6 agosto. Ignoti hanno gettato oltre le mura del Centro di reclusione per stranieri senza documenti di corso Brunelleschi diverse palline da tennis contenenti volantini in italiano, francese, inglese e arabo che invitavano alla resistenza contro il “pacchetto sicurezza”. Gli sportivi si sono dileguati prima dell’arrivo della polizia.
Un racconto tremendo, e un appello, dal Cie di Ponte Galeria. Nella serata di lunedì arriva nel Centro un gruppetto di algerini, appena trasferiti da Bari Palese. Tra di loro c’è anche un ragazzo gravemente malato di cuore, che si lamenta e protesta: la polizia non ha provveduto a portare da Bari le medicine che deve prendere ogni giorno. Invece di procurare i farmaci, i poliziotti lo portano in infermeria e poi nella cella di sicurezza. Lì lo massacrano di botte, stufi di tutti questi stranieri sempre pronti a lamentarsi.
Quando lo riportano in sezione è pieno di lividi e sangue. Lui è malato di cuore per davvero e durante la notte si sente malissimo: i suoi compagni danno l’allarme, e il malato lascia il Centro a bordo di una ambulanza. La mattina dopo i suoi compaesani, che stanno raccontando in giro gli avvenimenti della notte, vengono raggruppati e portati via. Tutti pensano ad un rimpatrio, e solo la sera si scoprirà che in realtà il gruppo è stato messo in “isolamento” nel reparto delle donne. Intanto, durante tutto il giorno, del ragazzo malato di cuore non si ha più alcuna notizia.
Passano le ore, e i reclusi del Centro si ricordano di Salah Soudami, morto soltanto cinque mesi fa in circostanze pressoché identiche, e pensano al peggio.
Così chiedono aiuto ai solidali che stanno fuori dai Centri e lanciano un appello dai nostri microfoni: vogliono avere notizie del loro compagno. Vogliono sapere come sta, se è vivo o morto, e dov’è. Lo hanno chiesto alla Croce Rossa e non hanno avuto risposta. Lo hanno chiesto pure agli agenti, e anche loro sono stati zitti: del resto, si sa, i poliziotti sono buoni solo a massacrare di botte i malati di cuore.
Ascolta la diretta con Ponte Galeria:
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Aggiornamento 6 agosto.
A due giorni da questo appello nulla si è mosso. Gli algerini, testimoni dell’accaduto, sono ancora in isolamento dentro alla sezione femminile: non vengono fatti uscire, neanche per mangiare e non hanno contatti con nessuno. L’ambasciata algerina, chiamata in causa, sostiene di non saperne niente. Una troupe di Canale 5, chiamata da alcune mogli di reclusi, si è vista negare l’accesso al Centro.
Ieri, un gruppo di prigionieri ha rifiutato il vitto ed è rimasto nelle gabbie all’ora di pranzo, protestando rumorosamente. La polizia è intervenuta in forze ma i reclusi hanno continuato a protestare fino a quando non è stato promesso loro un incontro con il direttore. Previsto per la serata, l’incontro però non c’è stato, e non c’è stato neanche questa mattina. A detta dell’amministrazione, il direttore è assente dal centro.
Aggiornamento 7 agosto.
Sempre più fitto il muro di silenzio intorno al pestaggio di lunedì sera a Ponte Galeria. Il direttore del Centro continua a farsi negare e, soprattutto, gli algerini testimoni dell’accaduto sono stati velocemente rimpatriati , dopo aver passato qualche giorno in isolamento. Da parte sua, l’ambasciata algerina, interpellata sia da alcuni prigionieri del Centro che da alcuni solidali da fuori, continua ad ignorare vistosamente la situazione: evidentemente l’accordo bilaterale per “rafforzarel’azione di contrasto all’emigrazione clandestina” siglato quindici giorni fa ad Algeri da Antonio Manganelli e Ali Tounsi, capi rispettivamente della polizia italiana e di quella algerina, sta cominciando a dare i suoi frutti.
Una lunga chiacchierata con un recluso del Cie di Ponte Galeria. Partendo da un episodio specifico – la storia allucinante di un aspirante rifugiato politico catturato a marzo e da quel momento sballottato tra il Centro di Roma e quello di Algeri senza che nessuno lo voglia né trattenere né liberare – si indagano le condizioni di vita dietro le sbarre, dove non puoi avere niente, neanche una penna per scrivere o un bicchiere di latte!, perché non sei nessuno. E poi le alterne vicende dell’accordo sui rimpatri con la Tunisia, e poi ancora l’entrata nel gioco delle espulsioni dell’Algeria. Al centro, la lucida consapevolezza di essere prigionieri di Stato, merce di scambio nei rapporti tra i governi del Mediterraneo.
