Miguel e Mimì

Dopo quattro giorni di insistenze dall’esterno, Miguel è ancora abbandonato dentro a Ponte Galeria: continuano a negargli ogni assistenza medica. Bisogna insistere ancora un po’. Questo è l’appello che sta circolando da una settimana.

Circa una settimana fa Miguel dopo aver ingerito per protesta alle condizioni di prigionia dentro al Cie di Ponte Galeria della candeggina e due pile è stato ricoverato in un ospedale di Ostia. È stato sottoposto a numerose lastre dalla quali risultava la presenza di questi corpi estranei; dopo alcuni i giorni soltanto una delle pile risultava essere fuoriuscita, ciononostante Miguel è stato dimesso e ricondotto nel Cie. Oggi Miguel lamenta malori ma è rinchiuso nel centro e gli vengono negate le cure di cui avrebbe bisogno…. Vi invitiamo a telefonare al Cie di Ponte Galeria per protestare : Tel. 06.658.542.1506.658.542.28

Una situazione analoga si presenta anche al Cie di Torino, dove Mimì, un ragazzo marocchino picchiato dagli Alpini non viene portato in ospedale per le visite necessarie. Il medico del Centro gli avrebbe detto: “Non posso fare nulla per te, sei un clandestino”. Anche per lui, vi invitiamo a telefonare al Cie di Corso Brunelleschi per protestare, ai numeri 011.558.99.18 – 011.558.87.78 – 011.558.98.15

Un grido da Gradisca

Un grido di disperazione dal Cie di Gradisca d’Isonzo. Nel pomeriggio alcune camere sono aperte e, quando è ora di rientrare, inizia un diverbio tra i poliziotti e i reclusi. Una porta è rotta, la polizia si inalbera, accusa i reclusi e minaccia di picchiarli con i manganelli. I reclusi esplodono: sanno che l’unico modo per non farsi fare del male dalla polizia è farsi male da soli e in sei o sette cominciano ad urlare e a tagliarsi. La polizia si ritira, e guarda scorrere il sangue da lontano. Era solo da alcuni giorni che la direzione del Centro aveva cominciato ad allentare un po’ il regime di massima sicurezza applicato sui detenuti sin dalla grande rivolta di inizio agosto.

Ascolta il grido dei reclusi di Gradisca:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/gradisca_14_settembre.mp3]
Aggiornamento. La porta della quale si parla nell’intervista era rotta perché un recluso l’aveva spaccata per provare a scappare. La sua fuga, purtroppo, non ha avuto esito e la ventilata rappresaglia della polizia – che se l’è presa con tutti i reclusi – ha fatto scoppiare questa protesta disperata. Forse il nervosismo della polizia era dovuto ad un’altra fuga, riuscita!, avvenuta un paio di giorni fa e della quale nessuno aveva ancora dato notizia.

Tentata fuga da via Corelli. Tentato suicidio a Ponte Galeria.

Questa notte una ventina di reclusi di via Corelli hanno tentato la fuga dai tetti. Da quel che sappiamo nessuno è riuscito a guadagnare la libertà: scoperti dalle guardie, alcuni si sono buttati dal tetto della struttura e in quattro si sono fatti molto male nella caduta. Sappiamo che solo due sono finiti all’ospedale, e sono già stati dimessi: uno ha un braccio (o una mano) fratturato e l’altro si è fatto male alla schiena e non riesce a camminare. Giusto due giorni fa, il Centro – semideserto dalla rivolta del 13 di agosto – aveva ricominciato a popolarsi, con l’arrivo di trenta algerini trasferiti dalla sardegna. A presto ulteriori aggiornamenti.

A Ponte Galeria, invece, un recluso slavo ha provanto ad impiccarsi con un lenzuolo ieri sera ed è stato salvato da un suo compagno di gabbia. I detenuti lamentano la qualità del cibo, fornito dalla Sodexho, che in questi giorni è particolarmente mediocre: ieri in molti non hanno mangiato.

