Attorno ad una retata

Mercoledì scorso, una retata a Porta Palazzo: pensate al video sulla repressione a Gradisca e pensate ai tanti racconti che vi facciamo arrivare ogni giorno dalle gabbie dei Cie. La retata è il passo prima, il momento in cui i senza-documenti vengono caricati in mezzo alla strada, portati in Questura, selezionati per entrare dentro ai Centri ad attendere l’espulsione.

Ascoltate questi tre racconti, che si sono incrociati quasi per caso nel mixer di Radioblackout. L’inizio dei controlli in piazza, la cattura di uno straniero sul tram, il trasporto dei fermati in Questura. Di tutto quello che ci raccontano i giornali per rendere più digeribile l’esibizione dei muscoli polizieschi – ricerca dei borseggiatori sui tram, o faccende di droga o altro ancora – non c’è proprio nulla. C’è solo la ricerca – violenta, scientifica e brutale – del clandestino, dello straniero povero. Una ostentazione di violenza di classe, insomma, che oramai ha tutto lo spazio per fottersene delle buone maniere.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/attorno-a-una-retata_montato.mp3]

Per non dire che tutto va proprio male, però, leggete una proposta per opporsi alle retate che sta circolando da qualche mese sui muri di Porta Palazzo, in lingua italiana e in lingua araba.

Sciopero della fame a Ponte Galeria, minacce per Miguel

Visita di giornalisti, questa mattina, dentro al Cie di Ponte Galeria a Roma. Tra di loro c’è addirittura un reporter messicano. Girano circondati dalla polizia e dai crocerossini e il direttore non consente loro di entrare nelle gabbie. I detenuti possono parlare ma – come succede spesso in questi casi – possono farlo solo dai buchi di una grata e solo di fronte a tutti – guardie comprese. E se allora molti stanno zitti, i corpi esplodono e cercano un’altra via per parlare: la tensione è alle stelle, e culmina con un recluso che si taglia e fa scorrere il proprio sangue proprio di fronte alle macchine fotografiche. Alla fine della visita il direttore del Centro riceve i visitatori nel proprio ufficio, e convoca pure alcuni prigionieri: tra loro Miguel. Di fronte a tutti, di fronte alle guardie e ai giornalisti, il direttore lo minaccia: «Tu, tu sei segnato». Il direttore lo sa che Miguel è diventato uno dei simboli di queste settimane nelle quali l’attenzione verso i Cie è cresciuta e in cui le storie di ciascuno diventano storie di tutti non appena riescono a varcare i cancelli. Lo sa, e lancia la sua sfida, la sua sfida a Miguel che è in gabbia e a noi che quelle gabbie le vorremmo rompere. Ma lanciano la propria sfida anche i reclusi che, finita la visita dei giornalisti, hanno indetto uno sciopero della fame. Come sempre, ora, tocca a noi.

Ascolta una testimonianza di questa mattinata romana:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/minacce-a-michele.mp3]

Aggiornamento ore 21. Lo sciopero della fame prosegue: nella sezione maschile, sono in lotta 178 reclusi su 179.

Aggiornamento 29 settembre. Lo sciopero della fame prosegue compatto a Ponte Galeria questa mattina come ieri.

La foto

Notte movimentata al Cie di corso Brunelleschi a Torino. Poco dopo le undici di sera arriva la voce, direttamente dal telefono di un recluso, di un tentativo di evasione parzialmente riuscito: pareva che ci avessero tentato in sei, ma che cinque non ce l’avessero fatta. Inoltre, tre dei fuggiaschi riacciuffati erano stati portati nelle celle di isolamento, e i compagni di cella temevano che la polizia li stesse pestando per rappresaglia. La voce rimbalza, anche attraverso un appello da Radio Blackout, e diversi antirazzisti e amanti della libertà si precipitano al Cie per vedere cosa stava succedendo, e cosa si poteva fare. Dalle gabbie si sentono grida e battiture, c’è una protesta in corso. Poco dopo si scopre che l’evasione è stato un tentativo collettivo che ha riguardato una o due sezioni intere, una roba grossa insomma, con decine di persone coinvolte. Anche da fuori si comincia a battere sui pali e a gridare “libertà!”. Finché non arrivano ben dieci volanti, probabilmente a zonzo lì intorno per cercare il fuggiasco, e fermano quattro antirazzisti intenti a suonare un paio di lampioni, e in possesso di diverse palline da tennis e una racchetta. I quattro vengono portati in commissariato e ne escono alcune ore dopo con una denuncia per istigazione: giusto il tempo per vedere la foto del fuggiasco che veniva distribuita a tutte le volanti. Per chi è interessato ai tempi di reazione, diciamo che la foto è stata diramata circa quattro ore dopo l’evasione.

