«Piscio sullo Stato»

13 luglio.  Ha urinato sulla portiera di una volante della polizia ferma in corso Rosselli, e quando un agente fuori servizio ha cercato di fermarlo, l’ha picchiato e insultato. Poi, quando il poliziotto è riuscito a bloccarlo e consegnarlo agli agenti della volante che lo hanno arrestato, ha spiegato il perchè del gesto: «io piscio sullo Stato!» Non era un punk anarchico, ma un marocchino di 37 anni.

L’inferno, a portata di mano

«Il campo è lo spazio che si apre quando lo stato di eccezione comincia a diventare la regola,» Giorgio Agamben, in Quel che resta di Auschwitz.

L’inferno

L’inferno della guerra, della devastazione, dei campi profughi sembra così lontano dalle nostre città, dalla nostra vita quotidiana. Si bombarda anche in nome nostro, e la cosa non sembra turbarci. Ma possiamo stupirci se uno Stato in guerra – il governo italiano ha truppe schierate in ventuno Paesi del mondo – diventa uno stato di Guerra? Eppure, la guerra interna è dietro l’angolo: nei campi dei terremotati a L’Aquila, che ricordano così da vicino i campi profughi iracheni o afgani. Molti aquilani, nelle loro testimonianze, li definiscono un inferno o un lager. Così come lager sono stati definiti – dal Presidente del consiglio in persona – i centri di identificazione ed espulsione per stranieri senza documenti. Chi ancora dubitava che la mano militare sperimentata sui “clandestini” si allargasse a tutta la popolazione dovrà ricredersi. L’Aquila schiacciata lo può testimoniare.

Qui sotto potete trovare un volantino distribuito oggi al Balon a Torino e un pieghevole con una prima selezione di testimonianze da e sui campi.

Scarica il volantino

Scarica il pieghevole

Profumo

9 luglio. Oggi tocca al Rettore del Politecnico Profumo sentire, almeno un po’, il peso degli arresti del sei luglio. Gli studenti gli occupano il rettorato, e ci fanno una conferenza stampa.

Lontani?

È poi tanto lontana la Francia? Sembrerebbe di sì, a giudicare dall’audio lontanissimo di questa diretta telefonica. Ma ascoltate con attenzione il racconto. Anche laggiù detenuti senza documenti che si ribellano e scioperano contro le condizioni di vita nei Centri e contro le espulsioni – per la libertà! Anche là ritorsioni poliziesche contro chi si espone nella lotta, deportazioni improvvise, minacce. Anche là, ad un certo punto, la voglia di libertà diventa un fatto talmente alto di lotta, di lotta collettiva e di orgoglio, da spingere i rivoltosi a battersi per ottenerla ma contemporaneamente a metterla in gioco per gli altri: come è successo a Perpignan, dove due evasi sono stati ripresi perché si erano attardati per aprire le gabbie ai propri compagni. E poi il fuoco, che da Vincennes in poi – e passando per Lampedusa – ha chiuso, per davvero, pezzi interi di lager.

La Francia è dietro l’angolo, dunque. E le lotte contro le espulsioni sono un fatto continentale. Abituiamoci a pensarlo, e traiamone le dovute conseguenze.

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/le-lotte-a-parigi.mp3]

Intanto, la lotta sembra ricominciare a muoversi anche a Ponte Galeria. Fervono in contatti con dentro e, proprio durante le contestazioni del G8, un numeroso gruppo di compagni ha indetto un presidio fuori dalle gabbie di questo Centro. Un presidio grossissimo, cinquecento persone, condiviso anche con molti migranti che vivono in città.

Ascolta le dirette da Roma. All’inizio del presidio:

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E a metà iniziativa:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/roma-due.mp3]

Immaginazione

8 luglio. Dopo le notizie sulla breve sommossa del giorno precedente, una quindicina di antirazzisti si radunano nel pomeriggio sotto le mura di corso Brunelleschi. Musica, battitura e discorsi in solidarietà con i reclusi. Da dietro le sbarre urlano e telefonano, contenti di non essere più soli. La domanda che esce, prepotente, però è un’altra: «ma allora è proprio vero?». E già, perché a quasi una settimana dall’approvazione del pacchetto sicurezza in molti non vogliono ancora credere che il Parlamento abbia promulgato una legge tanto razzista, stronza e disumana. «Se è davvero così, sarà la guerra», dicono. E guerra sarà, visto tanto i ministri quanto i parlamentari sono stronzi, razzisti e disumani oltre ogni immaginazione.

Rettorato

8 luglio. Una trentina di studenti fanno irruzione dentro al rettorato delle facoltà umanistiche riuscendo ad interrompere l’assemblea tra dirigenti amministrativi dell’ateneo e rappresentati sindacali che era in corso proprio in quel momento. Da dire ne hanno: intanto che non ne vogliono mezza dell’annunciato aumento delle tasse universitarie, e poi che gli scontri di maggio non erano una cosa di pochi mascherati, ma un fatto collettivo e condiviso.

La casa dei Padroni

sangue

8 luglio. Banconote e sacchi di monete immersi in una pozza di sangue sono comparsi nella notte davanti alla sede dell’Unione industriale di Torino. Vicino uno striscione: “G8: guerra schiavi e oppresioni”. Poco dopo, alcuni anarchici che transitavano in zona sono stati fermati dai carabinieri e trattenuti alcune ore: giusto il tempo di chiamare l’Amiat e far ripulire la casa dei Padroni.

