Avremmo voluto raccontarvi la storia di un tentativo di evasione dal Cie di corso Brunelleschi a Torino. Così come avremmo voluto raccontarvi la storia di un pugno in faccia sferrato da un fuggiasco a un Alpino di guardia al Centro. Avremmo voluto, eccome, ma abbiamo chiamato dentro e siamo costretti a smentire le notizie de La Stampa. Pare proprio che la storia dell’evasione sia una bufala, per quanto verosimile di questi tempi, inventata di sana pianta dai militari o dalla Questura per giustificare un violento pestaggio da parte degli Alpini – ed è il primo caso documentato di violenza alpina all’interno di corso Brunelleschi – nei confronti di una quindicina di reclusi, esasperati dall’attesa della “terapia”, dagli insulti e dai maltrattamenti. E, ovviamente, tra militari e poliziotti c’era pure un crocerossino, di sicuro un “operatore precario che, nell’assolvere il suo compito, lotta per mantenere pubblica e civile l’assistenza a tutte le persone in difficoltà“: infatti è stato lui a portare i manganelli agli Alpini, evidentemente in difficoltà. E inoltre, è sicuramente vero che “lo spirito che anima gli operatori Cri non è certo quello dei carcerieri”. Infatti il giorno dopo il pestaggio gli Alpini hanno chiesto scusa, il crocerossino invece no.
Ascolta una conversazione con uno dei reclusi pestati di corso Brunelleschi
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/pestaggio_brunelleschi_10settembre2009.mp3]
A proposito di crocerossini precari e sindacalizzati leggi il comunicato della Cgil-Funzione Pubblica:
Non si spara sulla Croce rossa
Aggiornamenti. Nella giornata di oggi alcuni dei reclusi pestati dagli alpini ieri sera sono stati trasferiti in altri Cie in giro per l’Italia. Non sappiamo quanti siano né conosciamo tutte le destinazioni. Sicuramente nelle prossime ore saremo in grado di capire di più sia della dinamica dei fatti di ieri che della sorte dei reduci. Finora, di sicuro c’è solo che i relcusi se le sono prese e che almeno un crocerossino ha partecipato attivamente al pestaggio.
«Probabilmente io mi sono illuso tanto con l’ideale dell’Unione europea. Si dice che l’Unione europea al centro di sé ha l’Uomo, che la dignità dell’Uomo sia inviolabile, che i suoi diritti siano inalienabili: questa veramente mi sembra una utopia. Mi crea una tristezza, mi crea una grande tristezza… che menzogna, veramente! Purtroppo io mi metto a piangere. A volte dico: non è difficile diventare un sovversivo, assolutamente non è difficile diventare un sovversivo di fronte a tanta ingiustizia. Ma sa che le dico? Io mi batterò non con il fucile né con il passamontagna, bensì con la forza della parola e la ragione collettiva. È questo il mio appello a voi, veramente.»
Queste parole ci giungono dalle gabbie di Ponte Galeria e chiudono un racconto esemplare. J. è nato in un paese dell’America Latina. Vent’anni fa emigra in Italia e a Roma trova lavoro come domestico nelle ville dei ricchi. Per sei anni è di casa da Anna Fendi, poi ancora due anni nella villa di un pezzo grosso dei Carabinieri. «Guarda, quella villa che sta di là è la casa del Presidente Leone» – gli dice un giorno qualcuno, indicando giusto oltre il cancello. Domestico dei ricchi, legge, studia e si informa: è nel continente dei diritti e delle libertà e il suo sogno sarebbe fare il sociologo. Ma i sogni sono sogni, e la realtà è una sola: lui è un proletario come ce ne sono tanti, ed è pure straniero. Non può fare altro che passare da un padrone all’altro senza uno straccio di contratto e senza contributi. Sfruttato e senza permesso di soggiorno: un illegale che si aggira tra i piani alti della borghesia capitolina.