Ma la cosa più importante è che c’è un uomo libero in più a Torino.

Aggiornamento – lunedì 0re 13:00. Da dentro ci informano che i tre fuggiaschi  fermati ieri notte – un algerino, un tunisino e un senegalese – sarebbero stati arrestati questa mattina e portati al carcere delle Vallette, con l’accusa di resistenza. In realtà, qualcuno li ha visti sanguinare vistosamente dalla testa mentre poliziotti e alpini li picchiavano con violenza. E comunque, ci confermano che a tentare la fuga sono stati in tanti, almeno una ventina. E anche questo è importante.

Leggi qualche più o meno fantasioso articolo di martedì 29 settembre:

Serpenti a Bologna

Serpenti, tre serpenti in giro per le camerate. Sembra impossibile, ma questo è stato il risveglio domenicale dei reclusi del Centro di via Mattei a Bologna. Vedono i serpenti, si spaventano, corrono all’aria, chiedono aiuto ma nessuno li ascolta: i serpenti poi sembrano velenosi e questo rende ancora più surreale la situazione. Ad un certo punto arriva la polizia ma, sorpresa!, invece di occuparsi dei serpenti comincia… una perquisizione alla ricerca di cellulari. E già, perché i reclusi hanno chiamato i solidali di fuori e la polizia oramai ha paura di quel che si può fare con un telefonino. Intanto un serpente è stato ucciso e degli altri due non abbiamo più notizie. Nel pomeriggio, fuori dalle mura di via Mattei, i soliti solidali fanno capolino: la Digos ci mette pochissimo ad arrivare e intanto, dentro, inizia una nuova perquisizione, ancora più approfondita di quella della mattina. Altri telefonini sequestrati, altra gente spogliata e tutto il resto.

Ascolta qui di seguito la voce di una compagna bolognese, che ci racconta di questa domenica al Centro ed anche della lunga giornata precedente per le vie di Bologna con un presidio contro il “pacchetto sicurezza”, uno striscione sulla torre degli asinelli ed uno sulla facciata del municipio ed, infine, con una occupazione.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/serpenti_a_bologna_27_settembre.mp3]

Aggiornamento 29 settembre. A due giorni di distanza, sembra proprio che due dei tre serpenti che hanno creato scompiglio domenica siano ancora dentro al Centro. Sì, in una cella che è stata semplicemente abbandonata e chiusa. I cellulari sequestrati durante le perquisizioni non sono stati ancora restituiti.

Gradisca, ovvero la voglia di libertà

A neanche una settimana dal massacro di lunedì i reclusi del Centro di Gradisca d’Isonzo hanno ricominciato a correre. Solo ieri hanno provato la fuga in cinque, due al mattino e tre al pomeriggio. Chi rompendo una finestra, chi scavalcando le mura o i cancelli di quel canile infame che in migliaia abbiamo potuto ammirare nel video uscito avventurosamente dalle gabbie solo tre giorni fa. Nessuno dei cinque è riuscito ad andarsene davvero, purtroppo: qualcuno è finito per sbaglio dentro alla struttura per richiedenti asilo che è li accanto, qualcuno è stato tirato di forza giù dal muro dai soldati, e l’unico che è riuscito ad arrivare nei campi è stato subito ripreso dalle pattuglie che in questi giorni sono in allerta e girano sempre in zona.