Aggiornamento. A tentare la fuga da Corelli, questa notte, sono stati in 25 e purtroppo nessuno è riuscito ad arrivare di là dal muro. Probabilmente un terzo recluso è stato trasportato in ospedale e da lì di nuovo nel Centro, anche si il numero di quelli che si sono fatti male è maggiore: «ma devi urlare molto per farti curare». In giornata, poi, hanno fatto una ispezione al centro gli avvocati dei 14 imputati del processo per la rivolta del 14 agosto. Leggete il testo di una agenzia che riporta la loro testimonianza all’uscita: “Nella sala benessere, una per ognuno dei 5 settori – raccontano – c’e’ una televisione ingabbiata in una grata che gli ospiti possono vedere solo attraverso una grata e macchinette del caffe’ anch’esse ingabbiate. Tutto qui: poi, possono uscire nel cortile e sedersi su una panchina. In sostanza, secondo gli avvocati il Cie è peggio di un carcere, dove gli ospiti, “non essendo né detenuti né liberi non hanno i diritti né dei primi né dei secondi. È come la sala d’attesa di un aeroporto trasformata in un carcere”. “La maggior parte delle persone che hanno assistito ai fatti oggetto del processo “sono stati rimpatriati o trasferiti in altri centri di detenzione”. I legali hanno anche riferito di una tentata evasione ieri sera da parte di 25 persone. “Del resto – commentano – non e’ neppure possibile parlare di evasione poiché non sono detenuti e non hanno commesso alcun reato”.

Visite

13 settembre. In serata un gruppo di sconosciuti antirazzisti va a salutare i reclusi del Centro lanciando petardi ed urlando. La polizia interviene troppo tardi, e non può che osservare il gruppone allontanarsi. Secondo alcuni giornali queste visite si ripetono molto frequente, anche più volte alla settimana.

La chiave

Alcuni fatti di questi giorni ci lasciano supporre che ancora vi siano equivoci diffusi sul ruolo esatto che giocano dentro alla “macchina delle espulsioni” tutta quella serie di organizzazioni “umanitarie” o “assistenziali” che hanno in mano la gestione dei 13 Centri di Identificazione ed Espulsione che se ne stanno disseminati sullo stivale. Parliamo della Croce Rossa, intanto, ma anche della Misericordia, dei consorzi di cooperative Connecting People e Self, solo per fare i primi nomi che ci vengono in mente. Tutte le volte che si pone la questione sul tappeto c’è sempre qualcuno che si alza in piedi e dice: «ma perché ve la prendete con loro?», «se non ci fossero loro a curare i “trattenuti”, chi lo farebbe?». Soprattutto quando si parla di Croce Rossa, poi, sembra quasi che il suo ruolo dentro ai Centri sia di organizzare i turni in infermeria, controllare la data di scadenza dei medicinali e vegliare sul rigoroso rispetto dei “diritti umani” dentro alle gabbie. Non è così.

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Spinaci

«Quanti ne abbiamo oggi del mese? L’11! Ecco, oggi abbiamo mangiato il mangiare del 10 settembre 2009. Ecco: “da consumare il 10 settembre 2009”. Grazie a Dio che ho una prova. Abbiamo mangiato spinaci. “Ingredienti: spinaci surgelati, peso netto grammi 120, da consumare entro il 10 settembre 2009.” Scaduti vedi… Ecco l’indirizzo: via Bergamo 13, Pioltello, Milano, Sodexho Spa.»

Ascolta il racconto da via Corelli, a Milano:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli_11_settembre_cibo.mp3]

Risa

Ridevano. I crocerossini ridevano quando, la settimana passata, un recluso di via Corelli ha tentato il suicidio prima impiccandosi e poi tagliandosi alla gola. La sua storia la sapete già, ve la abbiamo già raccontata. Quello che non sapete ancora è che è stato trasportato all’ospedale ammanettato e scortato, con il fiato della polizia addosso anche mentre, al Pronto Soccorso, il dottore gli ricuciva la ferita. Ora è di nuovo al Centro, e si sposta solo trasportato di peso dai suoi compagni, che provvedono pure a trovargli qualche cosa di liquido da ingurgitare ogni giorno, perché non può ancora masticare.