Ascolta l’intervista da Ponte Galeria:
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Il giorno successivo. Alla mattina, dopo un lungo viaggio, arriva alle porte del Centro il fratello di un recluso per un colloquio. Gli viene negato l’ingresso, e dentro la gente comincia a protestare con i crocerossini. Poi ci si organizza e, arrivata l’ora della terapia, tutti i reclusi della sezione entrano nel corridoio dell’infermeria e lo occupano: è l’ora della solidarietà, perché “siamo tutti clandestini”. Così il direttore del Centro è costretto ad intervenire, e ad autorizzare il colloquio proibito, anche se solo per un quarto d’ora. Intanto, dietro le sbarre, cominciano a diffondersi le voci riguardanti i cambiamenti prossimi dentro al Centro, ora che l’appalto alla Croce Rossa è scaduto e sta per subentrare un nuovo ente a gestirlo – insieme all’esercito.
Ascolta l’intervista:
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29 luglio. Meno di un giorno è durato l’altarino messo in piedi dal Coordinamento comitati spontanei torinesi (Ccst), per ricordare il carabiniere Marino Ferraro, morto tre mesi fa schiacciato da un treno mentre inseguiva alcuni presunti spacciatori sulla massicciata che costeggia corso Principe Oddone. La notte successiva ignoti hanno strappato il tricolore e il mazzo di fiori che adornavano un albero del corso. Pare che il Ccst volesse anche mettere una foto ricordo, ma stufi di questi vandalismi, desisteranno.

Alcuni esempi di resistenza quotidiana alle espulsioni da parte di chi è rinchiuso nel lager di via Corelli a Milano. Chi in aeroporto fa talmente casino da non poter essere caricato sull’aereo. Chi si taglia e per sbaglio taglia un ispettore. Chi per solidarietà tira un pugno in faccia a uno sbirro. Chi per disperazione sale sui tetti e minaccia di buttarsi di sotto. Ascolta un’intervista con un antirazzista milanese:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/la-settimana-a-corelli.mp3]
Scarica, stampa e diffondi la locandina con l’appello da via Corelli.
29 luglio. Al carcere delle Vallette di Torino una donna nigeriana di 28 anni ha aggredito a morsi e colpi di sandalo la secondina che la stava perquisendo in matricola, provocandole lesioni giudicate guaribili in 20 giorni. La nigeriata era stata arrestata poche ore prima dai poliziotti del commissariato Madonna di Campagna perché non in regola con i documenti e già colpita da un’espulsione.
Contro i continui maltrattamenti dei poliziotti, sotto l’occhio spento dei crocerossini, alcuni reclusi del centro di identificazione ed espulsione di Bari-Palese hanno proclamato lo sciopero della fame. Inizialmente avevano aderito tutte le sezioni, poi ieri sera la polizia è entrata con la forza in tre sezioni e ha fatto entrare il cibo. In un’altra sezione invece hanno tenuto duro e la polizia non si è fatta neanche vedere. Ricordiamo che sabato è stato indetto un presidio sotto al lager di Bari. Nel frattempo, ascolta una telefonata con un prigioniero del Cpt di Bari-Palese:
[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/sciopero_bari_24luglio2009.mp3]
23 luglio. Un poliziotto ha sparato alle gambe di uno straniero, ubriaco, vicino a un chiosco in corso Moncalieri a Torino. Secondo la versione fornita dalla polizia l’ubriaco, di origine africana e senza documenti, avrebbe prima steso a pugni due poliziotti, poi avrebbe sottratto la pistola ad uno di loro. A quel punto, l’altro agente avrebbe sparato un primo colpo in aria, poi due alla gamba dell’uomo. Chissà se è andata veramente così…
23 luglio. In mattinata la polizia ha perquisito quindici abitazioni di compagni tra Verona, Trento, Padova, Genova, Venezia, Bergamo, Treviso, Brescia e Torino, sequestrando interi guardaroba di felpe, pantaloni, sciarpe, passamontagna, occhiali e perfino un reggiseno purché di colore rigorosamente nero, nonché mazze, fionde, tronchesi, tirapugni, piedi di porco, petardi, caschi, bombolette spray e ovviamente volantini e personal computer, notificando inoltre undici avvisi di indagine in corso per travisamento e danneggiamento. Ma perché? Perché durante un corteo a Verona il 17 maggio 2008 – dopo la morte, ricorderete, di Nicola Tommasoli, ammazzato di botte da cinque giovani fascisti – qualche vetrina di banche e agenzie interinali era rimasta danneggiata. A oltre un anno di distanza da quei fatti, più che una risposta ai danneggiamenti, questa operazione sembra la replica – molto tardiva e pure un po’ stitica – della procura di Verona al recente protagonismo dei loro colleghi qui a Torino.
23 luglio. Nuove scritte a spray nero con i nomi di giovani uccisi dalla polizia («Aldro, Gabbo e Carlo omicidi di Stato») sono comparse questa volta sui muri dell’hotel Principi di Piemonte in via Lagrange.