Ora è arrivato il tempo «della pulizia etnica», e l’Italia si è «spogliata della sua onestà per vestirsi di potere». Un giorno la polizia lo prende e lo porta al Centro. Prima due mesi, poi gliene promette altri quattro. Lui ingoia due pile, sperando che qualcuno si accorga di lui, della sua storia, delle sue aspirazioni spezzate, della sua fiducia residua nell’Europa e nell’Occidente. Sta dodici giorni all’ospedale e nessuno va a trovarlo, neanche il suo avvocato. È messo in isolamento, guardato a vista da due carabinieri che la notte fanno casino e non lo fanno neanche dormire: lui reclama, chiede di essere trattato come un paziente qualsiasi, come uno che ha dei diritti ma loro rispondono «tu non hai niente, sei un pezzo di merda e devi stare zitto». Ieri i finanzieri di guardia hanno insistito molto perché fosse dimesso e il dottore alla fine ha obbedito, anche se J. non è ancora fuori pericolo. Ora è di nuovo al Centro, con una pila bloccata nella pancia e senza più illusioni sull’Europa, sui diritti e sulla democrazia. Cerca ancora qualcuno che lo ascolti, e si domanda quale sia la sua strada per cominciare a lottare.
Ascolta l’appello di J.:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/non-e-difficile-diventare-un-sovversivo_ponte_galeria_9_settembre.mp3]
(Dentro al Centro i giornali arrivano con molto ritardo, sempre che arrivino. Solo ieri, dunque, i reclusi hanno potuto leggere gli articoli sulla visita di Fabrizio Santori, Fernando Aiuti e Romulo Salvador del due di settembre scorso. Come ricorderete, questi miserabili truffatori inviati nel Centro dal sindaco Gianni Alemanno avevano urlato ai quattro venti che a Ponte Galeria si sta benissimo, e che tutti i reclusi non fanno altro che ringraziare Croce Rossa e Polizia dell’ottimo trattamento che ricevono ogni giorno.)
Aggiornamento. Questa mattina J. è stato male e, dopo molte insistenze, i suoi compagni di cella sono riusciti a farlo ricoverare in infermeria dove è stato trattenuto un paio d’ore sotto osservazione per poi essere riportato nelle gabbie.
Leggimi in francese.
(more…)
Una quindicina di antirazzisti, desiderosi di fare il punto su di un mese di resistenza al Pacchetto Sicurezza, entrano nella sede del Comitato Regionale della Croce Rossa di via Bologna a Torino e – armati di sedie, megafono, registratore, pizzette, striscioni e volantini – si accomodano per dare vita ad una assemblea pubblica. I due poliziotti di guardia intervengono a cose fatte perché al momento dell’irruzione erano impegnatissimi a svuotarsi le narici da vecchie e solidissime incrostazioni: riescono solo a chiudere i cancelli, cercando di non fare entrare altra gente. In rapida successione si presentano sul posto numerosi agenti della Digos, compagni interessati all’assemblea, camionette della Celere ma dopo una mezz’ora di tira e molla i cancelli si riaprono e si può cominciare.

(more…)
Ancora un’evasione da un Centro di identificazione ed espulsione italiano. Ieri sera sei reclusi sono riusciti a scappare dal Cie di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. Pare si tratti di cinque marocchini e un tunisino. I sei sono riusciti a scavalcare l’alta rete di recinzione esterna del Centro. Gli agenti in servizio di vigilanza, per evitare che anche altri potessero seguirli, hanno lanciato alcuni lacrimogeni. Questo dato – i lacrimogeni – lascia supporre che fosse in corso una rivolta, di cui i sei hanno approfittato per evadere, magari aiutati proprio dalla cortina fumogena. Sul posto sono poi intervenute diverse pattuglie di polizia e carabinieri che poco dopo hanno bloccato tre dei sei fuggitivi mentre si aggiravano nelle campagne di Lamezia. Degli altri tre, invece, non si hanno fortunatamente notizie.
