ha perso molto sangue ed ha dei momenti di incoscienza.
Per contro, dopo la sceneggiata di ieri e l’espulsione a sorpresa di Miguel, la polizia non si è fatta più vedere. I detenuti, però, sanno che è nascosta dietro l’angolo, pronta ad intervenire non appena la protesta salirà di tono.
Ascolta il racconto della serata di ieri e della giornata di oggi:
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Ascolta un appello in lingua araba su queste giornate di sciopero:
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Continuano ad aggiungersi dettagli sull’evasione di domenica scorsa dal Cie di Torino. Ora sappiamo per certo che si è trattato di un tentativo veramente collettivo. Quando i reclusi intravedono una possibilità, vale a dire un cancello aperto, iniziano tutti a spingere per uscire dalla gabbia. Prima che i militari riescano a chiudere il cancello, grazie alla spinta collettiva, quattro reclusi riescono a scappare e a dirigersi verso il muro che separa l’area dal cantiere del raddoppio. Qui, il primo si china per permettere agli altri di scavalcare salendo sulla sua schiena, un raro esempio di altruismo e di vero e proprio amore per la libertà. Uno ce la fa, ed è quello che è ancora uccel di bosco, ma gli altri tre vengono presi e, come sappiamo, picchiati fino a farli sanguinare e infine arrestati con l’accusa di resistenza e lesioni. Dopo due notti al carcere delle Vallette di Torino, proprio oggi i tre sono stati “scarcerati”, ovvero rinchiusi di nuovo al Cie di corso Brunelleschi. Ora, chiaramente, rischiano di essere espulsi prima che il processo cominci veramente.
Un altro recluso che rischia di essere espulso è Mimì, il ragazzo picchiato da due Alpini un paio di settimane fa. Dopo il pestaggio, Mimì ha sporto denuncia contro i due militi ignoti, ma per la legge italiana questo non è sufficente a sospendere l’espulsione. Per capirne qualcosa di più, ascolta l’intervista con Barbara Cattelan, l’avvocato di Mimì.
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Questa mattina, alle 7, Miguel è stato svegliato dai poliziotti dell’ufficio immigrazione del Cie di Ponte Galeria. L’hanno accompagnato nel loro ufficio e gli hanno annunciato che è arrivata l’ora della deportazione. Ora è in viaggio verso l’aeoporto.
Non sappiamo se questa svolta nella sua storia sia il normale avanzare della macchina delle espulsioni oppure una rappresaglia contro la sua voglia di lottare ed una intimidazione rivolta anche a tutti i suoi compagni del Centro che da due giorni stanno scioperando.
A proposito, lo sciopero della fame. Durante tutta la giornata di ieri lo sciopero è proseguito compatto: solo alcuni abbandoni, ma il grosso dei reclusi dell’area maschile ha continuato nella protesta. In tre sono svenuti per la spossatezza, due nel pomeriggio e uno la sera. In tutti e tre i casi i loro compagni hanno dovuto urlare a lungo per farli soccorrere, ed un poliziotto si è prodotto in una di quelle scene delle quali soltanto i portatori di divisa riescono ad essere protagonisti: si è avvicinato alle gabbie mentre dentro la gente urlava disperata, con il ragazzo svenuto in mezzo, ed ha cominciato a sputare oltre le sbarre, verso i reclusi, borbottando qualcosa.
Poi la situazione è diventata ancora più tesa, nel tardo pomeriggio. Alle gabbie si sono presentati alcuni dei funzionari che governano il Centro (sicuramente il capo della polizia e quello della Croce Rossa, più altri ancora) per parlamentare con i reclusi. Quando hanno appreso che la rivendicazione principale della protesta è l’abolizione della norma del “pacchetto sicurezza” che ha allungato a sei mesi i tempi di trattenimento hanno risposto che non è cosa di loro competenza e che avrebbero potuto soltanto fare qualcosa per migliorare un po’ le condizioni di vita. Hanno anche affermato che avrebbero fatto tacere la protesta “con le buone o con le cattive”. Durante tutto il colloquio almeno tre pulman dell’antisommossa sono entrati nel Centro, a dare forza alle parole dei funzionari.
Intorno alle 19,30, i funzionari se ne sono andati e i reparti della celere si sono ritirati. Al posto loro, però, sono entrati in campo i fabbri che – almeno fino alle undici di sera – hanno lavorato per rafforzare le gabbie: nuovi lucchetti per tutti.
Ascolta la testimonianza raccolta da Radio Blackout:
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Sabato 3 ottobre – dalle 10.00 alle 15.00
in piazza Borgo Dora – al Balon, Torino
Sorvegliateci i maroni!
Presidio contro il pacchetto sicurezza e la sorveglianza speciale
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