È la voglia di libertà che spinge, in tutti i modi. Con la rivolta aperta e la resistenza alla repressione. Col lavoro segreto di documentazione e con il coraggio di gridare a voce alta. Con l’intelligenza che ti permette di beffare chi ti guarda a vista giorno e notte. E ora di nuovo con il coraggio di correre e di scavalcare i cancelli, e ancora una volta di raccontare quello che sta succedendo. Anche se sei ricattato, privo di tutto, solo in una gabbia circondata da soldati armati che ti hanno già dato segno della propria ferocia.

Gli uomini del Ministro, ora, sono in difficoltà e accumulano una brutta figura dopo l’altra. Se lunedì hanno dimostrato di essere dei cani feroci, nei giorni successivi hanno dato prova di essere pure particolarmente stupidi: hanno taciuto imbarazzati quando tutti parlavano e si sono fatti sbugiardare nella maniera più plateale e clamorosa da una manciata di fotogrammi clandestini. Non sappiamo ancora se delle immagini terribili come quelle che sono circolate in questi giorni smuoveranno le coscienze abbastanza da trasformare l’indignazione in fatti concreti – sono tempi grami, questi, e fare eccessivo conto sulla sensibilità diffusa può essere un azzardo. Ma possiamo dire che dei piccoli risultati pratici ci sono già stati: il Prefetto è stato costretto a revocare il regime di semi-isolamento che vigeva nel Centro sin dalla rivolta di agosto e ha pregato polizia e soldati di usare per le buone maniere per un po’. Non è la libertà, ma non è neanche poco.

Ascolta il racconto delle fughe fallite:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/fughe-tentate-da-gradisca_27_settembre.mp3]

Responsabili

26 settembre.  “Connecting people complice dei pestaggi al Cie di Gradisca,” questa la scritta che da questa mattina campeggia sulla facciata di Kairòs, consorzio di cooperative sociali che partecipa alla gestione di Gradisca.

Scritte su Kairos

Ferite da ricordare

Mentre il massacro di Gradisca del 21 settembre comincia a diventare ufficialmente una notizia, non vorremmo che venissero dimenticate tutte le altre ferite, tutte le altre storie di ordinaria violenza all’interno dei Cie di tutta Italia. Perché ciò che avete visto non è di certo un’eccezione all’interno di quelle strutture, ma la tremenda normalità.

Vi ricorderete della rivolta di Bologna del 22 settembre, e della dura repressione poliziesca che ne seguì. Ascoltate allora il racconto di un italiano che è riuscito a entrare in via Mattei, e ha visto la disperazione e le ferite in faccia ai reclusi, e il nervosismo dei poliziotti e dei militari di guardia.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/bologna-visita.mp3]

E sapete che cosa è successo a Mimì, il recluso marocchino picchiato dagli Alpini al Cie di Torino? Era finalmente riuscito a sporgere denuncia contro gli autori del pestaggio, e da allora le pratiche per la sua espulsione sono improvvisamente accelerate. Il consolato marocchino ha già firmato i fogli necessari per il rimpatrio, che dovrebbe avvenire la prossima settimana. Un modo come un altro per archiviare un episodio a dir poco increscioso. E un messaggio chiaro agli altri reclusi che avessero qualcosa di cui lamentarsi. Certo, la procedura di espulsione potrebbe essere fermata da un giudice che prendesse in mano la denuncia e decidesse di saperne di più, ma sappiamo come i magistrati siano oberati di lavoro… E gli Alpini, che fine hanno fatto gli Alpini autori del pestaggio? Be’, loro sono già stati trasferiti altrove, sicuramente verso altre, eroiche imprese.

E, infine, vi ricorderete di Karim e Said, presi a manganellate dai marò del battaglione San Marco. Anche loro hanno voluto denunciare i propri aggressori, e anche loro rischiano una celere espulsione. Non ci sono grosse notizie in più, anche se un giornalista è andato a vedere cosa vuol dire vivere e resistere nel Cie di Bari-Palese.

Aggiornamento. Nuovi particolari  sulle botte a Bari Palese e altri racconti dal Cie pugliese sono stati pubblicato proprio oggi sul sito di Fortresseurope.