Breve sommossa in corso Brunelleschi

Questa sera, intorno alle 22,15 i reclusi del Cie di Corso Brunelleschi si sono ribellati. In tutte le sezioni hanno portato fuori dalle camerate i materassi e hanno dato fuoco a quello che hanno potuto. Sono stati circondati quasi immediatamente dai soldati e dalla polizia e quindi hanno desistito. Già qualche ora prima avevano comunicato ai solidali che sono in contatto con loro da fuori l’intenzione di cominciare da domani uno sciopero della fame in tutte le sezioni, compresa quella delle donne. Questo sono le primissime notizie che ci giungono da dentro. Seguiranno aggiornamenti.

In solidarietà con loro, e con i reclusi degli altri Cie in lotta, per domani, mercoledì 8 luglio, è indetto un presidio sotto le mura del Centro, in corso Brunelleschi angolo via Lancia, dalle 18.00 in poi.

(Aggiornamenti: durante la breve sommossa di ieri sera due reclusi si sono tagliati. Inoltre, abbiamo scoperto che già un paio di settimane fa c’era stato uno sciopero della fame di tre giorni, per protestare contro le condizioni detentive)

Intanto, i reclusi di via Corelli a Milano hanno redatto questo comunicato, e lo hanno letto ai microfoni di Radiocane. Ascoltatelo:

[audio:http://www.autistici.org/macerie/wp-content/uploads/corellicomunicato.mp3]

Avvisaglie di un disastro

Ieri mattina, mentre la polizia perquisiva e arrestava preventivamente, in vista del G8 a L’Aquila, 21 studenti e compagni in tutta Italia, di cui 12 nella sola Torino, su alcuni giornali faceva capolino una piccola notizia, quasi insignificante: era stato svelato il «mistero della terza molotov.»  Facciamo un passo indietro. Nei giorni scorsi, due bottiglie incendiarie sono state scagliate da ignoti contro un rudere nel quartiere Barriera di Milano, perché era abitato da alcuni giovani poveri, italiani, due dei quali stavano per rimanere arrostiti dalle fiamme. Niente di strano, in un quartiere in cui ignoti bruciarono un campo rom in via Vistrorio, alla fine del 2007. E in cui onesti cittadini organizzati in ronde sprangarono presunti tossici alla fermata del tram.

La terza molotov, la stessa notte, era stata lasciata su un marciapiede del parco del Valentino, proprio sotto la stalla della polizia. Per qualche giorno c’era il dubbio che quella bottiglia fosse in qualche modo diversa dalle altre, che provenisse dall’altro lato della barricata. Niente di tutto questo. Riconosciuto dalle immagini delle telecamere, l’autore ha confessato. Non importa chi sia, ma le motivazioni che lo hanno spinto a farlo: era infastidito dal rumore di una festa, e voleva semplicemente farla smettere. Salvo poi ripensarci al passaggio di una macchina della polizia, e appoggiare inavvertitamente la bottiglia proprio sotto le telecamere della questura.

Gesti isolati, si dirà. Come la candeggina tirata su una donna di Capo Verde e i suoi due bambini, per sbiancargli la pelle e farli smettere di ridere troppo forte, in un condominio di Barriera di Milano, ancora lei. Come il petardone esploso nell’edificio che dovrà ospitare una moschea in via Urbino nel quartiere Valdocco. Come l’auto e il furgone saltati in aria in corso Principe Oddone, perché appartenevano a due marocchini. Come l’aggressione a un fisioterapista in una discoteca, pestato semplicemente perché nero. Gesti isolati? Può darsi. Ma solo a metterli in fila delineano un panorama terrificante. E spesso, le azioni individuali o di piccoli gruppi sono in grado di esprimere il clima generale meglio di qualsiasi statistica sull’intolleranza dilagante. Sono opera di pazzi squinternati? Troppo facile. E i pazzi, si sa, sono spesso preveggenti, o solo senza tabù residui di un tempo in cui la vita umana valeva qualcosa. Sono le avanguardie di un disastro che incombe, i fulmini di una tempesta che si staglia oramai ben al di qua dell’orizzonte, in rapido avvicinamento.

Queste molotov, oltre a indicare un progresso tecnico nell’offensiva, dimostrano anche che il razzismo è già obsoleto. Perché gli obiettivi possono benissimo essere italiani, senza casa e senza lavoro, o semplicemente fracassoni. Di fronte alla caserma di via Asti, una ricca signora di Borgo Po ha dichiarato: «Non sono razzista. Non ce l’ho coi profughi africani. Ce l’avrei anche se ci vivessero dei giovani italiani nullatenenti e nullafacenti.» Esattamente. Il prossimo governo colmerà questa lacuna del pacchetto sicurezza. E la polizia non chiederà più il permesso di soggiorno, ma direttamente e democraticamente il contratto di lavoro. Nessuno scampo per i nullatenti e nullafacenti. Prepariamoci ai campi di lavoro per i disoccupati, senza distinzione di razza, di sesso, o di religione.

Il progetto più ambizioso degli apprendisti stregoni della sicurezza non è quello di eliminare la guerra di classe, di congelarla, quanto piuttosto quello di rovesciarla, e farla scatenare. Ogni tentativo rivoluzionario dovrà necessariamente fare i conti e sporcarsi le mani e la coscienza con questa condizione di guerra civile. Piovono moltov, quindi. E ne pioveranno. Sarà un diluvio di fuoco. Da che parte cadranno? E contro chi? Dipende da quale parte soffierà più forte il vento.

Incendio

7 luglio. Un marocchino di quarantanni viene ricoverato in ospedale per le ustioni ad una mano e al volto riportate nell’incendio dell’auto sulla quale dormiva, incendiata da sconosciuti nella notte.