Leggi altri racconti di evasioni, tentate e riuscite, da quando è entrato in vigore il Pacchetto sicurezza:
Solo ora cominciano a filtrare le notizie di come sia andato questo caldissimo agosto all’interno del carcere delle Vallette, grande assente nel rosario dei penitenziari scossi un po’ in tutta la penisola dalle mobilitazioni dei detenuti. «Quando al Tg5 è passata la notizia che oltre 200 parlamentari europei avrebbero solcato i cancelli delle carceri italiane, qui alle Vallette tutti i blocchi si sono trasformati in uno stadio» – ha scritto un recluso ai redattori della trasmissione di Radio Blackout “Bello come una prigione che brucia”. Se Ionta e Alfano avevano studiato questa passerella di rappresentanti istituzionali come un sedativo d’emergenza contro l’agitazione crescente delle carceri, il suo solo annuncio ha in realtà suscitato l’effetto opposto. Non appena la notizia è circolata è stato indetto uno «sciopero della fame di 3 giorni e battitura delle sbarre a qualsiasi ora con urla euforiche. Tutti hanno urlato la loro rabbia». Sicuramente il 17 agosto lo sciopero era ancora in corso e le sezioni del femminile intendevano proseguire ancora. Per i giorni successivi era in programma uno sciopero della spesa di 3 settimane. Ancora non sappiamo come sia andata a finire visto che le lettere dal carcere sono più lente che mai e che la direzione si guarda bene dal far circolare notizie: è probabile, però, che ci siano ancora delle mobilitazioni in corso, mobilitazioni tutte ancora da indagare e da documentare – con le quali essere complici, soprattutto.
leggi anche:
Da lontano
Lo scorso 8 agosto sono entrate in vigore le nuove leggi razziali chiamate Pacchetto Sicurezza, che tra l’altro prevedono l’aumento da due a sei mesi del tempo massimo di reclusione degli immigrati nei Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie).
Già lo scorso marzo rivolte e tentativi di evasione avevano bloccato una legge simile. Ora il governo ci ha riprovato, e sono ricominciate anche le proteste all’interno dei Cie: dall’8 agosto in avanti a Gradisca, Milano, Torino, Lamezia, Bari, Brindisi, Modena i reclusi si sono in vario modo rivoltati, diversi sono riusciti a fuggire e grazie alla loro lotta la capienza complessiva dei Centri si è ridotta, seppur temporaneamente, di almeno 100 posti e la macchina delle espulsioni fatica a funzionare.
In particolare dopo la rivolta che ha semidistrutto il Centro di via Corelli a Milano quattordici reclusi sono stati arrestati (e due nei giorni successivi a Bari): gli accusati di Milano stanno affrontando un processo che grazie alla loro determinazione e alla solidarietà esterna si sta trasformando in un atto di accusa contro i Cie e chi li gestisce. Sin dalla sua ripresa il 21 settembre occorrerà mobilitarsi per continuare su questa strada.
Proponiamo un incontro per fare il punto della situazione, ascoltare contributi audio e testimonianze, valutare come sostenere nel modo migliore le prossime ribellioni. Perché la nostra battaglia è lunga e difficile, ma può essere vinta.
Libertà per tutti! Guerra ai razzisti! Fuoco alle prigioni!
Martedì 8 settembre 2009
Presso i giardini di via Bologna angolo via Pisa, a Torino
ore 19.30 aperitivo benefit spese legali detenuti CIE di Milano
ore 21.00 assemblea
Come sapete, in seguito alla prima ondata di rivolte dopo l’entrata in vigore del Pacchetto sicurezza di Maroni, l’ex Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Brindisi è stato – e senza troppi sforzi – convertito in Cie: evidentemente la differenza tra queste due tipologie di strutture è sempre stata molto sottile. Attualmente, molti dei reclusi a Brindisi sono alcuni dei protagonisti della rivolta di via Corelli a Milano, quelli cioè che non sono stati arrestati e rinchiusi nel carcere di San Vittore.