I pesci di Maroni

Sorvegliateci i Maroni

Signor Ministro,

Non sa più che pesci prendere, vero? È chiaro che la società che Lei pretende di controllare Le sta scoppiando tra le mani. Lo vede con i Suoi stessi occhi, e lo vediamo anche noi. Da qualunque parte la si guardi, la situazione è fuori controllo, e più Lei ripete i suoi «tutto va bene» sorridendo teso alla televisione, più alle sue spalle si vede il fumo delle macerie che sale. Signor Ministro, è inutile nasconderlo. Se i padroni alla fine ingrassano come sempre, gli sfruttati sono ormai finiti talmente sul lastrico da essere disposti a far letteralmente di tutto. In primavera un gruppo di disoccupati napoletani è arrivato a dar fuoco ad un autobus per protesta, ed ora non si conta più la gente arrampicata sui tetti dei capannoni e dei monumenti. E se un mattino all’alba sgomberate decine di famiglie da una casa occupata abusivamente, la sera stessa ne avete altre dieci a cui pensare. E tutto questo, per un semplice posto di lavoro o per una casa, mica per la giustizia o per un mondo migliore. Si figuri, signor Ministro.Guardiamoci in faccia e diciamoci la verità: a parte parlare ossessivamente di sicurezza, Lei e i Suoi colleghi non sapete che pesci prendere. E dire che le state provando proprio tutte, ma i risultati sono quelli che sono. Basta vedere il gran casino che ha provocato l’approvazione del Suo amato “pacchetto sicurezza”. I Centri di Identificazione ed Espulsione per “clandestini” stanno letteralmente scoppiando: di rabbia, non di reclusi, giacché da quando sono state introdotte le nuove norme la macchina delle espulsioni è inceppata e funziona più lentamente di prima. Persino i poliziotti di guardia e i crocerossini si lamentano di Lei, signor Ministro. Ma questo non le importa, «non c’è nessuna emergenza», perché Lei si consola con le immagini dei barconi respinti in Libia. E questo la fa sentire importante, la fa sentire potente, signor Ministro. E le ronde che Lei tanto ha voluto si risolvono in pagliacciate scortatissime dalla Sua polizia, che brontola per dover far da balia a questi gendarmi dilettanti, quando non finiscono in rissa con chi di squadracce in giro non ne vuole vedere neanche l’ombra. E sono sempre i Suoi prodi ad aver la peggio. Per non parlare poi del “reato di clandestinità” di Sua invenzione, che sta intasando i Tribunali e non lascia ai Giudici neanche più il tempo per condannare a mesi o anni di galera chi ruba un pezzo di formaggio al supermercato. Dall’aeroporto di Kabul fino a Porta Palazzo, non si può certo dire che Lei e il Suo governo stiate vincendo su tutti i fronti. Ma i morti e i feriti vi rimarranno sulla coscienza per sempre.

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L’ultimo respiro

25 settembre. Tantissime scritte, almeno una trentina, scritte di rabbia e gioia, sono state tracciate  nella notte nel centro di Torino contro il procuratore capo di Asti Maurizio Laudi, mai troppo prematuramente scomparso giovedì notte alla veneranda età di 61 anni, per un banale infarto.

Tempi terribili

«Ci furono tempi felici in cui si poteva scegliere liberamente: meglio morti che schiavi, meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. E ci furono tempi infami in cui intellettuali rincretiniti hanno dichiarato che la vita è il sommo dei beni. Oggi sono arrivati i tempi terribili in cui ogni giorno si dimostra che la morte dà inizio al suo governo del terrore esattamente quando la vita è diventata il sommo bene; che chi preferisce vivere in ginocchio, muore in ginocchio; che nessuno può essere ucciso più facilmente di uno schiavo. Noi viventi dobbiamo imparare che non si può nemmeno vivere in ginocchio, che non si diventa immortali se si corre dietro alla vita, e che, se non si vuole più morire per nulla, si muore nonostante non si sia fatto nulla.»

H.A., 1942

Queste sono le immagini del massacro di Gradisca. Ora tocca a noi.

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