Noi diciamo Cie. I reclusi oramai dicono Guantanamo, dicono Abu Ghraib, si sentono come gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale: «mancano solo i forni, mancano solo le camere a gas».

Ascolta questa testimonianza da via Corelli:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corelli_11_settembre_novita_su_taglio_gola.mp3]

Coniglio a chi?

Un recluso marocchino, trasferito qualche giorno fa da Lamezia Terme dove aveva già trascorso tre mesi, è stato picchiato selvaggiamente e senza motivo da tre Alpini sotto il compassionevole sguardo di un crocerossino, ieri sera verso le 23, mentre tornava dalla terapia. Il ragazzo, molto gracile e con una gamba già malmessa da una vecchia frattura, è stato sommariamente curato con una pomata e un po’ di garza, e rimandato in cella.

Oggi invece, un altro recluso è stato convocato dall’Ispettore. L’hanno fatto sedere a un tavolo con cinque Alpini e gli hanno fatto sentire la sua voce registrata mentre denunciava il violento pestaggio di ieri. Al termine dell’intervista, gli Alpini hanno cominciato ad applaudire e a schernirlo. Ecco il dialogo tra l’ispettore e il recluso:

– Era la tua voce questa?
– Sì, è la mia voce.
– Bravo, sei proprio un coniglio.
– Io continuerò a raccontare tutte le cose brutte che succedono qui dentro. E tu?
– Cosa?
– Sei tu che hai picchiato il mio amico ieri sera?
– No.
– E allora il coniglio sei tu.

(Di fronte al continuo peggiorare delle condizioni di reclusione all’interno di corso Brunelleschi, di fronte al protagonismo inedito e violento dei militari, di fronte alla cecità dei crocerossini, di fronte a questi orrori, non sappiamo quanto possa ancora servire telefonare. In ogni caso, vi ricordiamo i numeri per protestare, comodamente, da casa: 011.558.99.18 – 011.558.87.78 – 011.558.98.15)

Leggimi in lingua francese

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Funzioni pubbliche

Venerdì 11 settembre alle ore 10 in punto un gruppetto di antirazzisti si presenta davanti alle porte della Prefettura di Torino. Vogliono assistere – e chissà cos’hanno in mente – all’apertura delle buste per il bando di gestione del Cie di corso Brunelleschi per i prossimi tre anni. La cerimonia è aperta al pubblico, “per tutti ma per voi no”, dice la Digos che per una volta li aspettava. Il Dottor Giuseppe Zarcone, al telefono dal gabinetto di cui è capo, assicura solennemente che la cerimonia era stata rinviata per “problemi organizzativi”. Poco convinti delle spiegazioni, gli antirazzisti se ne vanno, mentre la Digos sibila soddisfatta “siete scontati”.

E infatti, pochi minuti dopo, ma molto lontano da lì, praticamente all’altro capo della città, un gruppo di antirazzisti fa irruzione (scontata, forse, ma inattesa) negli uffici dei sedicenti compagni della Cgil – Funzione Pubblica, per chiedere chiarimenti sul comunicato di solidarietà alla Croce Rossa di Torino, occupata per protesta contro i Cie e i suoi collaborazionisti qualche giorno prima. Armati di megafono, volantini e tanta maleducazione, i contestatori vanno dritti dritti all’ufficio di Salvatore detto Totò Chiaromonte, interrompendo un piccolo ricevimento a base di pasticcini. Chiaromonte e sedicenti compagni rivendicano in pieno la paternità di quel comunicato, lasciando intendere che in nome della tutela dei posti di lavoro, lui farebbe la tessera pure ad un kapò. Promettendo quindi di rivedersi ai prossimi cortei, gli antirazzisti se ne vanno, mentre qualche funzionario non molto informato sulla linea del suo sindacato si lascia scappare uno scontatissimo, ma del tutto fuori luogo, “fascisti.” E non parlava di Chiaromonte.