Il regime di reclusione al Centro di Brindisi è particolarmente punitivo, tra docce fredde e provocazioni da parte delle guardie, cui seguono sistematicamente pestaggi brutali. Eppure, anche da lì, da questo nuovo Centro così speciale, si può evadere: ce l’hanno fatta una trentina di reclusi nei giorni scorsi. E tutto questo, nonostante tutte le smentite e rassicurazioni di ordine e normalità diramate dal ministro Maroni.
Ascoltate questa conversazione con un recluso da Brindisi e sentite, tra l’altro, il suo speciale augurio al ministro
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/da-brindisi_5_settembre.mp3]
6 settembre. Un centinaio di persone manifesta contro Umberto Bossi, ospite alle festa della Lega Nord a Torino. All’inizio i manifestanti, ancora pochi, cercano di avvicinarsi il più possibile ai gazebo padani, ma la polizia, da subito nervosa, li respinge a due isolati di distanza con le buone prima e con le cattive poi, e vola anche qualche manganellata. Evidentemente gli ordini sono chiari: i leghisti e il loro capo supremo non devono vedere nessuna contestazione, anche a costo di bloccare per ore corso Raffaello. Le guardie padane, soddisfatte del lavoro dei loro dipendenti, accarezzano i loro fazzoletti verdi, e ritornano felici alle costine che avevano lasciato. Una volta acceso l’impianto, comincia la contestazione: musica fastidiosa, interventi di denuncia delle gravi responsibilità del Governo e della Lega per tutte le vittime del razzismo di Stato, striscioni, fumogeni, petardi, trombette, battiture dei pali, pisciate derisorie di fronte ai poliziotti. A un certo punto viene anche scovato Massimo Numa, il noto questurino in comodato d’uso gratuito al quotidiano La Stampa, coraggiosamente nascosto dentro a una Lancia Y grigia, che scappa sgommando. Durante il presidio arriva la notizia che tre compagni erano stati fermati, nel pomeriggio, all’interno del Borgo Medioevale. Avevano con sé «nr. 1 striscione in plastica di colore bianco dimensioni 5,60 x 1,40 mt, vergato con vernice nera la scritta Assassini, raffigurante i volti dei ministri Roberto Maroni e Umberto Bossi.» Trattenuti in questura per ore, denunciati per porto abusivo di arma improria, vale a dire un taglierino in tre, vengono rilasciati poco prima della fine del presidio. Quando tutti se ne vanno, rimangono sull’asfalto alcune inequivocabili scritte come “Lega assassina”, “Maroni carogna”, “Bossi merda”, “No ronde”, “Polizia fascista” e “Carossa un piede nella fossa”.
Questa mattina un recluso appena arrivato a Corelli si è tagliato la gola. Non sappiamo in che condizioni sia in questo momento. Conosciamo un po’ la sua storia, però. Già “trattentuto” nel Cie per due mesi all’inizio dell’estate, era stato rilasciato giusto un mese fa – evitando di pochissimi giorni l’entrata in vigore delle norme del Pacchetto Sicurezza . Un mese di libertà, per quanto si possa definire “libertà” la vita di chi è senza documenti in un mondo dove tutti gli altri ce l’hanno. Un mese da braccato, insomma, tanto che l’altro giorno è incappato in un controllo e si è ritrovato di nuovo rinchiuso dentro al Centro: questa volta, però, il giudice gli ha spiegato che sarebbe potuto rimanere prigioniero per 6 mesi.
Ascolta la testimonianza di un suo compagno di cella, che ci racconta anche delle condizioni di vita e della situazione dentro a Corelli a venti giorni dalla rivolta. All’interno un appello contro i Centri in lingua araba.
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/si-taglia-la-gola-a-corelli_5_settembre_2009.mp3]
5 settembre. Blitz di ultras del Toro alla festa della Lega Nord al Valentino: proprio mentre si stavano svolgendo le selezioni di “Miss Padania” sono riusciti ad esporre uno striscione con su scritto “No alla tessera del tifoso” e a lanciare alcuni fumogeni rossi, per poi dileguarsi tranquillamente in mezzo a San Salvario.